Parliamo dei doni dello S.Santo


Charles J. E. Kingston

PROLOGO

L'apostolo Paolo divinamente ispi­rato, comincia il grande capitolo sui Doni Soprannaturali dello Spirito San­to con queste precise parole : « Circa i Doni spirituali, fratelli, non voglio che siate nella ignoranza » (1 Corinzi 12 :1).

Nulla potrebbe essere più accecan­te dell'ignoranza ; essa tiene la mente dell'uomo nelle tenebre. E' stato detto che nella sola Banca di Scozia vi sono giacenti oltre 40.000.000 di dollari. Nes­suno si fa avanti per reclamare quel danaro, che pur gli appartiene. Questo si verifica perché chi ha diritto a quella somma non sa neppure di possedere quel diritto. Quanti cristiani ignorano gli infiniti tesori che Dio ha depositato per loro nella Banca celeste ! Essi non pensano davvero a farne richiesta!

La prevenzione o le idee sbagliate impediscono a molti di chiedere a Dio i Doni meravigliosi dello Spirito Santo.

Eppure Dio non può permettere che gli uomini ignorino le grandi verità che Egli vuol far conoscer loro.

Alcuni espositori vorrebbero farci credere che i Doni Spirituali sono i talenti che ogni uomo riceve al mo­mento della nascita : doni che debbono essere consacrati a Dio quando ci con­vertiamo a Lui. Per rispondere a que­sta idea, basterebbe ricordare quanto dice la Scrittura, che cioè « i doni spi­rituali » sono dati « mediante lo Spi­rito » (1 Corinzi 12 :7, 8). Il mondo non può ricevere lo Spirito di Verità « per­ché non Lo vede e non Lo riconosce » (Giovanni 14 :17). E' evidente dunque che non si tratta dei « doni naturali »che potrebbero avere anche persone non convertite.

La capacità d'imparare lingue, per esempio, non deve essere confusa con « Il Dono delle Lingue ». Noi vediamo la presenza di questo Dono divino in poveri pescatori che non avevano dav­vero studiato lingue. Gli stessi umili pescatori avevano « Doni di Guarigio­ni », sebbene non avessero nessun re­quisito e nessuna preparazione sanita­ria. Non curavano i malati servendosi di erbe, di unguenti o strumenti chi­rurgici : li curavano e guarivano « nel nome di Gesù » (Atti 3 :6, 7).

Non mancano quelli che affermano con tutta sicurezza che « il tempo dei miracoli è passato », che « i Doni So­prannaturali sono cessati con la mor­te degli apostoli ». A parte il fatto che anche oggi è possibile constatare che Dio, in tutte le parti della terra, dona questi Suoi divini poteri a quanti Lo cercano con amore e sincerità, l'obbli­go della prova starebbe a quelli che osano fare tali affermazioni. In nessu­na parte della Bibbia Dio dice che i Do­ni dello Spirito Santo sono cessati o debbano cessare. Egli li ha dati alla Chiesa : « A ciascuno — leggiamo in 1 Corinzi 12 :7 — è data la manifesta­zione dello Spirito ». I Doni dunque sono nella Chiesa (1 Corinzi 12 :28) e in nessuna parte della Scrittura ci vie­ne detto che Dio li abbia tolti. In Ro­mani 11 :29, al contrario, leggiamo : « I doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento ».

Davanti ad affermazioni tanto chia­re ed esplicite, chi oserebbe asserire che ciò che Dio ha concesso così generosamente una volta adesso non c'è più?

Se poi ve ne fosse ancora bisogno, per vedere la stoltezza di tali afferma­zioni, basterebbe gettare un solo sguar­do alla lunga storia della Chiesa. Essa ci dice chiaramente che i Doni Sopran­naturali dello Spirito Santo tornano a manifestarsi tutte le volte che la Chiesa di Cristo viene a trovarsi in un rinnova­to risveglio spirituale. La « Storia della Chiesa » di Mosheim è ricchissima di fatti che stanno a dimostrare questa verità. Di essi ne sceglierò solo alcuni.

Ecco quanto scrive del primo seco­lo del cristianesimo :

« Appena battezzati secondo le pre­scrizioni di Cristo e consacrati a Dio per mezzo della imposizione delle ma­ni, molti potevano esprimersi in lingue nuove, lingue che non avevano studia­to e di cui non conoscevano nulla fino a quell'istante. Potevano predire le co­se che ancora dovevano accadere. Gua­rivano i malati invocando su di essi il nome di Gesù. Richiamavano a vita persone già morte e facevano tante altre cose che non potevano attribuir­si ad alcun potere umano ».

« La rapida diffusione del Cristiane­simo nel secolo secondo, viene attri­buita dagli scrittori del tempo quasi esclusivamente alla precisa volontà di Dio, alla forza intrinseca della verità evangelica, ai numerosi miracoli ope­rati dai cristiani... Gli altri Doni con i quali Dio favoriva il sorgere e l'affer­marsi della Sua Chiesa erano, come pos­siamo leggere nelle numerose testimo­nianze di scrittori dell'epoca, ancora molto diffusi in mezzo al popolo ».

Del terzo secolo così scrive : « Tra le cause della diffusione della Chiesa in questo secolo, oltre alla intrinseca forza delle celesti verità, alla consacrazione e costanza dei maestri del Cri­stianesimo, è certamente quella parti­colare Provvidenza di Dio che, come sappiamo, consisteva in « sogni, visio­ni e miracoli » che convincevano i pa­gani e li spingevano a dare il loro no-me alla grande famiglia del Signore. In questo modo molti indecisi diven­nero seguaci di Cristo. A tutto questo deve essere aggiunto il potere di operar miracoli con la semplice invocazione del nome del Salvatore, potere che ave­vano molti cristiani ».

Queste parole sono per noi di gran­de utilità perché ci fanno conoscere in che modo avvenivano allora le conver­sioni al Cristianesimo. E' chiaro quin­di che i Doni miracolosi dello Spirito Santo furono molto evidenti fino al terzo secolo della Chiesa e che l'età dei miracoli non era davvero scomparsa con la morte degli apostoli.

Tutte le volte che si verificava un risveglio della fede primitiva; tutte le volte che i fedeli di Cristo tornavano alla purezza e sincerità dei primi tem­pi della Chiesa, Dio faceva rivivere in mezzo a loro i Suoi Doni Soprannatu­rali.

Questi Doni divini — scrive il Dr. Gordon nella sua opera Il Ministerio delle Guarigioni — circondano la culla di ogni Movimento o Riforma spiritua­le. Valdesi, Moravi, Hugonotti, Battisti e Metodisti, tutti possono vantare la presenza di questi Doni nei primi tem­pi della loro storia ».

Grazie a Dio, i Doni dello Spirito Santo sono anche oggi nella Chiesa e per manifestarsi attendono cuori umili e pronti a riceverli.

Scopo dei Doni Spirituali

Necessariamente, i nove meraviglio­si Doni dello Spirito che vengono con­cessi alla Chiesa, debbono avere un lo­ro fine : noi sappiamo che Dio, in tutte le Sue opere, evita la inutile e vuota ostentazione di potenza.

Quali sono i fini che Dio si propo­ne nella generosa distribuzione di que­sti Suoi Doni?

Primo : Egli concede questi Doni So­prannaturali per dare forza e potenza alla Chiesa. Forza e potenza che sono particolarmente necessarie nel grande compito affidatole della predicazione del Vangelo. I Doni divini costituisco­no i « segni e prodigi » che devono far nascere negli ascoltatori non credenti il desiderio di conoscere il messaggio dell'amore di Dio in Cristo. Quando Mosè ed Aronne furono davanti al Fa­raone, operarono « un prodigio » per costringere il sovrano a dar loro ascol­to. « E l'Eterno disse a Mosè : Quan­do sarai tornato in Egitto, avrai cura di fare dinanzi al Faraone tutti i pro­digi che t'ho dato potere di compie­re... » (Esodo 4 :21). E quando la Chie­sa mandò i suoi uomini con la parola di riconciliazione, Dio confermava que­sta con « segni e prodigi » (Marco 14: 20). E leggiamo anche che il Signore assisteva i Suoi « concedendo che per le loro mani si facessero segni e pro­digi » (Atti 14:3).

In quel tempo il mondo era solito vedere nella religione il soprannatura­le. Le religioni pagane, come quelle dei nostri giorni, potevano offrire ai loro iniziati la manifestazione di forze oc­culte e misteriose. Stregoni, come Gian­ni e Mambre, al tempo di Mosè (2 Ti­moteo 3 :8), e Simone, al tempo di Pie­tro (Atti 8 :9) ; « ingannavano il popo­lo ». Nessuna religione poteva sperare di far proseliti se non mostrava alle moltitudini ignoranti la propria forza o potenza.

Era necessario dunque che Dio desse alla Chiesa un mezzo per farsi ascolta.. re ; per suscitare interesse attorno alle verità del Vangelo. Il mezzo migliore so­no questi Doni dello Spirito Santo.

La verga di Mosè divorò le serpeg­gianti verghe di Gianni e Mambre (Eso­do 7 :11, 12) ; al tempo di Pietro il So­prannaturale dello Spirito Santo destò la gelosia e l'invidia del mago Simone (Atti 8 :18, 19) ; Gedeone gridò : « Se l'Eterno è con noi ... dove sono tutte quelle sue meraviglie »? (Giudici 6:13). Soltanto questa nostra generazione, dunque, sarà privata della potenza di­vina, e dovrà starsene inerme davanti ai grandi sacerdoti del materialismo e davanti all'egoismo trionfante?

Staranno i profeti di Dio con le ma­ni inutilmente levate al cielo vuoto e sordo, mentre i moderni adoratori di Baal fanno discendere sulla terra i lo­ro fuochi ingannatori? No ! Grazie a Dio, No ! Egli vive ! Vive, e anche oggi risponde alle preghiere dei Suoi. I no­ve miracolosi Doni dello Spirito San­to sono anche oggi a disposizione del­la Sua Chiesa .Essi sono l'eterna testi­monianza al Suo messaggio divino. Que­sto è vero oggi come lo era nei primi secoli della nostra era cristiana.

Quando l'uomo dunque sarà ripieno di Spirito Santo, riceverà « la manife­stazione dello Spirito », caratteristica che lo distinguerà da quelli che non so­no figliuoli di Dio. Come il piccolo al­berello della foresta ha già in sé quel­le caratteristiche che un giorno faran­no di lui la grande pianta che sfida la bufera ; come l'uccello implume del ni­do ha già le ali ed i caratteri che un giorno gli permetteranno di volare per il cielo a somiglianza dei suoi genitori, così i redenti di Dio manifesteranno quelle caratteristiche soprannaturali che distinguono il loro Padre celeste. Lo scrittore dell'epistola agli Ebrei di­ce che Cristo non si « vergogna di chia­mare fratelli » tutti i « figliuoli » di Dio. E cita poi Isaia, dicendo : « Ecco me e i figliuoli che l'Eterno m'ha dati ; noi siam de' segni e dei presagi » (Isaia 8 :18 ; Ebrei 2:11, 13).

« Segni e prodigi » dovranno segui­re il ministerio di Cristo? Ebbene, an­che i « fratelli di Cristo», gli altri « fi­gliuoli » della grande famiglia di Dio, dovranno partecipare a questo divino ministerio. Inoltre, questi Doni sono concessi perché la Chiesa abbia un fondamento solido, una base per il suo ministerio. E questo può vedersi chiaramente nel fatto che i vari uffici o compiti ricor­dati in 1 Corinzi 12 :28 hanno il loro fondamento nel Dono concesso al sin­golo. « Dio — dice l'apostolo — ha costituito nella Chiesa primieramente de­gli apostoli ; in secondo luogo dei pro­feti ; in terzo luogo de' dottori ; poi, i miracoli ; poi i doni di guarigione, le assistenze, i doni di governo, la diver­sità di lingue ». Naturalmente la capa­cità del singolo individuo potrebbe riempire la Chiesa e dar gloria al pre­dicatore, ma il ministerio senza la pie­nezza dei Doni dello Spirito Santo non potrà mai portare i cuori a Dio.

Qualche anno fa, F. B. Meyer, par­lando alla Convenzione di Northfield, disse : « Molti giovani si affannano quasi del tutto inutilmente nell'opera del Signore, perché non pensano a dar­si completamente a Lui e a pregarLo perché Egli operi per mezzo loro ». Que­ste parole vennero riportate dalla « Tri­buna » e furono lette dal Dr. Chapman che, proprio in quel tempo, esercitava il ministerio evangelistico con tanto po­co successo che aveva deciso di abban­donare tutto e tornare alla vita civile. Lette quelle parole ritirò le sue dimis­sioni, si chiuse nella sua stanza e, ab­bandonandosi completamente nelle ma­ni di Dio, Lo implorò perché si servis­se di lui nella Sua opera. Dio gli dette la gioia di un grandissimo risveglio.

La Chiesa primitiva, riconoscendo che lo Spirito Santo aveva distribuito i Suoi Doni in tutta sovranità, secondo il Suo volere, (1 Corinzi 12 :11), am­metteva anche che in questo modo Dio « costituiva » in essa i ministeri ne­cessari « per il perfezionamento de' san­ti ,per l'opera del ministerio, per la edi­ficazione del corpo di Cristo » (Efesi­ni 4:11, 12). E così « a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l'u­tile comune » (1 Corinzi 12 :7). Servir­si dunque del Dono ricevuto per esal­tare se stesso, non sarebbe conforme al volere divino ; e la stessa cosa deve dirsi di chi non si serve del Dono che ha per timore degli uomini. Non è una proprietà personale o una proprietà del­la Chiesa : il Dono dello Spirito Sante viene affidato al credente, che è respon­sabile davanti a Dio e alla Chiesa del modo col quale lo amministra.

Dobbiamo ricordare, infine, che si tratta di veri Doni. Gli apostoli si ser­vivano di essi come di qualcosa che era stata loro generosamente « concessa ». Quando Pietro volle guarire lo storpio che chiedeva l'elemosina alla porta del Tempio, disse : « Dell'argento e dell'oro io non ho ; ma quello che ho te lo do : Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina » (Atti 3 :6). Non disse : « Si­gnore, fa' che questo povero infelice possa camminare ». E Paolo si compor­tò nello stesso modo di Pietro quando si trattò di guarire il paralitico di Li­stra. « Levati ritto in pié », ordinò l'a­postolo (Atti 14:10). Erano consapevo­li di servirsi di qualcosa che era in lo­ro possesso. Sapevano di esercitare un Dono che Dio aveva dato loro per il bene di tutti ; essi erano i proprietari di quel Dono, e come tali se ne servi­vano. Nello stesso modo Cristo ordina­va ai discepoli : « Sanate gli infermi » (Matteo 10:8). Non diceva davvero : « Pregate perché Io sani gli infermi ».

Con fede viva, trionfante chiedia­mo, dunque, riceviamo e serviamoci di questi Doni Soprannaturali. « Deside­riamo ardentemente i doni maggiori ». « Ricerchiamo i doni spirituali » (1 Co­rinzi 12 :31, 1 Corinzi 14 :1).

 

PAROLA DÌ SAPIENZA

Dopo queste brevi note introduttive, veniamo adesso allo studio del primo dei nove Doni dello Spirito Santo. « A uno è data mediante lo Spirito Parola di Sapienza » (1 Corinzi 12 :8). E' questo il primo, quello che viene posto a capo della lista ed è, senza dubbio, uno dei « doni maggiori » che sia­mo esortati a desiderare ardentemente (1 Corinzi 12 :31).

Prima di tutto bisogna notare che si tratta di un Dono soprannaturale. Vi sono degli espositori che confondono questo Dono con la saggezza natu­rale, quella saggezza che possono avere benissimo anche persone non rige­nerate. Secondo loro qui si parla solo di quella saggezza che è santificata dallo Spirito Santo e viene posta al servizio di Cristo, quando la persona che la possiede si converte a Cristo.

E' una spiegazione troppo semplice ; essa non fa al caso nostro. Questo Dono, assieme agli altri otto, costituisce il rivestimento divino che scende dall'alto sul credente, quando questi riceve lo Spirito Santo (Luca 24 :49). Ora, poiché le persone non salvate non possono ricevere lo Spirito Santo, (conf. Giovanni 14:17), mentre possono benissimo avere la saggezza natu­rale, è evidente che il Dono di cui parliamo non deve essere confuso con i talenti umani o la umana saggezza e prudenza di una persona, sia que­sta santificata o no. Il Dono della Sapienza è dato in modo soprannaturale, è « dato dallo Spirito » (Corinzi 19 :8), e ci viene detto anche che in que­sto, come negli altri Doni, « opera dell'uno e medesimo Spirito distribuendo i Suoi doni a ciascuno in particolare come egli vuole » (versetto 11).

Dobbiamo ricordare anche che questo Dono differisce dalla saggezza spirituale che potrebbe essere in tutti i credenti in Cristo. In Proverbi 9:10, leggiamo : « Il principio della sapienza è il timore dell'Eterno ». Ed è una benedizione per tutti i credenti che Cristo sia stato fatto « da Dio Sapien­za » (1 Corinzi 1 :30). E leggiamo ancora : « Se alcuno di voi manca di sa­pienza, la chieda a Dio che dona a tutti liberamente senza rinfacciare, e gli sarà donata » (1 Giacomo 1:5).

La sapienza spirituale è promessa quindi a tutti i credenti che la chie­dono a Dio, mentre il Dono della Parola di Sapienza è dato solo ad alcuni « come egli vuole » (v. 11). E netta dunque la distinzione tra queste due cose.

Dovremmo notare anche che questo Dono viene chiamato « Parola di Sapienza ». Non si tratta perciò di sapienza in astratto, ma di una sapienza particolare, di una particolare illuminazione che viene dalla Sapienza divi­na, al momento del bisogno. Un uomo, per esempio, si trova nei pasticci con la legge e telefona al suo avvocato. Questi ascolta il caso e gli dà la « sua parola di sapienza », cioè dà un parere attinto dalla conoscenza che ha della legge. Il consiglio dell'avvocato guiderà quest'uomo che potrebbe commet­tere degli errori irreparabili. Non è necessario che l'uomo di legge esponga al cliente tutte le sue conoscenze giuridiche : basta che gli dica il suo parere in quel caso determinato ; quello che ha da fare in quel dato momento e in quella difficoltà. E' questo il modo col quale opera lo Spirito Santo per mez­zo del Dono di cui stiamo parlando. Egli dà una « Parola di Sapienza » e, questa servirà a risolvere la difficoltà del credente in un caso ben deter­minato. Così disse ai discepoli, quando parlava loro delle persecuzioni che avrebbero incontrato e dovuto affrontare per amor Suo. « Mettetevi dunque in cuore di non premeditare come rispondere a vostra difesa, perché io vi darò una parola e una sapienza alle quali tutti i vostri avversari non po­tranno contrastare nè contraddire ». (Luca 21 :14, 15). « Perché lo Spirito Santo v'insegnerà in quell'ora stessa quel che dovrete dire » (Luca 12:12). Ecco una illustrazione del Dono della Parola di Sapienza, illustrazione che ci viene offerta dallo stesso Gesù. In questo modo opera il Dono.

Ora possiamo notare e fare bene attenzione al legame che passa tra il Dono della Parola di Sapienza e quello della Parola di Conoscenza. I colori si uniscono, si mescolano come i colori del meraviglioso arcobaleno. La sag­gezza naturale consiste nel saper applicare al momento giusto la conoscenza e l'esperienza che uno possiede. Nello stesso modo potremmo dire che la sapienza spirituale consiste nel saper applicare le conoscenze ed esperienze spirituali di cui è arricchita la nostra anima. Ma non dobbiamo dimenti­care che questo Dono Divino è del tutto soprannaturale e quindi immensa­mente più elevato di qualsiasi sapienza spirituale. La Parola di Sapienza potrebbe essere definita « un raggio della stessa Sapienza divina ». Mediante questo raggio celeste, Dio illumina l'uomo ed applica la Sua Conoscenza di­vina al caso particolare che si presenta in quel dato momento ; esso è por­zione della divina Sapienza che viene concessa al felice possessore del Dono.

Dio tiene del continuo nella Sua mente tutti i fatti possibili, tutti i casi del cielo e della terra. Egli è « Onnisciente ». Non può acquistare delle cogni­zioni nuove ; Egli conosce tutto quel che è stato, è e sarà. Quando offre una piccola parte di questa Sua infinita Conoscenza, diciamo che offre all'uomo il Dono della « Parola di Conoscenza ». Oltre alla Conoscenza di tutto, nella Mente divina ci sono anche gli eventi futuri, gli eventi che dipendono dalla Sua stessa infinita Onniscienza, eventi a Lui noti fin da tutta l'eternità. Sono i Suoi piani divini, quei piani che costituiscono l'infinita Sapienza di Dio. Ora quando imparte al credente qualcosa di questa. Sua divina Sapien­za, noi diciamo che gli offre il Dono della « Parola di Sapienza ».

C'è dunque un preciso legame tra i primi due Doni dello Spirito Santo, ma dobbiamo ritenere che essi sono ben distinti tra loro. Nel testo origi­nale, i termini che vengono usati lo dimostrano molto chiaramente. Per la « Parola di Sapienza », viene usato il termine « sofia », che significa cono­scenza nella sua pratica applicazione ; per la « Parola di Conoscenza », vie­ne usato il termine « gnosis », che indica una conoscenza piuttosto teorica.

Per comprendere meglio la differenza che esiste tra questi due Doni dello Spirito, ricordiamo l'interpretazione che Daniele fa del sogno di Nebu­cadnetsar. Il re aveva dimenticato la trama del sogno che aveva fatto, ma era ugualmente turbato da esso, tanto che con lusinghe e minacce voleva

spingere i suoi savi a ricordargli quel che era passato nella sua mente du­rante il sonno. Dopo molte preghiere, quel sogno e il segreto di esso venne rivelato a Daniele per mezzo di una visione notturna. « E Daniele — dice la Bibbia — benedisse l'Iddio del cielo ... poiché a lui appartengono la sapien­za e la forza ... Egli rivela le cose profonde e occulte; conosce ciò ch'è nelle tenebre » (Daniele 2:19, 22).

Ammesso alla presenza del Sovrano, Daniele non fece alcuna ostentazio­ne di sapienza, come se si trattasse di cosa sua. « Questo segreto — disse — m'è stato rivelato, non per una sapienza ch'io possegga » (Daniele 2:30). Egli raccontò poi al re il contenuto del sogno misterioso. « Tu, o re, guar­davi ed ecco una grande statua ». Daniele poteva esprimersi in questo mo­do perché aveva ricevuto dal cielo il Dono della « Parola di Conoscenza ». Dopo il racconto del sogno, l'uomo di Dio gli aveva concesso anche il Dono della « Parola di Sapienza ».

Altra illustrazione di quanto siano distinti e nello stesso tempo legati tra loro questi Doni possiamo vederla nelle sette lettere che Giovanni scrisse da Patmos alle sette chiese dell'Asia. Per mezzo della « Parola di Conoscenza », egli vedeva quali fossero le condizioni spirituali delle singole chiese alle quali si rivolgeva ; per mezzo della « Parola di Sapienza », poteva far cono­scere la volontà e gli ordini del Cristo Risorto. Le condizioni e le debolezze erano conosciute per mezzo della Parola di Conoscenza ; i consigli e gli ordini erano dati per mezzo della Parola di Sapienza.

Il Dono della Parola di Sapienza viene dalla rivelazione divina. Ciò è affermato chiaramente dall'apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi. Dopo aver detto che la sua predicazione e le sue parole non avevano nulla a che vedere con la saggezza o sapienza umana, ma che erano « in dimostrazione dello spirito e della potenza », egli dice : « Noi esponiamo la sapienza di Dio misteriosa ed occulta, che Dio aveva innanzi i secoli predestinata a nostra gloria ». Questa sapienza, egli dice, « Dio l'ha rivelata a noi per mez­zo dello Spirito » (1 Corinzi 2 :7-10).

E' evidente dunque che la sapienza di cui parla non è una sapienza astratta, ma il Dono della

«Parola di Sapienza», poiché dice ripetutamen­te : « noi esponiamo una sapienza »           « esponiamo la sapienza di Dio » « ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito » (vedi vv. 6, 7, 13).

La stessa verità possiamo vederla confermata da un fatto del Vecchio Testamento. E' il caso del giovane Samuele. Quando Dio gli parla per la prima volta, egli non riconosce la voce dell'Eterno,

 « perché Samuele non conosceva ancora l'Eterno, e la parola dell'Eterno non gli era stata ancora rivelata » (Samuele 3:7). Poi, istruito da Eli, il giovanetto risponde alla chia­mata e « mediante la parola dell'Eterno », riceve il messaggio riguardante Eli e la sua famiglia (vedi versetto 21).

Potrebbe essere utile ed interessante citare, oltre a quelli accennati, altri fatti della Scrittura in cui appare questo Dono Soprannaturale di Dio.

Noè, per esempio, « avvertito da Dio di cose che ancora nessuno vede­va », riceve direttamente da Lui l'ordine di preparare l'arca. E' il Dono del­la « Parola di Sapienza ». E oltre al consiglio di costruire l'arca riceve sem­pre direttamente anche le dimensioni e la forma che questa avrebbe dovuto avere (Genesi 6 :14 ; Ebrei 11:7).

Mosè, pensando al difetto di pronuncia e alla sua mancanza assoluta di eloquenza, non voleva presentarsi a Faraone per chiedergli la liberazione d'Israele, che egli teneva nella più stretta schiavitù. Che gli disse il Signo­re? « Chi ha fatto la bocca dell'uomo? — gli chiese — Non sono io, l'Eter­no? Or dunque va', e io sarò con la tua bocca, e t'insegnerò quello che do­vrai dire » (Esodo 5:11, 12). In questo modo gli prometteva la sopranna­turale Parola di Sapienza, che lo avrebbe aiutato in quella lotta con le auto­rità della terra.

Salomone, richiesto da Dio di scegliersi una corona terrena, volle « un cuore intelligente ». Al Signore piacque molto la scelta di Salomone e gli det­te « un cuore savio e intelligente, in guisa che nessuno era stato simile a lui per l'innanzi, e nessuno sarebbe sorto dopo di lui » (1 Re 3 :9, 12 ; 4 :29).

Giuseppe, chiamato al cospetto di Faraone perché interpretasse il sogno che il re aveva fatto, poté soddisfare il desiderio del sovrano proprio per mezzo di questo Dono soprannaturale. Faraone fu colpito, e disse ai servito­ri : « Potremmo noi trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo Spirito di Dio? ». E volto a Giuseppe : « Giacché — disse — Iddio t'ha fatto conoscere tutto questo, non v'è alcuno che sia intelligente e savio al pari di te » (Ge­nesi 41:38, 39). In questo caso è bene notare che lo stesso Faraone rico­nosce la « Parola di Sapienza » come Dono Soprannaturale di Dio. Si vede bene che il re non pensa che si tratti di sapienza o saggezza umana ; egli sapeva che Giuseppe umanamente non avrebbe potuto sapere il sogno che egli aveva fatto e molto meno darne l'interpretazione. Giuseppe infatti non si limitò a spiegare quello che il re aveva sognato, ma dette anche dei sa­vissimi consigli, su quanto si sarebbe dovuto fare in quel dato momento.

In Atti 7 :10 leggiamo che Dio era con Giuseppe : « Fu Dio che dette a Giuseppe grazia e sapienza davanti a Faraone »

Stefano, il primo martire cristiano, ebbe questo Dono divino. Fu scelto per il « diaconato » perché era « di buona testimonianza, pieno di Spirito e di sapienza ». Egli venne poi per disputare con i Giudei e questi « non po­tevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava » (Atti 6:3, 10).

Il nostro elenco non sarebbe certo completo se non accennassimo a Co­lui che ebbe questo Dono in grado sommo. Gesù non ebbe dal Padre « lo Spi­rito con misura » (Giovanni 3 :34). Di Lui leggiamo che « cresceva e si forti­ficava essendo ripieno di sapienza ( Luca 2 :40). E quando dette inizio al Suo ministerio terreno, la gente diceva : « Onde ha costui questa sapienza e queste opere potenti? » (Matteo 13:54). Come esempio di questa Sua sapienza, possiamo citare la risposta che dette quando gli fecero quella domanda sul tributo da pagare o no a Cesare. La risposta fu tanto saggia e prudente che anche oggi restano ammirati quanti la leggono (Matteo 22 :20-22).

Quanto è oggi necessario questo Dono ! Spesso l'opera di Dio potrebbe subire un danno irreparabile, se non ci fosse il lume di questo Dono sopran­naturale. Un'anima potrebbe andar perduta, se non udisse al momento giu­sto delle parole che vengono pronunciate sotto la guida divina. Quando ab­biamo l'opportunità di parlare di Gesù, alziamo lo sguardo al cielo in cerca della divina sapienza. Ricordiamo che una sola parola detta senza la divina luce di Dio potrebbe allontanare da Lui un'anima. Cerchiamo di desidera­re sinceramente e ardentemente il Dono divino della « Parola di Sapienza ».

 

LA PAROLA DÌ CONOSCENZA

Il secondo in questa meravigliosa galassia di doni celesti è la « Parola di Conoscenza ». « Ad un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito » (1 Corinzi 12:8).

Per comprendere il significato vero di questo Dono di Dio, è necessa­rio ricordare che Egli è Onnisciente. Conosce tutto ; non è possibile che pos­sa venire a conoscenza di cose nuove. Davanti alla Sua Mente divina, nel magazzino della Sua eterna conoscenza, sono tutte le cose, tutti i fatti del cielo e della terra. Quando rivela all'uomo una piccola parte di questa Sua divina Onniscienza, non fa che donare all'uomo una « Parola di Conoscen­za ». E' una rivelazione che Egli fa alla Sua creatura ; lo fa per mezzo dello Spirito Santo ; lo fa in modo soprannaturale, sebbene si serva anche delle facoltà intellettuali della persona a cui Egli fa il Dono. In questo anzi pos­siamo vedere la distinzione di questo Dono da quello della « Parola di Sa­pienza », che più che alle facoltà intellettive si rivolge alle facoltà emotive al cuore dell'uomo.

Si sa che la chiesa di Corinto possedeva « in piena misura » questo Dono dello Spirito Santo. Le sue manifestazioni erano tutt'altro che rare ed eccezionali nelle riunioni di quella comunità.

Nelle parole introduttive della prima lettera ai Corinzi, infatti, Paolo dice : « Io rendo del continuo grazie all'Iddio mio per voi della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù ; perché in lui siete stati arricchiti in ogni cosa, in ogni dono di parola e in ogni conoscenza ; ... in guisa che non difettiate d'alcun dono » (1 Corinzi 1 :4, 5, 7).

E tornando a scrivere ai medesimi fedeli, egli dice : « Ma siccome voi abbondate in ogni cosa, in fede, in parola, in conoscenza, in ogni zelo e nel­l'amore che avete per noi, vedete d'abbondare anche in quest'opera di cari­tà » (2 Corinzi 8 :7). Possiamo pensare che una chiesa così arricchita di doni divini non godesse della manifestazione continua di essi, nella sua vita e nella sua attività? « Che dunque, fratelli, — scriveva Paolo — quando vi radunate avendo ciascun di voi un salmo o un insegnamento, o una rivela­zione, o un parlare in altra lingua, o una interpretazione, facciasi ogni co­sa per l'edificazione » (1 Corinzi 14 :26). La « rivelazione » ricordata in que­sto passo, avveniva quasi certamente per mezzo della « Parola di Conoscenza ».

E dobbiamo ricordare bene che questo Dono è « Parola di Conoscenza ». Non si tratta dunque di una concessione da parte della Conoscenza divina per i bisogni materiali o temporali di chi riceve questo Dono. La rivelazione che viene concessa per mezzo di questo Dono, poi, non viene data necessa­riamente per mezzo della voce ; se fosse così il Dono non si distinguerebbe da quello della Profezia. Non è necessario neppure che la Conoscenza sia affidata allo scritto o alle labbra : basta che sia nella mente. Si tratta dun­que di una rivelazione interiore da parte dello Spirito Santo. E questo pos­siamo ricavarlo dal fatto che « in ogni conoscenza » del versetto 1 Corinzi 1 :5 è una cosa diversa da « ogni dono di parola », che si trova nello stesso ver­setto. Naturalmente, perché tutto avvenisse per l'« edificazione » era neces­sario che chi riceveva da Dio quella data rivelazione la condividesse con i fratelli ; in questo modo la « Parola di Conoscenza » diveniva sensibile, vocale.

Questo Dono è diverso dalla conoscenza naturale dell'uomo, e non man­cano certo quelli che, non volendo ammettere i Doni dello Spirito Santo, cercano una spiegazione naturale anche per questo Dono. Se si trattasse però di un dono naturale o di una conoscenza umana, non potrebbe essere chia­mato Dono ma semplice arricchimento della nostra natura. La conoscenza naturale viene acquisita per mezzo dello studio della esperienza, dell'istru­zione ; ma nessuno studio, nessuna esperienza, nessuna istruzione potranno rivelarci i misteri nascosti dello Spirito, misteri che costituiscono il campo soprannaturale della « Parola di Conoscenza ». Nessuna profondità di ana­lisi, nessuna acutezza d'ingegno o forza logica avrebbero potuto dare a Pie­tro la notizia che tre uomini stavano cercando di lui. Fu lo Spirito Santo che gli disse : « Ecco tre uomini che ti cercano » (Atti 10:19). Per quale via naturale Anania avrebbe potuto sapere quel che vide in visione, quando udì dirsi : « Levati, vattene nella strada detta Diritta, e cerca, in casa di Giuda, un uomo chiamato Saulo, da Tarso ; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha veduto un uomo, chiamato Anania, entrare ed imporgli le mani perché ricu­peri la vista » (Atti 9:11, 12) Tutti questi dettagli sulle condizioni di Saulo Anania poteva apprenderli solo in modo soprannaturale.

E non dobbiamo confondere questo Dono con la profonda conoscenza della Bibbia. E' privilegio di ogni figlio di Dio ricevere per mezzo della illu­minazione dello Spirito Santo la comprensione del senso intimo e profondo della Parola di Dio. Gesù ha promesso : « Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi rammen­terà tutto quello che v'ho detto ... Egli vi guiderà in tutta la verità » (Gio­vanni 19:26; 16:13).

Il Dono della Parola di Conoscenza però é limitato alla persona che lo riceve. Fu per mezzo di questo Dono che l'apostolo Paolo ebbe la potente visione dei misteri del Vangelo, visione che costituì poi la sua caratteristica. « E in vero, fratelli, — diceva — io vi dichiaro che l'evangelo da me an­nunziato non è secondo l'uomo ; poiché io stesso non l'ho ricevuto né l'ho imparato da alcun uomo, ma l'ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo ». (Galati 1:11, 12).

Questa verità viene messa in evidenza più e più volte. Così egli scrive alla chiesa di Efeso « Come per rivelazione mi sia stato fatto conoscere il mistero di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; le quali leggendo po­tete capire l'intelligenza che io ho del mistero di Cristo » (Efesini 3:3, 4).

Per « Parola di Conoscenza » non dobbiamo intendere neppure la cono­scenza che abbiamo di Dio. Questa conoscenza viene acquisita mediante una lunga esperienza spirituale delle Sue vie. E' vero che « il timore dell'Eterno è inizio della sapienza » (Proverbi 1 :7), ma la Parola di Conoscenza è data in modo diretto e soprannaturale e potrebbe averla il giovane, nella fede co­me colui che è molto più anziano in essa. Potrebbe servirci di illustrazione il fatto del vecchio Eli. Egli era ricco di esperienza ; conosceva Dio e le Sue vie, eppure negli ultimi anni della sua vita non aveva ricevuto più alcuna aperta e chiara visione dall'Alto. « La parola dell'Eterno era rara a quei giorni » — dice la Scrittura — (1 Samuele 3 :1). Per il piccolo Samuele, in­vece, fu fatta eccezione : egli ricevette la rivelazione del piano di Dio. Dio, chiamandolo per nome, gli fece conoscere quello che sarebbe accaduto ad Eli e alla sua famiglia.

In seguito l'Eterno apparve di nuovo a Shiloh. Leggiamo infatti: « A Shiloh l'Eterno si rivelava a Samuele mediante la sua parola » (1 Samuele 3:11, 14, 21).

Molto spesso, nelle pagine della Scrittura, c'imbattiamo nella manife­stazione di questo Dono divino.

In modo particolare vediamo che lo possedeva Mosé. Di lui infatti di­ceva il Signore : « Con lui io parlo a tu per tu, facendomi vedere e non per via d'enigmi » (Numeri 12:6-8). Per la luce di questo Dono meraviglioso egli poteva descrivere l'alba lontana della creazione del mondo e perfino il sor­riso d'incredulità di Sara chiusa nella sua tenda, quando ebbe udito la pro­messa degli angeli (Genesi 18:9-12),

Betsaleel, il grande artefice delle meraviglie del tabernacolo, non solo ebbe la capacità di compiere un'opera così stupenda, ma ricevette dall'E­terno anche « intelligenza e sapere per ogni sorta di lavori », base necessa­ria per « concepire opere d'arti » (Esodo 31 :3, 4).

Salomone chiese a Dio « sapienza e conoscenza » ed ebbe più di quanto chiedeva. Dio infatti

disse : « Giacché questo è ciò che hai nel cuore, e non hai chiesto ricchezze, né beni, né gloria, la saviezza e l'intelligenza ti sono concesse ; e, oltre a questo, ti darò ricchezze, beni e gloria » (2 Cronache 1 :10-12).

Elia sentì rincorarsi quando apprese, per mezzo dell'ancora debole « Pa­rola di Conoscenza », che in Israele vi erano almeno settemila persone che non si erano inginocchiate davanti a Baal e non avevano baciato l'idolo (1 Re 19:18).

Eliseo sembra che per mezzo di questo Dono abbia avuto conoscenza anche più del suo stesso maestro. Quando Ghehazi andò appresso a Naaman che era stato guarito dalla lebbra « per avere da lui qualcosa », l'uomo di Dio lo seppe per mezzo dello Spirito Santo. « Il mio Spirito — disse Eliseo — non era egli là presente, quando quell'uomo si voltò e scese dal suo carro per venirti incontro »? (2 Re 5:26).

E più tardi, quando i Siri facevano guerra ad Israele, Eliseo mandò a dire al suo re: « Guardati dal trascurare quel tal luogo, perché vi stan ca­lando i Siri » (2 Re 6 :9-12). L'occhio di Dio aveva visto l'imboscata che il nemico tendeva al popolo prediletto ; mediante il Dono divino della Cono­scenza, Egli informò minutamente il Suo servo.

Molto prima della nascita di Cristo era stato detto: « Lo Spirito del­l'Eterno riposerà su Lui: spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell'Eterno » «Isaia 11 :2). Più di ogni altro, Cristo mostrò di possedere questo Dono celeste. All'inizio del Suo ministerio, Egli « non si fidava di loro », cioè di quelli che mostra­vano di credere in Lui per i miracoli che faceva ; non si fidava « perché co­nosceva tutti, e perché non aveva bisogno della testimonianza d'alcuno sul­l'uomo » (Giovanni 2 :24, 25). Cristo poté dire alla donna di Samaria : « tutte le cose che ella aveva fatto » (Giovanni 4 :29). Più e più volte lesse i pen­sieri nascosti nella mente dei Suoi interlocutori o di quelli che stavano ad ascoltarLo (Matteo 9:3, 4).

Egli sapeva che il primo pesce che avrebbe abboccato all'amo di Pietro avrebbe avuto una moneta in bocca ( Matteo 17:27). Sapeva che lo stesso Pietro Lo avrebbe rinnegato tre volte prima che il gallo avesse cantato due volte (Marco 14:30). Come scrisse Paolo « in Lui erano tutti i tesori della Sapienza e della Conoscenza » (Colossesi 3 :3).

Mediante questo dono Pietro seppe che Anania e Saffira si erano ac­cordati per defraudare il tesoro del Signore ; anche prima che si verificasse il fatto, egli conobbe la sorte che sarebbe toccata ai due. In questo modo la Chiesa primitiva veniva preservata dalla ipocrisia e dalla cattiva influen­za di persone che potevano aderire ad essa senza essere ancora del tutto convertite a Dio (Atti 5:3, 13).

Mettiamo da parte per un istante gli esempi che ci offre la Scrittura per ricordare ed esaminare alcune manifestazioni recenti di questo Dono divino. I nove Doni dello Spirito Santo sono stati dati alla Chiesa di Gesù Cristo, ed è certo che anche oggi essi sono a disposizione di essa e di quan­ti vi fanno parte. La storia e l'esperienza personale del credente ripieno di Spirito Santo dimostrano ampiamente questa verità.

Giorgio Muller racconta un fatto accaduto a lui stesso. Una sera seppe che nella cassa del suo orfanotrofio non c'erano più soldi ed i suoi piccoli pro­tetti correvano il pericolo di non far colazione al mattino per mancanza di

latte. Preoccupato di questo, si alzò presto e, con grande sorpresa, trovò tre sterline nella cassetta della posta proprio quanto ci voleva per il vitto di quel giorno. Qualche tempo dopo, chi aveva messo quel danaro raccontò che essendo in attesa di alcune lettera importanti, si era recato nel suo uf­ficio molto per tempo. Mentre era lì ebbe la precisa sensazione che dovesse far qualcosa per i piccoli dell'orfanotrofio. In un primo momento non dette troppo peso al pensiero, ma poi esso si fece molto più insistente e mi re­cai all'orfanotrofio per lasciare quel danaro. Solo Dio conosceva la necessità di quei piccoli e fu certamente Lui a parlare al cuore di questo Suo elemo­siniere. Egli gli disse di lasciare il danaro che occorreva.

Qualche anno fa leggevo un fatto che serve benissimo ad illustrare que­sto Dono divino dello Spirito Santo. Un operaio cristiano di Edinburgh, una sera, sul punto di ritirarsi per andare a riposare, sentì bussare alla sua porta. Aprì e vide davanti a sé un ragazzo tutto sudicio che gli consegnò un pezzo di carta sporco e spiegazzato. In esso era un indirizzo e la richie­sta di recarsi subito in casa di una donna gravemente malata e bisognosa di aiuto spirituale. Era passata la mezzanotte, ma egli uscì ugualmente per recarsi all'indirizzo indicato. Giunto, mentre era già con la mano alzata per bussare, sentì lo Spirito del Signore che gli impedì di farlo. Pensò che non sarebbe stato bello far tanto cammino e a quell'ora senza fare quanto riteneva suo dovere. Tentò ancora una volta, ma avvertì anche più forte l'or­dine di non farlo. Comprese chiaramente che era lo Spirito del Signore ; per lunga esperienza aveva imparato a conoscere la voce di Dio. Tornò sui suoi passi e per qualche tempo non seppe più nulla di quella donna che gli ave­va mandato il biglietto. Solo dopo molto tempo, e, se ricordo bene, in occa­sione di una sua visita alle carceri, fu avvicinato da un assassino che era stato condannato a morte. Questi gli chiese come si chiamasse e udito il nome, gli disse se ricordava che tempo indietro era stato chiamato al ca­pezzale di una donna morente. Avutane risposta affermativa, si mostrò me­ravigliato e volle sapere come mai non aveva accolto l'invito. L'uomo di Dio raccontò quanto noi sappiamo. Fu allora che egli confessò che assieme ad un complice aveva deciso di ucciderlo ed erano dietro a quella porta per farlo. Lo avrebbero ucciso non appena avesse varcato la soglia. Il ministro di Dio dunque era stato protetto per mezzo di una rivelazione interna della conoscenza divina. Era il Dono della Parola di Conoscenza che operava.

Ancora un caso in cui vediamo all'opera questo Dono meraviglioso. E' molto interessante anche questo. Una missionaria dell'India aveva bisogno di una certa autorizzazione, ma della somma necessaria per averla aveva solo 500 rupie, appena la metà. Dopo aver molto pregato ed essere stata in attesa della risposta del Signore, ebbe l'assicurazione che quella era la volontà di Dio ; Egli avrebbe sicuramente provveduto la somma necessaria. Basandosi su questa certezza interiore, ella fece vidimare il passaporto e dette come acconto la somma che era nelle sue mani. Si avvicinava il mo­mento della partenza e la missionaria cominciava a preoccuparsi non ve­dendo arrivare da nessuna parte il danaro che le mancava. Se non avesse pagato il resto per il lunedì, avrebbe perduto quanto aveva consegnato co­me acconto. Si era al venerdì. Ella si pose di nuovo in preghiera e, all'im­provviso, sentì internamente che Dio Onnipotente avrebbe mantenuto la pa­rola, nonostante che fino a quel momento tutto faceva pensare che la pri­ma sensazione era stata male interpretata. Dubbi e timori si allontanarono dal cuore della missionaria.

Qualche giorno prima il Signore aveva parlato al cuore di un'altra Sua serva, la signorina Grace Brown di Giridih. Ella era stata chiamata alla presenza di Dio ed aveva ricevuto l'ordine preciso di mandare 500 rupie ad una missionaria, ma non doveva farlo prima di un nuovo ordine. Quel venerdì dunque il Signore tornò a parlare a Miss Grace Brown e le disse che ora poteva mandare quel danaro, perché la prova era stata superata felicemente. Al sabato, giusto in tempo, poiché per il Signore non è mai troppo tardi, la missionaria ebbe il danaro che le occorreva per pagare il biglietto.

Possiamo dunque sottovalutare, trascurare, disprezzare o non cercar di comprendere questo Dono divino dello Spirito Santo? Che il cielo non lo permetta! La Chiesa di Cristo non può fare a meno di questa meravigliosa forza celeste. Solo la divina Sapienza e la divina Conoscenza possono ri­velare i tranelli, le imboscate dei nemici moderni ai moderni Elisei. Imbo­scate che tendono a distruggere la fede del popolo di Dio. Per mezzo di questi Doni Soprannaturali, coloro che portano aiuto saranno guidati verso chi ha molto bisogno di aiuto. Lo Spirito Santo conosce il più intimo e na­scosto desiderio di quanti cercano Dio; Egli sa trasformare Saul in Paolo. Desideriamo, dunque, ardentemente « i Doni migliori ».

 

IL DONO DELLA FEDE

Ora passiamo a considerare la terza delle gemme preziose con le qua­li lo Sposo celeste adorna la Chiesa Sua Sposa. « A un altro, fede, mediante il medesimo Spirito » (1 Corinzi 12:9).

E' il più grande dei tre Doni di Potenza. Studiando questo, per qual­che tempo, mettiamo da parte i Doni d'illuminazione, ai quali appartengo­no la Parola di Sapienza e la Parola di Conoscenza, che già abbiamo studia­to ; e il Discernimento degli Spiriti, che studieremo presto. Con il Dono della Fede cominciamo lo studio del secondo gruppo di Doni, cioè dei Doni di Po­tenza ispirata. Il Dono della Fede ha la stessa base del Dono delle Guari­gioni e dei Miracoli. Formano un unico gruppo. E' significativo il fatto che la Fede venga prima della disposizione dei Doni di Potenza, sebbene sia spesso molto meno appariscente e clamorosa degli altri. Non possiamo fare a meno di notare che in ogni gruppo i Doni più evidenti e spettacolari vengono ricor­dati dopo gli altri. I ministeri veramente grandi e importanti sono forse me­no appariscenti e meno evidenti per il pubblico, sebbene essi formino come la base o la radice di tutti gli altri.

Per comprendere il modo di operare di questo Dono divino, è neces­sario, prima di tutto, distinguere il Dono della Fede dalle altre forme di Fede. Nelle Scritture, la Fede ha un senso generale ed uno particolare.

Il testo originale greco, per indicare la Fede, usa la parola « pistis ». Con questo termine indica sia la « fede che salva », sia quella « che è stata concessa una volta ai santi » perché venga creduta ed accettata, sia la fede che « è frutto dello Spirito Santo », sia finalmente il Dono della Fede, di cui stiamo parlando. « Pistis » significa « credenza, certezza, fiducia, lealtà ».

Ci sarà molto utile pensare alla fede proprio nel senso suo più vero, intimo, nel senso di fiducia, abbandono in Dio. Sembra proprio che questo sia stato il pensiero dello Spirito Santo nello scegliere nel testo originale un termine che indica benissimo tutte le varie espressioni di somma fiducia in Dio che sono contenute nella parola « fede ».

Nella Fede ci sono dei « gradi ». Questo viene indicato chiaramente in molti passi della Scrittura. Paolo, per esempio, scrivendo ai Romani, dice che la giustizia di Dio è rivelata « da fede in fede » (Romani 1 :17). Cristo, più e più volte, attirò l'attenzione sulla pochezza o grandezza della Fede di chi era attorno a Lui. In occasione della tempesta del mar di Galilea. Egli, dopo aver rimproverato il vento e le onde, si volse ai discepoli, e disse : « Perché siete così paurosi? Come mai non avete voi fede »? (Marco 4:40).

Più tardi, quando Pietro camminando sullo stesso mare si accorse che affon­dava e cominciò a gridare. « Signore, salvami ! », Gesù, stendendo a lui la mano, disse : « Uomo di poca fede, perché hai dubitato »? (Matteo 14 :31). Evidentemente la fede di Pietro aveva cominciato a crescere ; il Salvato­re fu costretto a dare maggiore lode al Centurione, che venne a Lui per chiederGli accoratamente di guarire un suo servo paralitico. « In verità, disse Gesù — io vi dico che in nessuno, in Israele, ho trovato cotanta fede » (Mat­teo 8 :10). Non fa meraviglia, dunque, che in una certa circostanza, i discepoli gridassero : « Signore, aumentaci la fede »! (Luca 17:5). Sarebbe questo un grido che dovrebbe levarsi spesso in mezzo al popolo di Dio ! Immenso sarebbe il beneficio che questi ne ricaverebbe.

Venendo ora allo studio di questo Dono divino della Fede, dobbiamo prima di tutto ricordare che esso non va confuso affatto con la fede natu­rale dell'uomo. Vi è una sapienza naturale, ben distinta dalla Sapienza di­vina (sapienza della quale tutti i credenti possono divenire partecipi e la quale è distinta anche dal Dono della Parola di Sapienza, che è privilegio di pochi). Ora, come vi è questa sapienza naturale distinta dalla sapienza di­vina, vi è una fede naturale, distinta dalla fede divina. Anche un uomo non salvato può avere della fede naturale, senza niente di miracoloso. L'uomo esercita continuamente questo genere di fede : il contadino opera in fede, quando affida alla terra la sua semente ; noi mostriamo di aver fede, quan­do imbuchiamo le nostre lettere nella cassetta della posta ; abbiamo fede, quando giriamo il rubinetto dell'acqua, quando saliamo in treno, in autobus, in aereo, ecc.: siamo certi, o almeno abbiamo fiducia che saremo portati a destinazione. Questa fede naturale è nella mente di chi crede ai fatti storici. Per esempio, nessuno ha difficoltà ad ammettere che sia esistito Guglielmo il Conquistatore, Cicerone, Giulio Cesare, Napoleone, ecc.

Dobbiamo però stare attenti a non confondere questa fede naturale con la fede che salva. La prima è solo certezza storica : una cosa che è nella mente dell'uomo ; la fede che salva è invece qualcosa che riguarda il cuore, la volontà dell'uomo. Credere «che Dio ha dato a noi il Suo Divino Figliuolo» significa qualcosa di più che accettare il fatto storico : significa dare tutti noi stessi a Cristo ; accettare tutto quel che comporta quel fatto che si cre­de. Anche i diavoli credono in Dio e tremano davanti a Lui (Giacomo 2:19), ma restano sempre diavoli ; l'uomo potrebbe credere tutti i fatti ché sono nel Vangelo, senza per questo uscir fuori dai suoi peccati e salvarsi.

Il Dono della Fede di cui ci stiamo interessando, è distinto anche dal­la fede che salva. La fede infatti è essenziale per la salvezza di un'anima. « Senza fede — sta scritto — è impossibile piacergli, poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è e che è Rimuneratore di quelli che lo cercano » (Ebrei 11 :6). La Parola udita non giova nulla se non viene «assimilata per fede» (Ebrei 4:2). E « è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede ». dice Paolo (Efesini 2 :8). In un certo senso anche la fede che salva è un dono di Dio. Dio dà a noi la capacità di respirare ; è un Suo dono, di cui potremmo non servirci : Egli ci dà la possibilità di credere ; anche que­sto è un Suo dono, che potremmo non usare.

La fede che salva precede la salvezza ; il Dono della Fede invece viene concesso solo dopo che il credente è stato salvato, dopo il Battesimo nello Spirito Santo. Tutti i salvati debbono possedere la fede che salva ; mentre solo alcuni hanno il Dono della Fede. Weymouth così traduce 1 Corinzi 12 :9 : « A un terzo, per mezzo del medesimo Spirito, una fede particolare ».

La fede che salva non è un dono misterioso concesso solo a pochi. Co­me assenso della mente, essa è del tutto simile alla fede che un bambino ha nel padre e nella madre, o un amico, nell'amico. Essa onora Dio e Dio onora questa fede. Il Salmista dice: « Quelli che conoscono il tuo nome confideranno in Te » (Salmo 9:10). E' per questo che la fede in Dio cresce con la co­noscenza che abbiamo di Lui. Il popolo non ha bisogno di spinta per credere in Dio : basta che arrivi a conoscerLo. La fede in Lui diverrà una conseguen­za necessaria.

Avvenne così anche a Natanaele : il contatto personale di un solo istante con Gesù cambiò completamente il suo punto di vista. Non pensò più che da Nazareth non sarebbe potuto venir mai nulla di buono. Restò pienamente convinto che il Figlio di Dio era venuto proprio da lì (Giovanni 1 :46, 49).

La fede che salva viene da vie e canali ben conosciuti : « La fede — dice Paolo — viene dall'udire e l'udire si ha per mezzo della parola di Cristo » (Romani 10:17). Poiché la « parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore ; questa è la parola della fede che noi predichiamo » (Romani 10:8).

Questo ci porta al terzo punto : il Dono della Fede è una cosa diversa dalla « fede che è stata data una volta per sempre e tramandata ai santi » (Giuda 3). La fede è sempre un Dono di Dio ; senza questo Dono l'umanità peccatrice non avrebbe conosciuto il Vangelo che salva, eppure essa non è il Dono della Fede di cui stiamo trattando.

La Fede è per tutti quelli che vorranno credere ,mentre il Dono della Fede è solo per quelli ai quali verrà concesso dallo Spirito Santo. C'è una sola fede (Efesi in 4:5) e la Chiesa primitiva, essendo confermata nella fe­de, « cresceva in numero di giorno in giorno » (Atti 16 :5). E' « per il perfe­zionamento dei santi, per l'opera del ministerio, per l'edificazione del corpo di Cristo, finché tutti siano arrivati all'unità della fede... che Cristo ha dato gli uni come apostoli ; gli altri, come profeti ; gli altri, come evangelisti ; gli altri, come pastori e dottori e... ha fatto dei doni agli uomini » (Efesini 4 :8, 11-13).

In questo modo possiamo notare che i miracolosi Doni dello Spirito Santo, che sono alla base dei vari uffici o ministeri della Chiesa, hanno una ben chiara relazione con quella fede che « è stata concessa una volta per sem­pre ai santi ». Questi doni sono necessari al perfezionamento dei medesimi e « all'edificazione del corpo di Cristo ». Senza di essi, la Chiesa non potrebbe arrivare mai alla perfezione spirituale voluta da Dio. Questi Doni sono fattori essenziali alla scoperta di quelle pietre viventi che dovranno occupare il loro posto nell'edificio che « si va innalzando per essere un tempio santo del Si­gnore » (Efesini 2 :21). Essi servono a squadrare, pulire, levigare queste pie­tre. Non fa meraviglia che l'autore ispirato ci dica di « lottare per la Fede ». In questi giorni di materialismo, di mondanità e infedeltà, anche noi dobbia­mo combattere per « ciò che riguarda la fede ». Non dobbiamo dimenticare che i Doni dello Spirito Santo sono parte necessaria di quella fede « una vol­ta per sempre concessa ai santi » (Giuda 3).

E' necessario poi che il lettore non confonda il Dono della Fede con la Fede che è « frutto dello Spirito ». « Il frutto dello Spirito, invece, è amore, allegrezza, pace, longanimità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza » (Galati 5 :22). Come vediamo, qui la parola « fede » viene sostituita dalla parola « fe­deltà ». Ciò è giusto, perché, come abbiamo detto, la parola « pistis » del te­sto originale significa anche questo, cioè « fedeltà ».

La Fede Dono è per la « potenza », mentre la Fede Frutto è per « il carattere ». Questa è la manifestazione esteriore dello Spirito che si rivela per mezzo delle opere di fedeltà. « Ricordandoci del continuo — dice l'apostolo ai Tessalonicesi — nel cospetto del nostro Dio e Padre dell'opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore, e della costanza della vostra spe­ranza nel nostro Signore Gesù Cristo » (1 Tessalonicesi 1 :3). Tutto questo corrisponde magnificamente alla bella descrizione della carità che non viene mai meno. « Or dunque queste tre cose durano : fede, speranza, carità; ma la più grande di esse è la carità » (1 Corinzi 13 :13).

La Fede che è Frutto dello Spirito nasce e si sviluppa dal seme della Fede salvifica. La Fede salvifica precede la salvezza ; quella che è Frutto dello Spirito viene dopo la salvezza. La Fede che è Dono dello Spirito si ha come parte di quel rivestimento di potenza che ottiene chi riceve il Batte­simo nello Spirito Santo.

Qui ci servirà molto alla comprensione del Dono che stiamo studian­do, se ci fermiamo un poco a vedere la relazione che passa tra questi tre gradi di Fede differenti l'uno dall'altro.

La Fede Frutto dello Spirito Santo è uno di quel magnifico assortimen­to di prodotti che vengono dall'albero « fruttifero » che s'innalza sulla Fede salvifica.

Il Dono della Fede, invece, non viene da questo albero. Esso non vie­ne dato per la formazione del carattere o della personalità ; ci viene dato « per la potenza ». Viene direttamente dallo Spirito Santo ; non esclude né implica le altre specie di Fede. Esso non dà al suo felice possessore immu­nità contro il dubbio nella Fede. Un esempio ed una illustrazione di questo possiamo vederla in Elia. Egli, con il grande Dono della Fede, ebbe la pos­sibilità di chiudere il cielo e far che non piovesse : « non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi » (Giacomo 5 :17). Dopo ciò, invocò il fuoco dal cielo, riportando così a Dio una nazione (1 Re 18 :38, 39). Eppure, quando si allon­tanò da lui l'unzione di Dio, egli fuggì spaventato dalle minacce di una don­na (1 Re 19:3).

Il Dono della Fede è una Fede tutta particolare. Dai teologi alle volte, è chiamata « fede dei miracoli ». Essa infatti è un rivestimento sopranna­turale che rende il possessore del Dono capace di confidare in Dio fino al punto da ottenere il miracolo. Chi riceve questo Dono crede in Dio con tan­ta sicurezza e fiducia che Dio non può fare a meno di onorare quella fede. Chi ha questo Dono parla a nome di Dio e Dio considera come propria la pa­rola che egli dice in Fede.

Di questa Fede Gesù disse : « In verità io vi dico che chi dirà a que­sto monte : Togliti di là e gettati nel mare, se non dubita in cuor suo, ria crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto » (Marco 11 :23).

Elia, operando sotto l'influsso di questo Dono, poteva dire: « Non vi sarà né rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia parola » (1 Re 17 :1).

Gesù chiamò questo Dono « fede di Dio » (Marco 11 :22), perché essa è una piccola parte della onnipotenza divina, che viene concessa all'anima dell'uomo.

Sembra che questo Dono sia concesso ad alcuni servi del Signore in par­ticolari momenti di difficoltà. Esso viene all'uomo con tale potenza che que­sti non è più nel campo della fede naturale ed ordinaria in Dio, ma si sente elevato in un campo immensamente superiore. Egli avverte in sé una certez­za divina che lo fa trionfare su tutto e su tutti.

Comprenderemo meglio quanto stiamo dicendo, se getteremo lo sguar­do su alcuni esempi che ci vengono offerti dalle Scritture. Enoch, che camminò con Dio, ebbe questo Dono in grande misura. Di lui sta scritto : « Per fede Enoch fu trasportato perché non vedesse la morte; e non fu più tro­vato, perché Dio l'aveva trasportato » (Ebrei 11 :5).

Se Ebrei 11 :20, 21 non ci dicesse che « per fede » Isacco e Giacobbe dettero la loro benedizione, nel loro gesto e nelle loro parole avremmo potu­to vedere solo il Dono della Profezia.

Daniele fu difeso dai leoni, nonostante che i gelosi politicanti avesse­ro fatto chiudere la fossa nella quale era stato gettato. La Parola divina ci dice che quella liberazione avvenne perché Daniele « s'era confidato nel suo Dio » (Daniele 6 :23). Egli, « mediante la fede », chiuse « la gola dei leoni » (Ebrei 11:33).

Preghiamo dunque : « Signore, accresci la nostra fede »! Cerchiamo di accendere nel nostro cuore un grande desiderio di questo Dono meraviglio­so della Fede.

 

 

I DONI DÌ GUARIGIONE

( spiegazione di questo dono )

Il Dono che studieremo in questo capitolo è il quarto Dono dello Spi­rito Santo. « A un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spiri­to » (1 Corinzi 12 :9). E' forse questo il Dono più ambito. Ed è naturale che il cuore dell'uomo desideri simpatizzare con quanti soffrono e voglia alle­viare più che sia possibile le sofferenze di chi gli sta vicino. Tutti vanno soggetti a malattie. Dei tre miliardi circa che sono sulla faccia della terra, si calcola che almeno un 200 milioni siano malati più o meno gravemente. Il campo d'azione di questo Dono dunque è vastissimo.

Dobbiamo notare, prima di ogni altra cosa, che questo Dono è del tutto soprannaturale ; esso viene dato all'uomo per la guarigione soprannaturale delle malattie che possono colpirlo. Non si tratta, perciò, di una capacità più o meno grande di diagnosticare e curare malattie.

I campi in cui Dio opera con questo Suo Dono meraviglioso delle Gua­rigioni sono tre. Essi sono nettamente distinti fra loro.

Prima abbiamo il campo naturale. Esso è governato da leggi fisiolo­giche volute da Dio, come tutte le altre leggi della natura. In questo cam­po Dio opera per mezzo dei dottori, dei chirurghi, degli infermieri, quando tutti questi fanno del loro meglio per aiutare il malato. I loro sforzi si limi­tano a favorire quanto fa la natura per guarire se stessa. « Io fascio la fe­rita, — diceva un celebre medico cristiano — ma è Dio che la guarisce ».

Viene poi il campo spirituale. Esso è governato da leggi spirituali e la Fede è la prima di queste. La guarigione spirituale non si oppone a quella del campo naturale : semmai è qualcosa di più elevato ; qualcosa posta in un piano superiore.

In questo campo opera la grande promessa che leggiamo in Giacomo 5 :14, 15 : « C'è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d'olio nel nome del Signore ; e la pre­ghiera della fede salverà il malato, e il Signore Io ristabilirà ».

Ecco, finalmente, la Guarigione concessa nella piena sovranità di Dio dallo Spirito Santo. Questa Guarigione è del tutto soprannaturale ed ope­ra secondo leggi del tutto sconosciute, poiché lo Spirito Santo « distribui­sce i suoi Doni a ciascuno in particola re come egli vuole » (1 Corinzi 12 :11). E' in questo campo completamente miracoloso che opera il Dono delle Gua­rigioni. Non sono nel giusto quelli che pretendono insegnare che oggi il Do­no delle Guarigioni consista nella scienza medica o nell'opera sanitaria dei missionari in mezzo ai pagani.

Dobbiamo notare che qui si tratta di una pluralità di Doni. Questo non è evidente in tutte le Versioni della Bibbia. In alcune di esse non si dice Doni ma Dono di Guarigioni. Nelle versioni del Diodati o del Luzzi che noi usiamo troviamo sempre il plurale : « Doni di Guarigioni » e non

« Dono di Guarigioni ». E' l'unico dei nove Doni dello Spirito Santo che consiste in una « serie di Doni ».

Non mancano certo le ragioni di questa benedetta pluralità. Essa ci di­ce che Dio è generoso nel Suo desiderio ardente di guarire la creatura ma­lata. Lungi dal trattare la malattia dell'uomo come cosa di poca importan­za, Egli ha provveduto espressamente un vero gruppo di Doni di Guarigioni, perché la Chiesa possa venire incontro ai grandi bisogni dell'umanità. Ba­sterà questo per rispondere al critico che se la prende con chi mostra di credere nella Guarigione divina, come se questi desse troppa importanza al­la parte materiale dell'uomo.

Alcuni sono arrivati a suggerire che Dio ha specialisti per ogni tipo di malattia, proprio come la scienza medica che ha specialisti per la gola, per il cuore, i polmoni, l'apparato digerente, ecc. Così un felice possessore di questo Dono potrebbe essere prezioso per guarire quelli che sono affetti da sordità; un altro potrebbe venire incontro a chi è affetto da malattie da crescenza, e così di seguito.

Ma mentre tutto questo potrebbe apparire una spiegazione molto sem­plice e plausibile, nella Scrittura non troviamo nulla che possa appoggiarla. Cristo « guariva sanando ogni malattia e ogni infermità fra il popolo » (Mat­teo 4 :33), e anche i discepoli avevano ricevuto da Lui la facoltà di « sanare qualunque malattia e qualunque infermità » (Matteo 10 :1). Anzi questo fu un Suo ordine, quando chiamò a Sé i dodici e li mandò a predicare il Suo messaggio d'amore.

« Una spiegazione che potrebbe avvicinarsi meglio alla realtà è quella di chi ritiene che il possessore del Dono potrebbe accorgersi di ottener succes­so nel guarire una malattia piuttosto che un'altra. Si potrebbe dare dei casi in cui il Dono delle Guarigioni che egli ha non sia efficace. Ho udito un evangelista che raccontava come in una certa riunione di preghiera venis­sero guarite un gran numero di persone cieche o colpite da gravi disturbi della vista, mentre non ottennero nulla quelle che avevano altre malattie. Il fatto potrebbe spiegarsi con la fede che si accendeva nel cuore degli al­tri malati di occhi tutte le volte che si verificava un miracolo di guari­gione che riguardava la loro malattia. Naturalmente il miracolo non pro­duceva lo stesso effetto stimolante sugli altri malati.

La vera spiegazione però forse è quella che si ha osservando attenta­mente il testo. Nel versetto 4 leggiamo che « vi è diversità di Doni, ma v'è un medesimo Spirito ». Ecco le parole esatte della Bibbia : « Ad uno è data mediante lo Spirito Parola di Sapienza ; a un altro, Parola di Conoscenza, secondo il medesimo Spirito; ad un altro, Fede, mediante il medesimo Spi­rito, e a un altro Doni di Guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito » (1 Corinzi 12 :8, 9).

Tutto il gruppo dei « Doni di Guarigioni », dunque, qualunque sia l'in­terpretazione che vogliamo dare a quel « plurale », viene dato ad una per­sona, cioè « a un altro », e non « ad altri ». Questo ci dice che non è esatto parlare di « specialisti » quando si parla di quelli che hanno il Dono che stiamo trattando. La Scrittura, in questo caso, avrebbe detto forse « a altri, Doni di Guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito ».

Notiamo anche che lo Spirito Santo dà Doni di Guarigione. E' come di­re che il benedetto possessore di questo Dono soprannaturale ha il privile­gio di portare aiuto a quanti sono oppressi da infermità e si rivolgono a lui.

Nel caso che questo mio pensiero non fosse ancora chiaro, potrei ricor­dare quel che avviene con il primo dei Doni dello Spirito Santo. Come lo Spirito di Dio dà la « Parola di Sapienza » ad una persona e questa, a sua volta, riferisce o passa ad altri la Parola che ha ricevuto, così lo Spirito San­to dà ad alcuni i « Doni di Guarigioni », perché possano essere aiutati e guariti quelli che si rivolgono in fede a chi possiede questo benedetto Dono di Dio.

Dovrebbe essere quindi chiaro il motivo per cui la Parola di Dio, par­lando di questo Dono, usi la forma plurale : si tratta di « Guarigioni » e non di « Guarigione » ; il possessore di questo Dono può aiutare molti. Se aves­se usato il singolare, potevamo pensare che si trattasse di un Dono concesso per un caso determinato, un caso singolo. Se, per esempio, la Bibbia avesse detto : « A un altro, potenza di operar un miracolo », tutti avremmo capito che lo Spirito Santo, in un caso particolare, dava ad una persona la facoltà di operare il miracolo che si richiedeva. Si tratta dunque di « Doni di Gua­rigioni. E ciò significa che chi è onorato da Dio con questo Dono ha da Lui il benedetto privilegio di alleviare e guarire ogni infermità. Egli è un dispensatore di « doni ». di guarigioni. Così pensava Pietro di questo Dono meraviglioso. Ascolta come si esprime quando parla al povero storpio che chiedeva l'elemosina alla porta del Tempio : « Dell'argento e dell'oro io non ne ho ; ma quello che ho te lo do : Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina » (Atti 3 :6). Il papa Gregorio, parlando un giorno con Tommaso d'Aquino a proposito di queste parole di Pietro, disse ridendo : « Oggi la chiesa non può più dire di non avere argento ed oro »! E Tommaso d'Aqui­no rispose : « E' vero, ma non può dire neppure : « Nel nome di Gesù Cri­sto il Nazareno, alzati e cammina »!

Altro punto che non dobbiamo dimenticare è che il possesso di que­sto Dono non dà la possibilità di guarire tutti i casi di malattia. Alcuni pensano che chi possiede questo Dono dovrebbe recarsi negli ospedali e guarire tutti indistintamente, oppure dovrebbe fermare tutti i malati che incontra per la via e guarirli. Basta un solo istante di attenzione per vedere che né Cristo, né gli apostoli guarivano tutti quelli che incontra­vano. Allora, come adesso, avvennero delle guarigione miracolose. La ra­gione di questo sta nel fatto che l'uso dei Doni di Guarigioni dipende da uno stimolo particolare che Dio fa sentire. Egli dice al possessore del Dono come e quando questo deve essere usato. Se non c'è lo Spirito Santo che opera internamente, non verrà manifestato il Dono, ossia, esso resterà inattivo. Qualche illustrazione presa dalla Scrittura renderà evidente il no­stro pensiero. Sotto i portici di Bethesda « giaceva un gran umero di infer­mi, di ciechi, di zoppi, di paralitici, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua ». Tutti avevano fede ; tutti credevano nella « guarigione divina » ; tutti erano in attesa del miracolo che faceva muovere quelle acque, eppure Gesù guarì soltanto quello al quale disse : « Vuoi essere risanato »? (Giovanni 5 :3, 6). Solo uno di tanta folla di malati ebbe la guarigione, per quanto il Medico celeste fosse lì, in mezzo a loro. E' scritto che in un caso Gesù « guarì tutti i malati » (Matteo 8 :16) ; ma ciò deve intendersi in senso stretto, cioè nel senso che guarì tutti quelli che Gli vennero presentati perché li guarisse.

E' chiaro che nonostante tutto il Suo ministerio meraviglioso, Cristo lasciò molti senza il miracolo della guarigione tanto sospirata. Quando, per esem­pio, egli fece ritorno a Nazareth, molti si mostrarono scandalizzati di Lui ed Egli « non fece quivi molte opere potenti a cagione della loro incredulità » (Matteo 13 :58).

Possiamo notare che questo si era verificato anche nel ministerio di Eliseo. Cristo richiama l'attenzione dei Suoi ascoltatori sul fatto che « al tempo del profeta Eliseo c'erano molti lebbrosi in Israele ; eppure nessuno di loro fu mondato, ma lo fu Naaman il Siro » (Luca 4:27).

Questo si verifica anche nel ministerio dell'apostolo Paolo. Scrivendo a Timoteo, dice : « Trofimo l'ho lasciato infermo a Mileto » (2 Timoteo 4 :20). Ora questo non è certo una prova, come pensano alcuni, che l'apostolo non avesse più il Dono dei miracoli, poiché non molto tempo prima aveva gua­rito il padre di Pubbio e molti altri abitanti dell'isola di Malta (Atti 28 :8, 9). Il fatto ci dice soltanto che non c'erano le condizioni necessarie per la guarigione di Trofimo. La stessa cosa dobbiamo dire di Epafrodito, che era stato infermo e ben vicino alla morte, ma Dio aveva avuto pietà di lui (Filippesi 2:27).

Allora, come adesso, solo quelli che avevano fede sufficiente per otte­nere il miracolo della guarigione, venivano guariti ; gli altri non potevano trarre profitto dal Dono meraviglioso e soprannaturale delle Guarigioni.

 

 (2) I doni di guarigione nella storia

I Doni di Guarigioni, operanti come abbiamo visto in un campo sopran­naturale sotto la sovranità dello Spirito Santo, potrebbero essere considerati una particolarità dei primi tempi della evangelizzazione. Fu questo Dono che molto spesso, ai tempi degli apostoli, aprì la porta alla predicazione del vangelo.

La guarigione dello storpio, operata da Pietro, fece accorrere « tutto il popolo, attonito » (Atti 3 :11), e « molti di coloro che avevano udito la pa­rola credettero; e il numero degli uomini salì a circa cinquemila » (Atti 4 :4).

Nello stesso modo il Risveglio di Samaria fu dovuto al fatto che il messaggio di Filippo veniva autenticato « dai miracoli che egli faceva ; poi­ché gli spiriti immondi uscivano da molti che li avevano : e molti paralitici e molti zoppi erano guariti » (Atti 8 :6, 7).

Questo Dono, come gli altri, è la sfida che la Chiesa di Cristo lancia contro il paganesimo ; la miracolosa guarigione di un corpo malato per mezzo di questo dono ha certo più potere convincente di mille argomenti che potrebbero essere usati per ribattere le difficoltà di un incredulo. Se og­gi la religione ha poca presa sulle masse, si deve principalmente alla man­canza del soprannaturale. Quanto sono pochi oggi i luoghi di adorazione dove si vede un'anima salvata dalla potenza di Dio, una persona malata gua­rita, o un credente battezzato nello Spirito Santo ! Eppure la potenza so­prannaturale di Dio era considerata da Cristo come qualcosa che sarebbe sempre appartenuta al credente. « In verità, in verità vi dico, che chi crede in me farà anch'egli le opere che fo io ; e ne farà di maggiori, perché io me ne vo al Padre » (Giovanni 14 :12). Dove sono oggi « i segni che accom­pagneranno »? Questi segni e prodigi con i quali il Signore confermava le parole della prima Chiesa? La colpa non è dalla parte della generosità divi­na, ma nella nostra incredulità.

Sarà interessante fermarci un poco a considerare in che modo opera questo Dono. Gesù guariva col semplice tocco delle Sue mani. Quando il lebbroso si avvicinò a Lui per essere guarito, « Gesù, stesa la mano, lo toccò dicendo : Lo voglio, sii mondato. E in quell'istante egli fu mondato dalla sua lebbra » (Matteo 8 :3). In qualche caso questo tocco vitale veniva dai malati stessi. Leggiamo infatti che « tutti quelli che Lo toccarono, furono com­pletamente guariti » (Matteo 14 :36).

Alle volte bastava una semplice parola. « Di' soltanto una parola, — implorava il Centurione — e il mio servitore sarà guarito » (Matteo 8 :8).

Paolo trovò a Listra un uomo «impotente nei piedi » e lo guarì con una sola parola. « Vedendo che aveva fede da esser sanato, l'apostolo disse ad alta voce : Levati ritto in piè. Ed egli saltò su, e si mise a camminare » (Atti 14:9, 10). E leggiamo anche : « Mandò la sua parola e li guarì, e li scampò dalla fossa » (Salmo 107 :20).

In molti casi gli apostoli guarivano « imponendo le mani ». « Molti segni e prodigi erano fatti fra il popolo per le mani degli apostoli » (Atti 5 :12). E anche Paolo, dopo aver pregato per il padre di Publio, « gli impose le mani e lo guarì » (Atti 28 :8).

Eccezionalmente questo Dono operava senza il tocco delle mani e an­che senza il suono della parola. Leggiamo che al tempo degli apostoli « por­tavano perfino gli infermi per le piazze, e li mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando Pietro passava, l'ombra sua almeno ne adombrasse qual­cuno, ... e tutti quanti erano sanati » (Atti 5 :15, 16).

Badiamo inoltre al fatto che perché questo Dono fosse attivo era ne­cessaria la fede. Da qualcuno è stato insinuato che Paolo portasse con sé nei viaggi missionari Luca « il medico carissimo », con il fine di farlo inter­venire con le sue cognizioni mediche nel caso che egli avesse fallito con i Doni soprannaturali delle Guarigioni. E' il modo di ragionare più pazzesco che possa concepirsi. I Doni di Dio sono dati per fede, ora se Paolo avesse avuto tanto poca fede da portarsi dietro Luca con il fine che abbiamo det­to, possiamo esser certi che i Doni di Guarigioni non avrebbero davvero ope­rato per mezzo di Paolo. Oltre a ciò, quando Paolo, Luca e gli altri fecero naufragio e presero terra a Malta, fu Paolo che operò una guarigione, non il medico Luca (Atti 28 :8, 9).

In qualche caso vediamo che la fede necessaria fu esercitata dal pros­simo o dagli amici, se il malato non era in condizioni di farlo personal­mente. Questo avvenne nel caso del paralitico condotto a Gesù da quattro amici. « E Gesù, — dice la Bibbia — veduta la loro fede, disse al paralitico : Figliuolo, i tuoi peccati ti sono rimessi » e lo guarì (Marco 2 :5).

Ordinariamente, però, la fede era esercitata dalla persona inferma. Ec­co perché alla donna che da dodici anni soffriva di flusso di sangue e aveva toccato con fede il lembo della Sua veste, Gesù disse : « La tua fede t'ha gua­rita. E da quell'ora la donna fu guarita » (Matteo 9:22).

In qualche circostanza la fede necessaria per vedere in atto questo Dono divino venne esercitata solo dal ministro. Questo si verificò quando Gesù guarì il ragazzo epilettico che si trovò davanti, dopo che la fede del padre aveva ricevuto un duro colpo, perché i discepoli non erano riusciti a scacciare il demonio che lo opprimeva (Marco 9 :25).

Un esempio simile poi l'ho appreso qualche anno fa. Mentre mi tro­vavo in una Chiesa per una missione evangelistica, mi venne presentata una donna che mi raccontò la sua conversione. Disse che avendo udito che in una data località si teneva una riunione di risveglio da un evangelista molto conosciuto, volle andarci e ad un certo punto si sentì profondamente con­vinta di peccato. Udito l'invito a farsi avanti per quelli che desideravano es­sere guariti, ella si mosse pensando cile si trattasse di guarigione spirituale, cioè della salvezza. Nell'istante in cui si pregava per lei, ella avvertì di es­sere stata salvata, sebbene, naturalmente, la preghiera che veniva fatta su di lei si riferiva alla guarigione del corpo. Dio però non commette errori e sapeva benissimo le necessità di quella donna. Ella aveva un tumore al collo, ma hon sapendo nulla delle Guarigioni divine, non aveva pregato a questo fine. La mattina seguente, quando si alzò e osservò come al solito allo spec­chio la sua escrescenza tumorale, con immensa gioia e sorpresa, si avvide che era tutto sparito. La sua testimonianza venne confermata da innumere­voli amiche che la conoscevano benissimo e che più volte avevano visto quel tumore.

In quel caso è evidente che la fede del ministro fu il solo mezzo per il quale venne quella guarigione, poiché la donna non sapeva nulla dei Do­ni di Guarigioni e non aveva esercitato alcuna fede per ottenere di essere guarita.

E' necessaria ancora una osservazione riguardo ai Doni di Guarigioni. Il possesso di questo Dono da parte di pochi e il fatto che esso operi in essi nella libera sovranità dello Spirito Santo, non impedisce che molti, se­condo Giacomo 5 :14, 15, possano ricevere la guarigione mediante la pre­ghiera della fede e l'unzione dell'olio.

Non c'è dubbio che questo passo della Scrittura serva a dare una re­gola precisa per il credente e per la vita della comunità, mentre il « Dono delle Guarigioni » è dato per aiutare gli sforzi che vengono fatti in mezzo a persone non ancora convertite. Nel caso dunque in cui si ammala un mem­bro della chiesa o della comunità, dobbiamo ricordare quanto è scritto in Giacomo 5 :14, 15. « C'è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d'olio nel nome del Signore ; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà ».

Qui non viene fatta menzione particolare di chi deve ungere il malato ; non viene indicata alcuna autorità o ufficio particolare. Sono nominati espli­citamente gli « anziani della chiesa », ma, naturalmente, essi non potranno dimenticare che il loro pastore non solo appartiene agli anziani ma è il pri­mo di essi, quello che li presiede.

Mentre, però, l'unzione con l'olio è riservata agli anziani della Chie­sa ed è stata istituita per il cristiano che si ammala, c'è un'altra promessa che riguarda tutti i credenti, tutti quelli che credono nei « segni che segui­ranno ». Di essi è stato scritto : « Imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno » (Marco 16 :18). Dio dunque è stato così meravigliosamente provvido che per ogni caso di necessità ha offerto il Suo divino intervento : la Sua promessa è così ampia che tutti quelli che cadono malati possono ri­cevere aiuto e conforto da un cristiano in preghiera.

Per concludere, sarà bene citare alcuni casi in cui è stato esercitato questo Dono divino. Niente meglio degli esempi potrà confutare l'afferma­zione che non ci sono state più guarigioni miracolose dal tempo degli apo­stoli.

Nel prologo di questo libro abbiamo già provato che fino al terzo se­colo dopo Cristo nella Chiesa c'era il « Dono delle Guarigioni » e non stare­mo a ripetere le stesse prove. Diamo esempi più recenti.

Si pensa che Costantino, che divenne imperatore nel 306 dopo Cristo, si sia convertito al cristianesimo verso il 313. Nel 324 egli fece un editto in virtù del quale veniva abolito il paganesimo e la religione cristiana diveni­va Religione di Stato. Questo fatto fece entrare uno spirito di mondanità nella Chiesa di Cristo e cominciarono a sparire l'adorazione pura e sincera, assieme alla manifestazione del soprannaturale. La Chiesa non faceva più affidamento nel solo aiuto divino ; essa cominciò ad appoggiarsi troppo sulle potenze della terra e a confidare nella loro protezione.

Il Rev. A. J. Gordon, nel suo libro « Il Ministerio delle Guarigioni », dice : « Ora viene un fatto che dovrebbe farci pensare molto : tutte le volte che nella chiesa si verifica un ritorno alla fede primitiva e alla semplicità apostolica, si ode parlare dei miracoli evangelici che caratterizzarono il tempo degli apostoli. Il miracolo circonda la culla di ogni riforma spirituale, co­me avvenne alla nascita della Chiesa, Valdesi, Moravi, Ugonotti, Battisti e Me­todisti, tutti hanno miracoli e miracoli nelle loro cronache ».

Anche Lutero scrive : « Quante volte è accaduto, e accade ancora, che sono stati scacciati i demoni nel nome di Cristo ! Quante volte sono state gua­rite persone gravemente ammalate, con la semplice invocazione del nome di Gesù ». Una volta egli trovò gravemente ammalato il suo amico Melantone. Gli disse parole buone per sollevare l'infermo, poi, dopo aver pregato per lui, lo prese per la mano dicendo : « Su, Filippo, sta' tranquillo ; non far del male a te stesso ; confida nel Signore : guarirai prestissimo ». Melantone si riebbe completamente e, in seguito, Lutero disse :

« Era moribondo e per un evidente miracolo del Signore, ora è vivo ».

Giorgio Fox, fondatore di una Denominazione cristiana, detta degli Ami­ci, nei suoi scritti rende testimonianza alla potenza guaritrice di Dio me­diante il « tocco » delle mani. Egli cita un certo numero di casi di cui è stato testimonio oculare. Ne citiamo uno : « Mi trovavo da qualche tempo al Convegno di Arn-side. Qui era un giovane del luogo, un certo Richard Myer, che da tanto tempo aveva le braccia paralizzate. Una sera, mosso da Dio, davanti a tutto il popolo, dissi al giovane che stava seduto : " Alzati e stendi le braccia ". Lo fece imme­diatamente e, rivolto al popolo, commosso fino alle lacrime, disse : " Guarda­te, sono stato guarito" ! I genitori non potevano credere ai loro occhi. Solo dopo la riunione e dopo infinite constatazioni, si liberarono da ogni dubbio. Il giovane venne poi con me al Convegno di Swarthmore e davanti a tutti dichiarò quanto il Signore aveva operato per lui ».

Giovanni Wesley, fondatore della Chiesa Metodista, più e più volte, nel suo giornale, cita casi di guarigioni e racconta come la guarigione ve­niva in risposta alla preghiera della fede. Nelle sue

« Note sul Nuovo Te­stamento » egli spiega Giacomo 5 :14, in questo modo : « Questo singolare, meraviglioso Dono che Cristo concesse agli apostoli restò a lungo nella Sua Chiesa. Anzi, sembra che sia stato concesso proprio con lo scopo di arric­chire per sempre i seguaci di Gesù. Giacomo rimanda l'infermo agli " anzia­ni ", perché questi, se non erano gli unici, erano certamente i primi a godere di ciò che Cristo aveva donato alla Chiesa. Per molto tempo questo era il metodo seguito dai credenti che si ammalavano, ma poi tutto si è perduto con il sopravvento dell'incredulità ».

Circa la sua salute Wesley aveva molte cose da raccontare. Così le ri­corda nei suoi scritti. « Quando avevo circa ventisette anni, cominciai ad avere delle emottisi, e queste si ripeterono a più o meno brevi intervalli per molti anni. Verso i quarant'anni era arrivato al terzo stadio della tuber­colosi. Era la fine, eppure a Dio piacque liberarmi in soli tre mesi da un male che non perdona. Egli aveva vinto ».

Ecco dunque un Dono che tutti dovrebbero desiderare ardentemente. Niente meglio di questo Dono divino può dimostrare che Cristo non è mor­to, ma che vive per ognuno di noi. I Modernisti non ammettono il mira­colo, ma anche il peggiore e più ostinato degli increduli deve abbassare il capo davanti all'evidenza di questi « Doni di Guarigioni ». La Chiesa di Cri­sto usi la sua potenza ; si rivesta del soprannaturale ; annienti gli attacchi dell'incredulità ; abbatta le roccaforti di Satana nel cuore degli increduli, e trionfi la causa di Cristo.     

 

POTENZA D'OPERAR MIRACOLI

(1) Descrizione di un dono.

Passiamo ora ad esaminare quel Dono che è come il centro glorioso delle manifestazioni dello Spirito Santo, l'ultimo e il più appariscente dei tre Doni di Potenza Ispirata. « Ad un altro, potenza d'operar miracoli » (1 Corinzi 12 :10). Il termine greco usato è « dinameis », cioè « poteri » ciò dimostra chiaramente che questo Dono appartiene al gruppo detto « Doni di Potenza ».

Sarà bene che prima di esaminare dettagliatamente questo Dono di­vino, spendiamo qualche parola per chiarire che cosa si debba intendere per « miracolo ».

Per indicare i miracoli del Nuovo Testamento vengono usate quattro parole ricche di significato. Essi vengono detti « prodigi », « segni », « ope­re », « potenze ». Consideriamo attentamente ciascuno di questi termini.

Prima di tutto vengono detti « prodigi ». Pietro, infatti, predicando il Giorno della Pentecoste, dice : « Uomini israeliti, udite queste parole : Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui, fra voi, come voi stessi ben sapete » (Atti 2 :22). La parola « prodigio » sta a indicare la meraviglia, lo sbalordimento che il miracolo di Cristo produceva sui Suoi ascoltatori ; è la descrizione grafica di tanti strepitosi miracoli di Gesù. Così nella guarigione dello storpio e paralitico leggiamo : « Colui s'alzò, e subito, preso il suo let­tuccio, se ne andò via alla presenza di tutti ; talché tutti stupivano e glori­ficavano Iddio dicendo : Una cosa così non la vedemmo mai » (Marco 2:12).

Come cosa prodigiosa, il miracolo tendeva a scuotere gli uomini dalla loro apatia spirituale ; da una esistenza troppo legata ai sensi. Esso deve spingere chi vede e ascolta a rientrare in se stesso e ascoltare la voce della propria coscienza. Quando Paolo guarì lo storpio di Listra, si ebbe immedia­tamente un risultato straordinario : tutti corsero a vedere i nuovi visita­tori della loro città e « a mala pena le turbe furono trattenute dal sacrifi­car loro » (Atti 14 :8-18).

Il miracolo viene detto poi « segno ». Esso era infatti un segno della presenza e potenza di Dio. In questa parola possiamo vedere molto chiara­mente il fine per cui Dio ha dato il miracolo alla Sua chiesa. Esso indica qualcosa al di là del fatto in se stesso. Nel caso dei miracoli di Cristo, sap­piamo benissimo che essi volevano indicare la generosità, la bontà, il fine e la potenza di chi li faceva. Per questo i Giudei chiesero : « Qual segno ci mostri tu che fai queste cose »? (Giovanni 2:18). E Gesù, come segno, dette loro il miracolo della Sua Resurrezione.

Quando stava per lasciare i discepoli, il Maestro disse loro : « Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: Nel nome mio cacceranno i demoni ; parleranno in lingue nuove ; prenderanno in ma­no dei serpenti ; e se pur bevessero alcun che di mortifero, non ne avranno alcun male ; imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno ... E quelli se ne andavano a predicare da per tutto, operando il Signore con essi e con­fermando la Parola coi segni che l'accompagnavano » (Marco 16:17, 18, 20).

Naturalmente un « segno » non era sempre un miracolo: in alcuni casi si trattava di cose naturali che venivano dati come segno. Gli angeli, per esempio, dissero ai pastori che avrebbero avuto un segno nel fatto che avreb­bero trovato « un Bambino fasciato e coricato in una mangiatoia » (Luca

2:12). Il miracolo però era sempre un segno in virtù del quale chi lo faceva pretendeva di essere ascoltato come messaggero di Dio.

Vediamo poi che il miracolo viene detto anche « opera ». La usa in mo­do particolare Giovanni nel descrivere i miracoli di Cristo, come se i mira­coli o l'operar miracoli fosse proprio della Sua natura divina. In Lui era la « pienezza della Divinità » e non doveva far meraviglia che il Suo operare fosse un continuo susseguirsi di miracoli. Le Sue opere dovevano essere necessariamente più grandi di quelle degli altri uomini.

Quando i Giudei presero dei sassi per lapidarlo, Gesù chiese : « Molte buone opere v'ho mostrato da parte del Padre mio; per quale di queste opere mi lapidate voi »? e anche : « In verità, in verità vi dico che chi crede in Me farà anch'egli le opere che fo io, e ne farà di maggiori, perché io vo al Pa­dre » (Giovanni 10 :32 ; 14:12). Fece dunque anche una promessa.

Qualcuno potrebbe chiedere : « Dove sono oggi queste opere soprannatu­rali? ». Alle volte si dice che l'opera più grande di cui parla Cristo sia la predicazione del vangelo ad ogni creatura e la conversione del popolo a Cri­sto. Ma sembra che in questo caso non si consideri il fatto che è Cristo stesso che converte e vince le anime. « Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta », leggiamo in 1 Corinzi 15 :6. E questo avvenne dopo la Sua Risurrezione.

E se si volesse concedere che « opere maggiori » sono le benedizioni spi­rituali che sono piovute su noi dopo la morte e Resurrezione di Cristo, si potrebbe chiedere ugualmente dove siano le « opere minori », quelle che fece Gesù. Egli ha promesso che i credenti avrebbero fatte le opere che Egli faceva.

I miracoli vengono chiamati anche « potenze ». E' questa parola (dina­mis) che, come abbiamo già spiegato, viene usata in 1 Corinzi 12 :10. Lì è al plurale : « A un altro potenze ». I miracoli, dunque, come ha detto qual­cuno sono vere « esplosioni di onnipotenza ». Essi vengono operati in virtù di questo attributo divino. E' questa potenza che è nel messaggero di Dio ; questo è il primo equipaggiamento che ha avuto da Lui è questa che gli dà la possibilità di operar miracoli. Di Cristo leggiamo che « usciva da Lui una virtù (dinamis) che sanava tutti » (Luca 4 :19).

Le stesse parole sono usate per Stefano. « Or Stefano, pieno di grazia e di potenza (dinamis), faceva gran prodigi e segni fra il popolo » (Atti 6 :8), Non dovrebbe oggi la Chiesa di Cristo cercare con maggiore intensità l'adem­pimento della promessa contenuta nelle parole di Cristo, « voi riceverete po­tenza (dinamis) quando lo Spirito Santo verrà su voi »? (Atti 1 :8). Come siamo colpevoli e degni di biasimo per la enorme debolezza che vediamo nel­le nostre vite, quando sappiamo che Dio, Uno e Trino, aspetta di riversare sulle nostre anime anemiche e sfinite parte della Sua divina onnipotenza!

Spesso sentiamo dire che il tempo dei miracoli è passato. Se fosse così non servirebbe a niente seguitare a studiare questo Dono divino, ma grazie al Cielo, non è così. L'esperienza di migliaia e migliaia che sono stati gua­riti quando tutti gli sforzi umani non erano serviti a nulla, dice che il mira­colo è possibile e si verifica anche in pieno secolo ventesimo.

Naturalmente non abbiamo difficoltà ad ammettere che nella vita di molti è davvero passata l'età dei miracoli, perché è passata anche la fede necessaria per ottenerli. Ma se una persona divenuta cieca avesse il diritto di negare l'evidenza della luce solo per il fatto che essa non la 'vede, troppe cose dovrebbero negarsi. Non sarebbe una buona conclusione la sua. La stes­sa cosa dobbiamo dire di chi ha perduto la fede. Egli non ha diritto di negare l'esistenza di miracoli che altri ricevono a causa di quella fede che egli non ha più.

Abbiamo il vangelo dei miracoli e finché esso sarà con noi, possiamo esser certi che ci saranno anche i miracoli. E' degno di attenta considera­zione il fatto che tutto il messaggio evangelico traspira questa « potenza di erogar miracoli ». Cristo, per esempio, ha una nascita miracolosa. Ecco le parole del vangelo : « E l'angelo, rispondendo, le disse : Lo Spirito Santo ver­rà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra ; perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio » (Luca 1.35).

Tutte le opere miracolose di Cristo furono fatte proprio in virtù di que­sta potenza divina. « E Gesù, nella potenza ( dinamis) dello Spirito, se ne tornò in Galilea; e la sua fama si sparse per tutta la contrada circonvici­na » (Luca 4 :145. Ed ancora : « La potenza (dinamis) del Signore era con lui per compier guarigioni » (Luca 5 :17). Pietro parlando ai familiari di Cor­nelio spiegava : « Come Iddio l'ha unto di Spirito Santo e di potenza (dina­mis) ; e come egli è andato attorno facendo del bene, e guarendo tutti co­loro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Iddio era con lui » (Atti 10:38).

Prima della Sua Ascensione, Cristo promise ai credenti che avrebbero ricevuto la « potenza di operar miracoli »: Ecco, io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso ; quant'è a voi, rimanete in questa città, finché dall'alto siate rivestiti di potenza (dinamis »), poiché « voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi » (Luca 24 :49 ; Atti 1 :6).

E' evidente che al principio della Chiesa questo Dono divino venne con­cesso a larga mano. Oltre agli apostoli di Cristo e agli altri dirigenti delle Chiese, molti esercitarono questo privilegio. Quando Paolo vuole richiamare i Galati ; uno degli argomenti più forti che usa consiste nel dire che quelli tra loro che operavano miracoli lo facevano per mezzo della fede e non me­diante la legge. « Colui dunque che vi somministra lo Spirito — dice l'apo­stolo — ed opera fra voi de' miracoli, lo fa egli per la via delle opere della legge o per la predicazione della fede »? (Galati 3 :5).

Finalmente, quando Cristo farà ritorno sulla terra, Egli verrà « sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria »; con la potenza della Sua Pa­rola « risusciterà coloro che sono morti » e « trasformerà il corpo della no­stra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, in virtù della potenza per la quale egli può ancora sottoporsi ogni cosa » (Matteo 24 :30 ; Ebrei 1 :3 ; Filippesi 3 :21).

Il messaggio evangelico in se stesso ha qualcosa di « potente » e « mi­racoloso »: « Esso è potenza di Dio — dice Paolo — per la salvezza d'ogni credente » (Romani 1 :16). Un famoso ubriacone si convertì al Signore e qualche tempo dopo la sua conversione incontrò uno dei suoi vecchi compagni di stravizi. « Ma tu non credi che la Bibbia dica il vero »! Si che lo credo », rispose il convertito. « Non mi dirai che credi anche ai miracoli », insistette l'altro.

« Ma certo che ci credo »!

« E credi anche al fatto che Cristo cambiò l'acqua in vino »?

« Oh, ma questo è niente »! disse trionfante il vecchio ubriacone conver­tito. « Se vieni a casa mia ti farò vedere cose ben più meravigliose. Vedrai che Gesù, nella mia casa, ha cambiato la birra e il whisky in tavole e se­die, in vestiti e cibo ».

Certo non dobbiamo abbassare in questo modo il grande Dono sopran­naturale che Dio ha concesso alla Sua Chiesa. La conversione è un miracolo della grazia ; la persona per mezzo della quale la verità è penetrata in un'a­nima, colui che è servito a Dio per operare quella conversione, può essere detto benissimo « operatore di miracoli », ma non dobbiamo dimenticare che il Dono di operar miracoli » comporta qualcosa di diverso. Si tratta del mi­racolo nel vero senso della parola. La parola « miracolo » si riferisce esclu­sivamente all'atto di « potenza » e quelli che hanno questo Dono sono chia­mati « potenti » o « operatori di miracoli » come, per esempio, in 1 Corinzi 12 :29, dove leggiamo : « Tutti sono eg lino apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fan tutti de' miracoli »?

 

 

 (2) Il miracolo non è impossibile

La comune obiezione che si fa contro il miracolo è stata sempre quel­la che il miracolo è contro la natura e, in quanto tale, non può verificarsi in un mondo che è regolato da severissime leggi di natura.

Ma il miracolo non è contro la natura ; esso è semplicemente al di là delle leggi della natura che noi conosciamo. Non si tratta di una violazione di leggi naturali, ma dell'intervento di una forza superiore che viene da un mondo armonico e perfetto in un mondo pieno di disordine e imperfezioni. Essa viene per ristabilire in questo mondo l'armonia che è stata rotta in qualche modo. La guarigione del cancro, per esempio, non potrebbe dirsi davvero una cosa contro la natura, dato che la malattia e non la salute è contro la natura. Il miracolo della guarigione non fa che riportare la natura alla normalità.

Il corso normale della natura è un continuo. miracolo, e noi dovrem­mo vederlo questo miracolo, ma i nostri occhi sono ostacolati dalla poca sensibilità delle nostre percezioni. Il miracolo dell'acqua che si trasforma in vino dietro l'ordine di Gesù (Giovanni 2 :8) non è maggiore del miracolo che avviene quando la pioggia e i raggi del sole che cadono si trasformano in grappoli d'uva succosi sulla vite. Qui si tratta del miracolo continuo della natura ; lì di un atto soprannaturale, ma l'uno e l'altro sono veri miracoli. Il fare un uomo è una cosa grande e meravigliosa come il risuscitarlo da morte ; il seme che viene gettato tra le zolle e si moltiplica, è meraviglioso come il pane che si moltiplica nelle mani di Cristo (Giovanni 11 :44 ; 6 :11).

L'universo è sostenuto dalla potente mano di Dio e non è stato abban­donato a se stesso, come alcuni vorrebbero farci credere. E non è neppure in balia delle leggi naturali che Dio ha stabilito. Questo immenso cosmo è come un potente orologio con le sue ruote che girano con la massima rego­larità : i pianeti girano attorno alle stelle ; le stelle attorno ad altre stelle. Tutti seguono le loro orbite perfette ; tutti vanno per il loro cammino, seb­bene il loro moto conosca velocità inconcepibili. La immensa galassia di stel­le, pianeti, comete e nebulose, si muove verso destinazioni ignote dello spa­zio. Chi è l'ordinatore di tutto questo mirabile e potente movimento di astri? Dove è la forza immane che sostiene, controlla, dirige questo macchinario così complicato? « Il padre mio — diceva Gesù — opera fino ad ora, ed an­che io opero » (Giovanni 5:17). E in Ebrei 1 :3 leggiamo che Dio « sostiene tutte le cose con la Parola della sua potenza ».

Le parole « leggi della natura » sono dunque quasi senza senso. Le leggi di Dio esistono solo per l'uomo ; esse sono la volontà di Dio stesso. Le leggi della natura sono in realtà la continua evidenza della volontà divina. Egli può, in qualunque momento, accentrare questa volontà verso una nuo­va opera, e questo costituisce per noi il miracolo. Il miracolo non è dunque un'infrazione alla legge naturale, ma la semplice neutralizzazione di una legge inferiore o anche la sospensione della medesima per un certo tempo per mettere in funzione una legge più alta e, per il momento almeno, più impor­tante. Quando io sollevo il braccio, per esempio, non viene abolita la legge della gravitazione ma è semplicemente sospesa: la legge c'è ancora ma resta neutralizzata da una legge più forte, quella cioè della mia volontà. Il dise­gnatore di un apparecchio per volare fa i suoi calcoli e combina le forze in modo che resti sospesa la legge di gravità e il suo apparecchio resti in aria e voli con sicurezza. La legge della gravitazione generale getterebbe la terra e gli altri pianeti nella fornace spaventosa del sole, se la forza centrifuga non intervenisse ad evitare una simile catastrofe. Anche nel campo spiritua­le si verifica questo conflitto tra leggi : « La legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù — dice Paolo — mi ha affrancato dalla legge del peccato e del­la morte » (Romani 8 :2). Qualcuno ha detto che « i miracoli della terra so­no le leggi del cielo ».

Possiano far notare anche che una legge potrebbe essere contraria ad un'altra se prese singolarmente e separate da tutte le altre leggi, ma sopra ogni legge di natura domina il principio che quando due leggi vengono in conflitto tra loro, vince sempre quella più forte ed importante: è una legge fondamentale. A questo punto siamo arrivati a poter dare la definizione del miracolo. Esso è un atto che, per intervento di una forza superiore, con­trolla o sospende per qualche tempo una legge della natura. Quando Dio esce in qualche modo dai confini che Egli stesso ha dato alle Sue creature, noi diciamo che avviene un miracolo. Ma Dio non è tenuto all'osservanza delle leggi che Egli stesso ha dato e che sono la semplice espressione della Sua volontà. Ciò Lo abbasserebbe al livello delle creature. Egli può, e in qualche caso fa, diversamente da quel che è solito fare.

Nel Dono dei miracoli entra in campo una legge fortissima, la legge della fede, che è tanto forte che, quando entra in funzione, sospende quel che noi diciamo legge di natura. Ciò è detto chiaramente nella Scrittura. « Colui dunque che vi somministra lo Spirito ed opera fra voi de' miracoli, lo fa egli per via delle opere della legge o per la predicazione della fede »? (Galati 3 :5). A qualcuno è stato concesso di scoprire il modo di operare di questa legge della fede, scoperta che rende possibile l'operar miracoli median­te la potenza dello Spirito Santo. I miracoli dunque non sono, torniamo a ripeterlo, contro la legge naturale, ma la semplice sospensione di una tale legge, sospensione temporanea dovuta ad una forza maggiore, ad una legge più alta, che opera nella potenza della Terza Persona della Trinità.

Servirà certamente alla comprensione di questo Dono divino il con­siderare alcuni fatti particolari della Scrittura in cui esso è in azione.

Il cacciare di demoni, molto spesso, viene presentato come un fatto miracoloso. Anzi, questo potere soprannaturale sulle potenze del male sem­bra contenuto in modo particolare nel nome « potenza » col quale viene chiamato questo Dono. « Maestro, — disse Giovanni avvicinandosi a Gesù — noi abbiamo veduto uno che cacciava i demoni nel nome tuo, il quale non ci seguiva; e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva ». E Gesù gli disse : « Non glielo vietate, poiché non v'è alcuno che faccia qualche opera po­tente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me » (Marco 9:38, 39).

Questo era uno dei « segni » che Cristo disse che avrebbero avuto co­loro che avrebbero creduto: « Nel nome mio cacceranno i demoni » (Marco 14:17). Ricordiamo anche che la liberazione dagli spiriti immondi ottenuta con la semplice applicazione di « asciugamani e grembiuli » che erano stati sul corpo di Paolo, viene considerata « miracolo straordinario », uno dei tanti che Dio operava per mezzo del Suo apostolo (Atti 19:1.1, 12).

Miracoli o portenti di questo genere confermavano il ministerio dell'evangelista Filippo : « E Filippo, disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo. E le folle di pari consentimento prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, udendo e vedendo i miracoli ch'egli faceva. Poiché gli spiriti immondi uscivano da molti che li avevano, gridando con gran voce ; e molti paralitici e molti zoppi erano guariti. E Simone, suo malgrado, ... vedendo i mi­racoli e le gran potenti opere ch'erano fatte, stupiva » (Atti 8 :5-7, 13).

Anche il risuscitare i morti viene attribuito all'attività di questo Do­no meraviglioso. Quando Lazzaro venne chiamato dal silenzio e dalla corru­zione della tomba, una moltitudine immensa di Giudei credette in Gesù. Il capo dei sacerdoti ed i Farisei tennero allora un conciliabolo e dissero : « Che facciamo? perché quest'uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo fare, tutti cre­deranno in lui » (Giovanni 11 :47, 48).

Un certo numero di miracoli ricordati dalla Scrittura sono stati ope­rati per venire incontro ai bisogni fisici del popolo. Quando venivano meno le provviste terrene, l'abbondanza celeste suppliva. Mosè per ben tre volte det­te l'acqua all'assetato Israele : a Mara le acque non potabili divennero buo­ne con la semplice immersione in esse di un albero che Dio gli aveva indi­cato; dall'Horeb la roccia colpita sgorgò acqua fresca e abbondante ; a Kadesh la roccia avrebbe dovuto rispondere alla parola di comando che secondo l'or­dine di Dio avrebbe dovuto pronunciare Mosè, ma il mitissimo uomo di Dio, irritato per il pettegolezzo e la mormorazione del popolo, la colpì due volte. La roccia dette ugualmente acqua abbondante. Vedi Esodo 15 :23-26 ; 17 :6 ; Numeri 20 :8-11.

Il miracolo della manna venne direttamente dal cielo per sfamare mi­gliaia e migliaia di Israeliti : « E l'Eterno disse a Mosè : Ecco, io vi farò piovere del pane dal cielo ; e il popolo uscirà e ne raccoglierà giorno per gior­no. E quando lo strato di rugiada fu sparito, ecco sulla faccia del deserto una cosa minuta, tonda, minuta, come brina sulla terra. ... E i figliuoli d'Israele, veduta che l'ebbero, dissero l'uno all'altro : Che cos'è »? E Mosè disse loro : « Questo è pane che l'Eterno vi dà a mangiare » (Esodo 4 :14, 15). Si è vo­luto vedere la manna della Bibbia nella gomma resinosa che trasuda dal ta­maro, ma non si è pensato che « la manna cessò l'indomani del giorno in cui mangiarono dei prodotti del paese » (Giosuè 5 :12).

Il miracoloso mutamento dell'acqua in vino a Cana di Galilea è stato detto « il primo dei miracoli che Cristo fece per manifestare la Sua gloria » (Giovanni 2 :11). La soprannaturale moltiplicazione dei cinque pani e dei due piccoli pesci che permise di cibare una moltitudine di oltre cinquemila persone, sta ad indicare che il « fiat » creativo del principio della creazione continua­va ancora. Quel « fiat » ancora una volta era pronunciato dal Dio Vero del Dio Vero, sebbene rivestito di carne mortale.

Prima di chiudere questo capitolo citeremo qualche esempio di que­sto Dono del Signore verificatosi in tempi molto recenti. Gli esempi sarebbe­ro molti, ma ne citeremo solo alcuni e pensiamo che siano sufficienti.

Di Giovanni Welsh leggiamo il fatto che segue. Un giovane nobile, erede di Lord Ochiltree, si ammalò gravemente e dopo essere stato distrutto dal male, morì proprio in casa di Welsh. Il cadavere venne tolto dal letto e posto a terra su di un materasso perché potesse essere rivestito più comodamente. Mr Welsh era presente e il suo cuore era oppresso dal dolore. Per tre ore continue volle stare lì con quel cadavere e si lamentava dolorosa­mente. Passate dodici ore, secondo il costume, arrivarono alcuni con la cas­sa per chiedere il corpo del giovane. Welsh li scongiurò perché, a soddisfa­zione del suo affetto, glielo lasciassero vedere ancora un poco. Tornarono dopo altre dodici ore. Egli non sapeva decidersi: pregò e scongiurò che at­tendessero ancora. Capirono che Welsh non era certo della morte del gio­vane e chiamarono i medici che fecero del tutto per accertarsi del decesso avvenuto. Punsero il cadavere in diverse parti del corpo; fecero altri espe­rimenti, ma non si vide alcun segno di vita e lasciarono la più ampia dichia­razione di morte. Welsh chiese allora di essere lasciato solo col cadavere. Poi si gettò in ginocchio davanti al giaciglio sul quale era il corpo e con tutta la sua forza invocò il Signore. Di tanto in tanto gettava uno sguardo al cadavere, e mentre continuava a lottare con Dio. All'improvviso il morto aprì gli occhi e rivolto a Welsh, disse : « Io sto bene ! Solo le gambe e la testa mi fanno molto male ». Erano le parti dove i medici avevano fatto il tentativo per risvegliarlo nel caso che non fosse morto davvero. Welsh, fuori di sé dalla gioia, chiamò gli amici, che restarono sbalorditi davanti a questo miracolo del Signore. Il giovane divenne poi Lord Castlestuart che ebbe una grande, importantissima posizione in Irlanda, ma restò famoso soprattutto per la sua vita veramente cristiana.

Molto diverso è il fatto che segue, ma se viene considerato miracolo­so l'intervento dei corvi che portavano pane e carne ad Elia nascosto presso il torrente Cherish, dovremo considerare miracoloso anche il fatto che stia­mo per raccontare. Giovanni Craig era un frate domenicano del convento di Bologna. Un giorno trovò nella biblioteca del convento una copia delle « Isti­tuzioni » di Calvino. In seguito a quella lettura egli si convertì alla Fede Riformata. Avendo fatto il tentativo di far penetrare negli altri quella luce che era penetrata nella sua mente, fu processato come eretico per ordine dell'Inquisizione, e condotto a Roma dove per nove mesi fu tenuto in una terri­bile prigione spesso allagata dalle acque del Tevere. Al termine del lungo pro­cesso fu condannato ad essere bruciato vivo. La condanna avvenne il 19 ago­sto del 1559. La sera precedente il giorno dell'esecuzione morì il papa Paolo IV e, come si usava allora, vennero aperte le prigioni e lasciati liberi i detenuti, ad eccezione degli eretici. Fortunatamente per Giovanni Craig e i suoi compagni quella notte ci fu un tumulto in città e questo favorì la loro fuga. Deciso a lasciare quanto prima l'Italia, per non essere preso di nuovo, camminava di notte, mentre di giorno doveva tenersi nascosto. Ben presto però finirono i pochi soldi che aveva con sé e si trovò all'estremo delle sue forze. Quando tutto sembrava finito, gli si avvicinò un cane con una borsetta in bocca. In essa trovò il danaro sufficiente per tirare avanti fin­ché fu fuori da ogni pericolo.

I miracoli della divina Provvidenza che risponde alle nostre preghiere sono anche oggi numerosi. Apparentemente la Provvidenza segue il corso naturale della cosa, ma l'elemento soprannaturale è presente, perché rice­viamo risposta alle nostre preghiere, senza che ci siamo rivolti ad altri o abbiamo esposto ad alcuno la nostra necessità.

Il tempo dei miracoli non è passato. Dio ha ancora questo benedetto Dono dei miracoli per quelli che resteranno umili sotto la Sua potente mano anche quando saranno arricchiti da un Dono così importante e meraviglioso.

 

IL DONO DELLA PROFEZIA

(1) Il dono nella Vecchia Dispensazione.

Il sesto Dono è quello della Profezia e, lo ricordiamo benissimo, è il primo e più importante dei tre Doni di Ispirata Espressione. Il linguaggio celestiale, la divina ispirazione, la chiara ispirazione che ammiriamo in que­sto Dono sono tutta opera soprannaturale dello Spirito Santo. E' necessario dunque che abbandoniamo subito l'idea che « profetizzare » sia lo stesso che predicare. Considerare sinonimi queste due parole sarebbe togliere a questo Dono divino il suo carattere soprannaturale ; sarebbe un toglierlo dai Do­ni dello Spirito Santo per confinarlo tra le semplici doti naturali dell'uomo. «Ad un altro — dice la scrittura — (è dato il dono) della profezia » (1 Corinzi 12 :10).

Se è vero però che la profezia è una cosa ben distinta dalla predica­zione, è anche vero che in certi casi l'impulso profetico potrebbe essere im­partito al predicatore, e allora quel che egli ha cominciato a dire in modo na­turale, si conclude in modo soprannaturale.

« Abbiamo letto che, nel primo decennio del secolo XVIII, tra i Cami­sardi delle Cevennes il Dono profetico era così potente che persone del tutto semplici ed incolte, sotto la potenza dello Spirito, dettero dei messaggi addirit­tura sbalorditivi. Sarebbe stato del tutto impossibile ad essi esprimersi in quel modo, se non fossero stati sotto la divina influenza : i pensieri erano elevatissi­mi e la forma così smagliante da lasciare tutti sbalorditi. Si esprimevano con un francese purissimo e chi parlava non conosceva che il proprio dialetto. Il modo di rendere il messaggio era poi così espressivo, così efficace che tutti sentivano che il messaggio veniva da una fonte ben più elevata. Perfino dei bambini resero dei grandi messaggi ».

Personalmente, spesso sono stato cosciente dell'unzione dello Spirito Santo, mentre parlavo al popolo. Non solo avvertivo che una luce nuova e più abbondante illuminava la mia mente, ma sentivo anche che le parole della mia bocca erano del tutto diverse da quelle che avevo preparato per quel da­to sermone. Senza dubbio, è questa un'esperienza che hanno provato molti predicatori che non si tengono troppo legati ai sermoni scritti, e forse ogni predicazione ispirata è in qualche modo sotto l' influsso di questo Dono profetico.

Poniamo attenzione per un istante alle parole che lo Spirito Santo stesso ha scelto per indicare questo Dono profetico.

Tra gli Ebrei del Vecchio Testamento, una delle parole usate a questo fine è « naba ». Letteralmente significa « cessare di ribollire », ma veniva usa­to per indicare « il parlare fluido e abbondante » di chi era sotto l'ardore e la emozione divina. Così spiega quel termine Gesenius.

Il Dizionario Biblico di Smith definisce il profeta « una persona che in­volontariamente in espressioni o affermazioni spirituali parla sotto l'influsso divino ». Un' altra definizione ce la offre Pietro quando dice : « Non è dalla volontà dell'uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno par­lato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo » (2 Pietro 1 :21).

Altra parola usata è « oracolo ». Habacuc 1 :1, 2 : « Oracolo che il profeta Habacuc ebbe per visione. Fino a quando, o Eterno, griderò, senza che tu mi dia ascolto? Io grido a te : " Violenza "! e tu non salvi ».

In Ebraico è usata anche la parola « nataph ». Ed è molto bella questa parola. Letteralmente significa « irrorare », « far scendere della pioggia ». Vie­ne usata per indicare che la parola del profeta, cioè la profezia divina cade « come biondo olio fluente », « come dolce miele da una favo », « come pioggia ristoratrice sui campi riarsi ».

La profezia viene detta anche « chazah », che significa « vedere in visio­ne ». E' una definizione particolarmente appropriata a colui che dice cose che ha visto perché sono state presentate alla sua mente mediante una visione propriamente detta o per mezzo di una rivelazione orale.

Il profeta ebraico viene chiamato « Colui che vede », per indicare che i suoi occhi sono aperti a vedere le cose dello spirito che i mondani o le menti degli altri uomini non percepiscono.

Nel greco del Nuovo Testamento il verbo « profetare » viene reso con il verbo « profetuo », che potrebbe essere spiegato in due sensi : illuminare me­diante la parola o « parlare in luogo di un altro ». La profezia è proprio l'una e l'altra cosa assieme. Il profeta è colui che chiarisce le cose con la sua parola, ed è colui che parla a nome ed in luogo di Dio.

Il profeta dunque era il portavoce di Dio. Parlava sotto la divina influenza ed ispirazione ; sia quando prediceva qualcosa, sia quando mi­nacciava o avvertiva individui o popoli, egli era sempre il rappresentante, l'ambasciatore di Dio e l'interprete della Sua volontà. « Il profeta — di­ce Robinson — non fa conoscere i propri pensieri, ma quello che ha rice­vuto da Dio, sebbene conservi la propria coscienza e la propria personalità ».

Filone distingue il vero profeta dal falso individuo. Dice che men­tre il primo, rapito in estasi, non riferisce nulla di suo, ma ripete quello che apprende da Dio per rivelazione, il falso profeta o indovino mette molto di suo negli oracoli e predizioni che pronuncia.

Il carattere essenziale della Profezia è lo stesso nelle Due Dispensa­zioni. Nella prima come nella seconda, la « profezia » è un'affermazione di­vinamente ispirata, e, naturalmente, del tutto soprannaturale. E' una ma­nifestazione dello Spirito Santo che non ha nulla a che fare con la forza del pensiero e del ragionamento umano.

La volontà umana entra nella profezia solo in quanto la manifestazione del Dono Divino è sotto il controllo intellettuale e volitivo del profeta. Che il profeta riteneva la propria volontà ed aveva il controllo sul proprio compor­tamento è dimostrato dal fatto che nella Chiesa di Corinto i profeti dovevano « parlare due o tre... e gli altri dovevano giudicare » e anche « se una rivelazio­ne era data ad uno di quelli che stavano seduti, il precedente doveva tacere » (1 Corinzi 14 :29, 30). Il Dono della profezia dunque non toglieva la libertà di azione a chi lo possedeva. Il profeta poteva mettere se stesso nelle mani di Dio e divenire il veicolo del Suo messaggio profetico o anche reprimere o riman­dare l'annuncio profetico.

Nella profezia entrava in campo anche la fede. « E siccome abbiamo dei doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, — dice Paolo ai Romani — se abbiamo dono di profezia, profetizziamo secondo la proporzio­ne della nostra fede » (Romani 12:6).

Il fattore « fede » è, sembra, la spiegazione della scarsità di questo Do­no soprannaturale. Filippo aveva quattro figlie che profetavano (Atti 21:9). Quattro in una sola famiglia! Ed oggi in quante chiese grandissime si stenta a trovare qualcuno che abbia ricevuto questo Dono. Fede ! Fede ! Fede ! A qua­le altezza d'ispirazione potremmo arrivare se avessimo questa fede !

Mentre la volontà umana e la fede avevano gran parte nel fatto del­la profezia, l'intelletto umano e la capacità intellettuale erano del tutto inat­tivi. Questo può vedersi chiaramente nei casi in cui il profeta non compren­de affatto il messaggio che egli sta trasmettendo. « La salvezza — dice Pietro — è stata l'oggetto delle ricerche e delle investigazioni dei profeti che profe­tizzarono della grazia a voi destinata. Essi indicavano qual fosse il tempo e quali le circostanze a cui lo spirito di Cristo che era in loro accennava, quan­do anticipatamente testimoniava delle sofferenze di Cristo, e delle glorie che dovevano seguire. E fu loro rivelato che non per se stessi ma per voi ministra­vano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno evangelizzato » (1 Pietro 10-12).

Questo passo può spiegarsi solo col fatto che sotto la divina ispirazio­ne profetica essi pronunciassero delle parole di cui non conoscevano tutto il significato. Quando fu chiesto a Dio una rivelazione più completa, venne lo­ro detto che stavano parlando di eventi che dovevano ancora venire, eventi o fatti di cui a tempo debito avrebbero capito il significato.

Dopo spiegato il significato di questo Dono meraviglioso dello Spirito, è necessario notare che nelle Scritture si vede chiaramente che esso non viene manifestato sempre nello stesso grado. Questo deve essere tenuto bene in mente quando si tratta del valore e dell'autorità delle singole profezie.

Prima di tutto, abbiamo una « profezia biblica » che è detta « più fer­ma parola profetica » e anche « profezia della scrittura » (2 Pietro 1 :19, 20). Essa comprende tutte le profezie scritte che si trovano nel Nuovo e nel Vec­chio Testamento. Questa profezia è del grado più elevato ; è autorevole e in­fallibile, sia sulla bocca di un umile popolano, come Amos, sia su quella di un filosofo, come Paolo, perché in ambedue i casi essi non sono altro che lo strumento di cui Dio si serve per rivelare i Suoi pensieri.

Vediamo infatti che « lo Spirito dell'Eterno investì in mezzo alla ra­dunanza Jahaziel, figliolo di. Zaccaria e gli disse : Porgete l'orecchio ... così dice l'Eterno : Non temete e non vi sgomentate a motivo di questa gran moltitudine ; poiché questa non è battaglia vostra, ma di Dio » (2 Cronache 20:14, 15).

Il profeta « stabilito » era ordinariamente conosciuto come l'uomo di Dio o come « il veggente » (1 Samuele 9 :6,9). Perché egli era in relazione con Dio in modo più stretto e intimo di quello degli altri. « Tutto quel che egli di­ceva si sarebbe avverato di sicuro » per questo poteva essere consultato con utilità anche nelle faccende private come avvenne nella perdita delle asine di Kish. Quando Saul chiese del « veggente », tutti compresero che egli parla­va del profeta che era dalle loro parti (1 Samuele 9:11, 12).

In seguito, il profeta ottenne un riconoscimento nazionale e divenne un importante elemento sacro nella società ebraica. Una delle loro carat­teristiche era lo sforzo continuo perché nelle faccende della nazione venisse tenuta presente la Legge. E questo in modo particolare nella condotta dei Re, che non dovevano rispondere ad altra autorità umana. Il caso di Nathan e Davide, nella questione di Uria, di Elia e Achab nella morte di Naboth, co­stituisce un esempio tipico dell'ufficio del profeta nella società israelitica del tempo. Con il riconoscimento nazionale essi ebbero maggiore autorità e anche il favore del re, ma questo favore poteva essere anche pericoloso in quanto il loro ufficio diventava in questo caso una specie di professione e alcuni profeti infatti si dimenticavano di essere interpreti del volere divino. Essi « man­giando il loro pane » divennero dei veri apostati (Amos 7:12) e furono disprez­zati dal vero profeta di Dio. « Così parla l'Eterno riguardo ai profeti che tra­viano il mio popolo, che gridano : Pace, quando i loro denti han di che morde­re, e bandiscono la guerra contro a chi non mette loro nulla in bocca... tutti quanti si copriranno la barba, perché non vi sarà risposta da Dio » (Mi­chea 3:5-7).

Per questo motivo, ancora più tardi, vedremo un crescente antagoni­smo tra i profeti di professione e le nuove scuole di profeti, che avevano un migliore concetto e una migliore dottrina sulla natura di Dio, sui Suoi piani e la Sua relazione col popolo ebreo. I profeti professionali non erano affatto degli impostori ; erano delle persone accreditate presso il popolo, persone che rappresentavano in quei tempi la vera ortodossia. Senza dubbio, tra loro non mancavano gli impostori, ma nell'insieme », il falso profeta meritava questo nome perché si contentava di trasmettere le formule religiose che aveva impa­rato alla lettera come se si trattasse di verità o principi intuitivi, frutto di di una diretta esperienza spirituale ». Di essi il Signore diceva : « Io non ho mandato quei profeti ; ed essi son corsi ; io non ho parlato loro, ed essi han­no profetizzato » (Geremia 23 :21). Il vero profeta, invece, con la sua visio­ne spirituale, vedeva che Geova aveva scelto per Sé un popolo spirituale ; voleva per Sé tutti i singoli individui perché ciascuno di essi costituiva lo oggetto del Suo amore salvifico ed eterno. In tal modo il vecchio nazionali­smo, a poco a poco, cedeva il posto ad una nuova visione della fede indivi­duale che si avvicinava al vangelo del Nuovo Testamento.

Nelle Scritture, inoltre, troviamo un genere di profeti che non ar­rivavano alla considerazione generale di cui abbiamo parlato ; essi parteci­pavano alla divina ispirazione in modo molto più limitato. A questa classe appartenevano, indubbiamente, Eldad, Medad e gli altri dei settanta anzia­ni scelti da Mosè perché lo aiutassero a portare il peso di tutto quel popolo. « Quando lo Spirito si fu posato su loro, — dice la Parola — quelli profe­tizzarono, ma non continuarono ». Eldad e Medad, invece, « profetizzarono nel campo ». (Numeri 11 :25-29).

Inclusi in questa classe di profeti inferiori erano «i figli dei profeti». Si trattava in un certo senso di scuole religiose che avevano il fine di prepa­rare i profeti ; essi corrispondevano alle nostre scuole o studi di teologia. Sembra che il primo che abbia istituito questo tipo di scuole sia stato lo stes­so Samuele, il quale si era proposto di riformare la vita e l'ordine sacerdo­tale che ai suoi tempi aveva molto degenerato. Una almeno, durante la sua vita, era molto stimata. Essa si trovava a Ramah e sembra che in essa egli avesse molta importanza, dato che quando Saul mandò messaggeri a Ramah per prendere Davide « essi videro l'adunanza de' profeti che profetava­no, con Samuele che teneva la presidenza » e, strano davvero, quando i mes­saggeri si trovarono in mezzo a quello stuolo di profeti, « lo Spirito di Dio investì i messi di Saul che si misero anch'essi a profetare ». (1 Samuele 10:5). Il divino afflato agiva quasi in modo contagioso : tutti quelli che si avvicinavano a loro, si davano a profetare.

Più tardi vennero fondate altre scuole a Bethel, a Gerico, a Gilgal e forse in altri luoghi (2 Re 2 :3, 5 ; 4 :38). In esse venivano accolti studenti che promettevano bene, e venivano formati per il futuro officio profetico. Ebbe­ro tanto successo queste istituzioni che dal tempo di Samuele in poi, fino al termine del Vecchio Testamento non si sentì la necessità di una persona che occupasse l'importante officio di profeta nazionale.

 

(2) Il dono nella Vecchia Dispensazione

Passiamo adesso a studiare questo Dono Profetico nel Nuovo Testa­mento. Ogni cosa è radicalmente cambiata e non vi è più relazione tra il profeta del Vecchio Testamento e quello del Nuovo Testamento, come non vi è relazione tra il sacerdote del V.T. ed il suo successore nel N.T.

Comunque, come nella Vecchia Dispensazione c'era una netta distin­zione tra l'ordine elevato dei profeti «stabiliti» e quello più basso dei profeti «delle scuole» e nessuno di quest'ultimi poteva raggiungere il grado o la posi­zione di profeta «stabilito» a meno che non ricevesse una particolare chiama­ta da parte di Dio, così nella Nuova Dispensazione noi dobbiamo distinguere il particolare

 « ufficio di profeta » dal generale «Dono della Profezia».

Ci aiuterà a comprendere questa distinzione il fermarci un poco a considerare le caratteristiche che sono proprie di questo Dono.

Prima di tutto, dobbiamo notare che nei primi tempi della Chiesa il Do­no era comunissimo. « Tutti profetizzano », leggiamo in 1 Corinzi 14 :24 ; e al versetto 31, « Tutti, uno ad uno, potete profetare ». Nonostante questo però, sappiamo che vi era un numero ben definito, una classe ben distinta che eser­citava questo officio e i membri di essa venivano considerati come « i pro­feti officiali ».

« Sono tutti profeti? », si chiede Paolo. E la risposta che deve darsi a quella domanda è naturalmente negativa. Mentre, quindi, tutti po­tevano profetare, in realtà non tutti avevano questo Dono divino ; non tutti erano costituiti profeti nel senso in cui si parla in Efesini 4:11, « Ed è lui che ha dato gli uni come apostoli ; gli altri, come profeti ». O, in Atti 13:1, « or nella chiesa d'Antiochia v'erano dei profeti e dei dottori : Barnaba, Simeone...».

E' evidente che il Dono della Profezia era largamente diffuso, dato che proprio questa doveva essere la nota caratteristica della Dispensazione del Vangelo. Lo dicono chiaramente le parole di Pietro nel Giorno della Pen­tecoste : « E avverrà negli ultimi giorni, dice Iddio, che io spanderò del mio Spirito sopra ogni carne ; e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno. E anche sui miei servi e le mie serventi, in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno » (Atti 2:17, 18). E i consigli di Paolo circa il desiderio che i credenti dovevano avere di questo Dono divino, mostrano chiaramente che esso era molto diffuso. « Ogni uomo che prega o profetiz­za... ogni donna che prega o profetizza » (1 Corinzi 11 :4, 5). Sono parole che ci fanno pensare che allora il profetizzare fosse comune come il pregare. Og­gi dovremmo fare eco all'invocazione di Mose ; « Volesse il Cielo che il po­polo di Dio tutto avesse questo Dono ; volesse il Cielo che il Signore man­dasse su tutti il Suo Spirito ».

Una seconda distinzione tra l'officio di profeta e il Dono della Pro­fezia possiamo vederla nel fatto che il primo era un Dono che Cristo ha fat­to alla Sua chiesa ; il secondo, invece, un Dono che lo Spirito Santo ha fatto ad un membro della chiesa (Vedi 1 Corinzi 12 :7, 10).

In ultimo, possiamo notare che nelle due liste che fa Paolo, la lista degli offici e quella dei doni, troviamo ben distinte le due cose : nella lista degli offici, l'officio di profeta è al secondo posto : « In secondo luogo, dei profeti » (1 Corinzi 12:28) ; nella lista dei doni, il Dono della Profezia è, invece, al sesto posto (1 Corinzi 12 :10).

Da tutte queste considerazioni dunque, vediamo che il Dono profeti­co non qualificava una persona per l'officio di profeta. Naturalmente il più comprendeva il meno e, quindi, chi esercitava l'officio di profeta aveva an­che il Dono della Profezia; ma non può dirsi vero il contrario. Sembra che nella Chiesa il Dono della Profezia avesse la stessa importanza delle scuole dei profeti del Vecchio Testamento ; potrebbe dirsi anche una continuazione di quelle. Evidentemente, quelli che ricevono questo Dono appartengono alla categoria inferiore: la Scrittura fa una netta distinzione, infatti, tra « La Pa­rola del Signore (che) permane in eterno » (data, naturalmente, in princi­pio dai profeti

« stabiliti ») e il presente Dono della Profezia del quale è detto : « Quanto alle profezie, esse verranno abolite » (1 Corinzi 13:8).

Appare evidente dunque che il grado d'intensità dell'ispirazione divi­na non è sempre lo stesso. Possiamo pensare che lo Spirito Santo illumini la mente e la riempia dei pensieri che Egli vuol rivelare ; possiamo aspet­tarci che suggerisca anche le parole con le quali quei pensieri debbano essere rivelati ; possiamo credere che dia anche la forza sufficiente a farci parlare con autorità divina. Lo Spirito Santo potrebbe arrivare a servirsi delle cor­de vocali di chi parla, senza che questi non debba fare alcuno sforzo men­tale. Si avrebbe così un caso di « ispirazione verbale ».

Ma tra questa e l'ultimo grado d'ispirazione potrebbero esserci diffe­renze grandissime. Sono queste differenze, questi diversi gradi d'intensità nella ispirazione divina che rendono la profezia opera dello Spirito Santo più o meno diretta. Egli, dunque, può operare mediante la mente o senza la mente del profeta. Il messaggio, però, non deve essere considerato un mes­saggio umano per il fatto che passa per la mente dell'uomo. Probabilmente es­so conserva molto dello strumento umano di cui lo Spirito Santo si è più o meno servito, ma si tratta sempre di un messaggio divino. In quanto tale, se conforme al generale insegnamento della Bibbia, esso non va mai disprez­zato. (Vedi 1 Tessalonicesi 5 :20, 21). E' interessante notare che Paolo di­stingue bene questi gradi d'ispirazione divina. In un caso, infatti, dice : « Io non ho comandamento dal Signore ; ma do il mio parere », e in un altro. « Ho ricevuto dal Signore quello che anche v'ho trasmesso » (1 Corinzi 7 : 25; 11 :23 ).

Anche nella più intensa ispirazione, dobbiamo tener presente, però, che la personalità dell'individuo non viene annullata. Lo stile di Paolo, per esem­pio, potrà essere sempre distinto da quello di Pietro e di Giovanni. Anche nelle profezie del Vecchio Testamento tutti possono vedere la differenza stilistica e poetica degli iscritti di Davide, Isaia, Amos e gli altri. Le parole scritte o parlate sono, senza dubbio, veraci e sicure, ma conservano la carat­teristica inconfondibile di chi parla o scrive. Lo Spirito Santo si limita solo a santificare la personalità del profeta.

Qualcuno considera l'opera del profeta sotto due diversi aspetti, aspet­ti che vengono indicati anche dalle parole con cui viene indicato il profeta. Esso viene chiamato « veggente » o « portavoce » di Dio. Il primo termine indica l'aspetto « ricettivo», del profeta ; il secondo, quello « produttivo ». Prima di ogni cosa, il profeta riceve una straordinaria forza di percezione. Il contenuto della profezia non è qualcosa che si pensa, si deduce, si teme o si desidera ; ma qualcosa che egli percepisce, vede chiaramente. Questo spie­ga la categorica certezza con la quale il profeta parla quando riferisce il mes­saggio divino. Egli sa che quanto afferma non ha nulla a che fare con le sue facoltà soggettive. « Non è dalla volontà dell'uomo che viene mai alcuna profezia, — dice Pietro — ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo » (2 Pietro 1 :21).

Per concludere, dunque, in un certo senso, tutti possiamo partecipare di questo Dono della Profezia, ma vi sono delle persone che lo Spirito Santo riveste in modo particolare di questa divina benedizione. Queste debbono esercitare l'officio di « profeti ». Nello stesso modo, tutti possono e debbono cercare « la sapienza » (Giacomo 1 :5), ma non tutti hanno il Dono della Parola di Sapienza come la ebbe il Re Salomone. Tutti possono, per mezzo della fede nelle promesse, imporre le mani sugli infermi e guarirli (Mar­co 16:18), ma non tutti hanno il Dono della Guarigione. Tutti quelli che cre­dono possono parlare in lingue nuove, secondo che lo Spirito dà da espri­mersi (Marco 16:17), ma non tutti hanno il Dono delle Lingue.

Il Dono della Profezia, però, ha un valore grandissimo, e il riconosce­re le sue limitazioni non deve impedirci di apprezzare la sua importanza nel­la Chiesa di Cristo. Come è stato già detto, esso è il più importante dei tre Doni di Espressione Ispirata. Possiamo vedere quanto sia importante agli occhi dello Spirito Santo nel fatto che con diversi termini esso viene in­dicato ben tredici volte in tre capitoli della lettera ai Corinzi (1 Corinzi 12, 13, 14). Esso offre all'insegnante un controllo, un equilibrio essenziale. La profezia si rivolge in modo particolare al sentimento, il ministerio dell'in­segnante invece all'intelletto. La profezia accende il cuore, dopo che l'inse­gnamento ha illuminato la mente. Nella chiesa d'Antiochia c'era una felice, benedetta collaborazione tra Profeti e Insegnanti (Atti 13 :1), L'uno e l'altro officio sono necessari per un ministerio completo. Essi si correggono reci­procamente : l'insegnamento impedisce il fanaticizzarsi della profezia ; la pro­fezia impedisce il ministerio troppo intellettualistico del puro insegnamento.

Qualcuno è stato troppo caustico nel dire che tutta la storia della chiesa è stata una lotta tra Profeti e Insegnanti o Dottori. E' certo però che quando c'è stata collaborazione tra loro, quando hanno operato in piena ar­monia, quando l'attività degli uni è servita a correggere o impedire gli ec­cessi degli altri, la Chiesa, accesa entusiasticamente dalla passione divina, si è lanciata alla testimonianza di Dio in mezzo ad una generazione incre­dula o indifferente.

 

 (3) Il dono di profezia non e'dato per la guida dell'individuo

Lo studio del Dono della Profezia come si trova nel Nuovo Testamen­to ci porta subito davanti ad una domanda : « Possiamo servirci di esso per avere da Dio una guida sicura nelle nostre azioni? ». E' necessario dare una risposta a questa domanda.

E' certo che nella Vecchia Dispensazione i profeti sorgevano spesso proprio in seguito alla richiesta di una tale guida da parte di qualcuno. Saul andò in cerca del « veggente » per sapere dove erano andate a finire le asi­ne di Kish. Quando, poi, Saul consultò l'Eterno, l'Eterno non gli rispose né per via di sogni, né mediante l'Urim, né per mezzo di profeti » (1 Samuele 28 :6). Giosafat, dopo essersi unito imprudentemente a Achab nella guerra contro i Siri, chiese, sebbene con ritardo : « Non v'ha egli qui alcun altro pro­feta dell'Eterno da poter consultare »? (1 Re 22:7).

Ha il profeta di Dio una uguale potestà, in questa Nuova Dispensa­zione? Potrebbero oggi i credenti mettere da parte la propria libertà perso­nale in Cristo per obbedire alla guida di un altro uomo?

Nel Vecchio Testamento vi erano tre aspetti di Cristo : profeta, sacer­dote e re. Essendo arrivato il Grande Archetipo tutto nell'ordine del Vecchio Testamento ha subito un radicale cambiamento e vi è nel Nuovo Testa­mento una grande modifica nella sfera dei profeti e dei sacerdoti. Ciò sarà facilmente evidente se si considera l'officio del sacerdote del Nuovo Testa­mento. Sotto la Vecchia Dispensazione il sacerdote era il mediatore tra Dio e il popolo; il suo officio era ereditario e limitato alla famiglia di Aronne. Sotto la Nuova Dispensazione Cristo è il nostro Sommo Sacerdote e « l'Uni­co Mediatore tra Dio e l'uomo » (1 Timoteo 2 :5). Oggi non è più necessaria alcuna cerimonia sacerdotale ; non si richiede alcun confessionale o alcuna assoluzione per liberare le nostre coscienze e ricondurci a Dio. Il sacerdozio non è una cosa riservata a pochi : è privilegio di tutti i credenti divenire « sacerdoti di Dio ». « Voi siete una generazione eletta, — dice la penna del­l'ispirazione — un real sacerdozio ».

Lo stesso cambiamento si è verificato nella sfera della « profezia ». Og­gi noi, in luogo di questa rivelazione, abbiamo la Scrittura. Nella Vecchia Di­spensazione era necessario che il profeta fosse il portavoce di Dio. Alle volte si sentiva la necessità d'interrogarlo, perché si conoscesse meglio la volontà di Dio. Oggi Cristo è il nostro Profeta. « Mosè infatti, disse: Il Signore Id­dio vi susciterà di fra i vostri fratelli un profeta come me ; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà » (Atti 3 :22). Noi possiamo e anche dobbiamo inter­rogare Lui per conoscere il Divino Volere. Ad ogni credente è stata promessa una Guida sicura nello Spirito Santo. « Quando sia venuto Lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà in tutta la verità » (Giovanni 16:13). La libertà di ac­cesso a Dio è di tutti i credenti. Essendo stato squarciato il velo, tutti possiamo avvicinarci serenamente al trono della grazia. Chi crede, dunque, non ha alcun bisogno di servirsi di un essere umano per avvicinarsi a Dio e conoscere la Sua divina volontà. « Iddio, — dice Paolo — dopo aver molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per mezzo de' profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo Figliuolo » (Ebrei 1 : 1, 2).

Quando metto tra me e Dio un essere umano, non faccio altro che tor­nare alla Vecchia Dispensazione, e purtroppo non sono pochi quelli che al­lontanandosi dalle Scritture, hanno fatto un simile passo indietro. « State dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il gioco della schiavitù » (Galati 5 :1).

Ora ogni figlio di Dio ha il glorioso privilegio di essere condotto dallo Spirito Santo medesimo. « Poiché tutti quelli che son condotti dallo Spirito, — dice l'apostolo — son figliuoli di Dio » (Romani 8 :14). Un'interessante il­lustrazione di questa verità la possiamo vedere nella vita di Paolo. Assieme a Sila, egli aveva predicato il vangelo nella Frigia e nella Galazia. Volevano recarsi in Asia ed in Bitinia, ma lo Spirito Santo non permise loro di an­dare in quei luoghi a predicare la Parola. Mentre erano a Troas, Paolo ebbe una visione « e com'egli ebbe questa visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, tenendo per certo che Dio ci aveva chiamati là, ad annunziar loro l'Evangelo » (Atti 16 :10). E' evidente che, nel dubbio in cui venne a trovarsi, Paolo non si rivolse ad un profeta per conoscere la volontà del Si­gnore; eppure egli aveva vicino a sé Sila, conosciuto da tutti come « pro­feta » (Atti 15 :32). E' certo anche che non si mise a chiedere un segno parti­colare o una particolare sensazione da parte di Dio prima di muoversi in qualche direzione. Sicuri che lo Spirito Santo avrebbe impedito loro di fare dei passi sbagliati, come in realtà fece, essi si posero in cammino verso quei luoghi che ritennero bisognosi della loro opera. Quando tutte le porte apparvero loro chiuse, il Signore dette loro una visione. Sembra dunque che noi scegliamo di fare quel che ci appare migliore, dopo aver messo nelle mani di Dio tutto quello che facciamo. Se tutte le vie ci sembreranno chiu­se, possiamo aspettarci che in un modo o in un altro Dio ci farà conoscere la Sua volontà. In questo caso sarà facile un « segno » o una « rivelazione » tutta particolare.

La guida nelle nostre azioni non è compresa nel fine del Dono di Pro­fezia. « Chi profetizza, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione », dice la Bibbia (1 Corinzi 14 :3). Nel Nuovo Testamento questo è il fine del Dono divino della Profezia. Non troviamo un solo caso in cui esso è dato specificamente per guidare qualcuno. Il fatto è molto significativo e mette bene in rilievo il fine diverso che il Dono aveva nella Vecchia Dispensazione.

Nella vita di Paolo si sono presentate un numero grande di occasioni per chiedere questo Dono come guida, eppure l'apostolo non lo fece mai.

Nel caso dei dissensi che sorsero circa la questione della circoncisio­ne dei Gentili che si convertivano, il Concilio di Gerusalemme mise in eviden­za diversi punti di vista : alcuni della setta dei Farisei che erano passati a Cristo ritenevano che la circoncisione fosse assolutamente necessaria ; parlò Pietro, poi Barnaba e Paolo; in fine, Giacomo che presiedeva l'Assemblea ricapitolò le diverse opinioni e così concluse : « Per la qual cosa, io giudico che non si dia molestia a quelli dei gentili che si convertono a Dio » (Atti 15 :19). In tutta questa discussione, Giuda e Sila, sebbene profeti ambedue

 (Atti 15:32) e presenti (Atti 15:22), non aprirono bocca ; non offrirono affat­to alcuna guida mediante il Dono che possedevano.

Anche l'esempio di Agabo è degno di essere ricordato. Egli era pro­feta e aveva predetto chiaramente quel che sarebbe accaduto a Paolo a Ge­rusalemme, eppure non offrì all'apostolo alcuna indicazione o guida sulla questione che sarebbe stata trattata. Egli lasciò che Paolo decidesse perso­nalmente quello che avrebbe creduto bene di fare. Ce lo dicono chiaro le stesse parole dell'apostolo : « Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuo­re? Poiché io son pronto non solo ad esser legato, ma anche a morire a Ge­rusalemme per il nome del Signore Gesù » (Atti 21 :10, 11, 13).

La stessa cosa avvenne in un altro caso in cui Agabo « predisse per lo Spirito Santo che ci sarebbe stata una gran carestia per tutta la terra », ma non dette alcuna guida su quel che avrebbero dovuto fare : egli lasciò tutto alla « decisione » di quelli che avevano l'incarico di farlo (Atti 11 :28).

Un altro passo della Scrittura richiede la nostra attenzione. In Atti 13 : 1-3, vediamo che Barnaba e Paolo vengono messi da parte, perché per mez­zo dello Spirito Santo era stato dato questo ordine : « Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati ». Non ci viene detto in che modo lo Spirito Santo abbia fatto conoscere il Suo volere. Forse ciò avvenne per mezzo dei profeti che erano nella chiesa di Antiochia, ma po­trebbe essere anche che questo sia avvenuto per mezzo dei dottori o altri che potevano essere ugualmente strumento dello Spirito di Dio (Atti 13 :1). Non è escluso che ciò sia avvenuto per mezzo di una ispirazione interiore ; per mezzo di una voce che abbia risuonato nel cuore di tutti mentre la co­munità era in attesa davanti a Dio. Il cercare di forzare questo passo della Scrittura per dimostrare che sia conforme alla Parola di Dio la pratica d'in­terrogare il profeta, sarebbe un costruire su fondamenta eccessivamente la­bili. E possiamo dire anche che chi tentasse far questo non dividerebbe dav­vero con giustizia la Parola di Verità, poiché Dio non benedirebbe certo e non riconoscerebbe qui una pratica che in tutte le altre parti del Nuovo Te­stamento è chiaramente e decisamente riprovata.

Con tutto questo, però, non vorremmo dire che un messaggio del Si­gnore, ricevuto per mezzo del Dono di Profezia, non possa essere usato da Dio anche come guida a chi ne avesse bisogno. Questo, naturalmente, non deve spingere ad una deliberata ricerca del profeta perché egli veda di co­noscere la mente di Dio in nostro favore, cioè perché noi possiamo servirce­ne come guida nelle nostre azioni. Questo, come mi sono sforzato di dimo­strare, non è compito del profeta, e nessun cristiano dovrebbe cedere sponta­neamente il diritto inalienabile alla guida diretta che Dio gli ha promesso, guida che gli viene offerta per mezzo dello Spirito Santo. Se il vero figlio di Dio cercherà una tale guida e sarà assiduo alla casa del Signore, lo Spirito Santo, che conosce bene il cuore dell'uomo, potrebbe servirsi anche del ca­nale della profezia per dargli una qualche illuminazione particolare sul pro­blema che egli ha di fronte. Un esempio mio personale potrebbe rendere più chiaro il mio pensiero.

Qualche anno fa ero pastore di una chiesa piccola e difficile in una cittadina d'Irlanda. Per mesi e mesi avevo lavorato apparentemente invano : nessun aumento nei membri della mia comunità; nessuna conversione era venuta a rallegrare il mio cuore e a darmi un qualche incoraggiamento. Un giorno decisi di abbandonare quel posto e per questo andai a parlare con la persona responsabile. Trovandosi egli a predicare nella chiesa, attesi la fine del servizio, deciso a parlargli del mio proposito al termine di esso. Duran­te quella predicazione, però, ci fu un messaggio meraviglioso dato profetica­mente. Quel messaggio riguardava me e certamente era stato ispirato dallo Spirito di Dio, che era l'unico a sapere del dilemma che mi tormentava. Es­so diceva che non si debbono prendere delle decisioni affrettate, ma che si deve restare dove Dio ci ha posti. Concludeva con la promessa della bene­dizione divina su quanti lavoravano nel servizio del Signore. Sicuro che quel­la guida di cui avevo bisogno, tornai a lavorare nel campo arido che Dio mi aveva assegnato. Appena un mese dopo Dio ci visitò generosamente con un risveglio spirituale. La comunità si raddoppiò e la chiesa cominciò ad es­sere affollata. Una Domenica sera poi, terminato il servizio religioso, sei gio­vani si presentarono per offrire al Signore la loro vita. Quanto fui vicino alla perdita di quella benedizione divina! Dio mi aveva offerto la Sua guida proprio per mezzo del meraviglioso Dono della Profezia.

 

Il Dono della Profezia

(4) Modo per ottenere la guida cristiana

Visto che il Dono della Profezia non ci è stato dato come guida, ci chiediamo in qual modo la volontà di Dio sarà fatta conoscere ai cuori an­siosi di seguirla nella più assoluta fedeltà.

Alcune considerazioni su questo ci saranno di grande aiuto.

Prima di tutto, dobbiamo ricordare che Dio rivela chiaramente la Sua volontà per mezzo della Sua Parola. Tutte le volte, quindi, in cui essa parla chiaramente sul problema che si presenta al figlio di Dio, non è necessario che egli cerchi altrove ; in questo caso, egli non può e non deve cercare una via diversa.

Charles Finney racconta di una giovane che prestava servizio in casa di un pastore. Proveniva da famiglia non cristiana, ma in casa del ministro si convertì al Signore. Un giorno bussò alla porta dello studio tutta preoccupata sul modo di pregare degli anziani della chiesa che chiedevano a Dio lo Spirito Santo. Essi si mostravano desiderosissimi di questo Dono celeste, ma dicevano : « Se è conforme alla Tua volontà, concedi a noi queste bene­dizioni per amore di Cristo ». La ragazza pensava che dicendo : « Se è con­forme alla tua volontà », essi offendevano Dio, perché, dato che Dio aveva promesso esplicitamente che avrebbe mandato lo Spirito Santo, con quella espressione, essi mettevano in dubbio la sincerità della promessa di Dio. Il ministero cercò di spiegarle bene la cosa, ma riuscì a confondere ancor più le sue idee ; la ragazza non si mostrò pienamente soddisfatta. Forse non era stato del tutto convincente. Pensò meglio e più a lungo sull'argomento e si convinse che in realtà essi, cioè gli anziani della chiesa, nella loro preghiera mettevano un « se » che Dio non poneva affatto. Ne parlò al suo popolo e lo spirito di preghiera scese in quella comunità. Si ebbe presto un potente risveglio spirituale.

Supponiamo ora che non ci sia un passo specifico che si adatti alla difficoltà che ci si presenta. In questo caso, dopo un attento esame ed una preghiera sincera, potremmo trovare una promessa più ampia e generale che si adatti al caso nostro.

Per esempio, immagina di trovarti in un momento in cui la cattiveria degli uomini sembra prendere il sopravvento. Abbiamo in questo caso una promessa generale che possa servirci di guida? Eccola : « L'avversario verrà come una fiumana, ma lo Spirito dell'Eterno la metterà in fuga » (Isaia 59:19). La Parola di Dio ha così ampio respiro; ha tale pienezza di signifi­cati che si adatta benissimo alle nostre situazioni particolari e lo Spirito di Dio parlerà chiaramente ai cuori che ansiosi si porranno davanti a Lui in preghiera.

Dopo una tale rivelazione, il cuore del cristiano può riposare tranquil­lo sulla Parola ; può esser certo che essa sarà per lui la guida sicura.

Uno o due esempi confermeranno quanto abbiamo affermato.

Qualche anno fa, due giovani cristiani misero assieme i loro risparmi e fecero una società di affari. Purtroppo si avvidero presto che le cose non andavano e i loro risparmi sparivano ogni giorno di più. Pensarono di ven­dere tutto e andarsene in Australia. Non c'erano compratori. Solo una dome­nica si presentò uno che voleva vedere e trattare l'affare. Come cristiani pen­sarono di rispettare il giorno del Signore e così lasciarono fuggire l'unica occasione che si era presentata. Portarono al Signore la faccenda e, duran­te la loro preghiera, davanti ai loro occhi apparve questa promessa divina : « Confidati nell'Eterno e fa' il bene ; abita il paese e coltiva la fedeltà... Egli ti darà quel che il tuo cuore brama »(Salmo 37 :3, 4). Incoraggiati da que­ste parole della Bibbia, i due fratelli deposero l'idea di partire per l'Austra­lia. La loro società restò in piedi e ben presto si avvidero che la benedizio­ne di Dio era su loro ; anche le cose temporali cominciarono ad andar mol­to bene.

Cito un esempio preso dalla mia esperienza personale.

Qualche anno dopo la mia conversione, ero ansioso del Battesimo del­lo Spirito Santo. Lo chiedevo insistentemente al Signore, non rendendomi conto perfettamente del suo vero significato. Mentre pregavo a questo scopo, un giorno capitò sotto i miei occhi questo passo della Scrittura :

« Ravvede­tevi e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remis­sione de' vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo » (Atti 2 : 38).

Io mi ero ravveduto; avevo cercato, e anche con ansia, il dono dello Spirito Santo; una cosa non avevo fatto: l'unica cosa che si frapponeva tra me e quanto desideravo. Decisi di farmi battezzare in acqua alla prima oc­casione.

In questi casi, è evidente, la volontà di Dio si rivelò per mezzo della Sua Parola.

Secondo, Dio rivela la Sua volontà anche per mezzo del Suo Spirito. Se nella Scrittura non troviamo un passo particolare che si adatti al caso no­stro o ci faccia vedere con chiarezza la divina volontà, Dio ci offrirà sicu­ramente la Sua guida facendoci udire internamente la voce del Suo Spirito. Una guida simile, però, può essere udita solo quando si cammina continua­mente con Dio. Come per riconoscere una voce umana è necessario che que­sta sia stata udita da noi più e più volte, così è della Voce Divina. Di Blum­hardt, uomo di cui Dio si servì moltissimo nel ministerio delle guarigioni, si racconta che era solito rivolgersi al Signore in preghiera per conoscere la Di­vina Volontà sulla guarigione della persona che gli stava davanti. Le prime volte che faceva questo, aveva bisogno di molte ore prima di conoscere cer­tamente il volere divino, ma in seguito, dopo anni ed anni d'esperienza, gli bastava pochissimo per capire che cosa volesse il Signore circa la guarigione che gli veniva chiesta.

In terzo luogo, dobbiamo ricordare che Dio alle volte ci guida per mez­zo delle circostanze. Spesso la porta che ci si apre davanti ci porta sul sen­tiero della volontà di Dio, mentre la porta chiusa ci dice che quella non è la direzione che dobbiamo prendere. Per esempio, un sordo non sarà mai chia­mato ad un servizio in cui si richiede un udito molto fine ; una persona in­colta non potrà pensare di dedicarsi ad un ministerio che comporti molti con­tatti con persone istruite. In tali casi, a meno che Dio voglia aprire miracolosamente la porta, le circostanze ci dicono quello che dobbiamo fare. Un tale che si sente nervoso e scontroso fino al punto di non trovar possibile il contatto con altre persone, non è certo adatto ad un ministerio pubblico. Non sarà adatta ad un campo di missioni la donna che non può essere la­sciata sola a casa di notte, che non sa adattarsi a trattare con persone spia­cevoli o che non sa adattarsi ad una vita scomoda.

E' necessaria però una parola di avvertimento : non bisogna prendere le circostanze come guida sicura, senza aver prima pregato a lungo per co­noscere il volere di Dio. Satana potrebbe servirsi proprio delle circostanze per ingannarci. Avvenne così nel caso dei Gabaoniti. Allora le vesti logore e il pane indurito ingannarono Giosuè e lo spinsero ad entrare in un patto di alleanza che si rivelò non buono per i figli d'Israele. « Allora — dice la Bibbia — la gente non consultò l'Eterno » (Giosuè 9 :14).

Oltre a ciò, Dio alle volte offre la Sua guida per mezzo di cose straor­dinarie. Nel caso di Paolo si servì della visione di un uomo della Macedonia (Atti 16 :9) ; nel caso di Pietro si servì di un lenzuolo che scendeva dal cie­lo (Atti 10 :11) ; si servì di un uomo « con la brocca » per guidare i discepoli (Luca 22:10); i Re Magi furono guidati da una stella (Matteo 2:2). Tutti questi fatti ci mostrano che Dio si serve anche di mezzi straordinari per far conoscere chiaramente la sua volontà ed offrire la sua guida. E' necessario dunque tener presente che Egli a questo scopo può servirsi di mezzi ordi­nari e straordinari.

Ordinariamente la guida divina è fornita da molti mezzi messi assieme. Egli non si limita ad un segno particolare, ma si serve di molte cose per darci la certezza di quello che vuole da noi. Per esempio, Egli non solo disse ad Anania che doveva andare incontro a Saulo, ma preparò anche Sau­lo a ricevere Anania (Atti 9 :10, 12). In tal modo forgia un anello dopo l'al­tro e così viene formando la catena che costituirà la nostra guida sicura e convincente.

Il saper attendere costituisce sempre il modo più sicuro per ottenere la guida di Dio. Potresti aver davanti una situazione difficile ; non vedrai chiaro per quanto ti sforzi di penetrare con il tuo sguardo nelle acque mel­mose della difficoltà. Aspetta che quelle acque si calmino: verrà il momento in cui tutto ti apparirà chiaro ; vedrai le cose nella loro giusta prospettiva. Le cose piccole e di poca importanza assumeranno la loro giusta proporzio­ne ; mentre le cose serie acquisteranno il loro giusto valore. « Chi confide­rà in esso non avrà fretta di fuggire » (Isaia 28:16).

Il Dottor F. W. Boreham racconta una sua esperienza personale che illustra molto bene quanto stiamo dicendo. Stava parlando con un ministro di Dio anziano e ricco di esperienza. Egli era all'inizio del suo ministerio e gli esponeva le sue difficoltà. Ad un certo punto gli chiese: « Possiamo aver la certezza che nel momento giusto avremo la guida di Dio? Non corriamo il rischio di fare passi falsi? ». Il vecchio uomo di Dio saltò su come una molla ; si avvicinò a Boreham e gli gridò quasi sul viso: « Di questo sono assolutamente certo! Basta che si dia al Signore il tempo di farlo. Ricor­dati finché vivrai — aggiunse con enfasi — devi dare a Dio il tempo ».

Più di dieci anni dopo, il dr. Boreham si trovò in un momento di cri­si. Doveva prendere una decisione dalla quale sarebbe dipeso tutto il lavoro della sua vita. Quella decisione doveva essere presa per le cinque precise, ora in cui si sarebbe chiuso l'ufficio postale e telegrafico del luogo. « A cinque minuti alle cinque — racconta egli — io ero nell'ufficio postale, ma an­cora non avevo idea di quel che avrei dovuto decidere. Passarono altri due minuti che per me furono terribili. Allora giunse un uomo in bicicletta. Per quanto sapevo, egli era del tutto ignaro della crisi che mi tormentava, ep­pure mi disse qualcosa che risolse la situazione: vidi chiarissimo quello che avrei dovuto fare e alle cinque precise partì il mio telegramma ».

Nello stesso capitolo in cui racconta quanto abbiamo riferito, il dr. Boreham cita un'altra esperienza del dr. Jowett. In un caso di grave per­plessità, il dr. Jowett volle consultare il fr. Berry, di Wolverhampton. « Che cosa fareste -- gli chiese — se vi trovaste al mio posto? ».

« Non lo so », si sentì rispondere con tutta calma. « Non ci sono. E anche voi non ci siete ancora. Quando dovete decidere? ». « Venerdì », disse Jowett. « E Venerdì vedrete perfettamente la via da seguire », rispose con sicurezza il fr. Berry. « Il Signore non mancherà di farvi conoscere il Suo volere ; non vi farà venir meno la Sua guida. Potete esser certo », aggiunse. E fu proprio così. Al momento del bisogno tutto fu chiaro.

E' bene ricordare anche che Dio abitualmente ci fa conoscere un pas­so alla volta. Troppo spesso noi vorremmo vedere tutto il cammino che do­vremo percorrere invece di contentarci di fare con Dio un passo alla volta. Spesso andando in macchina per le vie affollate, siamo costretti a prendere ora questa ora quella via ; sarebbe difficile aver presente tutte le vie da per­correre : la decisione giusta viene presa volta per volta. Quando Abrahamo lasciò Ur de' Caldei, egli si pose in cammino « senza saper dove andava » (Ebrei 11 :8) ; Egli sapeva solo che faceva un passo dietro l'altro, assieme alla sua Guida celeste.

 

 (5) Uso del dono della profezia.

Se il Dono della profezia non è dato agli uomini come guida, quale è il suo fine, secondo la Scrittura? Non è difficile rispondere a questa doman­da, perché :

1) Questo Dono serve per parlare agli uomini in modo soprannaturale. Con la lingua insegnata dallo Spirito e con l'eloquenza ispirata da Lui, que­sto mistico Dono porta un alito celeste dalle divine colline alla prosaica valle degli uomini. Il pensiero di Dio viene comunicato per mezzo delle lab­bra del portavoce di Dio.

2) Il Dono della Profezia è dato per « edificare la Chiesa ». « Chi pro­fetizza, — dice la Scrittura — edifica la Chiesa » (1 Corinzi 14 :4). La pa­rola edificare letteralmente significa innalzare una costruzione, una fabbrica, una casa, ma in senso più ampio significa « portare in alto » « costruire qualcosa in genere ». Il Dono delle Lingue edifica colui che parla « in lin­gue diverse »; quello della Profezia « edifica la chiesa ». Cristo dunque nel costruire la casa spirituale, la Sua Chiesa, si serve della Profezia, come di un mezzo efficacissimo.

3) Esso serve anche per « esortare » (1 Corinzi 14 :3). La parola greca che viene usata in questo caso significa « chiamar vicino » (paraclesis). Nel­la lingua greca la radice di questa parola è la stessa della parola « conso­latore ». E' il termine che Cristo usa per indicare lo Spirito Santo.

4) Il fine del Dono della Profezia è anche quello di « consolare », « con­fortare » la chiesa (1 Corinzi 14 :3, 31). La parola originale usata in que­sto passo della Scrittura indica proprio « tranquillizzare », sollevare una per­sona. Elliott rende molto bene questo passo traducendo con le parole « sol­levare, far coraggio, rendere allegri ». Il Dono della Profezia è davvero un Dono Benedetto !

5) Esso, è dato « perché tutti imparino » (1 Corinzi 14 :31). Il passo o l'espressione potrebbe far pensare che si tratti di una esperienza personale alla quale tutti dovrebbero essere sottoposti. Tutti possono godere della be­nedizione di questa unzione particolare dello Spirito Santo. Chi non ha mai sentito l'ispirazione dello Spirito che lo spinge a parlare non può dire di aver davvero goduto della pienezza dello Spirito.

6) Il Dono è dato perché possa essere convinto chi non crede. « Se tutti profetizzano, — dice la Bibbia — ed entra qualche non credente o qual­che estraneo, egli è convinto da tutti, è scrutato da tutti, e i segreti del suo cuore son palesati ; e così, gettandosi già con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi » (1 Corinzi 14 :24, 25).

La Profezia serve principalmente per i credenti (v. 22), ma poiché è un linguaggio comprensibile per tutti, essa viene compresa con la mente e serve anche come messaggio che Dio manda direttamente a chi non crede. Il Dono delle Lingue, non essendo compreso dalla mente di tutti, ma solo da chi riceve dallo Spirito il Dono di comprenderle, è per il bene di chi parla in esse. E' naturale che quel Dono non si presta molto per le riunioni alle quali prendono parte numerosi non credenti.

Questo Dono della Profezia, in fine, è dato per « gli estranei », cioè per quelli che non sono istruiti nelle cose dello Spirito ; per quanti non cono­scono ancora le cose soprannaturali.

Io ricordo ancora la prima volta che ebbi l'opportunità di assistere ad un Convegno Pentecostale. Fu a Belfast in Irlanda. Ero del tutto impre­parato; non conoscevo affatto il pensiero pentecostale. Le facce serene dei presenti, il profondo senso della presenza di Dio, quella piacevole sensa­zione di gioia e comunione fraterna che si sprigionava dall'assemblea men­tre venivano dati messaggi mediante questo benedetto Dono della Profe­zia, mi fecero cadere in adorazione davanti a Dio e sentii che Dio era dav­vero in mezzo ad essi.

Dal tempo degli apostoli ci sono stati nella Chiesa molti Movimenti Spi­rituali che hanno cercato di dare al Dono della Profezia il posto che merita nell'adorazione della chiesa. Questi o son finiti nel nulla a causa dell'ecces­sivo zelo, o sono stati riassorbiti dalla generale freddezza e indifferenza per esso. Dobbiamo guardarci dunque sia dal troppo fanatismo che dalla brutta apatia. A questo fine, chiudendo, vogliamo ricordare alcune regole preziose suggerite dalla Scrittura :

Prima. Ci viene comandato di « ricercare » questo Dono. « Procacciate la carità, — dice Paolo — non lasciando però di ricercare i doni spirituali, e principalmente il dono della profezia ». E aggiunge : « Pertanto, fratelli, bramate il profetare » (1 Corinzi 14:1, 39). Le parole che usa il testo greco per dirci che dobbiamo « desiderare » il Dono della Profezia, indicano che dobbiamo avere un desiderio ardente, che dobbiamo essere pieni di zelo, dob­biamo lottare per averlo. Sii bramoso di questo Dono divino. Dovremmo avere la stessa brama che abbiamo per un qualche ideale che ci consuma. Lotta per questo Dono come un atleta lotta per raggiungere per primo la meta. Il cristiano dovrebbe desiderarlo come il marinaio che è nella tempe­sta desidera la fine del suo viaggio.

Secondo. Ci viene comandato di non « disprezzare le profezie » (1 Tes­salonicesi 5 :20). E' tanto facile « mortificare » lo Spirito e il nemico della causa di Dio farà tutto il possibile per ridurre al silenzio questo Dono che potrebbe essere la vera espressione della Mente e dei Sentimenti di Dio. An­che Timoteo doveva guardarsi bene dal trascurare questo Dono che era in lui e gli « era stato dato mediante la profezia, quando gli erano state im­poste le mani dal collegio degli anziani » (1 Timoteo 4 :14). Paolo lo esor­tava a « ravvivare il dono di Dio » che era in lui e che gli era stato dato per mezzo della imposizione delle mani dell'apostolo (2 Timoteo 1:6). Se il Diavolo riesce a cambiare la fede in timore, egli può anche ridurre al si­lenzio i Doni che il cristiano possiede e impedire l'acquisto di altri. Isaia potrebbe servire di esempio. « Ahi, lasso me ! » — gridava davanti alla Ri­velazione della Gloria Divina, « poiché io sono un uomo dalle labbra im­pure » (Isaia 6 :5). Quando poi un carbone ardente toccò le sue labbra, gli fu detto : « Va', e di' a questo popolo » (Isaia 6 :9). Geremia invece potrebbe essere un esempio del tutto contrario ; esso ci fa vedere la potenza del Dono della Profezia. « E s'io dico : " Io non lo mentoverò più, non parlerò più

nel suo nome ", v'è nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa ; e mi sforzo di contenerlo, ma non posso » (Geremia 20:9). Questa è vera profezia.

Terzo. Ci viene ordinato di profetizzare « secondo la proporzione della nostra fede » (Romani 12 :6). Se profetizziamo grandi risvegli . e strepitose malattie e queste cose non si avverano, evidentemente siamo andati al di là della « proporzione della nostra fede ». Una delle prove che dimostrano che il « profeta parla a nome di Dio » consiste proprio nel fatto che le cose profetizzate si avverano. (Vedi Deuteronomio 18 :22). E' naturale che non servirebbe a nulla il profetare oltre quanto comporta la nostra fede.

Quarto. Ci viene imposto di giudicare il Dono. « Parlino due o tre pro­feti, — dice Paolo — e gli altri giudichino » (1 Corinzi 14 :29). E' un or­dine evidentemente che ha lo scopo di salvaguardare la chiesa dai falsi pro­feti che avrebbero potuto ingannare e fuorviare il gregge di Cristo. « Diletti, — esorta Giovanni — non crediate ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio, poiché molti falsi profeti sono usciti nel mondo » (1 Giovanni 4 :1).

Dobbiamo stare attenti dunque e non « disprezzare le profezie », ma nello stesso tempo ci viene detto di « esaminare ogni cosa, e ritenere il be­ne » (1 Tessalonicesi 5 :20, 21).

L'unica regola sicura per giudicare è la Parola di Dio scritta. Ogni pro­fezia deve essere pienamente conforme ad essa. Fondamento della nostra fede è la Parola dell'Eterno e non la parola del profeta.

Dovremmo ricordare che vi sono tre fonti della profezia.

Lo Spirito Santo, nell'esercizio scritturale di questo Dono della Profezia, è l'ispiratore del messaggio. Agabo dice : « Così lo Spirito Santo » e profe­tizza che Paolo a Gerusalemme sarebbe stato arrestato e gettato in prigione (Atti 21 :11). Anche Davide ritiene di parlare a nome dello Spirito Santo : « Lo Spirito dell'Eterno — dice egli — ha parlato per mio mezzo, e la sua parola è stata sulle mie labbra » (2 Samuele 23 :2).

Anche nel caso dei discepoli di Efeso leggiamo che « lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue e profetizzavano » (Atti 19:6).

Lo Spirito dell'uomo. E' possibile che la profezia provenga anche dallo spirito dell'uomo, almeno all'apparenza. Naturalmente, qui non si tratta di una vera e propria « profezia », ma viene presentata, in qualche caso, come tale. « Figliuol dell'uomo, — per esempio, dice Dio ad Ezechiele — profetiz­za contro i profeti d'Israele che profetano, e di' a quelli che profetano di loro senno : Ascoltate la parola dell'Eterno. ... Guai ai profeti stolti, che se­guono il loro proprio spirito, e parlano di cose che non hanno vedute »! (Ezechiele 13 :2, 3).

Un esempio molto interessante potrebbe gettare luce su quanto stiamo dicendo. Nel suo viaggio a Gerusalemme, Paolo si fermò a Tiro, dove alcuni discepoli, mossi dallo Spirito, gli dissero di non metter piede a Gerusa­lemme (Atti 21 :4). Paolo, invece, aveva avuto un'ispirazione speciale che lo spingeva ad andare in quella città. Egli infatti aveva detto agli anziani di Efeso : « Ed ora, ecco, vincolato nel mio spirito, io vo a Gerusalemme, non sapendo le cose che quiví mi avverranno ; salvo che lo Spirito Santo mi attesta in ogni città che legami ed afflizioni m'aspettano » (Atti 20:22, 23). Sorge ora la domanda : Era Paolo in errore o lo erano i discepoli che gli sconsigliavano di andare in quella città? La spiegazione di questa apparen­te contraddizione sta nel fatto che, per mezzo della Profezia, Dio aveva fatto conoscere a quella chiesa che Paolo sarebbe stato loro tolto. Quando il fatto si sarebbe avverato, essi non avrebbero avuto alcun danno nella loro fede anzi sarebbero stati preparati alla grave perdita. Essi, avendo conosciuto per mezzo della profezia le gravi prove che avrebbe dovuto incon­trare l'apostolo, pensarono che l'adempimento della profezia sarebbe stato condizionato dall'andata di Paolo in quella città, e per questo cercarono di dissuaderlo. Egli, invece, avendo l'intima persuasione che quello era il suo dovere e che questo voleva Dio da lui, non si lasciò smuovere dal suo pro­posito.

Alcuni ritengono che Paolo fosse ingannato dal suo stesse zelo, ma i profeti di Cesarea, compreso Agabo e le quattro figlie di Filippo che posse­devano il Dono della Profezia, si mostrarono rassegnati, quando lo videro fermo nel suo proposito. Cessarono di sconsigliarlo e dissero : « Sia fatta la volontà del Signore » (Atti 21 :14).

Lo Spirito di menzogna. C'è una terza fonte dalla quale potrebbe venire la profezia. Naturalmente, in questo caso, essa verrà sempre da un falso profeta. La stessa possibilità di questo genere di profezia, però, ci mo­stra quanto sia necessario l'ordine di « esaminare e giudicare ogni cosa ». Non « dobbiamo credere ad ogni spirito, ma provare gli spiriti per sapere se sono da Dio, poiché molti falsi profeti sono usciti nel mondo » (1 Gio­vanni 4 :1).

Era lo spirito di menzogna che operava nei falsi profeti di Achab, quan­do essi consigliavano al re di andare incontro alla morte (1 Re 22 :22) ; era uno spirito di menzogna quello che spingeva alla sua attività « la serva » che Paolo incontro a Filippi e che poi liberò dallo spirito malvagio che era in lei (Atti 16:16) ; è un falso spirito, uno spirito di menzogna quello che anche oggi parla e profetizza nelle sedute spiritiche o per mezzo dei « me­diums » (Isaia 8 :19).

E' istruttivo notare che nel caso dei quattrocento falsi profeti di Achab, M'ch a, che si dimostrò il vero profeta, non ha parole di accusa per essi ; non dice che erano degli impostori consapevoli; egli ammette anzi che essi parlavano sotto l'influenza di uno spirito « che veniva da Dio » (1 Re 22 :22). Ma si trattava di uno spirito di menzogna mandato proprio per ingannare. La spiegazione di questo difficile passo potrebbe essere nel fatto che quando un uomo è completamente deciso a commettere il male « Iddio manda loro efficacia d'errore onde credano alla menzogna » (2 Tessalonicesi 2:11). Così Dio dice ad Ezechiele : « Perciò parla e di' loro : Così dice il Signore, l'Eterno : Chiunque della casa d'Israele innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l'intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità, e poi, viene al profeta, io, l'Eterno, gli risponderò come si merita per la moltitudine dei suoi idoli. E se il profeta si lascia sedurre e dice qualche parola, io, l'Eterno, son quegli che avrà sedotto quel profeta » (Ezechiele 14 :4, 9).

Non solo dal loro insegnamento, ma anche e soprattutto dalla loro vita saranno riconosciuti i veri profeti di Dio. « Guardatevi dai falsi profeti, — diceva Gesù —. Essi vengono a voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci. Voi li riconoscerete dai loro frutti » (Matteo 7:15).

C'è un vecchio libro cristiano « Insegnamenti dei dodici apostoli », che getta molta luce sul comportamento della chiesa primitiva nei riguardi di chi aveva questo Dono divino. In esso si insiste molto sul fatto che la vita del profeta costituisce la migliore e più sicura prova della sua veridicità. « Non tutti quelli che parlano mossi dallo spirito — dice il libro — debbono essere considerati profeti di Dio : è necessario che abbiano un comportamen­to da veri cristiani. Il vero profeta sarà distinto dal falso profeta proprio dal modo in cui vive. Il profeta che non fa quello che dice e insegna, non può essere un vero profeta di Dio ».

Terminiamo col ripetere l'ingiunzione divina : « Bramate il profetare ». L'Alito di Dio si posi sulle ossa aride di una chiesa divisa ; le riscaldi e vivi­fichi finché esse non abbiano ritrovato la vita e un osso aderisca al suo osso ; finché non si aggiunga la carne della verità della Parola divina alle ossa aride della semplice organizzazione. Questo Spirito di Dio aliti sulla Chiesa, sul Corpo di Cristo e faccia sorgere un potente risveglio capace di raccogliere un forte esercito per Gesù Cristo, nostro Signore. « Profetizza su queste ossa ... profetizza perciò » (Ezechiele 37:4, 9, 12).

 

(6) Il dono della Profezia nella storia.

Prima di terminare questo capitolo, sarà bene accennare al modo in cui il Dono della Profezia si è manifestato nei lunghi secoli della storia eccle­siastica. Verso la fine del secondo secolo cristiano i profeti (o le profetesse) sono considerati come un elemento essenziale per una chiesa nella quale sia lo Spirito Santo. Si credeva alla loro esistenza e in realtà c'era chi eserci­tava questo Dono divino. Fino a metà del secolo i profeti, per solito non erano altro che dei predicatori della Parola divina che non appartenevano a nessuna comunità in particolare.

Più ci avviciniamo al tempo degli apostoli e, come è naturale, più nu­merose sono le manifestazioni di questo Dono. Esaminiamone qualcuna.

Dalle prime notizie sembra certo che Ignazio, martirizzato nel 107, sia stato un profeta di Dio. In occasione delle sue visite alla chiesa di Filadel­fia, egli mostrava di conoscere fatti che venivano appositamente nascosti e le sue profetiche affermazioni colpivano sempre nel segno. « Anche se qual­cuno di voi volesse ingannarmi, non m'ingannerà certamente lo Spirito ; Egli scopre le cose più nascoste », soleva dire l'uomo di Dio.

Al principio del secondo secolo si riconosceva apertamente che alcuni avevano il Dono della Profezia. Eusebio dice : « Di quelli che fiorirono in quel tempo, Quadrato si distingueva per i suoi doni profetici ». Cita poi lo storico Milziade e dice che questi fa l'elenco di quanti profetavano nel Nuo­vo Testamento. Tra questi ricorda Ammia di Filadelfia e Quadrato.

« Se dopo Quadrato ed Ammia di Filadelfia, le donne che seguirono Mon­tano continuarono a profetare, — dice egli — cerchiamo di vedere chi fos­sero queste donne, perché l'apostolo dice che il Dono della Profezia dovrà essere nella Chiesa fino alla venuta del Signore ... ».

Secondo Ireneo, i doni dello Spirito erano presenti nella Chiesa nel se­condo secolo cristiano. Eusebio scrive : « Questi fatti sono riferiti da Ireneo nell'opera in cinque libri alla quale egli ha dato il titolo di « Lotta contro la falsa dottrina ». Nel secondo di questi libri egli dimostra chiaramente che in quel tempo, esempi evidenti della potenza divina potevano ammirarsi in alcune chiese.

« Così lontani — dice egli — sono dal risuscitare i morti, come risuscitò nostro Signore e come lo fecero gli apostoli per mezzo della preghiera, poiché anche in mezzo ai fratelli più volte, in caso di necessità, se tutta la chiesa si unisce nel digiuno e nella preghiera, lo spirito è tor­nato in un corpo esamine, e l'uomo ha visto il beneficio delle preghiere dei santi ». E dopo altre osservazioni, egli dice ancora : « Ma se dicono che no­stro Signore faceva queste cose solo in apparenza, noi potremmo rimandarli alle dichiarazioni profetiche e dimostrare con queste che tutto era stato chiaramente predetto, e che quel che era stato predetto è stato fatto da Lui, per cui Egli solo è il Figlio di Dio. E anche che quelli che sono davvero Suoi discepoli, ricevendo da Lui la grazia, nel Suo nome divino possono fare le stesse cose meravigliose a beneficio del resto degli uomini. Essi operano se­condo il dono che è stato loro liberamente concesso da Lui. Alcuni caccia­no i demoni e molto spesso le persone che sono state liberate in tal modo dagli spiriti immondi, credono e vengono accolti nella chiesa. Altri hanno la conoscenza delle cose che debbono ancora avvenire, come pure delle vi­sioni e delle profetiche comunicazioni. Altri ancora guariscono i malati per mezzo della imposizione delle mani. E come abbiamo detto non mancano casi in cui dei morti sono stati risuscitati. E perché dovremmo dire ancora altro? E' impossibile dire il numero dei Doni che la Chiesa nel mondo ha ricevuto da Dio, e le opere meravigliose compiute nel nome di Gesù Cristo, che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato ; e questo ogni giorno a beneficio del mondo pagano, senza ingannare alcuno e senza pretendere alcuna ricom­pensa. Come ha ricevuto tutto gratuitamente, così essa, la chiesa di Cristo, da a tutti gratuitamente ». In altre pagine egli scrive ancora : « Come udia­mo dire, molti fratelli nella Chiesa che hanno doni di profezia e parlano in tutte le lingue mediante lo Spirito Santo e illuminano le cose segrete a be­neficio di altri, ed espongono i misteri di Dio ». Questi doni diversi continua­rono con quelli che ne furono degni fino al tempo che abbiamo detto.

Verso la fine del secondo secolo si ebbe il movimento Montanista. La Chiesa si era fatta sempre più mondana e i credenti che riprovavano que­sta sua mondanità sospiravano una nuova effusione dello Spirito. « La Chie­sa cristiana ha sempre sostenuto che la profezia sarebbe continuata fino al ritorno di Cristo, sebbene in realtà, i profeti non sono stati molto nu­merosi », dice la Enciclopedia Britannica. Montano e i suoi seguaci hanno fatto del tutto per prepararsi con una stretta disciplina alla venuta del Si­gnore. Sebbene le manifestazioni dello Spirito fossero molto diffuse e nu­merose nel Movimento, sembra che solo lui Prisca e Priscilla fossero rico­nosciuti come profeti.

Il Dr. John Stoughton dice di Montano e del suo più famoso discepolo Tertulliano :

« Generalmente Montano e Tertulliano non sono trattati bene dagli storici. Senza dubbio, Montano era un tipo esuberante e si rite­neva rivestito di doni soprannaturali, e Tertulliano fini col prendere le sue parti. L'uno e l'altro erano dei veri asceti, ma nel loro carattere non manca certo un lato molto luminoso: il primo sembra che abbia avuto una grande idea dell'opera dello Spirito Santo nella vita del cristiano; sembra che ab­bia sentito molto la necessità della sua grazia e della sua continua illumi­nazione. Tertulliano era dello stesso sentimento ». (Introduzione alla storia della teologia di J. Stoughton).

Un altro scrittore afferma: « Nella storia del cristianesimo la profezia montanistica aveva in pieno il carattere estatico ed entusiasmante del Dono delle lingue della primitiva chiesa cristiana. Di Montano, per esempio, Epi­fanio riferisce una profezia nella quale egli dice in nome di Dio: « Ecco, l'uomo è come una lira ed io suono in essa come un plettro. L'uomo dorme ed io lo sveglio. E' il Signore che prende i cuori degli uomini e li trasforma ponendo in essi un cuor nuovo ». Anche dei tempi recenti (1714-1749) po­tremmo citare fatti di persone divinamente ispirate.

Anche in mezzo ai Francescani apparve quel che potrebbe essere defi­nito un ritorno del Movimento Montanista. Erano monaci mendicanti che avevano messo da parte e abbandonato definitivamente ogni bene terreno ed ogni proprietà per vivere una vita rigorosamente cristiana. Essi apparvero per la prima volta nel secolo decimo terzo. Cominciò il Grande Fran­cesco d'Assisi che si dette a predicare al popolo il ravvedimento e la peni­tenza. Vestiva un umile sacco e assieme ai suoi frati faceva in pratica quel­lo che predicava. Andava in certa di poveri derelitti, dei lebbrosi o malati di ogni specie; faceva tutto quanto era in suo potere per alleviare le miserie della povera gente.

Appena un secolo dopo, però, il fervore primitivo di quei religiosi era scomparso e il loro Ordine si era ridotto ad una accozzaglia di « mendicanti pezzenti e petulanti ».

Nel secolo decimo quinto apparve il famoso Girolamo Savonarola (1452­1498). Oratore eloquente, denunciava pubblicamente le debolezze ed i vizi del suo tempo. Operò una vera, meravigliosa riforma di costumi e di fede nella città di Firenze. Uno storico così descrive la folla che si accalcava per udire le sue prediche: « La gente si levava in piena notte e si raccoglieva da­vanti alle porte della cattedrale per trovare un posto in essa. Per ore ed ore attendeva che quelle porte si aprissero. Nessuno faceva caso alle difficoltà, al freddo o al caldo della stagione; il vento, la pioggia, qualsiasi intemperie non poteva costituire un ostacolo per nessuno. Tra di loro erano vecchi e giovani, uomini e donne e bambini. Tutti si recavano al discorso del Frate Domenicano, come se si trattasse di andare ad una festa, ad uno spettacolo interessantissimo. Aperte le grandi porte della chiesa, tutti, in assoluto silen­zio, prendevano posto come meglio potevano. Molti avevano in mano il loro libro di preghiere ... Passavano ancora due, tre o quattro ore; nessuno dava segni d'impazienza. Alla fine, ecco il Frate che entrava e andava diritto al pulpito. Tutti gli occhi, tutte le orecchie erano per il predicatore. Alla fine del lungo discorso, molti ritenevano che fosse appena cominciato ».

Il Savonarola predicava con fervore e luce evangelica. Egli parlava di visioni celesti. E' bene notare che non si limitava ad esporre passi dell'Apo­calisse e ad applicarli ai fatti che stavano accadendo in quel tempo, egli par­lava di vere visioni avute direttamente da Dio. Alcune sue predizioni si avve­rarono perfettamente e in modo meraviglioso ; questo servì ad accrescere la fede che il popolo aveva in lui, era ritenuto da molti un vero profeta. Non sappiamo se il Savonarola abbia insegnato qualcosa di preciso circa que­sto argomento della divina ispirazione, ma è certo che egli asseriva di poter prevedere, per concessione divina, gli eventi futuri; e questo sta a dimostra­re che in lui c'era l'idea che « la divina ispirazione non era ancora cessata », che Dio rivelava ancora i Suoi piani divini agli uomini.

Circa due secoli prima del Savonarola c'erano stati dei cristiani ai qua­li era stato dato l'appellativo di « Lollardi » o, come preferivano chiamarli altri, « Beguardi ». Le prime associazioni apparvero ad Antwerp verso il 1228. Più tardi il termine « Lollardo » venne usato in senso dispregiativo per indi­care nel secolo decimo quarto i seguaci di Wickliffe, in Inghilterra. La parola « lollardo » viene da un termine tedesco che significa « uno che canta a voce bassa ». In Inglese abbiamo qualcosa di simile per indicare uno che « fa una cantilena per addormentare un bambino ». Lollardo dunque era un cristiano che cantava di continuo e con i suoi canti lodava il Signore. Giovanni Foxe, nel suo « Libro dei martiri » parla di vere « profezie in mezzo ai Lollardi »

e il Dr. Stoughton dice: « Senza alcun dubbio il Dono della Profezia era molto comune alla fine del Medioevo, e questo sia nella chiesa di Roma che fuori di essa ».

Nella storia dei « Fratelli del Patto », gruppo di cristiani scozzesi, leg­giamo spesso di persone che possedevano il Dono della Profezia. In questo caso, però, dobbiamo notare che si trattava più di « profezia » in senso di predizione che in senso esortatorio. John Davidson, che divenne ministro di Prestonpans nel 1595, restò famoso per questo Dono profetico. Un giorno un signore del luogo, di famiglia molto nobile ma di carattere violentis­simo, senza essere stato provocato, prese di petto e colpì duramente un po­ver'uomo. Mentre lo picchiava selvaggiamente, assestandogli un colpo sulle spalle, disse: « Prendi questo per il tuo signor Davidson »! Il pover'uomo dovette stare a letto parecchi giorni e il colpo più grave e doloroso fu pro­prio quello che ebbe sulle spalle. Il ministro venne a sapere quanto era ac­caduto e il Sabato successivo tenne un sermone pubblico sulla ingiusta op­pressione alla quale vanno soggetti i buoni e sulla irragionevole ostilità che mostrano per essi i cattivi. Venendo al fatto particolare, disse: « Chi ha fatto questo riceverà presto da Dio un colpo terribile. Contro di esso non servirà a nulla la sua potenza e quella di tutti i re della terra ». La minaccia si avverò al termine di quella stessa settimana: quel nobile signore venne col­pito dal fulmine proprio davanti alla propria casa. Poco prima della sua morte, che avvenne nel settembre del 1604, Mr Davidson incontrò per caso Mr Ker, un giovane signore che era giunto da poco dalla Francia e vestiva ancora alla moda parigina. Davidson lo invitò a mettere da parte i suoi ric­chi vestiti perché egli avrebbe dovuto prendere il suo posto di pastore. « Tu sarai l'uomo che mi succederà nel ministerio », gli disse chiaramente. Quel­le parole sorpresero non poco il giovane, ma si avverarono perfettamente. Il Signor Ker divenne un ottimo e fedele ministro di quella comunità.

John Knox fece molte e straordinarie profezie che si avverarono debi­tamente a suo tempo. Di esse sceglierò solo alcune: Il 24 gennaio del 1570, mentre egli era sul pulpito, gli venne messo in mano un foglio contenente i nomi di alcune persone per le quali si chiedevano preghiere, perché erano gravemente ammalate. Tra le altre parole però c'erano anche queste: « Ri­suscitate l'uomo che consideravate come un dio ». Alludevano evidentemen­te al buon principe di Moravia, che era stato ucciso il giorno prima. Letto il foglietto, il predicatore se lo pose in tasca senza dare il minimo se­gno di sorpresa. Dopo il discorso, lamentò la grave perdita che la Chiesa e lo Stato subivano per la morte dell'ottimo principe. Disse che spesso Dio prende con Sé i buoni e, nella Sua ira, priva il popolo di buoni governanti. Poi aggiunse: « In mezzo a voi c'è chi ha commesso l'orribile omicidio che ha rattristato tutti i buoni, ma che sarà a lui motivo di grave amarezza. Io gli dico che egli morrà in terra straniero e senza che ci sia alcuno che gli sorregga il capo nel momento terribile della morte ». Thomas Maitland, au­tore del foglietto provocatorio, tornato a casa, riferì le parole del predica­tore alla sorella e confessò tutto dicendo però che Knox era un esaltato, un pazzo, che parlava senza saper quel che diceva. La sorella si spaventò e con le lacrime agli occhi gli disse che mai una predizione di quel santo predica­tore era caduta à vuoto. Dopo qualche tempo l'omicida si recò all'estero e morì nel suo viaggio a Roma, senza che ci fosse vicino a lui una persona amica ».

Nella vita di Giovanni Welsh, uomo importante della denominazione « Fratelli del Patto », troviamo parecchi esempi di predizioni profetiche. Una di essa sarà sufficiente.

Mentre egli era tenuto prigioniero nel Castello di Ediburgo, la moglie che passava con lui la maggior parte del tempo, ebbe il desiderio di recarsi a visitare la propria famiglia ad Air. « Quando stava per mettersi in viag­gio, — leggiamo in una biografia di Welsh — il marito le disse che non pas­sasse in alcun modo dalla parte del ponte che porta dentro la città, ma che raggiungesse i suoi passando alla larga da questa. Il motivo era noto solo a lui; la città di Air sarebbe stata colpita dalla peste. E questo avvenne esat­tamente come aveva predetto. Per l'uomo di Dio fu una cosa terribile do­ver stare lontano dal suo popolo in un momento tanto difficile e doloroso ».

Tra gli Ugonotti di Francia, di tanto in tanto, apparvero profeti e pro­fetesse, in modo particolare in mezzo agli Camiciardi, tra i quali da 500 a 600 furono quelli che dichiararono di possedere il Dono della Profezia.

I « piccoli profeti delle Cevennes » (1696-1701) erano bambini da tre anni in su, che predicavano pubblicamente e non solo nella loro lingua na­tia ma anche in buon francese, e questo per la durata di tre quarti d'ora. In essi non c'era niente di isterico o selvaggio; essi erano solo insensibili alla sofferenza e nessuno riusciva a fermarli quando avevano cominciato a parlare di cose del cielo.

Nei primi tempi del Movimento dei Quacqueri il Dono della Profezia era molto diffuso ed usato. I « Primi Pubblicisti » possedevano una straordina­ria esperienza interiore e davano messaggi con una forza incredibile su quanti li ascoltavano. Un caso molto eloquente è quello che di se stesso racconta George Camby, che fu convertito mediante il ministerio di William Dewsbury: « La potenza di Dio era in William in modo meraviglioso. Egli non fece che fissare su me i suoi occhi e dichiarare che il Signore metteva sulle sue labbra qualche cosa che egli aveva da dirmi, ed io sentii veramente che la Parola divina colpiva e spezzava il mio cuore. Caddi a terra appa­rentemente colpito a morte; sembrava che mi avessero colpito al capo con un sasso o una mazzata mortale. Quando ripresi i sensi, egli mi sosteneva tra le sue braccia. Posso dire veramente di essere stato abbattuto dalla vi­vente potenza di Dio, come Paolo sulla via di Damasco ».

Un alto ufficiale dell'esercito di Cromwell che aveva udito predicare James Nayler dopo la sua esperienza spirituale; avvertì la potenza divina che si sprigionava dalle sue parole in modo tanto terribile che egli disse di aver provato maggior terrore di quello che aveva avuto alla battaglia di Dumbar.

Un altro storico dice che la potenza divina era nei predicatori del Mo­vimento in modo davvero straordinario: « Il " Nuovo Movimento " — dice egli — con il suo fuoco iconoclastico, con il suo contagioso zelo, con i suoi terribili scuotimenti rivelava la potenza di Dio che era in quelli che venivano investiti; numerosi erano i casi di guarigioni soprannaturali ... ».

E continua: « Sopra Roger Hebben venne effuso lo Spirito di preghiera e di profezia. Si vide una grande attività del Signore, che almeno in scala ridotta, fece pensare ai grandi « autodafè » con i quali la libertina Firenze rendeva omaggio al santo zelo del Savonarola. Gli uomini di Malton brucia­rono pubblicamente i loro nastri, i loro vestiti effeminati, tutte le loro co­modità, per darsi ad una vita più umile, più seria ».

Un altro scrittore, il predicatore quacquero Farnsworth scrive a Marga­ret Fell, in data 7 gennaio 1653: « A Malton, nel periodo natalizio, circa due­cento Amici si unirono in attesa del Signore e stettero insieme tre o quattro giorni. Io fui con loro una brevissima parte del giorno o della notte, eppure due volte si manifestò la potenza del Signore; tutta la stanza ne fu ripiena e scossa ».

Nel secolo passato apparve il Movimento « Irvingite ». La storia di Edoardo Irving dice: « Egli era così imbevuto dello spirito dei tempi apo­stolici; aveva accettato le vecchie verità scritturali con tanta fede che vir­tualmente viveva in un'atmosfera costituita principalmente dall'elemento miracoloso. Nel 1830 la sua ardente immaginazione ebbe una visione nuova delle cose spirituali, una nuova speranza nacque in lui per il tempo nel quale viveva. Egli fece rinascere in un remoto angolo della Scozia il Dono apo­stolico della Profezia e delle guarigioni, Doni di cui già fin da due anni egli aveva riconosciuto la mancanza a motivo della poca fede esistente in mezzo ai cristiani ».

Molto spesso, dunque, sia negli individui che nei Movimenti religiosi, si è visto risorgere il Dono della Profezia, quando c'è stato un risveglio spiri­tuale; quando sono riapparse la fede e la pratica del tempo degli apostoli. Anche oggi questo Dono meraviglioso, assieme agli altri otto Doni dello Spi­rito, viene impartito ai cuori veramente consacrati e disposti a riceverlo.

 

IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

(1) Che cos'è.

« Ad un altro ... il discernimento degli spiriti » (1 Corinzi 12 :10). E' il settimo dei Doni dello Spirito. Come abbiamo già detto, esso è il terzo ed ul­timo dei tre Doni di Illuminazione divina. Tutto quel che si riferisce al cam­po della conoscenza : fatti, motivi, propositi, fini, origine, destino, tutto rien­tra nel raggio di questi tre Doni : Parola di Sapienza, Parola di Conoscenza, Discernimento degli spiriti.

Il Dono di cui parliamo adesso, però, si limita ad una sola categoria di fatti, quelli concernenti gli spiriti. Il Dono rivela il « genere degli spiriti » che muove una persona che manifesta potere soprannaturale o soprannatu­rale conoscenza. Non si tratta solo di un Dono del Discernimento, ma del Discernimento degli Spiriti. Il discernimento dei fatti che non riguardano gli spiriti appartiene agli altri due Doni di Illuminazione Ispirata.

In greco la parola « discernimento » è « diacriseis » e significa « giudizio completo » di una cosa o di un fatto. Secondo i lessicografi, il termine viene usato per indicare una « penetrazione completa e chiara » di un fatto. Esso contiene l'idea di un « giudizio » dato dopo che sono stati considerati tutti gli aspetti esteriori e appariscenti della cosa. In questo caso viene usato al­la forma « plurale » e quindi si deve intendere « discernimenti » e non « di­scernimento » degli spiriti. Cioè si deve pensare al potere di distinguere l'opera dello Spirito di Dio e quella dello spirito del male o degli spiriti pu­ramente umani. La tradotta per « spiriti », in greco, è « pneumaton », geni­tivo plurale di « pneuma ». Nella Scrittura questa parola indica tanto gli spi­riti buoni quanto gli spiriti cattivi.

Per sgombrare il terreno da ciò che potrebbe esserci di ostacolo nella comprensione di questo Dono, parliamo prima di quel che non è « discer­nimento degli spiriti ».

Non si tratta di conoscere bene le persone. Ci sono alcuni che pensano di possedere questo Dono e si ritengono in diritto di pronunciare giudizi su tutti, dal proprio pastore all'usciere o custode della chiesa. Non si tratta neppure di uno « spirito di ipercritica ». Un tale « dono » potrebbe benissimo essere gettato in fondo al mare, senza contristare affatto il cuore di Dio.

Nessuno cerca il Battesimo dello Spirito Santo per essere rivestito del­la capacità di trovare in altri delle colpe o per ottenere uno spirito di ipercri­tica. Purtroppo tutti, a causa della natura decaduta, siamo sufficientemente dotati di questo spirito non certo invidiabile. La Scrittura ci ordina di « non giudicare per non essere giudicati » ; è naturale quindi che questo spirito non è una dote che deve essere ambita dal cristiano. Non si richiede un dono spi­rituale per scoprire i difetti e le colpe di altri ; dobbiamo avere piuttosto una buona dose di amore cristiano per « coprire tutto » (1 Corinzi 13 :7).

Il Dono del « Discernimento degli Spiriti » non è neppure una « forza pe­netrativa » e intellettuale che ci permetta di vedere « dentro la natura uma­na ». Alcune persone possiedono questa forza meravigliosa, introspettiva, e la possiedono come dono della natura, mentre il Dono di cui stiamo parlando è qualcosa di soprannaturale.

Non è neppure « la lettura spirituale del pensiero ». Non si tratta di sco­prire i pensieri nascosti che possono essere nella mente dell'uomo ; o dello spirito dell'uomo in senso metaforico, come quando diciamo che una perso­na ha « uno spirito maligno », cioè, è di un carattere pessimo e davvero po­co piacevole per tutti.

Quando Samuele disse a Saul « tutto quello che era nel suo cuore » (1 Samuele 9:19), egli lo fece perché possedeva il Dono della « Parola di Cono­scenza » e non in virtù del Discernimento degli Spiriti. Così quando Gesù disse che Natanaele « era un vero Israelita in cui non era frode » (Giovanni 1 :47), Egli non dimostrava altro che conosceva perfettamente lo stato di quel cuore. Ciò indicava certamente che Gesù conosceva bene il cuore dell'uomo, ma in questo caso non esercitava il Dono del Discernimento degli Spiriti, perché qui non si trattava di un'affermazione circa lo spirito buono o cat­tivo che operava in Natanaele. La stessa cosa dobbiamo dire del passo che segue nel capitolo che viene subito dopo : « Gesù — si dice in esso — non si fidava di loro, perché conosceva tutti, e perché non aveva bisogno della testimonianza d'alcuno sull'uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell'uomo » (Giovanni 2 :24, 25).

Esaminiamo adesso che cosa sia il Dono del Discernimento degli Spiriti. Prima di tutto, si tratta di un Dono soprannaturale, perché viene concesso per libera, sovrana volontà dello Spirito Santo. Nessuna visione umana, nes­suna forza penetrativa nelle cose dello spirito potrebbe spiegare questo Dono.

Poiché esso riguarda gli « spiriti », quelli che ricevono questo Dono divi­no debbono essere capaci di distinguere i veri dai falsi possessori di Doni soprannaturali. Essi possono discernere anche la fonte da cui provengono gli stessi doni spirituali. Il Dono del Discernimento degli Spiriti potrebbe essere definito, perciò, una potenza soprannaturale, concessa dallo Spirito Santo perché l'uomo possa distinguere lo spirito o gli spiriti da cui procede un fatto o un'affermazione particolare.

Per esempio, quando Pietro, tratto in disparte Gesù, « cominciò a rim­proverarlo, dicendo : Tolga ciò Iddio, Signore ; questo non ti avverrà mai, Cristo, mediante il Dono del Discernimento degli Spiriti, vide che Pietro non era mosso da uno spirito buono. Per questo ebbe per lui delle parole dure : « Vattene via da me, — gli disse — tu mi sei di scandalo » (Matteo 16:22, 23). Da questo passo, in cui Gesù arriva a chiamare Pietro col nome di « Satana », possiamo notare che il credente non santificato, anche se non è del tutto posseduto dallo spirito maligno, può sempre essere sotto la sua influenza.

Una persona di mia conoscenza che per molti anni aveva esercitato un fruttuoso ministerio, cominciò a sentirsi stanca nel servizio del Signore, sebbene non potesse dirsi stanca di esso. Essa venne richiamata al dovere da un altro operaio cristiano che la scongiurò a non cessare di lavorare con zelo nella vigna di Dio. Questa incipiente stanchezza durò finché non gli si fece notare che il cristiano « consacrato » era qualcosa « donato interamen­te » al servizio del Signore e che, come al tempo della Bibbia, la cosa consacrata a Dio non poteva essere più offerta per altri fini. La piena consa­crazione non poteva essere revocata. Allora si rese conto che quella sua stanchezza spirituale veniva dal nemico di ogni bene, cioè dal demonio.

La richiesta di Giacomo e Giovanni che avrebbero voluto che il cielo mandasse il fuoco e incenerisse il villaggio samaritano che non aveva volu­to ricevere Gesù, è un altro esempio che sta a dimostrare come lo spirito del male può esercitare la sua influenza anche su persone credenti ma non santificate. « Signore — chiesero i due discepoli — vuoi tu che diciamo che scenda dal cielo il fuoco e li consumi? Ma Gesù, rivoltosi, li sgridò e dis­se : " Voi non sapete da quale spirito siete diretti ". Il Figlio dell'uomo è ve­nuto per salvare non per perdere » (Luca 9 :54-5).

Da questo possiamo vedere che i più sottili attacchi di Satana possono essere fugati per mezzo di questo benedetto Dono.

Anche nel Vecchio Testamento possiamo assistere alla manifestazione clamorosa di questo Dono divino. La troviamo nel fatto in cui il profeta Michea, scongiurato da Achab di non dire altro che la verità, afferma : « Ascolta la parola dell'Eterno: Io ho veduto l'Eterno che sedeva sul suo trono, e tutto l'esercito del cielo che gli stava dappresso a destra e a sini­stra. E l'Eterno disse : — Chi sedurrà Achab affinché salga a Ramoth di Ga­laad e vi perisca? — E uno risposte in un modo e l'altro in un altro. Al­lora si fece avanti uno spirito, il quale si presentò dinanzi all'Eterno, e dis­se : — Lo sedurrò io. — L'Eterno gli disse : — E come? — Quegli rispose : — Io uscirò, e sarò spirito di menzogna in bocca a tutti i suoi profeti. — E l'Eterno gli disse : — Sì, riuscirai a sedurlo ; esci, e fa' così. — Ed ora ecco che l'Eterno ha posto uno spirito di menzogna in bocca a tutti que­sti tuoi profeti ; ma l'Eterno ha pronunziato del male contro di te » (1 Re 22:19 - 23).

Da questi esempi è evidente che dietro le affermazioni degli uomini mol­to spesso è il suggerimento dello spirito del male, il quale cerca in tutti i modi di frustrare il piano divino. Raramente lo spirito dell'uomo è fuori dal­l'influenza di spiriti soprannaturali. Uomini e donne sono continuamente in­fluenzati da Dio o dal diavolo ; dallo Spirito Santo o da Satana. Anche oggi spiriti malvagi torturano e distruggono le anime come al tempo di Cristo.

Essi tentano ancora di gettare l'uomo nell'acqua, nel fuoco, sotto i tre­ni, nelle camere a gas. Troppi cristiani non santificati, anche se non sono posseduti realmente da spirito maligno, possono essere influenzati da esso e divenire grande ostacolo all'opera di Dio.

In questi ultimi tempi il demonio cerca insistentemente di contraffare Dio e la Sua opera ; egli ha i suoi cristiani contraffatti, le sue contraffatte guarigioni, le sue contraffatte forze, che si rivelano per mezzo dei cosiddetti spiriti guida, o mediums, spiriti familiari o spiriti che prendono il luogo e la figura dei morti. In tutti questi casi è molto necessario il Dono del Di­scernimento degli Spiriti per difendere dall'inganno il vero figlio di Dio. Per mezzo di questo Dono, la Chiesa è armata, difesa da una intelligenza spirituale che l'avverte delle imboscate nemiche e le rivela le speciose men­zogne dei traditori che cercano e si affannano per la sua distruzione. Al­cuni hanno commesso l'errore tristissimo di credere che il Padre Celeste abbia lasciato la Sua Chiesa senza difesa contro le macchinazioni delle po­tenze infernali e delle forze che oggi sono nel mondo ed in grande azione. E' vero che « il combattimento nostro non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi cele­sti » (Efesini 6:12), eppure Dio ha dato questo Dono a difesa della Sua Chiesa.

Sebbene stia scritto « vidi uscir dalla bocca del dragone e dalla bocca della bestia, e dalla bocca del falso profeta tre spiriti immondi simili a rane, perché sono spiriti di demoni che fanno dei segni » (Apocalisse 16 :13, 14), questo Dono avvertirà in anticipo e in anticipo darà alla Chiesa di Cristo il mezzo per difendersi di cui avrà bisogno in quel giorno.

Dobbiamo notare anche, a questo proposito, che il Dono del Discerni­mento degli Spiriti può operare solo per mezzo di un uomo spirituale, e non per mezzo di un essere mondano o carnale. « L'uomo naturale — dice l'a­postolo — non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia ; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente. Ma l'uomo spirituale giudica (discerne) d'ogni cosa » (1 Corinzi 2:14, 15).

 

IL DONO DELLE LINGUE

(1) Potenza dello Spirito nei Risvegli del passato.

« Ad un altro, diversità di lingue ». E' l'ottavo Dono che lo Spirito San­to ha fatto alla Sua chiesa sulla terra (1 Corinzi 12 :10). Esso è il secondo tra i Doni di Ispirata Espressione, ed è stato dato, come gli altri dello stes­so genere, per ispirazione del credente nella adorazione pubblica e privata.

Molti non comprendono questo Dono divino. Ricordo che si teneva una missione in una cittadina di provincia, quando accadde un fatto molto sin­tomatico. Il pastore di una chiesa incontro un membro della sua comu­nità. Gli chiese come mai non si fosse fatto vedere in chiesa da qual­che tempo.

« Ho assistito alle riunioni ed ai servizi di culto che sono stati tenuti dalla missione all'aperto », rispose quello. « Non dovete andare a quelle riunioni, — disse il pastore — quelle persone

 " parlano con lingue" ».

« E con che cosa debbono parlare? », chiese quegli con grande sorpresa.

Naturalmente non conosceva neppure l'esistenza di questo Dono di Dio.

Che cos'è dunque il Dono della « Diversità di Lingue »? E' la capacità di esprimersi con lingue diverse ; capacità data in modo soprannaturale dallo Spirito Santo. Chi ha ricevuto questo Dono parla delle lingue che non co­nosce affatto.

E' evidente che il Dono della Diversità di Lingue, dunque, non consiste nella conoscenza ordinaria e nell'uso di una o più lingue straniere. Se si trat­tasse di questo, l'interpretazione o la comprensione di esse sarebbe una co­sa ordinaria e naturale; tutti i presenti che conoscono quella tale lingua comprenderebbero ciò che viene detto; non vi sarebbe la necessità di un altro Dono divino che serva a completare il primo. Eppure sappiamo che c'è anche il Dono della « Interpretazione delle Lingue ».

Questo Dono non va considerato neppure come particolarmente indicato per predicare il Vangelo ai pagani. Se fosse così, Pietro, il giorno della Pen­tecoste, non avrebbe predicato a tutti i presenti nella sua lingua ordinaria, come fece.

Si tratta di un Dono dello Spirito ; non consiste dunque nella cognizione naturale di una lingua o nella capacità di ritenere il significato delle pa­role di una lingua straniera. Quando si parla in Lingue Diverse « secondo che lo Spirito dà ... d'esprimersi » (Atti 2 :4), la mente, l'intelletto, la compren­sione dell'uomo restano inerti, o, per usare il termine della Scrittura, « infrut­tuosi » (1 Corinzi 14 :14). Lo spirito umano invece è molto attivo e cosciente della presenza di Dio e gli organi della parola diventano veicoli e strumenti dello Spirito Santo.

Esaminando questo Dono divino, non dovremmo sottovalutare il fatto che, nel passato, Dio ha esercitato il Suo divino controllo sulla lingua de­gli uomini. A Babele Egli confuse la lingua di tutti. Lì avvenne un miracolo anche maggiore di quello che avvenne il giorno della Pentecoste. All'improv­viso nessuno comprese più la lingua che fino a quel momento era stata la lingua di tutti; all'improvviso si ebbero un numero grande di lingue nuove ; fatto miracoloso che spinse i lavoratori a separarsi in gruppi della stessa lin­gua. Quando Balaam volle servirsi della lingua per maledire Israele, si ac­corse che essa non era più sotto il suo dominio : « Ecco, sono venuto da te — disse il profeta — ma posso io adesso dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca io quella dirò » (Numeri 22:38). Anche Da­vide provò questo divino controllo sulla sua lingua : « Lo Spirito dell'Eter­no ha parlato per mio mezzo — egli disse — e la sua parola è stata sulle

mie labbra » (2 Samuele 23 :2). E Zaccaria, che osò dubitare del messaggio dell'angelo, divenne muto e non riuscì più a parlare fino a quando « la sua lingua fu sciolta » (Luca 20:22, 63. 64).

Altro punto che dovremmo tenere bene a mente è che Dio restaurerà nella Sua Chiesa tutti i Suoi Doni nell'ordine inverso nel quale essi sono stati perduti. La Chiesa primitiva aveva in modo evidente i Doni sopranna­turali dello Spirito ; essi erano in piena attività perché forte e vivo era l'a­more e lo zelo che regnava nella Chiesa di Cristo. Verso il quarto secolo la Chiesa ottenne libertà e favore politico ; ben presto, purtroppo, sparì la gran­dezza del suo amore e la purezza della sua professione di fede. Fu allora che la potenza soprannaturale di Dio si allontanò e la chiesa soffrì di questa per­dita; scomparve la santità, ed essa camminò con il mondo. Nei secoli oscuri che seguirono assieme ai grandi Doni dello Spirito, scomparve anche la ve­rità fondamentale della giustificazione per fede e la Chiesa di Cristo diven­ne una cristianità morta e corrotta. Grazie al cielo, anche nelle tenebre peg­giori Dio aveva i Suoi testimoni fedeli, ma era necessario attendere ancora a lungo prima che apparisse la Riforma Protestante con il fine di restau­rare nella Chiesa quella verità che era stata perduta. Lutero, seguendo le or­me di S. Pietro a Roma, comprese le parole « il giusto vivrà per fede ». Altri prima e dopo di lui, videro la stessa verità liberatrice, e, forti nella potenza del Signore, si levarono a proclamarla davanti a tutti.

Venne poi Wesley e il Risveglio del secolo decimottavo, che servì a con­fermare ulteriormente la verità della santità. Notevoli segni della divina pre­senza si verificarono nelle grandi assemblee, e uomini forti caddero con la faccia a terra sotto la potenza convincitrice dello Spirito.

Nel Giornale di Wesley, in data 20 maggio 1739, leggiamo : « In tutto questo tempo, quasi continuamente, sia da quanti son venuti appositamente a Bristol per informarsi su questi fatti straordinari, sia dai vecchi o dai nuovi corrispondenti, mi son sentito chiedere come è possibile che accadono queste cose. Più e più volte sono stato messo in guardia (in genere chi mi scriveva si fondava su una falsa interpretazione dei fatti) a non tener conto di sogni e visioni o della fantasia di persone che avevano ottenuto la remis­sione dei peccati in seguito ai loro pianti, alle loro grida o alla loro este­riore professione di fede. Ad una persona che mi aveva scritto in tal senso ho risposto: « Voi negate che Dio operi adesso questi effetti, che operi in questo modo. Io affermo invece l'un e l'altra cosa, perché le ho udite con le mie orecchie e viste con questi miei occhi ... quel che ho da dire delle visioni e dei sogni è questo: Conosco molte persone nelle quali si è verifi­cato il grande cambiamento proprio in seguito ad un sogno o durante una forte rappresentazione agli occhi della loro mente. Essi hanno visto allora il Cristo in Croce o nella Gloria. Questi sono i fatti; giudichi ciascuno come crede meglio ».

In data 7 giugno dello stesso anno, il Signor Wesley ebbe delle conver­sazioni con Mr. Whitefield circa questi segni esteriori. « Mi accorsi, — dice — che le sue principali difficoltà si basavano sulla falsa interpretazione dei fatti. Un giorno dopo il nostro primo colloquio, però, egli ebbe modo di in­formarsi meglio. Non appena infatti, in conformità al suo sermone, invitò tutti i peccatori presenti a credere in Cristo, quattro persone si avvicinaro­no a lui quasi contemporaneamente. Una di esse cadde a terra senza dar più segni di vita ; l'altra fu presa da un tremore stranissimo ; la terza ebbe con­vulsioni in tutto il corpo, e non faceva che mettere dei sordi rumori gut­turali ; la quarta fu presa ugualmente da convulsioni e si dette ad invocare il Signore con lacrime e grida. Da questo momento, io spero, tutti lascere­mo che Dio porti a termine la Sua opera nel modo che Egli ha stabilito ».

E' interessante notare che John Wesley considerava che i doni miraco­losi dello Spirito Santo dovrebbero esserci anche oggi nella Chiesa. Nel fa­moso discorso « La via più importante », egli afferma : « Non risulta che que­sti Doni meravigliosi dello Spirito Santo siano stati nella Chiesa per più di due o tre secoli. Non sentiamo parlare spesso di essi dopo il triste periodo in cui l'imperatore Costantino si convertì, o meglio volle chiamarsi cristia­no, e immaginando di promuovere la causa di Cristo, accumulò ricchezze e privilegi e onori sui cristiani in genere, e sul clero in particolare. D'allora i Doni dello Spirito Santo, tanto comuni prima, cessarono quasi del tutto: gli esempi che vengono citati sono davvero pochissimi. La causa di questo non fu, come si dice per solito, la mancanza di opportunità di essi, dato che tut­to il mondo si era fatto cristiano. Niente di più errato: in quel tempo nep­pure la ventesima parte del mondo era cristiana. La vera causa dobbiamo cercarla nel raffreddamento spirituale della maggior parte dei cosiddetti cri­stiani. Essi non avevano lo spirito di Cristo più di quanto ne avessero i pa­gani. Il Figlio dell'Uomo venendo sulla terra per esaminare la Sua Chiesa, a stento poteva trovare un po' di fede. Ecco la vera causa per cui non trovia­mo più in mezzo alla Chiesa di Cristo Doni tanto straordinari. I cristiani erano tornati pagani; essi avevano la fede, ma una fede morta, formalistica ».

Nel risveglio che si verificò a Kilsyth, nella Scozia, nel 1742, si ebbero notevoli manifestazioni della potenza dello Spirito Santo. In un vecchio li­bro che ha per titolo « Racconto di cose straordinarie operate dallo Spirito Santo a Cambuslang, Kilsyth, ecc. », stampato nel 1790, scritto da un testi­mone oculare, leggiamo quanto segue : « Il 6 maggio io predicavo, come fa­cevo da qualche tempo, prendendo lo spunto dal capitolo IV dei Galati, ver­setti 19 e seguenti. Una straordinaria potenza dello Spirito Santo discende­va dall'Alto e accompagnava la Parola che stavo predicando. Sorse un gran­de gemito e lamento in mezzo alla comunità; tutti gemevano e piangevano come se lamentassero la perdita del loro unico figlio. Molti si dettero a gri­dare; e non si trattava di sole donne ; alcuni di essi erano giovani fortissi­mi ed uomini sulla quarantina o cinquantina. Terminata la funzione religio­sa e rimandata la comunità, cercai di far entrare quelli che erano contriti ed afflitti nel mio ufficio, ma non fu possibile, dato il numero grande dei lo­ro amici, che non volevano lasciarli e attendevano che tornassero via con loro. Fui costretto a raccoglierli nella chiesa. Cantai un salmo e pregai con essi. Ma quando mi accinsi a parlare, fu tutto inutile; nessuno poteva udire le mie parole: le grida dolorose, il pianto, i gemiti arrivarono alle stelle. Tutto questo poteva essere udito a molta distanza ».

Nelle poche parole di prefazione al suo libro, l'autore dice : « Benedetto sia Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, che non si è limitato a far sen­tire sensibilmente la presenza e potenza dello Spirito Santo nella parrocchia altamente favorita di Cambusland! La stessa opera straordinaria e meravi­gliosa si è avuta sulle anime di molti in altre comunità del luogo. Il meto­do seguito dallo Spirito Santo è sempre lo stesso: tutte le comunità hanno fatto la dolce esperienza goduta dalle anime della parrocchia di Cambu­slang. Gli effetti della potenza dello Spirito è identica su tutti quelli che so­no sotto la Sua divina unzione ed azione. Sono effetti meravigliosi, effetti raramente visti nei tempi passati: alcuni, presi dal timore e dal tremore, cadono a terra tramortiti. Questo timore e tremore si propaga rapidamente in altri. Tutti si sentono esposti all'ira divina a causa dei loro peccati.

Quel che avviene nel corpo di alcuni ha dato luogo a delle discussioni non indifferenti. C'è stato chi non ha avuto difficoltà a vedere l'opera del diavolo nelle manifestazioni esterne e strane che si notano in alcuni ; secon­do loro si tratterebbe di un gravissimo inganno diabolico. Anche in altre co­lonie d'America si sono verificati fatti del genere in concomitanza di simi­li effusioni dello Spirito Santo; e anche lì abbiamo udito fare delle affer­mazioni ostili a queste manifestazioni di Dio in mezzo a noi ».

Nella medesima prefazione lo scrittore paragona il Risveglio di Kolsyth all'opera di Dio in Ayrshire. Tutto fa pensare a quel che avvenne ad Ayr­shire dal 1625 al 1630. Si tratta delle stesse straordinarie manifestazioni del­la potenza divina.

Dai maligni fu chiamata « la malattia di Stewarton » a causa delle ma­nifestazioni fisiche che l'accompagnavano. Trascriverò il breve accenno che ne fa l'autore dello « Adempimento delle scritture » a pag. 264. « Devo citare qui una solennissima, straordinaria manifestazione esterna dell'opera dello Spirito Santo, che si verificò verso il 1625 e seguenti nella parte Orientale della Scozia. Ciò avvenne proprio durante la persecuzione che la Chiesa do­vette sostenere da parte della fazione Prelatic. Questa manifestazione ester­na dell'opera dello Spirito venne detta, per rabbia di parte, " malattia di Ste­warton ", perché si verificò prima in quella parrocchia, ma poi si diffuse nella maggior parte della regione. Si potrebbe dire, e molti ministri e cristiani ancora vivi potrebbero testimoniarlo, che per un certo tempo, ben pochi fu­rono i sabati che passarono senza che si verificassero straordinarie conver­sioni, o si avessero convincenti prove che la potenza di Dio accompagnava la Sua Opera. Moltissimi furono scossi e abbattuti. Mente ascoltavano la di­vina Parola, lo Spirito Santo li convinse di peccato e fece nascere nei loro cuori un vero terrore della condanna alla quale erano esposti. Si converti­rono e in seguito si dimostrarono cristiani veramente degni.

Gli effetti del Risveglio a Kilsyth furono meravigliosi : si convertirono un duecento persone, che dettero il nome loro alle diverse chiese locali. Si ebbe anche qualche miracolo di guarigione. Lo scrittore da noi citato ne ricorda uno. Una giovane donna era afflitta da anni da una malattia consuntiva che la costringeva al letto quasi del continuo. Ella volle che gli amici la portassero ad udire la Parola di Dio. Qui ella fu scossa dallo Spirito Santo. Le sue condizioni erano gravissime e, come pensavo, non aveva ormai molto tempo di vita. Eppure, da quell'istante, ella cominciò a sentirsi meglio e il Signore volle guarire il suo corpo, come aveva guarito la sua anima ».

Nel secolo decimo nono, Dio, mediante il movimento dei « Fratelli », riportò la luce sui costumi e il comportamento della Chiesa primitiva. Ri­cordò che allora i credenti « spezzavano il pane » in memoria della morte di Cristo il primo giorno della settimana. Per mezzo dello stesso Movimen­to, richiamò alla mente dei cristiani la seconda Venuta di Gesù. Queste ve­rità furono studiate con maggiore impegno, fervore e interesse.

All'inizio del secolo ventesimo, e nei primi anni del medesimo, si ebbe un grande risveglio nel cuore di molti; moltissimi cercarono Dio. La ve­rità del Battesimo nello Spirito Santo venne altamente proclamata da uo­mini quali Charles G. Finney e President Mahan in America. In questo Pae­se la Convenzione di Keswck confessò la stessa verità. Il Risveglio di Welsh vide molte potenti manifestazioni della potenza divina. E' degna di essere ricordata la meravigliosa esperienza di Charles Finney. Egli era uno dei pro­motori del grande Risveglio verificatosi nel 1859-1860. Ecco come parla del suo Battesimo nello Spirito Santo, nella sua autobiografia: « La mia anima si sentì elevata tanto in alto che mi sentii costretto ad isolarmi dagli altri e chiudermi nella mia stanza a pregare. Nella stanza non c'era luce o fuoco acceso, eppure essa mi apparve così luminosa da lasciarmi abbagliato. En­trai e chiusi la porta. Ebbi subito la sensazione di trovarmi faccia a fac­cia con il Signore. Né allora né in seguito pensai ad una semplice illusione; ad un fatto d'immaginazione o altro. Egli era lì: mi sembrava di vederlo davanti a me, come un essere reale. Non diceva nulla, ma mi guardava in tal modo che mi sentii spinto a gettarmi ai Suoi piedi. Ho sempre consi­derato quegli istanti un vero, straordinario, dolcissimo rapimento. Mi sem­brava di mostrare a Lui tutta la mia anima. Piangevo come un bambino e con­fessavo ad alta voce i miei peccati. Avevo la sensazione di bagnare con le lacrime i Suoi piedi, pur senza toccarLo. Devo essere stato molto a lungo in questa posizione; ma ero assorto completamente e non mi è possibile ri­cordare tutti i particolari di quell'estasi meravigliosa. Ricordo solo che quando cominciai a tornare in me e a staccarmi da quella visione di cielo, mi alzai, guardai nell'ufficio di fronte e notai che la legna che era sul fuoco si era tutta consumata. Ricevetti un Battesimo potente: il Battesimo nello Spirito Santo. Non lo avevo atteso ; non sapevo neppure che potesse esserci una così sublime esperienza per me; non ricordavo neppure di averne sen­tito parlare. Lo Spirito Santo discese su me ed in me: mi penetrò completa­mente: anima e corpo furono ripieni di Lui. Tutto questo potrebbe essere paragonato in qualche modo ad una potente scossa elettrica; una scossa che ti attraversa tutto il corpo. Ebbi la sensazione dolcissima di immer­germi in un grande mare d'amore; non saprei esprimere meglio quello che provai. Ricordo che mi sentivo cullato e sostenuto da due grandi, immense ali. Nessuna parola umana potrebbe darci anche una pallida idea di quel che sentivo allora nel mio cuore. Dolci lacrime di felicità irrigavano il mio volto. Il mio cuore si scioglieva in una dolcezza sconfinata. Le ondate di que­sta dolcezza si facevano sempre più forti e travolgenti. Alla fine, non riu­scii più a trattenere il grido : « Signore, basta! Se non cessa questa mia fe­licità, io muoio! ». Dicevo di morire; imploravo che cessasse tanta felicità, ma non la temevo.

I Risvegli che si verificarono durante la predicazione di Charles Fin­ney furono davvero straordinari. Per servirci delle sue stesse parole, dire­mo che « le finestre del cielo si erano aperte e lo Spirito Santo scendeva sulla terra assetata come una dolce pioggia benefica e abbondante ». Le on­date del forte sentimento religioso si estesero molto; esse arrivarono anche nell'India. Si pensa che questi Risvegli dettero alla Chiesa circa un milione di anime. In tutte le parti del mondo si ammiravano gli effetti grandiosi della predicazione di Finney. Nella Scozia e nell'Irlanda fatti soprannatu­rali accompagnarono la grande effusione dello Spirito di Dio. Si ebbero ma­nifestazioni di entusiasmo e fervore. Molti di quelli che poi si convertirono erano andati ad udire il messaggio divino spinti dalla curiosità o anche dal desiderio di mettere tutto in ridicolo. Ecco quanto dice Turner delle predi­cazioni che furono tenute nella Scozia: « Molti furono piegati dalla potenza divina. Quelli che si trovavano vicino alla porta vennero spazzati via e tra­scinati fuori come da un turbine terribile; altri furono atterrati e a stento poterono sollevare il capo da terra o sollevarsi dal suolo. Gente della cam­pagna venuta solo per divertirsi e prendersi gioco dell'opera di Dio, fu presa da profonde e penose convinzioni spirituali ; avrebbero voluto lasciare il luo­go delle riunioni, ma non avevano la forza di muoversi. Erano come ubria­chi che avevano bisogno di sostegno.

Anche nei Risvegli di Welsh che si verificarono nel 1904 e 1905, la po­tenza di Dio si manifestò in modo mirabile. Un famoso scrittore e giorna­lista, Mr. Stead, così riferisce quanto egli stesso vide con i propri occhi: « In quelle manifestazioni non c'era nulla di isterico o pazzesco, a meno che non si voglia dire isterico e pazzesco quell'agitarsi, quel sospirare affannoso, quelle grida che dicevano tutto il terrore e la vergogna che improvvisa­mente si erano impossessati di quelle anime convinte di peccato. C'era qual­cosa di soprannaturale che nessuno poteva dire da dove venisse o dove an­dasse « non sai né d'onde viene, né dove va » (Giovanni 3:8), ma si viveva, si muoveva e raggiungeva la tua anima. Uomini e donne cadevano a terra davanti ai tuoi occhi ed entravano in una vera, straziante agonia, come se una mano invisibile e potente avesse afferrato il loro cuore.

Verso il 1906 Dio cominciò a far vedere in opera i Doni dello Spirito Santo. Contemporaneamente, e in diverse parti del mondo, lo Spirito di Dio, cominciò a muoversi in un potente risveglio; si ebbero quelle manifestazio­ni della potenza di Dio, che avevano caratterizzato la Chiesa primitiva. In Los Angeles ho potuto vedere la costruzione di legno dove discese lo Spirito, per la prima volta. La donna di colore che era incaricata della custodia del luo­go, ci guidò, per una breve scala, alla stanza della preghiera, una stanza pic­colissima. Qui le persone devote si raccoglievano per chiedere a Dio il Ri­sveglio. Erano passati mesi e in quella stanza si continuava ad implorare il Signore. Un giorno lo Spirito di Dio discese, proprio come nel Giorno del­la Pentecoste. Alcuni parlavano in « lingue »; altri profetavano; tutti erano ripieni della gloria del Signore. Mr. Thomas Liddicoat, uno dei primi che ricevette il Battesimo nello Spirito Santo, con i segni che lo accompagnano, raccontò la sua meravigliosa, sublime esperienza: « Stavamo, come al solito,

— racconta — nella camera della preghiera. Improvvisamente, io vidi le facce degli altri farsi radiose per la gloria di Dio che vi risplendeva. Signore, —   dissi — fa che anche la mia faccia risplenda della Tua gloria! Fu allora che uno dei fratelli che mi stava vicino, fissò il mio volto e disse: Darei qual­siasi cosa perché la mia faccia risplendesse come la vostra ».

Nello stesso tempo in cui benediceva così Los Angeles, al Nord degli Stati Uniti, una Scuola Biblica invocava ardentemente la manifestazione del­lo Spirito Santo, pur non sapendo che, al Sud, un gruppo di fedeli credenti rivolgeva al Cielo la stessa preghiera. Un giorno, mentre gli studenti erano raccolti in preghiera, anche qui, improvvisamente, Dio si manifestò: tutti furono ripieni di Spirito Santo ed ebbero il Dono delle Lingue e quello del­la Interpretazione.

Quasi nello stesso tempo, si verificò la stessa cosa in India. Pandita Ramabai, fondatore della Casa per le giovani vedove dell'India, stava spie­gando il capitolo 8 del vangelo di Giovanni. La potenza dello Spirito disce­se all'improvviso sulle presenti.

Molti peccati segreti vennero confessati pubblicamente; molte di quelle donne furono ripiene di Spirito Santo. Alcune ebbero delle visioni di Cri­sto; altre parlarono lingue nuove « secondo che lo Spirito dava loro di espri­mersi ». Il pastore T. B. Barratt, di Norvegia, ebbe occasione di visitare Mukti, il luogo dove si era verificata quella manifestazione della potenza divina, ed ecco quanto scrive di questa esperienza, nel suo libro « Quando il Fuoco Discese ».

« Quale meravigliosa unità di preghiera! — esclama egli —. In essa era­no tutte unite. Avresti dovuto vedere tutti quei volti rivolti al cielo, e avre­sti dovuto udire qualche centinaio di giovani donne implorare contempora­neamente. Quella preghiera seguitò fino al momento dell'uscita. Uscivano a gruppi e continuavano a pregare finché ci fu nella sala l'ultimo gruppo. Al­lora, guardando attorno, vidi ancora qualche giovane prostrata a terra che pregava intensamente e si esprimeva « in lingue ».

« Ricordo di aver letto la relazione di un corrispondente di Mukti, pro­segue il pastore Barratt. Egli confessava di non trovar parole adatte per descrivere quanto aveva visto e udito. Assicurava però che quelle ragazze indiane parlavano « lingue » che non avevano mai studiato ».

Il pastore T. B. Barrat, allora ministro Metodista, si trovava in Ameri­ca nel 1906, quando venne a sapere che lo Spirito Santo si era manifestato. Ebbe un desiderio grandissimo di fare la meravigliosa esperienza che ave­vano fatto altri. Si pose a pregare il Signore perché questa gioia venisse concessa anche a lui. Ebbe quanto chiedeva e descrisse poi la sua gloriosa esperienza in questi termini: « Accettai la purificazione completa l'ultimo giorno di settembre (domenica), alle cinque e mezza precise. Esattamente otto giorni dopo, alla stessa ora e nello stesso luogo, ricevetti la potente un­zione dello Spirito ».

E questo per lui non fu che il principio. Circa un mese dopo, infatti, egli fu meravigliosamente battezzato nello Spirito Santo. « Mentre eravamo raccolti in preghiera, — racconta poi scrivendo in Norvegia — la moglie del dottore che era vicino a me vide sul mio capo una meravigliosa aureola. Sopra di questa era come una lingua di fuoco, (confronta Atti 2:3, 4). In

quello stesso istante sentii penetrarmi da una forza indicibile. Ero immerso in una grande luce, e cominciai a parlare a voce altissima " in lingue ". Tra­volto da dolcissime ondate d'amore, piansi, gridai, cantai nello Spirito ».

Tornato in Norvegia, il pastore Barrat vide diffondersi il Risveglio di­vino in tutta quella nazione, nella Svezia, nella Danimarca, in Germania, in Inghilterra e in molti altri paesi. Questa benedetta fiamma dello Spirito si propagava da per tutto. E bisogna notare che nessuno aveva il diritto di van­tarsi di questo meraviglioso movimento spirituale.

L'Autore di tutto è il benedetto Spirito. Egli, nella Sua sovranità infi­nita, concedeva la Grande Benedizione a tutte le genti.

In questo modo, i Doni dello Spirito Santo, quali gioielli preziosi, sa­ranno indossati dalla Chiesa, sposa divina del Cristo, per andare incontro allo sposo, quando Egli verrà e nella gloriosa celebrazione delle nozze celesti.

 

 (2) Il segno del Battesimo nello Spirito Santo.

La questione che ora dobbiamo esaminare è questa : « Il Dono delle Lingue è il segno che accompagna il Battesimo nello Spirito Santo »? La risposta dovrà essere necessariamente basata sulla Parola di Dio. Esami­niamo dunque la questione alla luce della Divina Parola.

Negli Atti degli Apostoli troviamo registrati alcuni casi in cui viene fatta la dolce, meravigliosa esperienza del Battesimo nello Spirito Santo. Ora la Scrittura ci dice che « tutte queste cose accaddero perché servissero a noi d'esempio, e sono state scritte per nostra ammonizione ».

La prima volta ciò accade nel Giorno della Pentecoste. « E di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov'essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascun di loro. E tutti furono ri­pieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d'esprimersi » (Atti 2:2-4).

Questo potrebbe essere preso come il modello divino della Pentecoste, co­me norma abituale del Battesimo nello Spirito Santo. Un confronto con la conversione potrebbe esserci di grande aiuto per comprendere bene questo modello offertoci da Dio. Esaminando le esperienze spirituali che hanno fatto uomini e donne che si sono convertiti al Signore, possiamo notare una sor­prendente varietà nel modo in cui queste conversioni si sono verificate. C'è chi mostra una gioia ineffabile ed è immediatamente salvato, come nel ca­so del carceriere di Filippi ; c'è chi, forse di carattere meno impulsivo, rice­verà la verità con minore scossa e conflitto interiore, come si verificò nel caso di Lidia, della quale il Signore aprì il cuore in modo che ella ascol­tava con grande interesse tutte le cose che Paolo diceva ; c'è chi piange di­speratamente sugli anni perduti e a stento crede alla grazia indescrivibile che sta ricevendo.

Ora, sebbene il comportamento esteriore potrebbe essere molto diverso, tutti quelli che sono veramente salvati, hanno la testimonianza dello Spi­rito, testimonianza che ce li addita come « veri figli di Dio » (Romani 8 :10.

Possiamo notare anche che « il vento impetuoso che soffia » e le « lin­gue come di fuoco » non si trovano sempre nella descrizione dell'esperien­za che fa il credente che viene Battezzato nello Spirito Santo, mentre « la testimonianza dello Spirito » che attesta la Sua venuta, « il parlare in lingue diverse, secondo che Egli concede » era ed è il segno proprio del Battesimo dello Spirito Santo.

Dato che la testimonianza della Scrittura afferma in modo preponde­rante che in questi ultimi tempi la pienezza dello Spirito Santo è stata ac­compagnata dal Dono delle Lingue, noi dobbiamo aprire il nostro cuore e disporci a ricevere in tal modo la pienezza di questa benedizione divina.

Si potrebbe aggiungere che proprio la stolta prevenzione contro questo Dono dello Spirito Santo potrebbe costituire il motivo particolare che giu­stifica la manifestazione della sovranità di Dio in questa materia. L'incre­dulità e il pregiudizio potrebbero spingerci a dubitare dell'amore del nostro Padre celeste e a rifiutare i Suoi Doni divini. Gesù disse : « Chi è quel pa­dre tra voi che, se il figliuolo gli chiede un pane gli dà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli dà una serpe? Oppure se gli chiede un uovo, gli dà uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domanderanno »? (Luca 11 :11-13).

Abbiamo l'esempio di Paolo. Convertito sulla via di Damasco, egli rice­vette l'ordine di entrare in città e di aspettare le istruzioni che gli sareb­bero state comunicate. Attese tre giorni Anania, un discepolo che era a Da­masco. Questi venne a lui e gli disse : « Fratello Saulo, il Signore, cioè Gesù Cristo, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato per­ché tu recuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo » (Atti 9 :17).

Non abbiamo i particolari sul modo col quale Paolo ebbe la pienezza dello Spirito Santo, ma ragionevolmente non possiamo dubitare che l'apo­stolo ricevesse anche il Dono delle Lingue. Si ricava da quanto dice di que­sta sua esperienza scrivendo ai Corinzi. « Io ringrazio Dio — dice egli — che parlo in altre lingue più di tutti voi » (1 Corinzi 14 :18).

Viene poi l'esempio di quanto avvenne in casa di Cornelio. Mandato ai Gentili da una rivelazione divina tutta particolare, Pietro predicò in quella casa.

« Mentre Pietro parlava così — dicono Atti 10 :44-46 — lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti della circon­cisione che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il Dono dello Spi­rito Santo fosse sparso anche sui Gentili ; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio ».

In altre parole, questi Gentili avevano ricevuto lo Spirito Santo e il fat­to che « magnificavano Iddio e parlavano in altre lingue, ne costituiva il segno.

Se Pietro accettò questo « segno », non possiamo capire come mai molti dirigenti religiosi del nostro tempo facciano tante difficoltà contro di es­so, e come ardiscano di ritenersi più informati e savi di Pietro stesso. Forse ammettere il soprannaturale come « segno » dell'opera soprannaturale della potenza divina, sarebbe ammettere la pochezza o miseria della loro espe­rienza religiosa?

In ultimo, abbiamo il caso degli Efesini. Quando arrivò ad Efeso, Paolo si accorse che nella esperienza spirituale di un gruppo di discepoli, circa do­dici, c'era qualche lacuna. « Riceveste voi lo Spirito Santo, quando crede­ste »? chiese l'apostolo. « Non abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spi­rito Santo », risposero quelli.

Una tale ignoranza, unita naturalmente alla corrispondente mancanza di forza spirituale, è doloroso a dirsi, può notarsi anche in mezzo a gente che si professa cristiana.

Le masse senza Cristo e senza Chiesa non hanno forse bisogno oggi più che mai di un vangelo predicato e vissuto nella dinamica dello Spirito San­to? Passano sulla terra quasi senza darsi pensiero di Dio e dell'eternità. Do­ve trovare la forza per fermarle se non nella potenza di Dio? Quel che oggi necessita alla Chiesa è un'altra Pentecoste, con i segni che l'accompagnano. Così e solo così sarà possibile arrestare la valanga di anime che precipi­tano nella notte della disperazione.

« E dopo che Paolo ebbe imposto loro le mani, — dice la Scrittura — lo Spirito Santo scese su di loro, e parlavano in altre lingue, e profetizza­vano » ( Atti 19:2, 6).

Ancora una volta il Dono soprannaturale delle Lingue è la testimonian­za divina alla discesa dello Spirito Santo. Davanti ad esempi così numerosi ed evidenti, sarebbe certo stolto colui che osasse opporsi ancora alla mera­vigliosa esperienza pentecostale.

Il più volte ricordato pastore T. B. Barratt di Norvegia, parlando del­la sua esperienza del Battesimo nello Spirito Santo, dice : « Dopo il servi­zio mi ritirai nella stanza superiore, chiusi bene la porta e restai lì tutto il giorno. Non scesi neppure per mangiare. Sentivo che qualche cosa sarebbe accaduta: doveva arrivare la benedizione divina. Ero troppo desideroso, trop­po affamato di Dio ! Tutto in me gridava a Lui. Volevo assolutamente che Egli venisse in mio aiuto.

Durante la domenica, alle volte, avevo notato nel mio petto un calore strano, un vero bruciore. Mentre nel pomeriggio, poco prima delle 5, ero immerso nella preghiera e nelle lacrime, tornai a sentire quel gran caldo dentro di me. Nascosi il volto in un panno per non disturbare col pianto e le grida quelli che erano nelle stanze accanto, ma alla fine non riuscii più a contenermi e, se non fosse stato il rumore della via, mi avrebbero udito da molto lontano. La potenza dello Spirito Santo penetrava in tutto il mio essere; mi sentivo preso e scosso violentemente. Alle sei discesi a mangiare e poco dopo tenni il servizio religioso della sera.

Il fuoco di Dio continuava ad ardere nel mio petto. Mi sentivo l'essere più felice della terra.. Tutto per me era nuovo. Le due persone alle quali rivolsi la parola andarono subito al luogo della preghiera e dettero il loro cuore al Signore. Quando, durante il servizio accennai alla meravigliosa espe­rienza che avevo fatto poco prima, la gioia dei presenti fu immensa ... Pen­savo di aver ricevuto il pieno Battesimo Pentecostale, come pensano molti altri ai nostri giorni che sono passati per una simile esperienza ».

Un mese dopo, egli ricevette davvero il Battesimo nello Spirito Santo, simile a quello che ebbero i credenti il Giorno della Pentecoste.

« Il Signore — scrive egli — per mezzo di questa esperienza, mi mostrò che è possibile ricevere grandi unzioni dello Spirito senza il Dono delle Lin­gue, ma se si riceve il pieno Battesimo Pentecostale, come fu concesso in principio ai credenti, questo sarà sicuramente accompagnato dal prezioso Dono delle Lingue. Quel Dono doveva essere il segno particolare della Nuo­va Dispensazione. Gli altri segni si possono vedere tra i credenti anche pri­ma della Pentecoste. Quando parlavo in lingue diverse, mi sentivo pervaso da una forza di gran lunga maggiore di quella che avevo provato fino allora. La mia precedente esperienza, che pur m'era apparsa tanto sublime, non era che la semplice introduzione al Fuoco e al Battesimo nello Spirito Santo ».

Chi desidera la pienezza della divina benedizione non deve fermarsi e cessare di chiederla a Dio, anche se la meravigliosa unzione che Egli gli ha concesso gli apparirà già immensa; essa deve essere presa solo come dolce primizia della gloriosa eredità nello Spirito Santo.

Prima di porrre termine alle nostre considerazioni su questo argomento, è necessario che diciamo qualcosa per mettere bene in rilievo la differenza che passa tra « segno » e « dono », quando si parla delle Lingue. Come ab­biamo già visto, il « segno » delle Lingue è un segno soprannaturale che ac­compagna sempre il Battesimo nello Spirito Santo. Ma l'apostolo, scrivendo dei Doni dello Spirito Santo, fa notare che di nessuno di essi può dirsi che è stato dato a tutti : « Non tutti sono apostoli ; — dice — non tutti hanno i Doni delle Guarigioni ; non tutti parlano in altre lingue e interpretano » (1 Corinzi 12:29).

Prima di chiudere questa nostra breve discussione è bene fare un'osser­vazione: forse in qualche caso è stata data troppa importanza a questo Dono delle Lingue e si è arrivati a guardare più al Dono che al Donatore. E' cer­to, come è già stato dimostrato, che al tempo degli apostoli si riconosceva che il credente era stato riempito dallo Spirito Santo proprio dal fatto che egli parlava in lingue nuove. Così Pietro e quelli della Circoncisione che erano con lui restarono stupiti perché anche i Gentili avevano ricevuto il Dono dello Spirito Santo. Essi si accorsero di questo perché li « udivano par­lare in altre lingue e magnificare Dio » (Atti 10:45, 46).

In seguito, per difendere se stesso davanti al Concilio di Gerusalem­me, Pietro disse : « Come avevo cominciato a parlare, lo Spirito Santo scese su loro, com'era sceso su noi da principio... Se dunque Iddio ha dato loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Ge­sù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio »? (Atti 11:15-17).

C'era una ragione evidentissima per la quale il segno soprannaturale delle Lingue doveva accompagnare la venuta dello Spirito Santo nel creden­te che in tal modo diveniva il Suo tempio : la lingua dell'uomo è l'ultima cittadella della natura ribelle ; con il Dono delle Lingue anche essa cede davanti alla potenza di Dio. « Se uno non falla nel parlare, — dice Giaco­mo — esso è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il cor­po ... ma la lingua, nessun uomo la può domare ; è un male senza posa, è piena di mortifero veleno » (Giacomo 3 :2, 8).

Questo membro del corpo umano, questo membro così indisciplinato è vinto dallo Spirito Santo. In tal modo Egli ha il controllo di tutto l'essere, quando discende con il Battesimo nello Spirito Santo, e con i « segni » che lo accompagnano. Il Battesimo nello Spirito Santo non avrebbe alcun significato se non comportasse una resa assoluta dell'anima e del corpo a Dio. Il credente battezzato nello Spirito dovrebbe essere ormai lontanissimo dal­l'offendere con parole, mormorazioni, malignità, bugie, liti, inganni subdoli. Queste son tutte cose che in mezzo ai santi non dovrebbero essere neppure nominate.

 

 (3) Uso del Dono delle Lingue.

Una delle domande che si fanno più spesso da quanti non compren­dono il valore di questo Dono divino, è questa : « A che serve parlare in lin­gue diverse »? Cerchiamo quindi di dare una risposta a questa domanda. Pri­ma di tutto si deve ricordare che fu nostro Signore stesso che promise que­sto « segno » a tutti quelli che avrebbero creduto in Lui (Marco 16 :17). Ri­cordiamo poi che il Giorno della Pentecoste esso accompagnò realmente la meravigliosa effusione dello Spirito Santo, e che esso, nelle Scritture, è chia­mato Dono dello Spirito Santo.

Immagina che gli apostoli e i credenti della Chiesa primitiva, sotto l'azione dello Spirito Divino, avessero detto : «A che serve, Signore, tutto que­sto »? Non sarebbe stata un'offesa a Dio così grande e generoso con loro? E quelli che oggi assumono un simile dubbioso atteggiamento, non recano offesa allo Spirito Santo, che « distribuisce i Suoi Doni a ciascuno in parti­colare come Egli vuole » (1 Corinzi 12 :11). Si, nella Sua divina Onniscienza, Egli offre a noi questo Suo Dono e nessuno di noi oserà rifiutare la bontà e generosità dello Spirito Santo.

Con tutta riverenza, dunque, cerchiamo di riconoscere che ogni Dono dall'Alto ha la sua utilità ; sforziamoci di vedere quale essa sia.

Il Dono delle Lingue è, prima di tutto, per confermare il ministerio di quelli che credono in Cristo Gesù « Or questi sono i segni che accom­pagneranno coloro che avranno creduto... essi parleranno in lingue nuove... e quelli se ne andarono a predicare da per tutto, operando il Signore con essi e confermando la parola co' segni che l'accompagnavano » (Marco 16 : 17, 20).

Dio operava in modo che il Vangelo facesse presa sul cuore e nella mente dei pagani idolatri. La superstizione e la falsità degli oracoli dove­vano essere smascherate da una forza maggiore. Egli doveva farsi sentire e porre a tacere gli idoli, opera delle mani dell'uomo e frutto della sua fan­tasia. Dio doveva confermare con questo Dono divino delle Lingue la Pa­rola che veniva predicata nel Suo nome.

Oggi, nel secolo ventesimo, il cristianesimo deve affrontare nemici molto più astuti di quelli del tempo degli apostoli ; è necessario quindi che la Chiesa abbia a sua disposizione « segni potenti » che accompagnino il suo messaggio.

In secondo luogo, dobbiamo riconoscere che questo Dono è stato da­to perché l'uomo potesse parlare a Dio in modo soprannaturale. « Perché chi parla in altra lingua — scrive l'apostolo Paolo — non parla agli uomini, ma a Dio ; poiché nessuno lo intende, ma in spirito preferisce misteri ... Poiché se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelli­genza rimane infruttuosa » (1 Corinzi 14:2, 14).

Il cristiano, alle volte, si rende conto che ci sono sentimenti e desi­deri spirituali così intimi, così profondi, che non riuscirebbe mai ad espri­mere. Uno scrittore dice : « Il Dono delle Lingue scava un pozzo nella pro­fondità dello spirito che gioisce, e ci dà la possibilità di manifestare in qual­che modo la gioia, l'estasi dell'anima ».

Poiché quelli che adorano Dio debbono farlo in spirito e verità (Gio­vanni 4 :24 ), questo Dono darà allo spirito umano la possibilità di comuni­care direttamente con Dio « in spirito e verità ».

Tempi di assoluto materialismo come questi in cui viviamo non pos­sono certamente comprendere il potere spirituale che è in una preghiera fat­ta sotto l'unzione divina dello Spirito, ma Paolo lo comprendeva benissi­mo, e riferendosi al fatto del parlare una lingua sconosciuta, diceva : « Il mio spirito prega ». E aggiungeva : « Lo Spirito sovviene alla nostra debolez­za ; perché noi non sappiamo pregare come si conviene ; ma lo Spirito in­tercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili » (Romani 8:26).

Quando non sappiamo per quale cosa dobbiamo pregare, lo Spirito di Dio prega per noi secondo la volontà divina. Una tale preghiera non potrà non aver risposta. Sai tu che significa pregare con lo spirito? Non significa capire quanto si chiede. Paolo disse : « Poiché se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza » (1 Corin­zi 14:14, 15).

Dovremmo notare che esiste una vera distinzione tra il pregare con lo spirito, che è, come spiega Paolo, il nostro spirito umano, che prega Dio mediante il Dono delle Lingue, e pregare con intelligenza, cioè seguire con la mente quello che chiediamo. L'una e l'altra preghiera è benedetta e ne­cessaria ; Paolo infatti era deciso a servirsi sia della prima che della secon­da. Questa, cioè la preghiera con intelligenza, in qualche caso può essere una tale potenza spirituale che può chiamarsi anche « preghiera e suppli­ca nello Spirito » (Efesini 6 :18). In tal caso essa si avvicina molto alla pre­ghiera « con lo spirito », ma è sempre distinta da essa come possiamo vede­re dalle citate parole dell'apostolo.

Terzo. Il Dono delle Lingue è dato al credente perché egli possa ma­gnificare Iddio (Atti 10:46). Magnificare Dio significa riconoscerLo grande e proclamarLo tale. Significa lodarLo altamente. E se questo è l'effetto di un tale Dono, preghiamo con grande zelo perché il popolo esalti, magnifichi Iddio « in altre lingue ». Ho udito un uomo di lingua gallese che diceva di cominciare la preghiera in lingua Inglese, ma quando il suo cuore era acce­so, quando la sua anima si era davvero riscaldata, si sentiva trasportato sulle ali della fede e non trovava altro modo di esprimere i suoi sentimen­ti che servirsi della sua lingua nativa. Quando poi era alla presenza di Dio e avvertiva potentemente questa divina presenza, solo una lingua sconosciu­ta gli dava la possibilità di manifestare tutta la profonda adorazione del suo cuore. Chi scrive ha avuto modo di vedere con i propri occhi e udire con le proprie orecchie molti credenti nell'atto che ricevevano il Battesimo nello Spirito Santo con i « segni » che lo accompagnavano. In tutti i casi da lui presenziati, al momento della discesa dello Spirito, il comportamento di tali credenti, le loro parole, la loro preghiera stavano a dimostrare che Gesù era diventato per essi veramente Tutto.

Quarto. Lo Spirito Santo concede il Dono delle Lingue perché chi rice­ve questo Dono possa « edificarsi ». « Chi parla in altra lingua edifica se stesso », dice Paolo (1 Corinzi 14 :4). Prima di considerare questo Dono co­me qualcosa di poco utile o anche egoistico, ricordiamoci che edificare se stessi è già una cosa di grande importanza. Così insegnava l'apostolo delle Genti. « Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi » (1 Co­rinzi 14 :18).

In Greco la parola « edificare », significa, come anche nella lingua italia­na, « innalzare una casa », ma in senso morale e più ampio, significa « co­struire qualcosa », « rendere migliore ». Se come insegnano le Scritture, i credenti sono « la casa di Cristo e il tempio dello Spirito Santo », tutto quel che contribuisce ad innalzare questa casa o questo tempio dovrà essere con­siderato della massima importanza. Esso sarà sempre accolto con gioia dal credente. Parlare in altre lingue produce nei nostri spiriti quel che produr­rebbe una preghiera calda e sincera, poiché in ambedue i casi lo spirito si trova a faccia a faccia con Dio : viene in diretto contatto con Lui.

Quinto. Il Dono delle Lingue, quando viene interpretato, edifica la chiesa. « Io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue » scriveva Paolo ai Corinzi. « Ma molto più che profetaste ; chi profetizza è superiore a chi par­la in altre lingue, a meno ch'egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edi­ficazione... Anche voi, poiché siete bramosi de' doni spirituali, cercate di ab­bondare per l'edificazione della chiesa. Perciò, chi parla in altra lingua, pre­ghi di poter interpretare » (1 Corinzi 14 :5, 12, 13).

Per poter essere di edificazione agli altri, il Dono delle Lingue ha bi­sogno, dunque, di essere interpretato. Deve essere unito quindi ad un al­tro dono, al Dono dell'Interpretazione. « Se non v'è chi interpreti, — scrive Paolo — si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio » (1 Corinzi 14 : 28).

E' interessante notare che questi due Doni sono uniti nello scopo per cui vengono concessi, ed hanno minore importanza della Profezia. Stando così le cose, sorge spotanea la domanda : « Come mai lo Spirito Santo, al­lontanandosi dalla Sua abituale economia, che possiamo ricevere dal modo col quale manifesta sempre la Sua potenza, dovrebbe impartire tre Doni, quando sembra che sarebbe sufficiente un solo Dono ». Per rispondere a questa difficoltà, basterebbe ricordare che il Dono delle Lingue è essenzial­mente un « dono-segno », cioè un Dono che ha per fine principale « confer­mare il messaggio divino ». Così fu nel Giorno della Pentecoste.

Comunque, scopo principale dell'apostolo, qui, nel capitolo quattordi­cesimo della prima lettera ai Corinzi, è quello di esaltare il Dono della Pro­fezia. Egli vuol far notare solo che questo Dono ha più utilità pratica di quel­lo delle Lingue. Così infatti riassume il suo pensiero : « Pertanto, fratelli, bramate profetare, e non impedite il parlare in altre lingue » (1 Corinzi 14 : 39).

 

Per ricapitolare, vediamo, che questo Dono delle Lingue, quando è unito al Dono dell'Interpretazione, edifica la chiesa. Ora, dato che l'edifica­zione della chiesa si ha solo quando è presente il Dono dell'Interpretazione, è evidente che il Dono della Profezia porta la stessa edificazione della chie­sa, ma con una economia migliore. Il Dono delle Lingue, essendo un

« segno-dono », non è così necessario al credente che assiste alle riunioni di pre­ghiera ; esso dovrebbe cedere il posto al Dono della Profezia che è un Dono più diretto.

In ultimo. Il Dono delle Lingue è « un segno per i non credenti ». « Pertanto, le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non cre­denti ; la profezia invece, serve di segno. non per i non credenti, ma per i credenti » (1 Corinzi 14 :22). Il Dono dunque è una ammonizione per chi non crede. Esso rivela la presenza della divinità. Il Dono della Profezia è diver­so : esso è in una lingua conosciuta e potrebbe passare anche inosservato. Un tale segno ha bisogno di un ministerio immediato, cioè deve essere uni­to ad altri Doni. Il Giorno della Pentecoste il segno soprannaturale delle Lingue fece affluire molte persone, ma sappiamo che Pietro portò a Cristo oltre tremila persone, predicando nella potenza dello Spirito Santo, in un linguaggio che era comune a tutti e facendo appello non alla meraviglia e allo stupore dei presenti, meraviglia e stupore che era sul volto di tutti, ma alla loro coscienza e volontà.

Sarà bene che esaminiamo un pochino più attentamente il passo che abbiamo citato, perché la cattiva interpretazione di esso ha fatto deviare del­le persone del resto ben informate. Dato che il Dono delle Lingue è sta­to dichiarato « dono per i non credenti », alcuni pensano che si debba usa­re questo Dono solo nelle riunioni all'aperto, nei servizi evangelistici. Un ta­le pensiero ci fa pensare al vecchio detto che non vuole che si gettino delle perle davanti ai porci.

Nel versetto che precede quello da noi citato, leggiamo : E' scritto nella legge : — Io parlerò a questo popolo per mezzo di gente d'altra lin­gua, e per mezzo di labbra straniere ; e neppure così mi ascolteranno, dice il Signore. Pertanto le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti » (1 Corinzi 14 :21, 22).

Il passo riferito da Paolo è di Isaia. In quel passo il Signore dichia­ra che Dio parlerà al popolo « mediante labbra balbuzienti e mediante lingua barbara ». E quel popolo non avrebbe ascoltato lo stesso. La lingua « bar­bara » di cui parla il profeta ( Isaia 28 :9-13), sarebbe stata quella dell'eser­cito assiro che avrebbe invaso il loro territorio, e questo sarebbe stato « un segno » che avrebbe dovuto coprir di rossore e vergogna Giuda ; avrebbe dovuto spingerlo al ravvedimento e a riavvicinarsi a Dio. Il significato di quel « segno » non fu compreso e il fine per cui era stato dato non fu raggiunto. Un secolo dopo o quasi, la Giudea venne invasa e devastata da uo­mini di altra lingua « barbara ».

L'argomento di Paolo quindi è questo : « Il parlare in Lingue diverse è « segno » per quelli che non credono ; essi non udiranno e non faranno at­tenzione ad esso, anzi se tutti « parlano in altre lingue » ed entrano estra­nei e non credenti, non diranno essi che siete pazzi »? (1 Corinzi 14:23). Cer­to nessuno avrebbe compreso quello che veniva detto.

Il Dono delle Lingue, come segno per i non credenti, può essere usa­to solo quando Dio vuole che sia usato come tale. Per esempio, questo av­venne nel Giorno della Pentecoste. Il segno soprannaturale servì allora a preparare alla luce del messaggio evangelico quelle menti abituati alla reli­gione formalistica e al sistema sacerdotale.

Dobbiamo tenere bene a mente che c'è differenza tra il Dono delle Lingue che ha bisogno del Dono dell'Interpretazione per divenire intelligi­bile, e il Parlare in altre lingue, come avvenne nel Giorno della Pentecoste. In quel Giorno uomini di nazioni diverse udivano i discepoli parlare nella lingua loro ; essi furono costretti a dire : « Com'è che li udiamo parlar cia­scuno nel nostro proprio linguaggio »? (Atti 2:11).

Quelle lingue non erano conosciute dai discepoli che le usavano, ma erano conosciute dai loro ascoltatori.

Dio dunque illustrava contemporaneamente il valore del « segno » che stiamo discutendo. In qualche caso, sotto la diretta sovranità di Dio, esso è un « segno » per chi non crede. Per divenire « segno » però, è necessario che la lingua sconosciuta a chi parla sia nota all'incredulo che ascolta.

Potremmo chiarire il nostro pensiero con un esempio. Una signora, la Dr. Florence Murcutt, si convertì in questo modo: giudea australiana era stata condotta alla fede giudaica dalla madre, che con molta insistenza le aveva inculcato una vera avversione a Cristo. « Non credere mai che Gesù è il Figlio di Dio », diceva la donna continuamente. Alla morte della madre, però, la giovane si dette a leggere la Bibbia e in sei soli mesi la lesse per intero e con la massima attenzione. Conseguita la Laurea in medicina a Fi­ladelfia, ella si recò a Vancouver, B.C., e qualche tempo dopo il suo arrivo in quella città ebbe occasione di assistere a delle riunioni di Risveglio che si tenevano a Portland, Oregon.

Una sera, mentre s'intratteneva fuori della tenda con una diecina di Canadesi, uno di essi cominciò a parlarle in pura lingua parigina, sotto l'un­zione dello Spirito Santo. La dottoressa conosceva benissimo quella lingua e restò meravigliata nel sentirsi dire da quella persona che ella era una povera peccatrice e che si sarebbe salvata solo per mezzo di Gesù Cristo, che è Via, Verità e Vita.

« Mi spingeva con zelo a darmi al Signore — dice la dottoressa — Egli non conosceva una sola parola di Francese; parlava solo perché sotto l'unzione dello Spirito Santo. Parlò più di un'ora. Quando io dicevo qualco­sa che era conforme alla Parola di Dio, egli si rallegrava; quando le mie affermazioni non potevano essere approvate, lo Spirito che era in lui eviden­temente ne soffriva. Come effetto immediato di questa manifestazione so­prannaturale della presenza di Dio, si ebbe la mia immediata conversione. Mi gettai a terra in ginocchio e abbandonai tutta me stessa alla grazia di­vina ».

 

 (4) Obiezioni contro questo dono

Prima di por fine alle nostre considerazioni sul Dono delle Lingue, sarà utile, penso, esaminare alcune delle obiezioni che si fanno contro que­sto Dono divino. Il lettore è pregato ad avvicinarsi a questo argomento con animo sgombro da pregiudizi e con la mente libera e aperta. Giovanni Bunyan, nella sua opera « Guerra Santa » raffigura il cuore umano non ri­generato alla città ribelle di Mansoul. A guardia delle porte di questa cit­tà, il Diavolo, usurpatore e dittatore di essa, ha posto il Pregiudizio e ses­santa uomini completamente sordi. In tal modo è sicuro che l'Emmanuele, che vuole entrare in essa, non avrà neppure la possibilità di farvi pervenire il più piccolo dei Suoi messaggi : il Pregiudizio, infatti, non fa attenzione ad essi, e i sessanta sordi che con lui fanno la guardia, non possono udi­re anche se lo volessero. Cerchiamo di non seguire la tattica del demonio. Sarebbe una colpa gravissima.

Una delle difficoltà più comuni, difficoltà che implica anche una cer­ta dose di critica, è questa : « A che serve il Dono delle Lingue »? Abbiamo già risposto abbastanza esaurientemente a questa difficoltà e non è neces­sario che ci torniamo sopra. Basterà ricordare che Cristo ha istituito que­sto Dono dicendo : « Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto... essi parleranno lingue nuove » (Marco 16:17). Lo Spi­rito Santo poi confermò le parole di Gesù. Leggiamo infatti che « essi fu­rono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, se­condo che lo Spirito dava loro d'esprimersi » (Atti 2 :4).

Dopo queste due considerazioni, chi oserebbe dire che il Dono delle Lingue non ha alcuna utilità per la Chiesa di Cristo?

Altra obiezione, piuttosto frequente, è che il Dono delle Lingue fu necessario il Giorno della Pentecoste, perché allora Dio inaugurava una nuova Dispensazione. Nel lanciare la Chiesa formata proprio allora, Dio det­te questo « segno » per attirare l'attenzione del mondo. Il Dono delle Lin­gue nel Giorno della Pentecoste ha il suo corrispondente nei « tuoni », « lam­pi », « fortissimo suon di tromba », che si udirono all'inaugurazione della Di­spensazione della Legge.

Possiamo rispondere a questa difficoltà ricordando che il Dono delle Lingue non fu limitato al momento dell'inaugurazione della Chiesa : noi lo troviamo costantemente nei secoli della Chiesa primitiva. I credenti di Ce­sarea parlavano in ,lingue nuove (Atti 10:46). La stessa cosa avviene ad Efeso (Atti 19 :6). I credenti di Corinto sono forniti abbondantemente di questo Dono meraviglioso, quasi trenta anni dopo la prima effusione Pen­tecostale. Alford ritiene che la prima lettera ai Corinzi sia stata scritta ver­so il 57 e forse vicino alla Pasqua di quell'anno. Il Dizionario Biblico di Smith concorda nella stessa data. Erano passati dunque oltre ventotto an­ni dalla Pentecoste. L'inaugurazione della Chiesa era avvenuta da un pezzo e questo Dono veniva concesso ancora generosamente. Questa potrebbe es­sere una risposta più che sufficiente, ma in seguito dimostreremo in modo davvero convincente che esso si trova costantemente in tutti i secoli della Chiesa.

E' chiaro che altri fatti miracolosi accompagnarono la prima grandio­sa effusione dello Spirito Santo nel Giorno della Pentecoste. Anche essi ave­vano valore di « segni iniziali ». Il « suono come di vento impetuoso », « le lingue come di fuoco » che si posarono su ciascuno dei credenti, per quanto ci è dato sapere, non si ripeterono poi in altre occasioni. Ci sono dunque dei « segni » che continuarono ed altri che non continuarono : il « segno » che continuò costantemente nella storia della Chiesa è il Dono delle Lingue.

Troviamo oggi delle persone che hanno compreso tanto poco la na­tura di questo Dono celeste che pensano che esso sia stato concesso ai pri­mi credenti solo per predicare ai forestieri che il Giorno della Pentecoste si trovavano a Gerusalemme. Si può dimostrare con facilità che questa non poteva essere la ragione di questo Dono : basta ricordare che Pietro tenne il suo sermone Pentecostale in una lingua che i presenti comprendevano be­nissimo. La folla alla quale egli si rivolse era composta da « uomini reli­giosi d'ogni nazione di sotto il cielo » (Atti 2:5). Naturalmente questi cono­scevano la lingua del paese da cui venivano, ma conoscevano anche la lin­gua aramaica che allora si parlava nella Palestina e che Pietro stava usando nel suo discorso.

Se fosse necessario un'altra prova della infondatezza di questa obie­zione, basterebbe ricordare che nella casa di Cornelio non c'erano davvero persone di altri paesi. La stessa cosa deve dirsi della comunità di Efeso e di quella di Corinto. Eppure sappiamo che in tutti questi luoghi si parlò in lingue nuove.

La Scrittura dice : « Chi parla in altra lingua, non parla agli uomini ma a Dio » (1 Corinzi 14:2). Prova evidente che questo Dono non è stato da­to per predicare agli uomini, siano pure essi dei forestieri. C'è poi l'esorta­zione di Paolo : « Chi parla in altra lingua, preghi di poter interpretare » (1 Corinzi 14:13). Ciò indica che il Dono delle lingue non era unito alla cono­scenza delle medesime. Non si trattava di lingue apprese in un qualunque corso di studi, come vorrebbero dire alcuni.

Alle volte si sente anche questa obiezione : « Il dono delle Lingue è il più piccolo dei Doni dello Spirito Santo ». Esso quindi, secondo quelli che affermano ciò, non ha molto valore. Chi fa questa obiezione dimostra di non essere molto forte nella logica : si pensa forse che sia il minore dei Doni solo perché è posto in fondo alla lista. Ma spesso la Scrittura mette all'ultimo posto le cose di maggiore importanza. Nota per esempio, come si esprime Paolo, parlando della carità : « Or queste tre cose durano : fede, spe­ranza e carità ; ma la più grande di esse è la carità » (1 Corinzi 13 :13).

Ultima, ma non certo la più piccola e la meno importante ! Perciò non c'è motivo di credere che il Dono delle Lingue sia il Dono più piccolo che ci abbia fatto lo Spirito Santo. Paolo si ferma a parlare di questo Do­no molto più a lungo di quanto abbia fatto per gli altri.

E concesso poi che esso sia il più piccolo dei Doni dello Spirito, que­sto non vorrebbe dire che debba essere quasi disprezzato. Immagina che un tuo amico invii un bellissimo regalo in occasione del tuo compleanno e un semplice « pensierino » gentile in altra ricorrenza, Saresti capace di lamentarti dell'esiguità di quest'ultimo? Sarebbe poco carino da parte tua. Ora se non oseremmo offendere un parente o un amico, come oseremmo offendere il nostro Donatore celeste?

Ecco ancora un'obiezione contro il Dono delle Lingue : Essa apparen­temente è fondata sulla Scrittura stessa. « Il Dono delle Lingue è cessato », dicono alcuni. E citano Paolo : « La carità non verrà meno. Quanto alle pro­fezie esse verranno abolite; quanto alle lingue, esse cesseranno; quanto alla conoscenza, essa verrà a fine » (1 Corinzi 13 :8).

Rispondiamo a questa difficoltà dicendo che le parole della Bibbia vanno prese sempre nel loro contesto. La Profezia, le Lingue, la Conoscen­za, sono tutte cose che dovranno avere un fine, ma lo avranno tutte e tre contemporaneamente. Chi fa questa difficoltà non vorrà dire certo che la Profezia o la Conoscenza siano già cessate ! Servendosi del termine greco « katargeo » per indicare la fine della Profezia, lo scrittore ispirato ha scel­to la parola che vuol dire terminare, divenire inattivo, inutile, ecc. E poiché « finché non siano passati i cieli e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia compiuto » (Matteo 5:18), è chiaro che la Profezia non cesserà finché tutto non sarà compiuto, cioè finché non si sarà realizzata l'ultima profezia, e Cristo « non avrà rimesso il Regno nelle mani di Dio Padre » e il « Figlio stesso sarà sottoposto a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti » (1 Corinzi 15 : 24-28). Questa, secondo la Scrittura, è la fine.

Anche quando parla della fine della Conoscenza, l'apostolo usa il ter­mine « kartageo ». Naturalmente la conoscenza terrena non avrà alcun moti­vo di essere quando davanti ai nostri occhi risplenderà in tutto il suo ful­gore la piena rivelazione di Dio.

Che il tempo della cessazione della Profezia, delle Lingue e della Co­noscenza non arriverà finché non verrà « la fine », è dimostrato dalle poche parole che seguono alla citazione già fatta. « Poiché — continua l'apostolo Paolo — noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo ; ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito ». Naturalmen­te, con le parole « la perfezione » si deve intendere « la perfezione dello sta­to celeste ». Paolo infatti dice ancora : « Poiché ora vediamo in uno specchio, in modo oscuro ; ma allora vedremo faccia a faccia ; ora conosciamo in par­te ; ma allora conosceremo appieno, come anche sono stato appieno conosciu­to » (1 Corinzi 13 :9, 10, 12). Nessuna spiegazione all'infuori di questa po­trebbe adattarsi al contesto.

Alcuni che si preoccupano più della loro presa dì posizione o dei lo­ro pregiudizi che della vera interpretazione della Parola di Dio, vogliono sostenere che quando Paolo usa l'espressione « ciò che è perfetto », intende parlare del Nuovo Testamento. Ora — dicono essi — dato che il Canone delle Scritture del Nuovo Testamento è chiuso da tempo, è finita anche la necessità e l'utilità di altre rivelazioni ; è cessato quindi anche il Dono delle Lingue ».

Ma il testo è chiarissimo : l'espressione « quando la perfezione sarà venuta » indica il tempo in cui noi vedremo faccia a faccia ; quando « cono­sceremo e saremo conosciuti ». Evidentemente son parole che possono farci pensare solo allo stato celeste. Solo in quello stato benedetto avremo la pos­sibilità di vedere nostro Signore « faccia a faccia ; solo lì le cose di questa terra cesseranno di essere per noi oscure. E' necessaria ancora la Profezia, sono necessarie le Lingue e la Conoscenza. Queste cose non cesseranno fin­ché non saremo entrati nella Vita, in cui la visione sarà ampia e luminosa e la comprensione completa.

Unita a questa obiezione, troviamo quasi sempre quella che vorrebbe che il Dono delle Lingue fosse una cosa del tutto riservata « al tempo de­gli apostoli ». La risposta possiamo vederla nel fatto che in nessuna parte della Bibbia Dio dice di aver ritirato questo Suo Dono, come del resto nes­sun altro Dono concesso dalla Sua infinita Bontà. Troviamo invece che « i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento » (Romani 11 :29). E an­che : « Dio ha costituito nella chiesa primieramente degli apostoli ; in secon­do luogo dei profeti ; in terzo luogo dei dottori ; poi, i miracoli ; poi i doni di guarigioni, le assistenze, i doni di governo, la diversità di lingue » (1 Co­rinzi 12:28).

Ora, se Dio ha posto questi Doni nella Chiesa, prima che si possa af­fermare che Egli li ha ritirati, dobbiamo esaminare le Scritture e trovare qualcosa che lo faccia pensare. L'obbligo della prova, in questo caso, sta in chi osa avanzare questa obiezione. Porti un solo passo della Bibbia dal qua­le si possa ricavare che Dio ha ritirato i doni che aveva fatto alla Sua Chie­sa. Finché non avremo visto un passo simile, non potremo affermare che il Dono delle Lingue fosse qualcosa riservata al tempo degli apostoli.

Il peso dell'evidenza è tutto dalla parte nostra. Il Dono soprannatu­rale delle Lingue, non è dunque cessato dopo l'età degli apostoli, ma è co­stantemente apparso in tutti i tempi della storia della Chiesa. Comprende­remo meglio questo punto se dedicheremo un po' della nostra attenzione ad esaminare i fatti che la storia ci offre. Questo varrà certamente di più che la semplice affermazione della loro esistenza.

 

(5) Il dono delle Lingue nella Storia

In questo capitolo ci proponiamo di rilevare, nella storia della Chiesa, tutti quei fatti che dimostrino chiaramente come questo Dono di Dio sia sta­to concesso, di tempo in tempo, durante tutta la Dispensazione del Vangelo.

Non è necessario che torniamo a ricordare la sua apparizione nella Chiesa primitiva; su questo punto le Scritture sono molto chiare e noi ne ab­biamo parlato a sufficienza. Conybeare e Howson, due grandi studiosi di sto­ria ecclesiastica, notano che I1 Dono delle Lingue « fu effetto di un impulso improvviso della ispirazione soprannaturale che prendeva i credenti subito dopo il Battesimo nello Sipirito Santo; esso si verificava ad intervalli nella storia della Chiesa di Cristo ». E aggiungono: « In questo stato d'estasi mera­vigliosa, il credente era spinto da una forza irresistibile a manifestare i suoi sentimenti di amore e gratitudine con parole, che non erano parole sue; usci­vano dalle sue labbra ma non appartenevano al bagaglio delle sue conoscen­ze; spesso non capiva neppure il significato di quello che veniva dicendo sot­to l'unzione dello Spirito ».

Un altro storico della Chiesa scrive: « Trascinato dallo Spirito Santo, dimenticando il mondo e se stesso, rapito in un immediato godimento della Divinità, chi si esprime in « altre lingue » comunica ad altri qualcosa dei mi­steri divini; canta la lode di Dio; Lo ringrazia per le opere meravigliose del Suo amore eterno ». Chi non è in uno stato d'estasi come iI credente che ha ottenuto questo Dono, potrà comprendere le espressioni che escono dalle sue labbra; sono espressioni solenni, toni misteriosi, voci provenienti da un mon­do soprannaturale, celeste ».

Crisostomo, che visse alla fine del quarto secolo, era nato ad Antio­chia nel 354 e fu famoso sia come predicatore che come studioso dei fatti della Chiesa. Due anni prima della fine del secolo in cui visse, divenne pa­triarca di Costantinopoli. In uno dei suoi numerosi scritti diceva: « Al tem­po degli apostoli, tutti quelli che venivano battezzati parlavano in « lingue nuove », perché venendo essi dal mondo pagano e dagli idoli e non avendo una netta conoscenza delle antiche Scritture, ricevevano direttamente lo Spirito Santo. Questo non vuol dire che vedevano lo Spirito Santo: Egli è invisibile. Era la grazia divina che concedeva ad essi delle prove evidenti che servivano da conferma alla presenza e potenza dello Spirito che era sceso in loro. Uno parlava in Persiano, uno in Latino, un altro usava lin­gue dell'India, e così di seguito. Tutto questo serviva a dimostrare che non parlavano essi, ma lo Spirito che era disceso in loro. Per questo rjapostolo Paolo chiama ciò « manifestazione dello Spirito data a ciascuno per l'uti­le comune » (1 Corinzi 12:7) ».

Ed ecco anche la testimonianza di Ireneo, che nacque nell'Asia Mi­nore, nel 115 dopo Cristo. Egli divenne poi vescovo di Lione in Francia.

Era discepolo di Policarpo, il quale a sua volta era stato discepolo dell'a­postolo Giovanni. In uno dei suoi scritti, Ireneo si esprime così: « Nelle nostre chiese molti fratelli hanno il Dono della Profezia. Per mezzo dello Spirito Santo, molti parlano lingue nuove ». E Tischendorf, lo scopritore del codice Sinaitico, mette sulle labbra dell'uomo di Dio queste parole: « Altri disprezzano i Doni dello Spirito Santo che, durante questi ultimi tempi, sono stati concessi a molti dei nostri fratelli. Dei quattro vangeli essi non vogliono ammettere quello di Giovanni perché contiene la promes­sa esplicita del Consolatore. In questo modo essi rifiutano il Vangelo e lo Spirito profetico ».

L'età che viene subito dopo quella degli apostoli è stata detta « età dei miracoli » per il numero grandissimo di questi che ci viene riferito dagli storici.

Nella storia di Eusebio, opera terminata nel 324 o al principio del 325, per esempio, leggiamo che Papia, uomo vissuto nei primi anni del se­condo secolo, in una data circostanza si recò a trovare il diacono Filippo e la sua figliola a Gerapoli. Lì apprese cose molto straordinarie. Tra le altre riferisce di aver saputo della resurrezione di un morto e del fatto ac­caduto a Giusto, il quale non ebbe alcun danno, pur avendo bevuto un ve­leno potentissimo. Si tratta del Giusto di cui parlano gli Atti.

Giovanni Wesley, in una lettera al Rev. Dr. Coniers datata 4 gennaio 1748-9, difende le manifestazioni soprannaturali della potenza divina che si ebbero tra i primi Metodisti. Egli dimostra che Doni miracolosi si erano avuti già nel terzo secolo della Chiesa. La ragione per cui questi Doni me­ravigliosi si erano fatti sempre più rari, dice egli, va ricercata nel fatto che la Chiesa, divenuta ricca e favorita dalle autorità civili, si era fatta ogni giorno più mondana. E questa non la dà come una sua opinione personale: si appella a Girolamo, il quale attribuiva 1' impoverimento spirituale della Chiesa ai favori e alle ricchezze che questa aveva ottenuto e 'la potenza terrena, diminuivano in essa la purezza e la fede. Egli cita anche il grande Crisostomo e riferisce le sue parole: « Ci sono alcuni — scrive questo pa­dre della Chiesa — che si chiedono come mai oggi non si verificano più i miracoli che avvenivano nei primi tempi del cristianesimo; come mai non assistiamo a resurrezione di morti o a guarigioni miracolose. La risposta è molto semplice: tutto dipende dalla mancanza di fede da parte dei credenti. Oggi c'è poca religione; poca consacrazione al Signore ».

Wesley cita anche la testimonianza di Giustino martire, il quale scri­veva appena una cinquantina di anni dopo la morte degli apostoli. Anche di lui riferiamo le parole testuali: « Fino ai giorni nostri, — dice — in mezzo a noi, ci sono stati i Doni dello Spirito Santo. Avresti potuto vedere uomi­ni e donne che si servivano liberamente di questi Doni meravigliosi che lo Spirito aveva loro concesso ». In particolare, egli parla della « facoltà di cacciare i demoni ». Ne parla come di qualcosa che egli ha potuto vedere con i propri occhi e anche altri potrebbero testimoniare.

Ireneo, che scrive qualche tempo dopo, afferma « che tutti i veri di­scepoli di Gesù potevano operare miracoli nel Suo nome. Alcuni scacciava­no demoni; altri avevano visioni e prevedevano il futuro ; altri guarivano i malati ». Riguardo alla resurrezione di alcuni diceva: « Questo è avvenuto e più volte, dopo grandi preghiere e digiuni da parte di tutta la Chiesa. Noi abbiamo udito molti parlare in lingue diverse ed esporre i misteri di Dio ».

Teofilo, vescovo di Antiochia, parla della facoltà di cacciare i demoni, come di una cosa comunissima ai suoi tempi.

Tertulliano, che visse alla fine del secondo secolo della Chiesa, sfi­dava i giudici pagani a chiamare davanti al tribunale persone possedute dai demoni. Se il diavolo, dietro il comando di un cristiano, non avesse confes­sato di essere tale o si fosse proclamato in qualche modo indipendente da Dio, essi avrebbero avuto il diritto di uccidere quel cristiano.

Minuzio Felice, che, come pare, ha scritto al principio del terzo seco­lo, si volge ad amici pagani e dice: « La maggior parte di voi sa quale confessione facciano i demoni, quando vengono scacciati dai corpi di cui si sono impossessati ».

Origene, ancora dopo Minuzio Felice, afferma che anche al tempo suo erano evidenti le manifestazioni dello Spirito Santo: « I cristiani — dice — scacciano i demoni, operando miracoli di guarigioni, predicono cose che deb­bono ancora accadere. Molti sono stati convertiti al cristianesimo proprio da queste cose. Con i miei occhi ho visto molti casi di questo genere ». E in altro luogo dice anche più esplicitamente: « I segni dello Spirito Santo si ebbero al principio degli insegnamenti di Gesù; poi tornarono a ripetersi dopo la Sua gloriosa ascensione. In seguito questi segni si attenuarono, ma anche ai nostri giorni possiamo vedere qualcosa del genere. Non mancano dei credenti che anche oggi posseggono questi Doni dello Spirito. La loro a­nima è purificata dalla Parola di Dio e la loro vita è del tutto conforme ad esso... Alcuni hanno il potere di guarire i malati. Io stesso ho visto molti guariti da malattie che avevano colpito i loro sensi; da malattie mentali e da ogni specie di male che né uomo né spiriti maligni avevano potuto gua­rire. E tutto questo è avvenuto non in virtù di cognizioni umane o di arti ma­giche, ma solo per mezzo della preghiera; con semplici invocazioni da par­te del cristiano. E in genere sono uomini semplici che operano queste me­raviglie di Dio ».

Cipriano scrive verso la metà del terzo secolo, e anche lui dice che oltre alle visioni notturne, si avevano anche delle visioni in pieno giorno: « Bambini innocenti — dice — sono ripieni di Spirito Santo, e in estasi da­vanti a Dio, vedono e odono cose che essi riferiscono, perché Dio si com­piace avvertirci e istruirci per mezzo di quelle ». Anche lui, in più luoghi dei suoi scritti, accenna al fatto che i demoni lasciavano i corpi posseduti dietro il comando del cristiano. Diceva che i demoni erano scacciati « sia che uscivano immediatamente, sia che lo facessero a poco a poco, secondo la fe­de del malato o la grazia di chi operava il miracolo ».

Arnobio, che si pensa abbia scritto nell'anno di Cristo 303, dice: « An­che adesso Cristo appare ad uomini senza macchia o eminentemente santi­ficati, che Lo amano. Basta il nome di questi per mettere in fuga i demo­ni; smascherare i falsi profeti; togliere ogni potere ai prestigiatori; rendere vane le arti di maghi arroganti ».

Lattanzio, che scrisse quasi nello stesso tempo, parlando degli spiriti maligni, dice: « Scongiurati dai cristiani, essi si allontanano dai corpi degli uomini; confessano apertamente di essere demoni e spesso dicono anche il loro nome, nome che alle volte è quello sotto il quale sono adorati dai pa­gani ».

Verso il 171-72, Montano, nativo della Frigia, dette inizio a quel Mo­vimento religioso che poi prese il nome da lui e venne detto da alcuni « Risveglio Montanista » e da altri « Eresia Montanista ». Il Movimento si di­stinse in modo particolare per le sue severissime prescrizioni di vita e per la pretesa alla ispirazione dello Spirito Santo.

Si ebbero certo delle esagerazioni da parte di alcuni Montanisti, ma non possiamo dubitare che il Movimento aspirava a far rivivere la fede dei primi tempi della Chiesa, fede che cominciava già ad illanguidirsi. Esso vo­leva purgare la Chiesa dalla incipiente sua mondanità.

Commentando il capitolo 14 della 1 Corinzi, Dean F.W. Farrar dice

« Forse il termine "altra" che troviamo nell'espressione parlare in altra lin­gua, ha fatto sorgere la teoria così strana e antistorica di quelli che consi­derano il Dono delle Lingue come la capacità di parlare lingue straniere, dato che il più delle volte chi parla in altra lingua non capisce una sola pa­rola di quello che dice. Ma tutto il capitolo non fa che mostrarci la stretta analogia tra il fatto di parlar in altra lingua e i soliloqui ardenti, estatici, i suoni inarticolati, che tra i Montanisti e tra i moderni Irvingiti servono ad esprimere la grande commozione interna dell'anima.

Montano diceva che lo spirito umano è come un'arpa meravigliosa che lo Spirito di Dio suona con una « plettro divino ». Essa spesso si abbando­na alla potente mano di Colui che fa vibrare le sue corde. Noi abbiamo vi­sto che i sintomi esterni potrebbero essere imitati con risultati dannosi e riprovevoli sia per chi parla che per gli altri, ma quando l'espressione è sin­cera, il fatto che le ondate dello Spirito possano attraversare gli stretti ca­nali dei singoli individui è in se stesso un segno che lo spirito dell'uomo è vivo e non morto; è una prova della potenza di Dio sia per chi possiede il Dono delle Lingue che per gli altri ».

Nel « Giornale » di John Wesley leggiamo il suo parere su Montano e il suo Movimento.

« Mercoledì, 15 agosto 1750. Riflettendo su di un vec­chio libro che è capitato sotto i miei occhi e che ha per titolo "Generale De­lusione dei Cristiani riguardo alla Profezia", sono rimasto pienamente con­vinto di quel che già da tempo pensavo, cioè, che i Montanisti del secondo

e terzo secolo possono essere considerati dei veri cristiani secondo la Bib­bia, e che la vera ragione per cui dalla Chiesa sono scomparsi quasi del tut­to i Doni miracolosi non va ricercata solo nel fatto che si siano presto af­fievolite la santità e la fede, ma anche nel fatto che uomini aridi, forma­listi e schiavi della ortodossia, avevano cominciato a mettere in dubbio ed anche a ridicolizzare i Doni che essi non possedevano. Sono arrivati addirit­tura a considerare come pazzia o inganno questi Doni divini ».

Tertulliano, figlio di un centurione pagano, nacque a Cartagena nel 160. Egli abbracciò le idee e i sentimenti dei Montanisti verso il 200. Nei suoi scritti parla dei Doni spirituali, compreso il Dono delle Lingue, come di cose ancora presenti nel Movimento montanista al quale aveva aderito.

Nel « De anima », una delle sue numerosissime opere, egli scrive :

« Oggi, abbiamo in mezzo a noi una sorella che ha ricevuto Doni (carismi) di rivelazione. Ella manifesta questi Doni nella Chiesa, durante la celebra­zione del Giorno del Signore, cadendo in estasi. Conversa con gli angeli e alle volte anche con il Signore. Vede e ascolta i divini misteri. Legge i cuori delle persone e porta salute e guarigione a quelli che chiedono a lei queste cose ».

Giustino Martire, nato nel 114 e convertito a ventitre anni, nell'ulti­ma parte della sua vita scrisse un libro contro i Giudei. In esso egli si assume la difesa del cristianesimo prendendo gli argomenti dalle antiche pro­fezie e dalle figure del Cristo che sono nel Vecchio Testamento. In una sua controversia con il giudeo Trifone, scrive: « Se volete la prova che lo Spi­rito di Dio, una volta con voi, vi ha lasciato per venire con noi cristiani, ve­nite alle nostre assemblee. Qui vedrete cacciare i demoni, guarire i malati, parlare in altre lingue e profetizzare ».

Nel secolo quarto abbiamo la testimonianza di Agostino, che prima della sua conversione aveva vissuto una vita pagana e dissoluta, ma dopo il battesimo dell'anno 387, era divenuto infaticabile predicatore del Vangelo. Egli scrisse moltissimo contro il vizio e l'errore; cercò in tutti i modi d'in­fondere nuova vita e nuova spiritualità nelle chiese cristiane del suo tem­po. « Anche oggi — scriveva — noi facciamo quel che facevano gli apostoli quando imponevano le mani sui Samaritani e invocavano su loro lo Spirito Santo. Anche noi ci attendiamo che i nuovi battezzati parlino in altre lin­gue ».

Verso la fine del secolo ottavo e il principio del nono, Carlo Magno, imperatore dei Franchi, chiese il parere di molti vescovi per sapere se Cri­sto e i credenti avevano ricevuto gli stessi Doni dello Spirito Santo. Le ri­sposte che ricevettero dicevano che Cristo aveva avuto Tutti i Doni, mentre i credenti ricevevano ciascuno il proprio Dono. L'imperatore restò insod­disfatto di qeste risposte e volle che si scrivesse un trattato per dimostra­re che Cristo ebbe Tutti i Doni dello Spirito, contemporaneamente ed in per­petuo, mentre i credenti possono ottenerli ugualmente tutti, ma in modo tem­poraneo e in grado diverso.

L'Enciclopedia Britannica afferma che la « glossolalia », cioè il potere di parlare in altra lingua, si è sempre verificato nei Risvegli spirituali che si sono avuti nella Chiesa di Cristo. Si vide questo, per esempio, tra i frati mendicanti del secolo tredicesimo, tra i Giansenisti, i Primi Quacqueri, tra i Convertiti di Wesley e Whitefield, tra i Protestanti delle Cevennes, gli Ir­vingiti e nei Risvegli del Galles e dell'America.

Nel secolo dodicesimo appervero delle piccole comunità cristiane, composte principalmente da poveri ed operai. Esse si distinguevano netta­mente dalla chiesa cattolica dominante. Possedevano la versione manoscrit­ta del Vecchio e Nuovo Testamento, che mandavano a memoria. Furono det­ti Valdesi. Diffondevano la loro fede andando in giro a vendere della merce. Se gli chiedevano : « Avete qualche altra cosa da vendere »? Essi risponde­vano : « Certo ! Abbiamo una cosa preziosissima ; dei gioielli che valgono molto di più di quanto vi abbiamo offerto. Ve li regaleremo questi gioiel­li, ma dovete promettere di non tradirci ». Una volta assicuratisi il silenzio, tiravano fuori la Bibbia manoscritta nella versione del Romaunt, e leggeva­no i passi più adatti. « Sono gemme illuminate da Dio — dicevano — esse hanno il potere di accendere il Suo amore nel cuore di quanti fanno acqui­sto di queste gemme divine ».

Questi veri discepoli di Cristo si diffusero per tutta Europa e in mo­do particolare si attendarono nelle vicinanze delle Alpi. Contro di essi si scagliò la reazione cattolica. Gli sforzi per eliminare questi credenti dalla faccia della terra e per spegnere quella luce che essi cercavano invano di accendere non ebbero molto successo. Ci vollero più di trecento anni per bruciare, uccidere, distruggere questi uomini davvero coraggiosi. Per quan­to violente le persecuzioni e terribili le torture alle quali essi vennero sotto­posti, anche oggi esistono qua e là forti nuclei che tentano di tenere accesa la fiaccola della loro fede. Uno dei nemici così li descrisse nel secolo do­dicesimo : « Vestono pelli di animali. Non si servono affatto del lino. Abita­no in povere capanne fatte di sassi e creta. Mettono in comune il loro be­stiame ed hanno in comune le grandi caverne nelle quali si nascondono quando sono perseguitati per la loro eresia. Sebbene poverissimi, essi sono sempre vivaci e allegri ; vivono quasi del tutto separati dagli altri uomini. Sebbene esternamente tanto selvaggi e incolti, tutti sanno leggere e scrive­re ; a stento troveresti in mezzo a loro un ragazzo che non sappia spiegare intelligentemente la fede che essi professano ».

In mezzo a questi perseguitati ma sinceri credenti c'erano molti che par­lavano in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d'esprimersi.

Nel secolo sedicesimo abbiamo la testimonianza di Martin Lutero. Se­condo Souer, Martin Lutero era profeta, evangelista, uomo dotato del Do­no delle Lingue e della Interpretazione. Egli aveva ricevuto da Dio tutti i Doni dello Spirito.

Anche tra gli Ugonotti di Francia i Doni soprannaturali, compreso il Dono delle Lingue, erano abbastanza comuni. Quando Luigi XIV revocò, nel 1685, l'Editto di Nantes, che aveva concesso ai Protestanti libertà di culto, ci fu il tentativo di riportare gli Ugonotti nella Chiesa Cattolica Romana. Guidati da Jean Cavalier, un commesso fornaio di appena 17 anni, molti fe­cero resistenza. Si calcolano un 600.000 gli Ugonotti che, nei venti anni che seguirono la revoca dell'Editto, lasciarono la Francia per amore della loro fede.

A migliaia furono uccisi. Nelle Cevennes Superiori circa 466 villaggi furono rasi al suolo. Non furono risparmiati neppure le donne e i bambini. Mentre fuggivano e si nascondevano nelle grotte e caverne, Dio era con lo­ro, e lo Spirito Santo manifestò potentemente la Sua potenza soprannatu­rale. Di questi fatti abbiamo la registrazione sia da parte dei loro nemici che dei loro amici. Tutti affermano che in mezzo ad essi c'era il Dono della Pro­fezia e alcuni parlavano altre lingue.

Tra i Camisardi, detti anche Evangelisti delle Cevennes, si ebbe un gran Risveglio spirituale all'inizio del secolo diciottesimo, e il Dono delle Lingue, assieme agli altri Doni, fu molto conosciuto. Di questo Movimento abbiamo un lungo « Racconto », scritto in tedesco. Il titolo stesso è molto significativo : « I Risvegli delle Cevennes e i Doni straordinari dello Spi­rito ».

« In questo luogo — dice il racconto — durante le funzioni religiose, appariva un dono straordinario ; si assisteva ad un insegnamento profetico. Bambini ed adulti si levavano a predicare e tenevano discorsi pieni di un­zione divina, mentre i loro corpi erano scossi da una potenza invisibile. Que­sto Dono aveva una grande forza sugli altri. Molti venivano attirati da essa e la loro comunità cresceva costantemente. Le autorità della chiesa voleva­no correre ai ripari ; anche i poteri civili cercavano di ostacolare quel mo­vimento, ma la prigione, i tormenti e la morte stessa non riuscirono a fer­marlo ».

Nella sua « Storia della Chiesa Cristiana », Filippo Schaff nota che il fenomeno delle lingue riappare di tanto in tanto nella Chiesa ; esso è evi­dente tutte le volte che si verifica un qualche Risveglio spirituale. Ci fu tra i Camisardi, tra i Profeti delle Cevennes in Francia, tra i primi i Quacqueri e i metodisti, ecc. Riguardo al Dono delle Lingue, dice : « Il parlare in altre lingue, o in lingue nuove, o semplicemente in lingue, che il Signore poco prima della Sua gloriosa Ascensione promise espressamente ai discepoli (ve­di Marco 16 :17) sta ad indicare, nella sua prima apparizione, quell' atto creativo dello Spirito Santo, col quale Egli sorpassa i limiti della natura e, per così dire, prende saldo possesso della mente umana ; consacra a Dio so­lennemente il linguaggio dell'uomo e ne fa organo meraviglioso del Van­gelo. Come in genere l'interno e l'esterno, l'anima e il corpo, il pensiero e l'espressione sono intimamente legati tra loro, così qui il nuovo spirito si crea un nuovo linguaggio. Il parlare in lingue però non deve essere considerato un fatto limitato al Giorno della Pentecoste ... noi possiamo vedere tracce di esso anche nel secondo e terzo secolo del cristianesimo, anzi, se possiamo dar credito ai racconti della Chiesa Cattolica, dobbiamo dire che anche nei secoli successivi essi siano apparsi in mezzo ai credenti ».

In una nota di fondo pagina, egli aggiunge a quanto ha già afferma­to : « Dobbiamo esser cauti nel formare il nostro giudizio sui miracoli rife­riti da scrittori cattolici, ma non possiamo fare a meno di ricordare quanto si dice di alcune figure importanti di questa chiesa. Dello spagnolo Vincen­zo Ferrer si dice che abbia predicato ai Giudei, Mussulmani e Cristiani e che abbia condotto a Cristo un numero grandissimo di ascoltatori proprio per mezzo del miracoloso Dono delle Lingue. Si dice che mediante lo stesso Do­no Luigi Beltrami, in soli tre anni, abbia convertito 10.000 indiani delle di­verse tribù e lingue dell'America Latina. Il famoso missionario Francesco Saverio, sembra che, almeno in particolari occasioni, abbia dimostrato di possedere il Dono delle Lingue » servendosi di linguaggi a lui sconosciuti.

In altra nota dice ancora : « I grandi Movimenti della storia sono sta­ti iniziati tutti da uomini potentemente dotati. In essi erano raccolte armo­nicamente tutte le energie mentali e spirituali diffuse in mezzo agli uomini della loro età ». Riguardo alla presenza reale di questi Doni dello Spirito, sembra procedere tra il predominante punto di vista che i carismi o doni spi­rituali fossero un ornamento temporaneo del periodo degli apostoli, cioè qualcosa che doveva abbellire la veste della giovane Sposa e che sarebbe scomparso col tempo, e l'opinione dei Montanisti, Irvingiti ed altri che con­sideravano i Doni del tempo degli apostoli come qualcosa di necessario o me­glio come condizione indispensabile per un salutare stato della Chiesa di tut­ti i tempi.

Egli ammette che appena il paganesimo imperante penetrò nella chie­sa, i carismi che più avevano del miracoloso cominciarono a farsi sempre più rari e, verso il secolo quarto quasi non si ha più traccia di loro. Tutta­via riconosce che essi non cessarono mai del tutto : nei momenti di grandi Risvegli spirituali e nelle grandi effusioni della potenza dello Spirito, di tan­to in tanto, assistiamo a fenomeni simili a quelli che si erano verificati nel primo secolo del cristianesimo.

Secondo quanto riferito nell'Enciclopedia Britannica, Voltaire parlan­do dei Camisardi diceva che persone ispirate di questo Movimento, in al­cuni casi, parlavano anche per ore nel buon francese della Bibbia Ugunotta, ma cessata la divina ispirazione, essi tornavano a esprimersi nel loro dia­letto, unica lingua che conoscevano.

Anche tra i Covenardi della Scozia si videro molti Doni dello Spiri­to Santo ; tra gli altri troviamo spesso quello della Profezia. Nel « The Scots Worties » è registrato un fatto importante preso dalla vita di Giovanni Knox.

Giovanni Knox era un uomo che nella preghiera combatteva fortemen­te con Dio e, come il forte guerriero, per solito vinceva. La stessa regina reg­gente rese testimonianza a questa forza spirituale dicendo che aveva più pau­ra delle preghiere dell'uomo di Dio che di un esercito di 10.000 uomini. Nel­la sua predicazione era di una efficacia straordinaria. Molto spesso essa con­teneva delle predizioni che poi si avveravano esattamente. Un esempio di queste predizioni l'abbiamo quando egli era chiuso nel Castello di S. An­drea e predisse nei minimi particolari come sarebbe avvenuta la resa della guarnigione e la liberazione dalle Galee francesi.

Nello stesso « Racconto » troviamo accennata l'esperienza spirituale fatta da John Welsh, altro noto dirigente dei Covenerdi, esperienza che ci richiama alla mente il Dono delle Lingue. John Welsh era un uomo di gran­de preghiera. Era solito porre sulle coperte della camera da letto un « plaid scozzese » col quale quando si levava in piena notte per le sue preghiere, si ricopriva alla meglio e restava così per ore ed ore. Soleva dire che la gior­nata non avrebbe avuto per lui alcun valore se non avesse dedicato alla pre­ghiera sette o otto ore di essa.

Dopo altri dettagli della vita di questo grande servo del Signore, il racconto passa a riferire un fatto davvero meraviglioso. E' un pastore de­gno di tutta la nostra fiducia che parla : « Per molti giorni sono stato suo ospite, dice. Una sera tardi, mentre Welsh era in preghiera nel suo giardino, vennero degli amici che dovevano parlare con lui. Lo attesero per qualche tempo, ma vedendo che tardava molto, cominciarono a dar segni d'impa­zienza. Uno di essi si affacciò alla finestra che metteva proprio nel giardino dove era John Welsh. Al suo sguardo si presentò uno spettacolo meraviglio­so : John aveva attorno alla sua persona una grande aureola di luce. Egli passeggiava rapito in un'estasi celeste. Dalle sue labbra uscivano parole strane ma che esprimevano tutta la gioia spirituale della sua anima.

L'Enciclopedia delle Religioni e dei Costumi di Hasting parlando di questo Dono delle Lingue, dice : « Possiamo dire che il Dono delle Lingue sia una specie di estasi divina concessa al credente. In essa, come avveniva nei Montanisti, Giansenisti, Quacqueri e nei Risvegli del secolo diciottesimo, vediamo un improvviso destarsi della spiritualità assopita, una commozione intensa causata dal timore che afferra l'anima del cristiano, ed una specie di rapimento gioioso. Jonathan Edwards parla di « straordinaria visione del­le cose divine e dei sentimenti religiosi », visione nuova e intensa che in­fluenza anche fisicamente il corpo di chi la ottiene. Tutto questo si è verifi­cato nel Risveglio di Northampton (Mass) nel 1735, e i Diari di Wesley e Whitefield sono pieni di testimonianze relative agli effetti fisici provocati dalla loro predicazione.

Col diffondersi poi delle « religioni sperimentali » in contrapposizione con la « religione ecclesiastica », dal tempo della Riforma c'è stato un ritor­no al pensiero che « l'esperienza estatica » sia opera dello Spirito Santo, una specie di possessione divina. Tali estasi vennero, in qualche caso, durante la predicazione dei primi Amici, in Inghilterra nel secolo diciassettesimo, e furono interpretate come manifestazione della potenza di Dio. Le stesse esta­si si ebbero nei Risvegli Scozzesi-Irlandesi nel Kentucky del 1800-03 e nel Risveglio di Ulster del 1859.

I Quacqueri ebbero questo nome, secondo quanto afferma Robert Bar­clay, dal tremore che prendeva gli Amici quando erano sotto l'azione poten­te dello Spirito Santo. Nella sua opera « Il Grande Mistero », Giorgio Fox ac­cetta la parola « tremolanti », dicendo che era stata Justice Bennett a servir­si per prima di questo termine, « sebbene — dice lui — la potenza del Si­gnore Dio era stata conosciuta già molto tempo prima ». « Ci dicono tremo­lanti — afferma Fox — e noi tremiamo e ci scuotiamo davvero, per quanto dagli altri questi termini vengano usati con scherno e ridicolo ».

Nella vita di Giorgio Fox troviamo molti casi di guarigioni istanta­nee. Si ebbero guarigioni sulla sua persona e su quelle di altri che si rivol­sero a lui. Nel 1652, per esempio, un selvaggio lo colpì duramente al brac­cio con un nodoso bastone. Il colpo fu così terribile che il braccio e la mano caddero penzoloni ed inerti. La gente si mise a gridare che gli aveva spez­zato il braccio e che non avrebbe potuto più servirsi di esso. Fox invece, co­me racconta lui stesso, guardò con amore in Dio quel povero arto ormai inutile, e dopo qualche istante sentì rifiorire in esso vigore e vita e poté sol­levarlo e servirsene davanti a tutti, come se niente fosse accaduto.

Il Signore si servì di lui e più volte per donare la guarigione ad altri. Viene ricordato il caso di un povero ragazzo deforme che egli guarì a Hawk­shead, imponendo le mani su lui e dicendo solo alcune parole.

Parlando dell'accoglienza ricevuta dal messaggio dei Quacqueri nell'In­ghilterra occidentale, Braithwaite dice : « Nella storia di questo Movimento non c'è nulla che abbia maggior carattere pentecostale di quel che accadde a Bristol nei primi tempi dell'opera. Qui, il 10 settembre 1654, due quacqueri, Camm e Audland, predicavano in una riunione all'aperto. Dopo che ebbe parlato Camm, si levò a parlare Audland. " Tutte le parti del mio corpo — dice egli — erano prese da un forte tremore. Mi sentivo stordito e barcol­lante come un ubriaco. Ero spinto a gridare come una donna in travaglio ". Uno dei presenti, Charles Marshall, ci dice che egli era lì, in piedi, col volto circonfuso da una grande luce ma pieno di terrore. Era trasfigurato. La sua voce tuonò come una tromba potente : « Io dichiaro guerra al peccato, a quelli che sono perduti, ai separati da Dio e proclamo questo ai quattro venti ». Queste parole caddero in mezzo alla folla atterrita. Egli seguitò a parlare nella potenza di Dio Onnipotente spalancando a tutti la via alla vita. Quale raccolta di anime ! quanti cuori furono conquistati ! Alcuni caddero a terra sotto il peso della convinzione, altri gridavano terrorizzati vedendo aper­tamente il loro stato interiore e spirituale. Si provava quanto era avvenuto una volta al principio (Atti 2 :37). Fu davvero un giorno meraviglioso e de­gno di essere tramandato di padre in figlio ».

Il Giansenismo, risveglio religioso verificatosi nel seno stesso della Chiesa Cattolica, ebbe origine nel secolo diciassettesimo e non è ancora del tutto spento. Giansenio attaccò direttamente tre mali che egli vedeva allora nella Chiesa Romana : 1) Contro i teologi, egli disse che nostra guida do­veva essere l'esperienza spirituale dei singoli e non la ragione ; contro la stolta autosufficienza dei moralisti, sostenne la miseria della natura umana e il bisogno dell'uomo di Dio ; contro i cerimonialisti e formalisti, dichia­rò che la salvezza spirituale non dipende affatto dal numero delle volte che una persona va in chiesa, ma dall'amore che porta a Dio, da quell'a­more che deve essere in fondo al cuore del credente. Egli credeva nella conversione. Dopo un'interminabile serie di persecuzioni da parte dei Ge­suiti, che erano decisi ad eliminare dalla chiesa questo Movimento, anche quando esso sembrava ormai agli ultimi aneliti, il Giansenismo esplose di nuovo sotto una nuova forma : «Credere nel miracolo materiale — dice­vano — è lo stesso che credere nella morale ; ... dal miracolo alla profe­zia apocalittica e al parlare in lingue, c'è un solo passo ».

Al tempo di Wesley il Dono delle Lingue riapparve evidentemente co­me effetto del vivo Risveglio spirituale della fede e vita apostolica. Il Gior­nale di Wesley contiene una nota chiarissima sull'apparizione di questo Do­no divino in mezzo alle comunità di York e di Londra.

Nel Diario di Thomas Walsh, uno dei più famosi e importanti pre­dicatori di Wesley, in data 8 marzo 1750, leggiamo : « Questa mattina il Si­gnore, sollevando in modo meraviglioso la mia anima a Lui, mi ha dato un linguaggio che io non conoscevo ».

La breve corsa attraverso la storia per vedere le diverse e continue ap­parizioni del Dono delle Lingue non potrebbe dirsi completa se non faces­simo almeno un accenno al Movimento degli Irvingiti del secolo passato. Nel 1830 Edward Irving, ministro presbiteriano in quel tempo in servizio pa­storale presso la National Scotch Church of Regent Square, ebbe una nuova visione delle cose spirituali, una speranza nuova per il tempo in cui viveva, mediante un reale risveglio dei Doni apostolici della profezia e delle guari­gioni che egli fin dal 1828 aveva creduto essere quasi scomparsi per man­canza di fede. Tutto questo avveniva in un remoto angolo della Scozia.

Il Risveglio al quale accenniamo cominciò da Miss Mary Campbell, residente in una piccola città scozzese. Questa donna nel marzo 1830 ebbe da Dio il Dono delle Lingue. Allora era affetta da Tubercolosi, malattia dalla quale fu guarita non molto tempo dopo. Non passò molto che due fratelli, James e George MacDonald, domiciliati a Port Glasgow, sulla riva opposta del Clyde, ebbero lo stesso Dono.

Ecco come racconta i fatti uno della famiglia MacDonald : « Da mol­ti giorni mia sorella stava tanto male che credevano tutti che morisse. Non lasciava più il letto. La Signora... ed io eravamo vicino a lei, quando su mia sorella scese la potenza dello Spirito. "Oggi — disse ella — ci sarà una potente effusione dello Spirito Santo" e cominciò a magnificare le opere meraviglio­se di Dio. Come se la sua infinita debolezza fosse del tutto scomparsa, nella potenza dello Spirito Santo, continuò a parlare con appena qualche piccola interruzione per due o tre ore. Dalle sue labbra uscivano preghiere, lodi a Dio, esortazioni. All'ora di pranzo vennero, come al solito, James e George. Ella si rivolse a loro con grande entusiasmo, concludendo con una fervida preghiera per James, affinché egli fosse rivestito della potenza dello Spirito Santo. Quasi immediatamente e con calma solenne, James disse : " Io ho già questa potenza". Andò verso la finestra e stette un minuto o due. Lo osservai e sentii dentro di me una specie di terrore : nel suo aspetto stava avvenendo un cambiamento strano ; tutto il suo essere si trasformava. Con un incedere ed un modo di fare solenne e maestoso si avvicinò poi al letto di mia sorella e, rivolgendole le parole del Salmo 20: "Alzati, — disse — e sta su". Dicendo quelle parole le prese la mano ed ella si alzò. Poi scendem­mo tutti e ci ponemmo a tavola. Dopo mangiato, come al solito, i miei fratel­li si ritirarono nel giardino e lì James scrisse una lettera a Miss Mary Camp­bell per comandarle nel nome del Signore di levarsi dal letto e star bene. Il mattino seguente, dopo colazione, James disse : "Vado al molo per vedere se viene la Signorina Campbell". Restammo stupiti perché non ci aveva detto che le aveva scritto e sapevamo che era molto malata. Ella venne proprio co­me si aspettava mio fratello e disse di sentirsi proprio bene ».

Nella vita dei MacDonald, scritta da Robert Norton, M. D. e pubbli­cata nel 1840, si parla anche dell'altro fratello, cioè di George. Questi, du­rante una riunione di preghiera, « improvvisamente cominciò a parlare in una lingua sconosciuta. James fece altrettanto e in tal modo cominciò quel parlare in lingue e quel profetare che non è più cessato del tutto ».

Nel tempo in cui questi due fratelli ricevettero il battesimo nello Spi­rito Santo con i segni che lo accompagnano, altri, nella Scozia, fecero una simile esperienza. Negli « Aneddoti Religiosi Scozzesi », editi da William Adamson nel 1893, leggiamo quanto segue : « La devota Miss Cary Campbell di Gareloch, viveva a Fernicarry e, verso il 1830, andò soggetta a straordi­narie esperienze spirituali che destarono interesse in tutta la Scozia Occiden­tale. Ella, assieme a molti altri, credeva che il Dono delle Lingue e altri Doni dello Spirito dovevano essere concessi alla Chiesa. Una domenica a se­ra nel mese di marzo, alla presenza di alcuni amici cominciò a parlare in mo­do incomprensibile e strano. Ella pensò che si trattasse del Dono delle Lin­gue che era stato concesso ai discepoli il giorno della Pentecoste e ai cri­stiani della chiesa di Corinto ».

Edward Irving, sentendo parlare di quel fatto si rallegrò immensa­mente e ritenne che si trattasse di un vero risveglio dei Doni apostolici. Ben presto nella sua chiesa si ebbero simili manifestazioni della potenza di Dio. In seguito, però, in mezzo a loro si diffuse largamente la credenza che Cri­sto sarebbe tornato presto e che proprio quel risveglio di Doni pentecostali stava ad indicare l'imminenza del Suo ritorno. Questo spinse i capi ad una decisione non davvero scritturale. Essi nominarono dodici apostoli con il compito di guidare gli altri. Non stabilirono in che modo dovesse essere so­stituito l'apostolo che fosse venuto meno per qualsiasi motivo, e così il Mo­vimento Irvingita si avviò al tramonto.

Philip Schaff, in una nota di fondo pagina, fa questo commento : « Il parlare in lingue in mezzo agli Irvingiti era molto comune. Nei primi tempi di questo Movimento, almeno in Inghilterra, parlavano una lingua strana che poteva rassomigliare alla lingua ebraica. Dopo quel parlare strano, essi continuavano con l'inglese popolare. Uno Svizzero, testimone oculare di que­sto fenomeno, dà la seguente interessante descrizione : " Prima di comincia­re a parlare, la persona appare tutta concentrata in se stessa ; interamente immersa nei suoi pensieri. Gli occhi sono chiusi ; il volto è tra le mani. Al­l'improvviso, come se fosse colpita da una violenta scarica elettrica, essa ha convulsioni in tutte le parti del corpo. Passata questa prima fase, dalle sue labbra escono con impeto travolgente delle parole gravi, piene di forza. Alle mie orecchie sembrano parole ebraiche che escono da labbra frementi. Que­sto ordinariamente si ripeteva tre volte e, come ho già notato, sempre con grande violenza e durezza d'accento. Questa prima manifestazione fatta di strani accenti, che era considerata come prova della genuinità della divina ispirazione, era sempre seguita con un più e meno lungo discorso in ingle­se, che spesso era ripetuto parola per parola o frase per frase. Esso consi­steva ora in una pressantissima esortazione, ora in un terribile avvertimen­to. Alle volte conteneva anche commoventi parole di comprensione e con­forto ».

L'evidenza della tesi sostenuta in questo capitolo non sarebbe asso­luta, se non si citasse la testimonianza dello storico Gibbon, che, sebbene non cristiano, afferma : « I Doni soprannaturali che, anche in questa vita ven­nero riconosciuti ai cristiani a differenza degli altri uomini della terra, furono per essi di grande conforto e di sprone a seguitare il Maestro. Ol­tre ai prodigi che alle volte si verificarono per una immediata azione di­vina che sospese le leggi della natura a beneficio della religiosa, la chiesa cristiana, dal tempo degli apostoli e dei primi discepoli, ha preteso di posse­dere una ininterrotta successione di poteri soprannaturali, il Dono delle Lin­gue, le visioni, la profezia, la facoltà di cacciare i demoni, di guarire i ma­lati e anche di risuscitare i morti.

La conoscenza delle lingue straniere fu concessa spesso ai contempo­ranei di Ireneo, mentre lui era lasciato nella grave difficoltà di battersi coi dialetti barbari della Gallia, quando predicava il Vangelo a quei popoli. La divina ispirazione, sia quando veniva concessa sotto forma di visione, sia quando veniva data in sogno, era sempre considerata un favore divino con­cesso generosamente ad ogni specie di fedele : uomini, donne, bambini, ra­gazzi. Il semplice fedele e il vescovo della chiesa potevano avere lo stesso Dono dal Cielo. Quando la loro anima era sufficientemente disposta median­te la preghiera, il digiuno e le veglie, essi ricevevano l'impulso divino, veni­vano trasportati fuori dei sensi e nell'estasi veniva loro consegnato il mes­saggio ; essi non erano che organi dello Spirito Santo, proprio come il flau­to in bocca di chi lo suona. Potremmo aggiungere che scopo di queste vi­sioni e rivelazioni era ordinariamente quello di dischiudere il futuro o con­sigliare gli uomini della Chiesa... La guarigione miracolosa delle malattie, anche delle più difficili e inveterate, o di origine misteriosa, non fa più im­pressione a nessuno, se si pensa che al tempo di Ireneo, anche la resurre­zione di un morto era considerato un caso del tutto straordinario ».

Da quanto abbiamo detto, dovrebbe essere chiaro adesso, anche per il lettore più esigente ma senza prevenzioni, che tutte le volte che si è verifi­cato un risveglio spirituale nella Chiesa di Cristo, si sono viste manifesta­zioni soprannaturali dello Spirito Santo. Queste sono state sempre, come per la Chiesa primitiva, le credenziali divine, per convincere gli uomini che il messaggio veniva da Dio e che il cristiano parlava a nome Suo e quale Suo messaggero. « Procacciate dunque la carità, non lasciando però di ricercare i doni spirituali » ( 1 Corinzì 14 :1).           

 

(6) Il dono delle Lingue nei Risvegli di oggi

Nell'ultimo capitolo abbiamo tracciato la storia delle apparizioni del Dono delle Lingue, durante tutto il periodo della Chiesa. Lo spazio, però, non ci ha permesso di parlare dei Risvegli che si stanno verificando proprio ai nostri giorni. Ora vorremmo colmare questa lacuna.

Siamo davanti al fatto che tutte le volte che si verifica un risveglio spirituale, Dio concede alla Chiesa i Suoi « segni apostolici ». Dove torna a vivere fede e vita apostolica, tornano a manifestarsi i segni apostolici. E' que­sto il motivo per cui in tempi diversi ed in luoghi diversi alcuni hanno otte­nuto le benedizioni della Pentecoste. In una conferenza internazionale te­nuta in Inghilterra nel 1885, citiamo un esempio, Mrs Michael Baxter, ve­dova del Rev. Michael Baxter, autore del volume « Forty Future Wonders of Scriptural Profecy » e fondatore del « Christian Herald », assicurò di po­ter predicare per quarantacinque minuti in perfetto Tedesco, sebbene non conoscesse affatto quella lingua, e così fece. Mentre parlava era compresa benissimo, ed una anima si convertì al Signore. Dopo quel fatto, la donna disse che il Signore quasi ogni giorno ed anche più di una volta al gior­no l'aveva spinta a parlare a centinaia di persone nella lingua tedesca, seb­bene quando entrava in un negozio per delle spese, non capiva quello che le dicevano né riusciva a farsi capire.

Qualche anno fa, il defunto Dr. F. B. Meyer si portò in Estonia per una visita e là trovò alcune comunità Battiste formate tutte da gente sem­plice. Egli fece una relazione al « Christian Herald » sull'opera meraviglio­sa dello Spirito Santo in mezzo a quella gente. « E' davvero straordinario il fatto — dice egli — che io ho potuto constatare. Mentre la chiesa luterana di questa terra sta perdendo il suo fervore primitivo e tende a sostituire vuote formule e inutili cerimonie alla viva potenza di Cristo, Dio fa sorgere un nobile devoto, il barone Uxhull, il quale si dà a predicare il Vangelo nella più assoluta semplicità e rinnova in mezzo a questa umile gente le meravigliose manifestazioni che si ebbero nella Chiesa nella prima predica­zione del Vangelo di Gesù. Come allora, Dio rende testimonianza al messag­gio della salvezza "con segni e prodigi e doni dello Spirito Santo". E' estre­mamente interessante trovarsi in mezzo ad un tale Movimento spirituale. Molto spesso nelle riunioni religiose dei villaggi ed anche delle città, si ode gente che fa uso del Dono delle Lingue. Qui a Reval, il pastore della chie­sa battista mi assicura che nelle sue riunioni spesso c'è qualcuno che "si met­te a parlare in lingue". Si tratta spesso di donne e di bambini, ma non man­cano casi di uomini. Quando le loro espressioni vengono interpretate, si vede che si tratta del Dono delle Lingue, e di lingue che hanno un loro signi­ficato : "Gesù viene" — dicono spesso — "Gesù è vicino". E anche : "Tenia­moci pronti", "Non siamo oziosi". Quando avvengono questi fatti, se si tro­vano degli infedeli nelle riunioni, questi si sentono fortemente scossi ».

Nel 1901 Dio concesse benignamente la visita del Suo Spirito ad un gruppo di studenti della Scuola Biblica di Topeka nel Kansas U.S.A. In quel­la Scuola era stata consacrata al Signore una stanza dei piani più alti per­ché servisse come « Torre di Preghiera ». Gli studenti vi facevano turni di veglia di tre ore ciascuno. Durante il Servizio di Veglia notturno, la bene­dizione del cielo venne su quei giovani. Il fatto avvenne così : la sera del 1 gennaio 1901, Miss Agnes Ozman, una delle studentesse del Centro di studio, chiese che le imponessero le mani perché potesse ricevere il Dono dello Spi­rito Santo. « Appena posarono le mani sul mio capo, — racconta — lo Spi­rito del Signore venne su me e cominciai a parlare in lingue, glorificando Dio. Parlavo più lingue e questo fu evidente quando cominciai a servirmi di un nuovo linguaggio. Ebbi la gioia gloriosa alla quale aspirava il mio cuore ed avvertii la presenza del Signore in me come mai avevo avvertito prima di allora. Era come se una fresca sorgerne di acqua viva sgorgasse dal rpofondo del mio essere ».

Presto altri giovani ebbero la stessa brama dei Doni dello Spirito, e ricevettero lo Spirito Santo con i « segni che lo accompagnano ». Miss Li­lian Thistlewaite scrisse : « Era stata messa da parte una stanza dei piani superiori perché potessimo raccoglierci ed attendere il Signore ; qui passa­vamo tutti i momenti liberi in preghiera silenziosa e raccolta, in canti de­voti o in semplice attesa della Sua voce. In quella stanza non c'era rumore o confusione di sorta ; quando uno pregava a voce alta, gli altri tacevano ; quando cantavano più di uno tutti innalzavano al Signore lo stesso inno. Era davvero un tempo di preziosa attesa. Si avvertiva la presenza del Si­gnore ; i nostri cuori cercavano Lui con sincerità e ardore. Non aspiravo ad avere il Dono delle Lingue, ma Dio mi aveva fatto comprendere che avrei ri­cevuto il Battesimo nello Spirito Santo. Pregavamo per noi stessi e per gli altri. Mai mi ero sentita così piccola e di tanto poca importanza. Mi sentivo come un pezzettino di carta che brucia. Fu allora che nella mia anima giun­se il messaggio divino : "Loda il Signore e ringraziaLo per il Battesimo che tu avrai per mezzo della imposizione delle mani, mediante la fede". Una gioia intima, profonda, infinita s'impossessò di me : Ti lodo, Signore ! escla­mai. E la mia bocca fu ripiena ; da essa uscì un fiume di parole per me in­comprensibili. Cercai di lodare il Signore nella mia lingua, ma quel che usciva dalle mie labbra non era inglese. Dopo qualche tentativo, lasciai che la lode venisse nella nuova lingua che il Signore poneva sulle mie labbra. Le porte della gloria erano ampiamente aperte. Lo Spirito Santo era venuto in me ; era venuto in me, non perché parlassi di Lui, ma perché magnificassi Cristo e quanto meraviglioso era il Cristo che mi veniva rivelato ! Fu allo­ra che mi accorsi di non essere sola : attorno a me udii una grande gioia ; altri lodavano e magnificavano Dio parlando lingue nuove ».

Seguitando nella sua relazione, ella scrive: « In una circostanza parti­colare, mentre uno di noi leggeva il testo della Bibbia, si trovava presente un rabbino. Dopo il servizio religioso, egli chiese la Bibbia ebraica dalla quale era stato letto il testo della lezione. Gli venne presentata la Bibbia di cui ci eravamo serviti. "No, non questa — disse il rabbino. — Voglio la Bibbia ebraica che ha letto il giovane: egli ha letto in Ebraico". In altra oc­casione, durante il sermone, ci fu un breve messaggio in lingue. Al termine della riunione, si levò un tale che era tra i presenti e disse: « Io sono stato guarito dalla mia infedeltà. Ho udito nella mia lingua il Salmo che ho impa­rato sulle ginocchia di mia madre ».

Il 9 aprile del 1906 il Fuoco divino scese a Los Angeles (California). Qui erano tenute delle riunioni dove i cristiani digiunavano e pregavano ar­dentemente perché il Signore concedesse il Battesimo nello Spirito Santo. Da questa data, uno dopo l'altro, tutti gli operai e i santi ricevettero la be­nedizione celeste, e ciascuno di essi parlò in lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi.

La notizia si diffuse ben presto. Si seppe che Dio stava operando in mezzo a loro con la potenza dei primi tempi del cristianesimo ; molti venne­ro per vedere, e restarono in preghiera.

Alcune delle promesse divine si realizzarono qualche tempo dopo in Azusa Street. Qui una volta c'era stata una Chiesa Metodista. Il locale era stato trasformato in casa d'abitazione; solo una grande stanza a pianter­reno era stata lasciata per le riunioni di culto. Un testimone così scrisse di quei giorni: « Si era diffusa rapidamente la notizia che Los Angeles era vi­sitata da una potente ondata di vento celeste. Il come e il perché di questo grande Risveglio non va cercato davvero in ciò che comunemente si ritiene necessario per scuotere la gente. Non venivano usati strumenti musicali di alcun genere, non erano necessari ; quanti venivano a contatto con Dio, appe­na entrati nella stanza delle riunioni, si rendevano conto che era lo Spirito Santo che dirigeva quelle riunioni. Quando veniva annunciato che l'altare era aperto a quanti desiderassero il perdono, la santificazione, la guarigione del corpo, il battesimo dello Spirito Santo, la gente si affollava attorno ad esso. Non c'era ressa. Quale predicazione li guidava? La semplice dichiarazione della Parola di Dio. C'è una tale forza nella predicazione della Parola nel­lo Spirito che il popolo è scosso profondamente ed è spinto a farsi avanti ».

Un altro teste di quei giorni, Mr. Frank Bartleman, scrive: « I servizi religiosi venivano tenuti quasi di continuo. Quasi ogni ora del giorno e della notte avresti trovato anime in preghiera e sotto la potenza dello Spirito. La stanza non era mai chiusa o vuota. Era una continua assemblea. Le riunioni non dipendevano da un dirigente terreno. La presenza di Dio diveniva sem­pre più sensibile e meravigliosa. In quel vecchio fabbricato con i soffitti bas­si e il pavimento sconnesso, Dio afferrava gli uomini e le donne per farli a pezzi (spiritualmente parlando) e li ricomponeva per la Sua gloria. Era un processo di profonda revisione delle anime. In esse non avrebbero potuto sopravvivere orgoglio, autosufficienza, stima di sé o umana pretenzione ».

Uno di quelli che volle il Battesimo in quei primi tempi, fu il pasto­re Battista, Rev. A. H. Post. Nel 1906 egli scriveva: « Per più di trenta anni sono stato ministro in una delle Denominazioni più importanti e, per la gra­zia di Dio, ho sempre cercato di camminare nella luce che Dio si è degnato concedermi. In perfetta comunione con molti cuori sinceri di figli di Dio, per mesi e mesi ho cercato la pienezza dell'amore di Dio. Assieme a questo sen­tito bisogno si levava dal mio cuore un grido a Dio perché mi concedesse la Sua Pentecoste. Egli ha finalmente udito e risposto, secondo la Sua divi­na, perfetta volontà ».

Fu infatti condotto ad Azusa Street dove egli dice: « Fui subito con­vinto che Dio stava davvero operando in modo meraviglioso, in un modo che mai avevo conosciuto prima. Qui era manifesto l'adempimento di quan­to promette la Bibbia. Mi presentai serenamente all'altare del Signore. Il seccondo giorno, mentre ero lì, udii distintamente nella mia coscienza, come se si trattasse di una voce che parlava alle mie orecchie, il Signore che dice­va: — Ricevi lo Spirito Santo! — Qualche giorno dopo, mentre il fratello Seymour predicava, mi sembrò avvertire in me la potenza di Dio che si fa­ceva sempre più sensibile. Alla fine del discorso, improvvisamente, come nel Giorno della Pentecoste, mentre ero seduto davanti al predicatore, lo Spi­rito Santo venne su me e fui letteralmente ripieno di Lui. Balzai in piedi e mi detti a parlare in lingue nuove: — Lode al Signore! — Gloria a Dio! Due dei santi che mi erano vicini videro contemporaneamente lo Spirito del Signore che scendeva sulla mia persona. Oh, come mi sentii pervaso com­pletamente dalla Sua potenza divina ».        

Durante i primi tempi di quelle manifestazioni, un giornalista ebbe l'incarico di fare una relazione su quanto avveniva in quelle riunioni di cui si parlava molto in quei giorni. Il giornale che lo mandava era contrario e voleva che il reporter vedesse le cose da un punto di vista particolare : do­veva cercare di trovare il ridicolo nei fatti che avvenivano. Il giornalista si presentò dunque con questo intento. Mentre osservava attentamente quel che avveniva, una donna, ripiena di Spirito Santo, esortò i peccatori a tornare al Signore. Improvvisamente ella, secondo che lo Spirito le ispirava, parlò in lingue diverse. Tra queste lingue il reporter riconobbe la sua lingua na­tiva. In questa lingua la donna, dopo averlo fissato intensamente, gli versò addosso un santo torrente di verità, descrivendogli esattamente la sua pre­cedente vita di peccato, la sua immoralità, ed altre cose che solo lui poteva conoscere. All'infuori di lui, nessuno comprendeva il linguaggio in cui si e­sprimeva la donna.

Egli naturalmente conosceva bene l'inglese e, terminato il servizio re­ligioso, si avvicinò alla donna che gli aveva parlato in modo così strano, per sapere se si era resa conto di ciò che gli aveva detto nella lingua stra­niera. In un primo momento stentò a credere che la donna non aveva capi­to una parola di quello che aveva detto, ma la sua sincerità era troppo evidente ed egli ne fù convinto. Confessò che gli aveva descritto con esattezza la sua vita passata e che da quel momento era deciso a darsi tutto al Signo­re. Tornato alla redazione del giornale disse che non poteva fare assoluta­mente la relazione che si aspettavano da lui : se volevano, egli avrebbe fatto solo una relazione veritiera e imparziale. Non era questo il loro punto di vi­sta e naturalmente gli dissero di non aver più bisogno dei suoi servizi : fu licenziato.

Uno degli aspetti più importanti del movimento Pentecostale di que­sto secolo è che lo Spirito di Dio, in tutte le parti del mondo, è sceso su gruppi di credenti sinceri che Lo invocavano, anche se costoro non erano venuti in contatto con altri che avevano ricevuto la stessa benedizione. Ciò si è verificato molto spesso all'inizio del nostro secolo.

In tal modo, allora, Dio cominciò ad effondere il Suo Spirito in In­ghilterra. Nel 1906 un gruppo di fedeli aveva cominciato a tenere delle riu­nioni di preghiera a Sunderland e in altre località per ottenere da Dio il ri­sveglio e la potenza dello Spirito Santo. Presto giunse ad essi la notizia che Dio aveva concesso l'effusione divina del Suo Spirito « con i segni che l'ac­compagnano », compreso il parlar lingue, operar miracoli, guarire malattie. Nei primi giorni del 1907, la signora Catherine S. Price ricevette il Battesi­mo nello Spirito Santo, a Londra. Fu la prima che in quel paese fece questa

esperienza Pentecostale. Il fatto avvenne mentre assisteva ad una riunione religiosa e così lo descrive : « Mi sembrò di vedere l'Agnello di Dio sul tro­no. Egli scongiurava il Suo popolo perché si umiliasse davanti a Lui, si ab­bandonasse completamente alla Sua divina volontà e cessasse di compiere opere cattive e peccaminose. Mi sentii in dovere di parlare e riferire tutto questo ai presenti. Lo feci e mi accorsi che stavo parlando "in lingue" per opera dello Spirito Santo. Un ministro che era vicino a me mi chiese se conoscessi la lingua di cui mi servivo in quel momento. Disse anche che, se avevo parlato per opera dello Spirito Santo, dovevo chiedere anche il Dono dell'Interpretazione di quanto avevo detto. Il Signore mi concesse subito di dare in inglese il messaggio che avevo dato in lingua straniera. Risultato di tutto questo fu che tutti i presenti confessarono apertamente i loro pec­cati e si dettero tutti a Cristo. Alcuni di essi ebbero anche la divina unzione dello Spirito Santo ».

Nel settembre del 1907 il fuoco divino venne su Sunderland. Il pa­store T. B. Barrat, dell'esperienza del quale abbiamo parlato altrove, arrivò a Sunderland il 31 agosto, essendo stato invitato dal Rev. A.A. Boddy, vica­rio di All Saints, di Monkwearmouth, Sunderland. In una quindicina di gior­ni almeno settanta persone ricevettero la loro piena Pentecoste. Scrivendo di questo fatto, il pastore dice : « E' davvero strano e meraviglioso vedere e udire quanto avviene in quelli che ottengono la loro Pentecoste. Essi si tra­sformano letteralmente sotto la potente opera dello Spirito. Le loro parole, la loro voce non sono più timide ed esitanti. Il loro comportamento non ha nulla di indeciso. Il loro modo di testimoniare è sicuro e tranquillo. Quel­li che non avrebbero mai osato aprir bocca davanti ad un certo numero di persone, parlano con tutta sicurezza ; testimoniano della potenza purifica­trice e salvatrice di Cristo. Parlano col cuore pieno di zelo, col volto lumi­noso e ispirante fiducia. Quale meravigliosa trasformazione si ammira sul loro volto ! Come riescono a infondere in noi serenità e gioia! Come ci fan­no sentire a nostro agio ! Quasi tutti quelli che hanno parlato in lingue han­no ricevuto anche il Dono della Interpretazione di esse. Ciò è avvenuto con­temporaneamente, tanto che ripetevano e spiegavano frase per frase, parola per parola. La gioia di alcuni è stata davvero indescrivibile ».

Nel 1908 erano moltissimi quelli che potevano vantarsi di questa so­prannaturale benedizione di Dio. Dal 1910 in poi tutto il paese fu come som­merso dal diluvio della potenza Pentecostale. Oggi un numero immenso di persone in tutte le parti di questa benedetta terra può testimoniare di aver fatto questa preziosa esperienza.

Nella Norvegia la benedizione cominciò subito dopo il ritorno dall'A­merica del pastore Barratt. Là egli aveva ricevuto la sua pentecostale be­nedizione. Scrivendo di quei primi tempi, egli dice : E' meraviglioso notare come il Risveglio divino si diffuse rapidamente in tutta la Norvegia. Il Si­gnore aveva preparato la via a questo. Fu come un fuoco in mezzo alla stop­pia. Invece di andare in cerca del popolo, il popolo veniva a noi spontanea­mente. Folle immense si accalcavano attorno a noi. I locali che si prendeva­no per il culto divenivano subito insufficienti, non potevano contenere il gran numero di cuori affamati che facevano ressa per entrare. Da vicino e da lon­tano venivano per dissetare la loro brama di Dio. Numerosissimi furono i battezzati nello Spirito Santo. Essi portarono a casa loro il Fuoco divino che avevano ricevuto attorno ai nostri altari.

Dalla Norvegia, il Fuoco si propagò alla Svezia. Ciò avvenne per mez­zo di un giovane che aveva ricevuto il Battesimo in Norvegia e di un altro che era tornato da poco dall'America. Quando il Pastore Barratt visitò Stoc­colma, trovò delle folle grandissime che assistevano regolarmente ai servizi religiosi e alle riunioni di preghiera. Nel 1905-06 i cristiani di tutta la Sve­zia erano mossi a pregare per il Risveglio. In risposta a questa comune pre­ghiera, Dio cominciò a farsi sentire, in modo particolare tra i Battisti. Il pastore Lewi Pethrus scriveva in quei giorni : « Un giorno del mese di gen­naio del 1907, per caso, presi in mano un giornale di Stoccolma e vidi l'im­magine di un uomo che io conoscevo benissimo. Si trattava del Pastor Bar­ratt di Christiania (Oslo), Norvegia. Il titolo dell'articolo diceva : « Grande, straordinario Risveglio Spirituale a Christiania ». Diceva che la gente del luogo parlava in lingue straniere, proprio come era avvenuto a Gerusalem­me il giorno della Pentecoste. Decisi di andare a vedere con i miei occhi ».

Mentre assisteva ad una delle tante riunioni di preghiera, il pastore Pethrus fu battezzato nello Spirito Santo. Presto nella Svezia migliaia e mi­gliaia ebbero il Battesimo nello Spirito Santo, e il pastore, parlando di que­sta benedetta, straordinaria effusione dello Spirito di Dio, afferma : « Da quando ebbe inizio a Stoccolma, questo Risveglio non è più cessato tra noi. Esso continua nell'inverno e nell'estate in modo ininterrotto. Non teniamo particolari campagne per il risveglio : è un'unica campagna, una campagna che dura l'anno intero. Le anime sono salvate, guarite, riempite di Spirito Santo. E' meraviglioso constatare che Dio può accendere un fuoco che non si consuma, il fuoco che seguita ad ardere come quello che bruciava sull'al­tare degli olocausti. Dio ha ordinato che questo fuoco divino bruciasse in perpetuo sul nostro altare ; esso non deve essere spento. E' il modo che Egli ha scelto per rimanere in mezzo a noi ».

Lo spazio che abbiamo non ci permette di fermarci a parlare del mo­do col quale il Fuoco divino attaccò la Danimarca, l'Olanda, la Germania e al­tre nazioni dell'Europa e del mondo. Quanto abbiamo detto ci sembra più che sufficiente per dimostrare che Dio viene incontro ai desideri nascosti nel cuore dei veri cristiani, che anelano ardentemente e sinceramente al Risve­glio divino. Oggi grandi moltitudini godono della esperienza personale della potenza divina e il Risveglio continua.

(7) Esempi di questo Dono

Una delle critiche più comuni che si sentono contro questo Dono è che esso consiste non in una delle lingue parlate sulla terra, ma in una serie di suoni spesso inarticolati che servono solo ad esprimere l'intima commozio­ne o altri sentimenti dell'anima. Leggiamo che nel Giorno della Pentecoste « tutti stupivano e si meravigliavano dicendo : — Ecco, tutti costoro che parla­no non sono eglino Galilei? E com'è che udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio linguaggio? (Atti 2:7, 8). E' chiaro dunque che, allora, il Dono delle Lingue non consisteva in una serie di suoni inarticolati, ma in una o più lin­gue sconosciute a chi le parlava, ma conosciutissime a chi le ascoltava.

Più tardi, quando Paolo volle dimostrare quanto fossero inutili anche i Doni migliori senza la carità, disse : « Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità, divento un rame risonante o uno squillante cimbalo » (1 Corinzi 13 :1). Evidentemente le lingue parlate dai credenti di Co­rinto erano lingue veramente parlate dagli uomini. Non mancano prove che di­mostrano che questo è vero anche per quanto riguarda le manifestazioni dei nostri giorni. Esaminiamo alcuni casi presi qua e là:

Lingua cinese

Il Dr. T. J. MacCrossan, già insegnante di Greco nell'Università Manito­ba, testimonia quanto segue : « Una sera, dopo un convegno evangelico, dove una ventina di persone avevano trovato la salvezza, vedemmo l'evangelista per­vaso dalla potenza di Dio mentre era ancora in preghiera, e l'udimmo parlare in lingua cinese. Capii che si trattava di quella lingua, perché l'avevo udita par­lare più volte, ma Dio, nella Sua infinita bontà, permise che vicino a me se­desse un missionario della Christian Alliance, che io conoscevo molto bene e nel quale avevo la massima fiducia. Egli era stato in Cina molto tempo, oltre 18 anni, per la precisione, e parlava correttamente la lingua cinese. Avvicinan­dosi al mio orecchio disse che l'evangelista stava lodando il Signore nel dialet­to stesso che lui aveva usato tanto tempo nella predicazione ai cinesi. « Lo par­la alla perfezione — disse — e in questo istante sta lodando nostro Signore Ge­sù Cristo ». Si pose poi a interpretare parola per parola quello che l'evangeli­sta diceva. Tutto era tanto meraviglioso ! Noi sapevamo che egli non capiva neppure una parola di quanto stava dicendo in lingua cinese ».

Mrs Carrie Judd Montgomery, editrice dei « Trionfi della fede », dice che dopo aver ricevuto la pienezza dello Spirito Santo nel giugno del 1908, venne spinta a pregare in modo particolare per il popolo della Cina, e spesso, quando lo Spirito di preghiera veniva in lei, ella si esprimeva in una lingua che sem­brava il cinese. In quel tempo incontrò Mrs Harriette Shimer, missionaria del­la « Società degli Amici », che per molti anni aveva prestato la sua opera in mezzo a quei popoli. La missionaria non sapeva molto del movimento Penteco­stale che si stava verificando in Europa. Andò alle riunioni che si tenevano in casa. Più volte, mentre la Montgomery parlava in lingue, ella ammise che si trattava di uno dei numerosissimi dialetti cinesi. Un giorno le disse : « Voi usate dei dialetti cinesi, ma non avete mai usato il Mandarino, che è il mio dia­letto ».

La mattina seguente — racconta Mrs Montgomery — tenemmo una ri­stretta riunione di preghiera. Quando cominciai a parlare e a cantare in Manda­rino, Mrs Shimer m'interruppe dicendo : Capite quello che dite? E spiegò il si­gnificato delle mie parole. Dopo questo fatto, lo Spirito mi concesse più e più volte di esprimermi in tale lingua, che naturalmente veniva tradotta fedel­mente dalla signora Shimer. Ella disse che io lo parlavo con maggiore perfezio­ne di lei che era stata in Cina per oltre sette anni ».

Altro fatto interessante è quello narrato dalla signora Woodbury, della « Christian and Missionary Alliance », nella sua relazione sulla opera a Shan­ghai. Ella racconta di un giovane studente molto istruito e imparentato con una famiglia mandarinale, che un giorno fu colpito dall'accento e dalle espres­sioni di una missionaria che, sotto l'azione dello Spirito Santo, parlava la sua lingua. La missionaria era la signora Hansen che non capiva una sola parola del messaggio che comunicava. Risultato di ciò fu che il giovane nobile cinese si convertì a Cristo e a suo tempo venne battezazto. In seguito fu prezioso ope­raio di Cristo nella missione.

Messicano che parla inglese

Il signore e la signora Thomas, un tempo missionari nel Messico, scris­sero di una benedizione che Dio si degnò far scendere sulla loro opera in quel campo : « Due settimane fa — scrivevano — al termine del nostro servizio religioso della domenica sera, quando rivolgemmo l'invito di portarsi nella stan­za della preghiera, un numero di cuori assetati di Dio e di perdono si avvici­narono a Lui e molti di essi furono sotto la potenza divina dello Spirito Santo. Almeno tre di essi ricevettero il Battesimo nello Spirito Santo, con i segni che lo accompagnano. Da quel giorno altri otto nelle nostre riunioni hanno avuto la stessa benedizione celeste. Uno degli ultimi che ricevette il Battesimo fu un giovane. Era bello vederlo lì in ginocchio, con le mani levate al cielo, gli occhi chiusi intensamente assorto nella preghiera, mentre dalle sue labbra uscivano parole di una lingua a lui sconosciuta : « Io vedo ! Io vedo !», diceva il giovane in un inglese perfetto ; e noi sapevamo che non conosceva una sola parola di quella lingua.

Lingua ebraica

Quando ero nel Canada per un corso di predicazioni, presi parte alle sedute di una conferenza di chiesa, a Toronto. In uno dei servizi serali, la signorina Beatrice Sims, missionaria evangelista, volle raccontarmi una meravigliosa esperienza della sua vita. Mi disse che un giorno, mentre stava pregando per la guarigione di un malato, si accorse che dalle sue labbra uscivano parole di una lingua che ella non conosceva affatto. Vicino a lei era suo padre, allora contrarissimo al Battesimo nello Spirito Santo. Egli era anche uno studioso di lingua ebraica e disse che le parole pronunciate dalla figlia appartenevano a quella lingua. La meraviglia in lui era stata anche maggiore perché la figlia aveva citato Genesi 2 :7 : « Gli soffiò nelle narici un alito di vite », nella forma plurale come è nel testo ebraico, e non « di vita » al singolare, come è nella Versione che abbiamo noi.

Prima d'allora, avevo tenuto delle riunioni per conto di un ministro del­la chiesa di S. Bernardino di California. Conoscevo molto bene quel mini­stro e sapevo che potevo dare tutto il credito alle sue parole. Egli mi rac­contò quanto segue :

Qualche tempo prima nella sua chiesa erano state celebrate delle noz­ze. Una donna cattolica che si era trovata presente, era rimasta favorevol­mente impressionata dal rito e la domenica seguente era tornata di nuovo ín chiesa. In quella assemblea ci fu un messaggio in lingue con la relativa interpretazione. Ella affermò che la lingua usata per quel suo messaggio era la lingua ebraica da lei conosciuta molto bene. Effetto di questo mera­viglioso Dono del Signore fu la conversione di quella donna, la sua salvezza.

Altro esempio importante viene riferito da Lewis Rudner, un ebreo au­straliano, che al tempo in cui avvenne il fatto era in America da sei anni. Un giorno di pioggia — racconta — egli si trovò a passare vicino alla mis­sione di Seattle a Washington. Vedendo la parola « Welcome » scritta a grandi lettere sulla porta d'ingresso della missione, entrò per evitare di ba­gnarsi. La comunità allora stava pregando. Pochi istanti dopo che egli era lì, udì l'oratore che ripeteva in Ebraico il capitolo 53 di Isaia. Dopo di quel­lo, una donna che seppe poi essere la moglie del predicatore, cantò, sem­pre in Ebraico, l'inno che gli Israeliti cantano il Primo Giorno dell'Anno. Dopo la donna, si alzò una ragazzina di circa dodici anni che recitò prima il Salmo dodicesimo e poi il sesto. In fine, si fece avanti una donna, dall'ap­parenza scandinava, che, puntando un dito nella sua direzione, gli disse che era perduto e che se voleva salvarsi l'anima doveva tornare a Dio. « Tutto questo avvenne nel breve tempo del servizio, — racconta egli — e le lacrime scorrevano abbondanti e dolci per le mie guance. Lì tutti parlavano nel­la mia lingua, eppure quella gente non era ebrea ; quella non era una sina­goga ». Terminato il servizio, mi avvicinai al predicatore per chiedergli se per caso egli fosse ebreo. « No, — mi disse — sono di origine tedesca ». Vol­li sapere se avesse studiato lingua ebraica, e mi rispose che non conosceva nessuna parola di quella lingua. « Eppure, — dissi io — voi avete parlato proprio come uno che è nato e vissuto tra i giudei del mio paese ».

Saputo dall'oratore, che era il signor Junk, che Dio gli aveva parlato per mezzo suo, Rudner si inginocchiò per pregare. Tutti quelli che erano at­torno a lui cominciarono di nuovo un canto ebraico spingendolo a dare il cuore a Dio e a cercare la salvezza della sua anima. « Parlavano, cantava­no tutti nella mia lingua — dice commosso il signor Rudner — senza com­prendere una sola parola di essa. Essi pregarono in ginocchio assieme a me, implorando per me misericordia. Sono ormai convertito ed ora sono un felice cristiano ».

Lingua Indiana

Altro esempio mirabile di questo Dono del Signore lo ho udito dal si­gnor Robertson, ministro di San Bernardino, di cui ho accennato sopra.

Un cristiano della città nella quale egli si era trovato come pastore, si era persuaso che il Movimento Pentecostale non fosse che un grave er­rore. Una sera si presentò deciso alla riunione portando la Bibbia per di­mostrare la fondatezza di quanto egli affermava. Durante quel servizio, pe­rò, il Signore concesse un messaggio nella lingue indiana che egli conosce­va molto bene. Era uno dei « segni dati per chi non crede » e il risultato fu che egli chiese subito il Battesimo nello Spirito Santo e poco dopo lo ricevette.

Un fatto in cui la lingua indiana fu usata proprio per parlare ad india­ni viene riferito da Stanley H. Frodsham.

« Uno dei primi a ricevere allora il Battesimo fu il pastore A. G. Ward, che si portò a predicare il Vangelo agli indiani della Riserva Fisher River. Egli per parlare loro era costretto a servirsi di un interprete. Un giorno, mentre predicava sotto la potenza dello Spirito Santo, cominciò a parlare una lingua nuova. L'interprete restò interdetto e si mise a gridare : Ma voi parlate la nostra lingua! Fu una vera scossa per tutti i presenti. Questa ma­nifestazione della potenza divina fece grande effetto su quel popolo ».

Altro caso viene riferito dalla signora W. D. Yerger. « In una campa­gna a Fenix, Arizona, — dice la donna — la gente aveva fatto ritorno al­le loro case. Solo pochissimi si erano fermati quella sera fino alla mezza­notte. L'evangelista s'intratteneva presso l'altare con una nota personalità del paese. All'improvviso, dal centro della sala, mi mosse una donna e ven­ne davanti all'altare. Lì, sotto la potenza dello Spirito Santo, dette un mes­saggio in lingua e fece ritorno al suo posto.

« Nei banchi c'erano tre ragazze Apaches. Una di esse udendo le paro­le della donna che aveva dato il messaggio, tese le orecchie e si mostrò molto interessata a quel che diceva. La donna del messaggio si sentì spin­ta a farsi avanti di nuovo e ripeterlo. L'indiana si mosse dal posto e fece qualche passo verso di noi. I suoi occhi erano l'espressione della meravi­glia. Per la terza volta la donna del messaggio tornò a ripetere le sue parole. L'indiana allora con voce soffocata gridò : « Questa donna parla la mia lingua. Dice che Gesù sta per venire ; che noi tre ragazze indiane dobbia­mo prepararci ».

Inglese parlato da un cinese

Harold Horton racconta il fatto seguente :

« Uno studioso cinese di una settantina d'anni fa, un certo Wang, rice­vette il Battesimo nello Spirito Santo, a Luh Hsi. Cina, nel 1927. Parlan­do in altre lingue, egli si servì correttamente dell'inglese, sebbene non co­noscesse neppure una parola di questa lingua. Le sue parole vengono ri­portate alla lettera dal missionario che le udì. « Quelli che camminano con Lui in bianco — diceva — e saranno a Lui fedeli, ascenderanno alla Sua presenza, quando apparirà. Ecco, Egli viene presto ». Wang non aveva udi­to parlare della seconda venuta del Cristo ».

L'Indostano

Non molti anni fa, io e mia moglie eravamo in una città del Nord in Inghilterra. Tenevamo una campagna evangelistica. Erano stati organizzati un certo numero di riunioni di preghiera per quanti avessero voluto la pie­nezza dello Spirito Santo. Mentre io mi trattenevo in maniera assieme da uno che cercava intensamente il Signore, mia moglie disse alcune parole in una lingua che nessuno di noi conosceva. Per caso si trovava presente una donna che col marito aveva passato in India molti anni. Ella udì le paro­le del messaggio dato da mia moglie e, dopo il servizio religioso, le chiese se conoscesse l'indostano. Quando seppe che non conosceva quella lingua, restò stupita e disse che si trattava dell'indostano più puro. Quelle parole contenevano una grande lode a Dio per le Sue infinite, meravigliose mise­ricordie.

Lingua messicana

Nel suo libro Nei Giorni dell'Ultima Pioggia », il pastore T. B. Bar­ratt racconta : « Il signor Gilbert E. Farr riferisce che quando egli frequen­tava la missione di Houston nel Texas, un giovane parlò per oltre cinque minuti in una lingua a lui del tutto sconosciuta. Era sotto la potenza dello Spirito Santo. Quando fu rivolto l'invito a tutti quelli che cercavano il Si­gnore, si fece avanti verso l'altare un Messicano che, in un inglese stenta­to, disse : Io sono un peccatore. Sono cattolico e non sono cristiano ». Si pregò assieme a lui ed egli divenne un felice cristiano con i segni eviden­ti della salvezza sul volto e nel suo comportamento.

Agli esempi che abbiamo riferito se ne potrebbero aggiungere molti e molti altri, ma pensiamo che per una mente libera da prevenzioni, quelli che abbiamo dato siano più che sufficienti. Il Dono delle Lingue dunque non consiste nell'uso di suoni spesso inarticolati e senza senso. Una diffi­coltà potrebbe essere data per alcuni dal fatto che la « lingua » alle volte appare una monotona ripetizione di suoni simili tra loro. La spiegazione po­trebbe essere questa : la « lingua » serve soprattutto ad esprimere lode a Dio. Se si loda ripetutamente Dio in inglese, per esempio si udiranno un considerevole numero di suoni simili. Questo avviene con qualsiasi altra lin­gua della terra.

Per concludere, possiamo chiederci ancora perché in questo nostro se­colo ventesimo Dio manifesti la Sua potenza, e perché anche la parte fisica o i membri del corpo di quelli ai quali Egli manifesta se stesso mettano in evidenza il loro contatto con la Divinità?

Quando la potenza di Dio venne su Sansone, egli ebbe più forza di mol­ti uomini messi assieme. La parte fisica di Sansone, dunque, reagì al con­tatto con lo Spirito di Dio. Daniele, avvicinato dal Visitatore celeste, la fac­cia del quale era splendente e folgorante, sentì venir meno le sue forze, finché una mano lo toccò. Il suo corpo, non meno che il suo spirito, fu in­fluenzato da quella rivelazione soprannaturale (Daniele 10:8-10). La rive­lazione di Geremia fu tale che egli potè dire : « Il cuore mi si spezza in se­no, tutte le mie ossa tremano ; io sono come un ubriaco, come un uomo sopraffatto dal vino, a cagione dell'Eterno e a cagione delle Sue parole san­te » (Geremia 23 :9).

Mi chiedo che cosa potrebbero dire davanti a Geremia che si dichiara come ubriaco, quelli che nel nostro secolo hanno il coraggio di schierarsi contro questo santo Dono Pentecostale. Geremia dice che « si sente come ubriaco » e che « tutte le sue ossa tremano », sotto la potente rivelazione di Dio e della Sua Parola.

Habacuc afferma che quando ebbe udito il messaggio divino, tutto il suo essere fu oppresso da un terrore della divina presenza : « Ho udito, e le mie viscere fremono, le mie labbra tremano a quella voce ; un tarlo m'en­tra nelle ossa, e io tremo qui dove sto » (Habacuc 3 :16). E' l'esperienza del soprannaturale e questa esperienza della presenza divina non è riservata so­lo a pochi : sono molti quelli che, dal tempo di Habacuc a noi, hanno pro­vato questo timore e tremore quando si sono avvicinati a Dio ; il loro fisico ha preso parte a quella esperienza, ha sentito il tocco del soprannaturale. Se il nostro corpo mortale si scuote e trema sotto l'azione di una scossa elettrica normale, perché non dovrebbe reagire quando viene a contatto con la dinamica potente, la forza del soprannaturale?

Nel giorno della Pentecoste, quando lo Spirito Santo li riempì, apostoli e discepoli apparvero ai presenti come ubriachi (Atti 2:13-15). Il loro corpo a stento poteva contenuere la gioia della divina unzione. I moderni opposi­tori della Pentecoste avrebbero certo trovato molto da ridire se avessero as­sistito a quello spettacolo in cielo.

Nella casa di Cornelio la manifestazione del soprannaturale fu così im­ponente e il Dono delle Lingue tanto evidente che « quelli della circonci­sione » furono costretti a dichiarare che quella effusione divina dello Spiri­to Santo era dello stesso genere di quella che avevano ricevuto gli apostoli ed altri, circa otto anni prima a Gerusalemme. E fu proprio su questa base che qualche giorno dopo Pietro, per giustificare se stesso che era andato ai Gentili col messaggio evangelico, disse : « E come avevo cominciato a par­lare, lo Spirito Santo scese su loro, come era sceso su noi da principio... Se dunque Iddio ha dato loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che ab­biamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio »? (Atti 11 :15, 17).

E se Iddio, nel pieno esercizio della Sua divina prerogativa, sceglie di da­re « un Suo dono » a quelli che si umiliano oggi davanti alla Sua santità e grandezza ; a quelli che bramano la pienezza del Suo Spirito », chi siamo noi che osiamo opporci al Suo divino Volere?

 

 

IL DONO DELL'INTERPRETAZIONE DELLE LINGUE

 

 (1) Fine di questo Dono.

Veniamo a parlare finalmente dell'ultimo dei nove Doni dello Spirito Santo. « Ad un altro, l'interpretazione delle lingue » (1 Corinzi 12 :10).

Questo pure è un Dono soprannaturale, e non consiste nella più o meno spiccata capacità di apprendere il significato delle lingue straniere. Se fosse così, chi parla lingue non riceverebbe dalla Scrittura la raccomanda­zione di pregare per ottenere ]a interpretazione delle medesime : « Chi parla in altra lingua — dice l'apostolo — preghi di poter interpretare » (1 Corin­zi 14:13). Se egli conoscesse la lingua che parla non avrebbe bisogno di un altro Dono per spiegare ciò che dice in quella lingua.

E non si tratta neppure di una naturale disposizione a interpretare o spiegare la Parola di Dio. E' un Dono che lo Spirito concede solo perché sia riprodotto nel linguaggio degli ascoltatori quanto viene detto nella « nuo­va lingua ». Si tratta di un Dono del tutto soprannaturale. Si deve tener pre­sente che l'interprete potrebbe non comprendere la « lingua » che sta inter­pretando. La sua spiegazione è soprannaturale e viene direttamente da Dio quando quel che è stato rivelato per mezzo de] Dono delle Lingue. L'interpre­tazione dunque è un miracolo come l'esprimersi in lingue. Non è necessario che l'interprete faccia attenzione alle parole e alle sillabe che ha udito e che deve interpretare. Anche se lo facesse, non capirebbe nulla, trattandosi quasi certamente di una lingua che egli non conosce affatto. Egli ha bisogno di ri­volgersi a Dio perché gli faccia conoscere il significato della « lingua » che de­ve interpretare ; egli dipende da Lui, come dipende da Dio chi parla in lingue.

Senza l'Interpretazione, il Dono delle Lingue non avrebbe alcuna uti­lità per la Chiesa. Il ministerio di questo Dono sarebbe del tutto impossibile. Lo dice chiaramente Paolo : « Se non v'è chi interpreti, si tacciano nella Chiesa e parlino a se stessi e a Dio » (1 Corinzi 14:28). Senza il Dono del­l'Interpretazione, quello delle Lingue non servirebbe ad edificare la Chiesa (1 Corinzi 14 :5). Ecco perché dobbiamo dare molta importanza a questo Do­no divino. Se esso venisse meno, perchè l'uomo non osa o perché non si ha fede sufficiente, il Dono delle Lingue, almeno nel suo esercizio pubblico, a poco a poco, varrebbe meno, per mancanza di uso e di utilità pubblica. E forse proprio nel timore degli uomini, nella loro mancanza di una fede viva, dobbiamo ricercare la quasi scomparsa nella Chiesa dei Doni di espressio­ne soprannaturale. Essi, come abbiamo visto, non hanno avuto quella conti­nuità che avrebbero meritato, anche se di tanto in tanto, in periodi di Ri­sveglio spirituale, Dio li abbia fatti riapparire nella Sua Chiesa.

E' degno di nota il fatto che i due Doni delle Lingue e della Interpre­tazione costituiscono come una caratteristica di questa nostra Dispensazio­ne. Sono due Doni che non trovano riscontro nel Vecchio Testamento. Come a molti altri, per esempio, a Salomone venne dato il Dono della Sapienza ; a Mosè, la Parola di Conoscenza ; ad Elia, il Dono della Fede ; ad Eliseo, il

Dono delle Guarigioni ; a Mosè, quello dei Miracoli ; a tutti i profeti del Vec­chio Testamento, il Dono della Profezia e a Michea il Dono del Discernimen­to degli spiriti. Non troviamo nessuno che abbia avuto il Dono delle Lingue o della loro Interpretazione.

Mediante il Dono delle Lingue e quello della loro Interpretazione, venne annullata la confusione delle lingue che ebbe origine alla Torre di Ba­bele, e, nel suo esercizio, l'interpretazione delle lingue rappresenta il trionfo della redenzione sulla debolezza umana.

Verrà il giorno in cui il Signore « muterà in labbra pure le labbra dei popoli, affinché tutti invochino il nome dell'Eterno, per servirlo di pari con­sentimento » (Sofonia 3 :9). Come molto bene spiega uno scrittore : « La so­vranità divina che rivelò se stessa al tempo della Torre di Babele, torna a rivelarsi al momento della Pentecoste. Essa rappresenta il pieno, perfetto trionfo, almeno temporaneo e potenzialmente definitivo, della grazia reden­trice di tutto l'essere umano. La bandiera del Vincitore è stata issata sulla parte conquistata, quella che Bunyan chiama, nella "Guerra Santa", Porta Bocca ».

Dopo questa nostra introduzione, esaminiamo ora quale potrebbe es­sere il fine di questo Dono dello Spirito Santo. Naturalmente il fine dipende interamente da quello delle Lingue e non avrebbe alcun significato senza quello. Sotto questo aspetto il Dono della Interpretazione delle Lingue è u­nico nel suo genere : tutti gli altri sono indipendenti tra loro ; anche il Dono delle Lingue può considerarsi indipendente, sebbene, come abbiamo visto, sia limitato nella sua utilità. Esso può esistere senza il Dono dell'Interpretazio­ne, poiché il suo fine non è soltanto quello di edificare la Chiesa.

Il fine particolare del Dono dell'Interpretazione delle Lingue, dunque, è molto evidente : esso serve a rendere intelligibile agli altri il Dono delle Lingue. « Poiché chi profetizza — dice l'apostolo Paolo — è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch'egli interpreti, affinché la Chiesa ne riceva edificazione » (1 Corinzi 14 :5). In tutto il capitolo 14 della prima lettera ai Corinzi non si fa altro che inculcare e insistere sul fatto che un messaggio in lingue senza la relativa interpretazione non avrebbe alcuna utilità pratica per la Chiesa (vedi vv. 5, 12-17, 27).

Il Dono soprannaturale e spirituale di cui stiamo parlando ha la stessa funzione della spiegazione naturale di una lingua sconosciuta. Se uno, per esempio, parlasse tedesco davanti ad un'assemblea composta da persone di lingua inglese, sarebbe necessario un interprete. La differenza sta nel fatto che il Dono viene concesso in modo soprannaturale come tutti i Doni del­lo Spirito Santo, mentre quello che facesse da interprete nell'assemblea da noi accennata potrebbe conoscere il tedesco perché di quella nazione o per averlo studiato. Il Dono dell'Interpretazione delle Lingue rende la persona capace di Interpretare ogni specie di lingua. Chi spiega non fa attenzione alla grammatica o alla sintassi della lingua che è stata usata per il messag­gio ; egli non si cura delle parole e delle sillabe di quella lingua, come fareb­be chi facesse da interprete per una sua cognizione naturale : chi interpre­ta deve solo rivolgersi allo Spirito del Signore, perché è Lui che dà ]a Inter­pretazione della Lingua.

Il Dono, come abbiamo già detto, non ha soltanto il fine di edificare la Chiesa : esso tende anche a far comprendere il significato della lingua usata a colui che la usa. Il Dono dell'Interpretazione quindi gli rende com­prensibile quello che è già servito per l'edificazione del suo spirito. « Perciò — dice Paolo — chi parla in altra lingua, preghi di poter interpretare. Poiché, se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligen­za rimane infruttuosa » (1 Corinzi 14 :13).

Ora è necessario vedere in che modo il Dono dell'Interpretazione del­le Lingue viene concesso ». E' già stato detto che non si tratta della interpre­tazione naturale di una lingua sconosciuta ; l'interpretazione infatti in que­sto caso non viene per via di cognizioni umanamente acquisite ma per via di una rivelazione da parte dello Spirito Santo. Il Dono dunque è regolato dal­le stesse norme che regolano la Profezia e le altre « espressioni ispirate ».

Senza dubbio, nell'esercizio di questo Dono, l'intervento dello Spirito Santo sarà della stessa natura ed intensità di quello che è stato necessario nel Dono delle Lingue. Nello spirito del credente del quale Dio si servirà per l'interpretazione ci sarà una risposta immediata a quel che è stato espresso in lingue. L'acqua non potrebbe salire più in alto della sua sorgente, così, per solito, l'interpretazione non avrà maggiore unzione spirituale di quella avuta dal messaggio in lingue che l'ha preceduta. E' bene dunque che chi ministra mediante il Dono delle Lingue sappia attendere 1' unzione divina prima di parlare. E' possibile infatti esercitare un Dono spirituale senza es­sere a contatto con Dio. E' questo il caso accennato da Paolo quando dice : « Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un rame risonante o uno squillante cimbalo » (1 Corinzi 13 :1).

In alcuni casi l'Interpretazione viene concessa in forma di visione da parte di Dio. Ricordiamo che questo era il modo abituale col quale i profeti della vecchia Dispensazione ricevevano le rivelazioni da Dio. Proprio per que­sto, allora, il profeta era chiamato anche « il veggente ». Ricordo che qual­che anno fa un giovane venne benedetto dal Signore con il Dono dell'In­terpretazione delle Lingue. Un giorno gli chiesi in che modo egli riceveva questo Dono. Rispose che vedeva delle parole scritte davanti a lui come su di uno schermo. Egli non faceva altro che leggerle a voce alta.

La maggior parte degli Interpreti però sente in sé una spinta interiore da parte dello Spirito Santo che li costringe a parlare, essi parlano allora si­curi che lo Spirito del Signore metterà le parole giuste sulle loro labbra. Le parole, le sillabe di quelle restano alla loro mente sconosciute finché non arrivano alle loro orecchie, e questo allo stesso istante che le odono gli al­tri. In tal modo l'Interprete si abbandona completamente allo Spirito Santo e non fa che seguire quanto Egli gli suggerisce momento per momento. Il modo in cui viene ricevuto questo Dono dell'Interpretazione è molto simile a quello col quale viene ricevuto il messaggio in lingue : chi interpreta spes­so non comprende la stessa interpretazione o almeno non la detta, sebbene potrebbe trattarsi anche di un linguaggio a lui noto. La sua lingua si muove secondo l'impulso che riceve dallo Spirito Santo. Potrebbe essere raffigurato ad un auto controllata perfettamente da chi la guida.

Forse c'è anche un terzo modo, sebbene meno frequente, nel quale lo Spirito di Dio imparte il Dono dell'Interpretazione di una Lingua. Esso potrebbe consistere nel pressante suggerimento nella mente di chi interpre­ta. Questi, in tal caso, è lasciato libero di scegliere le parole che ritiene adat­te ad esprimere la rivelazione data. Qualcuno potrebbe considerare ciò una forma inferiore del Dono, perché abitualmente, quando il profeta o l'inter­prete sono sotto l'unzione dello Spirito, assurgono ad una eloquenza molto più elevata, usano termini che superano di molto le loro capacità linguisti­che o culturali.

In tutti i casi, l'Interprete non deve dimenticare di saper attendere il Signore, prima di parlare. Egli deve sentire che il suo spirito è in piena corrispondenza con lo Spirito di Dio. Non dimentichiamo le gravi minacce fat­te ai profeti stolti che « seguono il loro spirito, e parlano di cose che non han­no vedute... che dicono : — L'Eterno ha detto ! — mentre l'Eterno non li ha mandati » (Ezechiele 13 :3, 6).

L'esercizio del Dono dell'Interpretazione delle Lingue ha bisogno di molta fede per essere messo in opera. E' un principio assodato : più grande è il Dono, maggiore è la responsabilità di chi lo possiede. Ora, molti che hanno questo Dono divino, per timore degli uomini e delle loro eventuali bef­fe, lasciano che il loro spirito taccia. Ricordiamo a questi che sono dei sempli­ci custodi e depositari dei Doni che Dio ha loro concesso e che non debbo­no conservare o nascondere questi Doni soprannaturali. Non possono sotter­rarli per timore dell'opinione o di quel che diranno gli uomini ; non posso­no conservare « in un fazzoletto » la perla preziosa che è stata loro affidata (Matteo 25 :25 ; Luca 19 :20), come i servi stolti della parabola.

Perfino Timoteo ebbe bisogno di essere spronato dalla ingiunzione apostolica di Paolo : « Ti ricordo — dice Paolo al discepolo — di ravvisare il dono di Dio che è in te », e gli rammenta che « Dio ci ha dato uno spirito non di timidità » (2 Timoteo 1:6, 7). Se dunque Dio non è autore di questa esitazione o timore, lo sarà certamente il diavolo. Perciò, l'Interprete « deve ravvivare il dono di Dio che è in lui » ; egli deve resistere al diavolo perché questo se ne fugga battuto.

 

 (2) Difficoltà che si fanno contro questo dono.

Con questo capitolo intendiamo risolvere alcune delle più importanti difficoltà che si usano contro il Dono che stiamo ora studiando.

La prima di esse riguarda il fatto che, in alcuni casi, il messaggio in lingua appare più breve o più lungo della sua spiegazione mediante il Do­no dell'Interpretazione. La ragione potrebbe essere di due specie: prima di tutto bisognerebbe ricordare che il Dono della Interpretazione non viene mai detto Dono della Traduzione. Tradurre significa prendere il significato di una lingua e portarlo, parola per parola, in un'altra lingua. Nella tradu­zione si cercano i corrispondenti costrutti grammaticali e sintattici. La in­terpretazione o la spiegazione di un passo o di uno scritto consiste nel ren­dere accessibile e chiaro il significato di quel passo o scritto a chi non po­trebbe capirlo se fosse lasciato come sta. E' naturale che la spiegazione po­trebbe essere più breve o più lunga dell'originale. Il termine greco usato in questo caso per indicare il Dono della Interpretazione è « hermeneia » cioè « spiegazione ». E si tratta proprio di spiegare il significato di quanto è sta­to detto o visto in un momento di estasi; si tratta di rendere accessibile il significato del messaggio divino.

Giuseppe, per esempio, interpretò i sogni del coppiere e del panettiere di Faraone e poi il sogno di Faraone stesso. Gesù detta la spiegazione della parabola del seme e del seminatore, quando tradusse il senso letterale di questa parabola nel suo significato spirituale. Possiamo constatare quindi che senza alterare affatto il significato originale del messaggio, lo Spirito Santo, per mezzo del Dono della Interpretazione, ci offre un significato più ampio e più chiaro. Questo perché chi interpreta non traduce alla lettera, parola per parola, ma mediante l'intervento superiore dello Spirito di Dio, spiega il significato della « lingua » usata per il messaggio. Potrebbe essere che nella spiegazione del messaggio si rivelino necessarie altre espressioni, altri dettagli che non alterano il primo significato ma sono molto utili per la sua comprensione. Ciò avviene anche nelle cosiddette « libere traduzio­ni », e questa potrebbe essere proprio « una libera traduzione » del messag­gio divino.

Nel Nuovo Testamento possiamo vedere un esempio di ciò in alcune citazioni del Vecchio Testamento. Alle volte, lo Spirito Santo, che è l'Auto­re del Vecchio e del Nuovo Testamento e che naturalmente conosce molto bene il significato nascosto nella Sua Parola, dà citando nel Greco del Nuo­vo Testamento, una spiegazione più ampia e chiara del testo Ebraico. Per esempio, Isaia scrive: « Ed egli disse: " Va ", e di' a questo popolo: Ascol­tate, sì, ma senza capire; guardate, sì ma senza discernere! Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli oc­chi, in guisa che non vegga con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda col cuore, non si converta e non sia guarito »! (Isaia 6:9, 10).

Quando Gesù citò questo passo, si espresse così: « Udrete con i vostri occhi e non intenderete ; guarderete co' i vostri occhi e non vedrete; perché il cuore di questo popolo s'è fatto insensibile, son divenuti duri d'orecchi ed hanno chiuso gli occhi, che talora non veggano con gli occhi e non oda­no con gli orecchi e non intendano col cuore e non si convertano, ed io non li guarisca » (Marco 13:14, 15). Nel testo originale ebraico abbiamo 22 parole; in quello greco, 49; nella versione inglese, 68. Possiamo vedere dun­que che anche le traduzioni dello stesso passo, in alcuni casi, sono molto differenti tra loro. E' naturale che la spiegazione dello stesso passo potreb­be essere molto più lunga del testo originale, trattandosi di una traduzio­ne molto più libera.

Un esempio di differenza tra spiegazione e traduzione possiamo vederlo nel passo Ebrei 12:26. Lo scrivente cita Aggeo 2:6: « Ancora una volta —d ice il testo ebraico — fra poco, io farò tremare i cieli, la terra». Ed ecco la traduzione quasi alla lettera, che ne dà Gesù: « Ancora una volta farò tre­mare non solo la terra, ma anche il cielo ». La traduzione è quasi identica, per lunghezza, al testo originale; ma differisce molto perché Egli aggiunge parole di spiegazione: « Or questo ancora una volta indica la rimozione delle cose scosse, come di cose fatte, onde sussistano quelle che non sono scosse » (Ebrei 12:26, 27). Nel testo ebraico di Aggeo sono solo 9 parole: nella citazione greca, sono dodici; nella traduzione inglese, tredici; nella spiegazione intera che ne dà la Scrittura ne abbiamo ben 42.

La constatazione che la traduzione può essere molto più lunga dell'ori­ginale, mi richiama alla mente quel che accadde qualche anno fa, mentre in Svizzera prendevo parte ad una Convenzione. L'oratore parlava in inglese e le sue parole venivano tradotte contemporaneamente in francese e in te­desco, Si notò ben presto che la traduzione tedesca era spesso più lunga di quella francese. Il motivo fu spiegato da uno Svizzero che conosceva bene l'una e l'altra lingua: ci disse che l'interprete tedesco aggiungeva spesso del­le parole di spiegazione, parole che riteneva necessarie per la migliore com­prensione del messaggio. La sua era dunque non una traduzione, ma una ve­ra interpretazione.

Naturalmente il Dono della Interpretazione potrebbe essere, e alle vol­te lo è realmente, una traduzione letterale del messaggio dato in lingua, ma in altri casi potrebbe essere una vera libera spiegazione. Lo Spirito Santo è padrone di usare le parole che ritiene più adatte. Sono stati citati casi in cui qualcuno dei presenti conosceva la lingue nella quale veniva dato il messaggio soprannaturale. Questa persona poteva verificare l'esattezza della interpretazione che ne veniva data da chi possedeva il Dono della Inter­pretazione. Spessissimo questa corrispondeva perfettamente alla lingua del messaggio: si trattava quasi sempre di una traduzione molto letterale. Il si­gnificato poi era sempre identico.

L'altra ragione per cui l'interpretazione potrebbe avere una lunghezza molto maggiore del messaggio in lingua va ricercata nel fatto che chi in­terpreta è spesso rivestito anche del Dono della Profezia. Egli potrebbe ag­giungere alla interpretazione del messaggio in lingue qualche cosa che gli viene rivelata direttamente dallo Spirito. Sarebbe meglio forse che, per quan­to è possibile, tra i due messaggi ci fosse una netta separazione. La loro unione potrebbe causare una certa confusione nella mente di quelli che, non preparati, si trovassero per caso presenti. Ma non siamo noi che dobbiamo dettare leggi in questa materia nella quale lo Spirito Santo è padrone as­soluto.

Un'altra difficoltà potrebbe sorgere contro questo Dono dalle parole di Paolo: « E uno interpreti » (1 Corinzi 14:27). Alcuni sostengono che con que­ste parole Paolo vorrebbe autorizzare la pratica d'incaricare qualcuno della chiesa ad esercitare l'ufficio di Interprete. Non mancano quelli che in que­ste parole vedano un senso molto più ampio. La parola greca che qui viene tradotta per « uno » è « eis », cioè un aggettivo numerale. E' lo stesso ag­gettivo numerale che viene usato all'inizio della frase: « Se c'è chi (qual­cuno) parla in altra lingua, siano due o tre al più, a farlo ». Quale è dunque il vero significato delle parole dell'apostolo?

Il numerale « uno » (« eis ») è messo in contrapposizione con due o tre che parlano in lingua. Egli vuole evitare che nello stesso tempo si abbiano nella chiesa due o più spiegazioni dello stesso messaggio. Non si preoccupa quindi di porre l'accento sul fatto che nella chiesa ci sia chi interpreti il messaggio, ma che ci sia uno solo e non due o tre che lo facciano. Non vuole assolutamente che il messaggio sia interpretato da più persone nello stesso tempo. Il versetto 27 potrebbe essere parafrasato in questo modo: « Se c'è chi parla in lingua, in ogni riunione parlino solo uno, due o al mas­simo tre; dovranno farlo poi uno dopo l'altro e non contemporaneamente. E ci sia una persona, e non più di una, che interpreti, volta per volta, quel­lo che viene detto in lingua ».

Questa spiegazione o interpretazione del passo si ricava anche dal resto del capitolo: « Perciò — dice Paolo in questo capitolo — chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare ... e così poiché siete bramosi de' doni spirituali, cercate di abbondarne per l'edificazione della chiesa » (1 Corinzi 14:12, 13): Sembra dunque che il piano di Dio vorrebbe che tanti riceves­sero il dono dell'interpretazione quanti hanno ricevuto quello delle lingue. Limitare due o tre interpretazioni ad una stessa persona, significherebbe eliminare gli altri, che così non avrebbero l'opportunità di esercitare il lo­ro Dono.

Nell'ordine paolino: « Uno interpreti! », è chiaro un duplice scopo: pri­mo, evitare ogni rivalità nell'uso di questo Dono divino: anche se fossero stati due o più che potevano dare la spiegazione di un messaggio in lingua. uno solo doveva farlo; gli altri dovevano tacere. Non dovevano esserci due o più tentativi di spiegazione dello stesso messaggio. E sembra che proprio questo avvenisse nella chiesa di Corinto. Ecco forse perché l'apostolo è costretto a dire: « che dunque, fratelli? Quando vi radunate, avendo ciascun di voi... una interpretazione facciasi ogni cosa per l'edificazione della chiesa » (1 Corinzi 14:26). L'apostolo si preoccupa e li riprende per la tendenza che mostrano alla competizione: tra di loro c'erano certamente quelli che cer­cavano di far prevalere la propria interpretazione. E' certo che alcuni han­no il Dono della Interpretazione in modo molto più evidente di altri, e quan­do questi odono spiegazioni del messaggio divino, sono tentati a darne una più ampia e chiara spiegazione. Ma dovevano ricordare le parole di Paolo: « se una rivelazione è data ad uno di quelli che stanno seduti, il preceden­te si taccia » (1 Corinzi 14:30).

« Il Signore non vuole che nell'esercizio di questi Doni celesti ci sia competizione alcuna: Egli concede generosamente uguale unzione ed effica­cia ai messaggi che vengono diffusi con celeste, alta eloquenza, e a quelli che sono espressi con semplicità e umiltà ». Così ci dice Harold Horton nel­la sua opera « I Doni dello Spirito ».

L'altro fine che potrebbe essere nascosto nelle parole di Paolo. « Uno interpreti », è forse quello di assicurare che le « lingue » quando sono giu­stamente usate, abbiano sempre qualcuno che le interpreti. Nelle parole « Uno interpreti », lo Spirito Santo ci premonisce contro un'eventuale fu­tura negligenza relativa alla interpretazione dei Suoi messaggi.

Per evitare l'una e l'altra evenienza, lo Spirito di Dio dice: « Uno inter­preti » e anche: « Se una rivelazione è data ad uno di quelli che stanno se­duti, il precedente si taccia ».

A questo proposito, è degno di nota il fatto che la Scrittura non parla di ufficio di Interprete: ci sono uffici di apostolo, di profeta, di evangeli­sta, di pastore e dottore, di anziano, di diacono (Efesini 4 :11 e 1 Timoteo 3:1, 10), ma in nessun luogo leggiamo che ci sia un ufficio d'interprete.

Per concludere questo argomento, dovremmo dire che sia la ragione che la prudenza consigliano che nella Chiesa il Dono della Interpretazione delle Lingue venga concesso a persone di « provata » virtù, di grande fedeltà al Signore.

Questo ci porta a dire che il Dono delle Lingue e il Dono della Inter­pretazione dovrebbero essere posti in atto solo quando lo Spirito Santo spin­ge e solo quando la Sua divina unzione si fa sentire. L'unzione divina sarà così su colui che parla in Lingua e su quello che interpreterà il messaggio. Ricordo che qualche anno fa una persona mi diceva che quanto sentiva su di sè la potenza dello Spirito e non sapeva se doveva o no ministrare per mezzo del Dono delle Lingue, si rivolgeva al Signore per chiederGli di au­mentare la sua divina unzione nel caso che fosse messo in atto il Suo Do­no divino. Il alcuni casi sentiva che la potenza cresceva fino al punto da non poter fare a meno di parlare, e parlava in lingue sotto la potente spin­ta dello Spirito Santo. Questo è il parlare in lingue, questa è l'interpreta­zione che innalzano la comunità ad una vera, grande adorazione spirituale, adorazione impossibile a raggiungersi per mezzo della preghiera e della lo­de che sorgono spontanee dal nostro cuore umano.

 

 (3) Regole per l'uso del dono delle lingue.

Per concludere questo nostro studio è necessario dire qualcosa circa l'uso del Dono delle Lingue e del Dono della loro Interpretazione. Il capito­lo quattordicesimo della Prima Corinzi è destinato evidentemente a disci­plinare l'uso di questi due Doni, che, essendo più frequentemente distribui­ti, richiedevano più del necessario tempo ed interesse nella Comunità di Corinto.

Prima di tutto si dovrebbe notare che l'uso pubblico di questi due Doni dovrebbe essere limitato alle assemblee composte da credenti, cioè, al­la riunione di adorazione della domenica mattina, alla riunione di preghiera, alla rinuione settimanale di studio biblico. Non dovrebbero essere usati nel servizio evangelistico della domenica sera, né in altre pubbliche assemblee dove potrebbero essere presenti persone non ancora convertite.

Per dimostrare ciò basterebbe notare con quanta frequenza viene usa­ta in questo capitolo la parola « chiesa ». Essa appare almeno nove volte, ed è la traduzione del termine greco « ecclesia », che significa «raccolta», « chia­mata ». Forse non è necessario far notare che questa parola si riferisce a co­loro che sono stati « chiamati », « tirati fuori » dal peccato, dal mondo mali­gno, per divenire « credenti e seguaci » del nostro Signore Gesù Cristo. E' chiaro dunque che l'apostolo parlava delle riunioni o assemblee alle quali tutti i « chiamati », cioè « tutti i credenti » dovevano prender parte.

Ecco alcuni passi nei quali appare la parola « chiesa » :

«          Chi profetizza edifica la Chiesa » (v. 4).

«          A meno che egli interpreti, affinché la Chiesa ne riceva edificazio­ne (v. 5).

«          Cercate di abbondarne per l'edificazione della Chiesa » (v. 12).

«          Ma nella Chiesa preferisco dir cinque parole intelligibili » (v. 19).

«          Quando dunque tutta la Chiesa si raduna assieme » (v. 23).

«          E se non v'è chi interpreti, si taccino nella Chiesa » (v. 28).

Dovremmo ricordare che nei primi tempi del cristianesimo le riunioni interne non avvenivano esattamente come ai nostri giorni. Le riunioni fre­quentate solo da credenti, si tenevano ordinariamente, in case private. Spes­so troviamo la espressione « la Chiesa, che è nella tua casa » (Filippesi 2), o « la Chiesa che è nella loro casa » (Romani 16 :5). I primi cristiani, in ge­nere, non erano ricchi e forse non avevano la possibilità di acquistare dei locali per le riunioni. Essi si riunivano quindi soprattutto per adorare e per assistere alla « frazione del pane », e questo avveniva in case di singoli fede­li. Dopo la Pentecoste, continuarono « tutti i giorni essendo di pari consen­timento assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore » (Atti 2 :46). Conybeare ed Howson, scrivendo della chiesa primitiva, dicono :

« Le riunioni dei primi convertiti non avvenivano solo in determinati giorni della settimana. Esse erano molto frequenti e alle volte anche giorna­liere. I cristiani giudei si raccoglievano prima in alcune corti del tempio, dove potevano attendere alla preghiera e all'insegnamento che veniva im­partito da Pietro e da Giovanni. Poi le case private di alcuni cristiani più ricchi si aprirono per dare ai fratelli l'opportunità di riunirsi. Essi vi si rac­coglievano nelle stanze più al te e segrete e chiudevano bene le porte per timo­re dei Giudei. La forma esterna e l'ordine di quelle riunioni d'adorazione era­no certo molto diverse dalle nostre per il fatto che moltissimi dei presenti erano sotto la miracolosa unzione dello Spirito Santo. Alcuni erano pieni di ispirazione profetica ; altri erano spinti ad esternare i loro sentimenti esta­tici mediante il Dono delle Lingue « secondo che lo Spirito dava loro di espri­mersi ».

Quello che noi oggi chiameremmo servizio evangelistico era tenuto al mercato o in altri luoghi dove si raccoglieva della gente. Potremmo pensa­re così alle nostre riunioni all'aperto o alle campagne di predicazione di We­sley e Whitefield. Paolo non avrebbe certamente consigliato di parlare in lin­gue in simili luoghi ; e non leggiamo in nessuna parte che lo abbia fatto lui nelle sue pubbliche predicazioni del Vangelo. Questo, nonostante che l'apo­stolo potesse vantarsi di « parlare in lingue » più di ogni altro. Tutto ciò do­vrebbe dirci che il Dono delle Lingue e quello della Interpretazione delle medesime sono destinati principalmente all'edificazione della Chiesa. Non ab­biamo alcun accenno che questi Doni siano stati usati in riunioni evangeli­stiche. L'unico esempio in cui il Dono delle Lingue viene usato come « se­gno » per i non credenti lo abbiamo nella iniziale, grande effusione dello Spi­rito Santo il Giorno della Pentecoste e, come è già stato detto, in questo caso le lingue erano conosciute dagli ascoltatori. Perciò, nella Sua piena so­vranità. lo Spirito Santo, potrebbe, in date occasioni, parlare per mezzo di qualcuno in una lingua sconosciuta, se desidera dare con ciò un « segno » particolare a un incredulo che si trova nella riunione. In tal caso, però, co­me avvenne nel Giorno della Pentecoste, la lingua usata per il messaggio di­vino dovrebbe essere una lingua conosciuta dalla persona che non crede e dovrebbe essere compresa da questa senza bisogno di alcuna spiegazione o interpretazione da parte di altri.

In secondo luogo, il Dono delle Lingue dovrebbe essere controllato responsabilmente. Dovremmo tenere sempre in mente che quando Dio con­cede questo Suo Dono, come del resto ogni altro Suo Dono, esso diventa nostro e potrebbe essere usato bene o male, come tutti gli altri doni natu­rali che possediamo. Anche il cibo e il fuoco sono doni di Dio e della natu­ra ; di questi doni possiamo farne l'uso che vogliamo : potremmo servircene bene o male. E' necessario persuaderci che il Dono non è meno autentico e prezioso perché possiamo servirci male di esso. La Scrittura ci fa conoscere un caso di cattivo uso di questo Dono. « Quando dunque tutta la chiesa si raduna assieme — scrive l'apostolo — se tutti parlano in altre lingue, ed en­trano degli estranei o dei non credenti, non diranno essi che siete pazzi »? ( 1 Corinzi 14 :23 ). E' evidente : i credenti della chiesa di Corinto avevano bisogno di un concetto migliore, di un concetto più santo circa l'uso e il ministerio di questo Dono. Vediamo dunque che Dio nel concedere i Suoi Doni soprannaturali non toglie all'uomo la facoltà di controllarsi. Egli dà la Sua unzione divina e poi lascia la effusione di questa alla santificata sag­gezza di un cuore che è in comunione spirituale con lo Spirito Santo. Se sappiamo attendere l'unzione dello Spirito, tutto sarà fatto secondo il Suo ordine divino e la Sua divina volontà. Parlare senza la divina unzione, an­che se materialmente possibile, non avrà alcuna utilità spirituale ; significhe­rà privarsi della divina benedizione.

In alcuni casi, quelli che hanno parlato non attendendosi esattamen­te a quel che stabilisce la Scrittura, si scusano col dire di non aver potuto farne a meno, ma devono stare attenti a non dimenticare l'ammonizione se­vera della Parola di Dio che dice : « Gli spiriti de' profeti son sottoposti a' profeti » (1 Corinzi 14 :32).

I Doni Pentecostali sono dunque ben diversi dalla esaltazione, dallo stato di trance, dal fanatismo delle false religioni ; in queste cose la persona perde il controllo di se stessa, perde coscienza di quel che sta facendo o di­cendo ; mentre la manifestazione dei Doni spirituali concessi dallo Spirito Santo avviene o almeno deve avvenire con assoluta responsabilità, nel pie­no controllo di se stessi. Per questo, quando nella riunione si sono avuti due o tre messaggi in lingua, secondo la Scrittura, nessuna unzione dovreb­be apparire un incoraggiamento a darne un quarto. Il più della unzione che si avverte deve ripiegare nella preghiera, nella lode, nella fede, nel ministe­rio di questo o quel Dono divino, piuttosto che violare un preciso comando della Parola di Dio.

Terzo. Il Dono delle Lingue non dovrebbe essere usato affatto se nel­l'assemblea non è presente un interprete. « E se non v'è chi interpreti, dice la Scrittura — si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi o a Dio » (1 Co­rinzi 14:28). Cioè, chi sentisse in sé l'unzione divina la riversi nel canale del­la preghiera e della lode.

E' stato chiesto alle volte come fa uno che possiede il Dono delle Lingue ad accorgersi se nell'assemblea c'è un interprete? Non è necessario che prima parli per accorgersene? La risposta a questa difficoltà potrebbe essere triplice : 1) Si potrebbe dire che se la persona attende davvero la pre­cisa unzione dello Spirito Santo prima di parlare in lingue, non ci sarà mai pericolo di agire contro l'ordine divino, perché lo Spirito Santo sa molto bene se nella assemblea c'è o non c'è un interprete ; 2) La Scrittura stessa provvede per una tale circostanza quando dice : Chi parla in lingua, preghi di poter interpretare » (1 Corinzi 14 :13), nel caso quindi che non ci fossero altri interpreti, potrebbe farlo quello stesso che dà il messaggio in lingua ; 3) Il ministerio del Dono delle Lingue generalmente dovrebbe essere riser­vato a persone della Chiesa che siano di « provata » fedeltà. Essi naturalmen­te conosceranno se tra i fratelli presenti ci sia o no uno che abbia il Dono della Interpretazione.

Quarto. Il numero dei messaggi in lingua che possono essere comuni­cati in una riunione non dovrebbe mai superare il tre. La Scrittura dice : « Se c'è chi parla in altra lingua, siano due o tre al massimo » (1 Corinzi 14 :27).

Essa dice che debbono parlare « uno dopo l'altro », e con ciò indica chiaramente che non dovrebbe essere mai tollerata alcuna confusione o del­l'egoismo nell'esercizio di questo Dono soprannaturale. Se tre persone debbono condividere il privilegio di essere « portavoce » del messaggio divino, è evidente che ciascuna di esse deve parlare una sola volta. Certo, lo Spirito Santo è Padrone di servirsi di un solo canale ; non è affatto tenuto a spez­zare in due o tre parti il Suo messaggio.

Ancora un pensiero : Lo Spirito Santo ha detto espressamente che in alcuni casi nella chiesa ci saranno due o tre persone con il Dono delle Lin­gue e con il messaggio divino da comunicare. E' naturale che in questo caso si deve aspettare l'ispirazione dello Spirito prima di dare il secondo e poi il terzo messaggio.

Quinto. Colui che parla in lingua nuova è espressamente invitato a chiedere a Dio di poter interpretare il messaggio che ha dato in lingua. « Per­ciò — dice la Scrittura — chi parla in altra lingua, preghi di poter inter­pretare » (1 Corinzi 14 :13). Da questo possiamo ricavare che Dio non desi­dera e non vuole che il Suo messaggio o il Dono che ha concesso resti inu­tilizzato. Mentre si preoccupa che nella Chiesa non venga usato il Dono del­le Lingue se non vi è chi possa interpretare il messaggio, pensa anche a ordi­nare a chi possiede il primo di chiedere eventualmente anche il secondo Do­no. In tal modo il Dono delle Lingue sarà sempre unito a quello della loro Interpretazione. Il primo quindi non resterà mai senza il suo effetto o ino­peroso.

« Oh profondità della scienza e sapienza divina ! Come sono imper­scrutabili i Suoi giudizi ! Quanto meravigliose le Sue vie » !

Vedendo dunque che chi parla in altra lingua è invitato a pregare per darne la interpretazione, possiamo ricavarne che non agirebbe contro la Scrit­tura colui che interpretasse il messaggio che ha dato. D'altra parte però dob­biamo tener presente che la Parola di Dio si mostra propensa alla divisione e compartecipazione di molti nel ministerio di questo Dono. E' lecito conclu­dere dunque che non è antiscritturale parlare in lingua e dare l'interpre­tazione del messaggio, ma è meglio, più generoso, umile e altruistico, lascia­re ad altri l'interpretazione del messaggio che è stato dato in lingua. Natu­ralmente, questo quando nella chiesa è presente un interprete, perché, nel caso di assenza di questi, il Signore stesso vuole che il messaggio divino sia detto e interpretato dalla stessa persona.

Sesto. In qualche caso il Dono delle Lingue viene dato non per par­lare agli uomini ma a Dio « Chi parla in altra lingua, non parla agli uomini, ma a Dio » (1 Corinzi 14 :2). Da questa espressione è stato dedotto che il parlare in lingue non dovrebbe essere considerato come un messaggio da parte di Dio, e l'interpretazione che si dà di quanto viene detto in lingua dovrebbe essere espresso sotto forma di preghiera e di lode a Dio, non di esortazione. Non è difficile rispondere a questa difficoltà : basterebbe osser­vare attentamente il versetto in questione : « Perciò — dice la Scrittura —chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio ; poiché nessuno l'intende, ma in ispirito proferisce misteri ». La ragione quindi per cui chi parla in altra lingua « non parla agli uomini », è nel fatto che nessuno l'in­tende; e la ragione per cui si dice che egli parla a Dio, è nel fatto che « par­la in ispirito ».

Nel seguito del capitolo abbiamo un pisso parallelo : « Se non v'è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio » (1 Corinzi 14 : 28).

E' evidente che sarebbe impossibile parlare contemporaneamente a se stessi e a Dio. Il senso di queste parole è che, quando nella chiesa non è presente un interprete, chi ha il Dono delle Lingue dovrebbe servirsi di esso in modo tanto sereno e silenzioso che possa avvertirlo solo lui e Dio.

Si deve pensare dunque che anche quando dice che « chi parla in al­tra lingua, deve parlare a sé e a Dio », la Scrittura intende dire che il Dono dovrebbe essere usato in modo che solo Dio e chi lo possiede siano al cor­rente di quel che avviene. Non essendoci infatti un interprete, esso sarebbe solo di confusione ; gli uomini non lo capirebbero, e non è quindi per parla­re a loro che è stato dato. La capirebbe bene Dio, ed è questo il fine che in tal caso avrebbe il Dono : parlare a Dio.

Se leggiamo ancora il pensiero della Scrittura diverrà anche più chia­ro. Il Dono delle Lingue, se è accompagnato a quello della Interpretazione, viene considerato dalla Bibbia come il Dono della Profezia. « Io • bdin vorrei — dice Paolo — che tutti parlaste in altre lingue ; ma molto più che pro­fetaste ; chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch'egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione » (1 Corinzi 14:5).

Ora se i due Doni delle Lingue e della Interpretazione sono uguali al Dono della Profezia, debbono essere considerati della stessa natura e allo stesso livello. E poiché chi « profetizza parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione », (1 Corinzi 14:3), la stessa co­sa dobbiamo dire di colui che parla in altra lingua e dà l'interpretazione del suo stesso messaggio.

E questi due Doni dello Spirito Santo non sono davvero meno impor­tanti di quello della profezia nell'offrire alla chiesa edificazione e conforto. Ecco le parole stesse della Scrittura : « Anche voi, poiché siete bramosi de' doni spirituali, cercate, di abbondarne per l'edificazione della chiesa. Per­ciò, chi parla in altra lingua, preghi di poter interpretare » (1 Corinzi 14 : 12, 13).

Si potrebbe anche dire che sebbene i messaggi in lingua consistano in preghiera e lode a Dio, lo Spirito Santo dandone una appropriata interpre­tazione potrebbe rendere intellegibile la stessa lode la stessa preghiera. E' evidente quindi che « pregare » con lo Spirito ; « benedire » con lo Spirito ; « rendere grazie » con lo Spirito (1 Corinzi 14:15-17), rientra nella manifesta­zione del Dono.

Quando i centoventi magnificavano Dio nel Giorno della Pentecoste, il loro esaltare « le opere meravigliose di Dio » fu come un messaggio per i pii Giudei che erano presenti. Quando Habacuc diceva : « Tu che hai gli occhi troppo puri per sopportar la vista del male e che non puoi tollerare lo spettacolo dell'iniquità » (Habacuc 1 :13) non dava un messaggio sulla santi­tà di Dio, anche se si rivolgeva direttamente a Lui?

In tal modo possiamo vedere che l'insegnamento della Scrittura sul fatto delle Lingue è chiarissimo: esso potrebbe prendere la forma di preghie­ra, di benedizione, di ringraziamento, di edificazione di esortazione o conso­lazione, e in tutte queste forme esse, per essere conformi alla volontà dello Spirito Santo, debbono servire ad edificazione della Chiesa, mediante una adatta interpretazione.

Infine, lo Spirito Santo dice : « Fratelli,... non impedite parlare in al­tre lingue » (1 Corinzi 14:39). Questo non significa naturalmente che dob­biamo permettere un uso disordinato del Dono delle Lingue, ma che que­sto Dono benedetto non deve essere vietato e neppure ostacolato nell'adorazione della chiesa. Che cosa avrebbero da dire ora i critici? Come potrebbero avere delle difficoltà contro questo meraviglioso Dono dello Spirito Santo? Quanto sono lontani dal piano divino i servizi religiosi dei nostri giorni !

« Fratelli, — dice l'apostolo Paolo — bramate il profetare, e non impedite il parlare in altre lingue » (1 Corinzi 14 :39).

Il nostro compito è finito ; lo studio su questi meravigliosi e miraco­losi Doni dello Spirito, sebbene incompleto, è terminato. Se qualcosa di ciò che è stato scritto spingesse il lettore a « desiderare o bramare » i doni mi­gliori ; se qualcuno, dopo questa lettura, si sentisse spinto a prendere in ma­no la bandiera della Pentecoste, a tenerla stretta e bene in alto, nonostante gli attacchi e le persecuzioni, chi scrive ha raggiunto pienamento il suo sco­po. Se la Chiesa di Gesù Cristo vuol divenire « terribile come un esercito schierato a battaglia », deve rivestirsi di potenza Pentecostale ; deve arric­chirsi ed armarsi dei nove Doni soprannaturali. Allora essa sarà vittoriosa ; e porterà la libertà a coloro che oggi sono nelle tenebre, nel fango, nel pec­cato. Sorgi, dunque, levati nella potenza del tuo Signore, o dubbioso, esitan­te, debole, disperato figlio di Dio ! Indossa l'armatura del tuo Signore e sap­pi che « nessun'arma fabbricata contro di te prospererà e ogni lingua che sorgerà in giudizio contro di te, tu la condannerai. Tale è l'eredità dei servi dell'Eterno, e la giusta ricompensa che verrà loro da me, dice l'Eterno » (Isaia 54:17).

 

RIEPILOGO

Tiriamo la conclusione di tutto questo nostro studio.

Il Battesimo nello Spirito Santo è la grande caratteristica del Cristianesimo ; la caratteristica che viene posta davanti ai nostri occhi nelle pagine del Nuovo Testamento. Ora, però, generalmente parlando, il Cristianesimo attualmente potrebbe essere paragonato alla esperienza pre pentecostale; dovrebbe esserci dunque un cristianesimo che corrispondesse a quella post-pentecostale. I cristiani sono, per solito, privi di fede viva ; non hanno quella certezza interiore, quella piena convinzione interna, e nella loro vita esteriore non manifestano la fede soprannaturale che dovrebbe essere in loro.
L'uomo — dice uno scrittore — ha bisogno di potenza. E chi non ha potenza non serve... L'uomo deve avere potenza. Questa è la sua necessità suprema. Egli non potrebbe essere mai quello per il quale è stato fatto ; non potrebbe far mai quello che dovrebbe fare, senza il diritto di comandare

e          la forza di eseguire. Il Dono della potenza è l'ultima promessa di nostro Signore ; la prima dichiarazione dello Spirito : « Riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi ».

Il Dono dello Spirito è Dono di potenza, per una efficace testimonian­za, per la santità della vita, per un servizio pieno di consacrazione. Essa dà autorità, attitudine e forza nel parlare. Il Giorno della Pentecoste essi parla­vano secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi. Parlavano con autori­tà, certezza e potenza, perché erano sotto un'esperienza spirituale in cui la verità rivelata era interpretata dallo Spirito Santo.

Se non è questa l'esperienza che abbiamo noi, se non è questo il ge­nere di cristianesimo che vediamo attorno a noi, deve esserci qualcosa che non va, qualche difetto, qualche errore. Tutto ciò che non corrisponde a quanto abbiamo detto, è un cristianesimo difettoso. Anche un simile cri­stianesimo potrebbe essere vero e reale, nel suo genere e nel suo grado, ma non c'è motivo per cui dobbiamo contentarci di esso e delle sue manche­volezze. Esso non è proprio quello voluto dalla Scrittura.

Lettore, « hai ricevuto lo Spirito Santo quando hai creduto »? (Atti 19:2). Se non lo hai ricevuto, sotto voce ma con tutto l'animo, vorrei dirti che tu cerchi di fare quel che Dio non ti ha mai detto di fare : tu vorresti vivere una vita cristiana senza l'aiuto dello Spirito e della Sua potenza. Sei soddisfatto della tua esperienza cristiana? Sei un fedele testimone della po­tenza di Cristo e della Sua capacità di soddisfare e salvare? Sei un operaio personale, un testimone e un conquistatore di anime a Lui? Se non sei nulla di tutto questo, « resta in attesa... finché dall'alto sia tu rivestito di poten­za » (Luca 24 :49).    FINE

 

 

 

 

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