Charles J. E. Kingston
PROLOGO
L'apostolo Paolo divinamente ispirato, comincia il grande
capitolo sui Doni Soprannaturali dello Spirito Santo con queste precise parole
: « Circa i Doni spirituali, fratelli, non voglio che siate nella ignoranza »
(1 Corinzi 12 :1).
Nulla potrebbe essere più accecante dell'ignoranza ; essa
tiene la mente dell'uomo nelle tenebre. E' stato detto che nella sola Banca di
Scozia vi sono giacenti oltre 40.000.000 di dollari. Nessuno si fa avanti per
reclamare quel danaro, che pur gli appartiene. Questo si verifica perché chi ha
diritto a quella somma non sa neppure di possedere quel diritto. Quanti
cristiani ignorano gli infiniti tesori che Dio ha depositato per loro nella
Banca celeste ! Essi non pensano davvero a farne richiesta!
La prevenzione o le idee sbagliate impediscono a molti di
chiedere a Dio i Doni meravigliosi dello Spirito Santo.
Eppure Dio non può permettere che gli uomini ignorino le
grandi verità che Egli vuol far conoscer loro.
Alcuni espositori vorrebbero farci credere che i Doni
Spirituali sono i talenti che ogni uomo riceve al momento della nascita : doni
che debbono essere consacrati a Dio quando ci convertiamo a Lui. Per
rispondere a questa idea, basterebbe ricordare quanto dice la Scrittura, che
cioè « i doni spirituali » sono dati « mediante lo Spirito » (1 Corinzi 12
:7, 8). Il mondo non può ricevere lo Spirito di Verità « perché non Lo vede e
non Lo riconosce » (Giovanni 14 :17). E' evidente dunque che non si tratta dei
« doni naturali »che potrebbero avere anche persone non convertite.
La capacità d'imparare lingue, per esempio, non deve essere
confusa con « Il Dono delle Lingue ». Noi vediamo la presenza di questo Dono
divino in poveri pescatori che non avevano davvero studiato lingue. Gli stessi
umili pescatori avevano « Doni di Guarigioni », sebbene non avessero nessun requisito
e nessuna preparazione sanitaria. Non curavano i malati servendosi di erbe, di
unguenti o strumenti chirurgici : li curavano e guarivano « nel nome di Gesù »
(Atti 3 :6, 7).
Non mancano quelli che affermano con tutta sicurezza che «
il tempo dei miracoli è passato », che « i Doni Soprannaturali sono cessati
con la morte degli apostoli ». A parte il fatto che anche oggi è possibile
constatare che Dio, in tutte le parti della terra, dona questi Suoi divini
poteri a quanti Lo cercano con amore e sincerità, l'obbligo della prova
starebbe a quelli che osano fare tali affermazioni. In nessuna parte della
Bibbia Dio dice che i Doni dello Spirito Santo sono cessati o debbano cessare.
Egli li ha dati alla Chiesa : « A ciascuno — leggiamo in 1 Corinzi 12 :7 — è
data la manifestazione dello Spirito ». I Doni dunque sono nella Chiesa (1
Corinzi 12 :28) e in nessuna parte della Scrittura ci viene detto che Dio li
abbia tolti. In Romani 11 :29, al contrario, leggiamo : « I doni e la
vocazione di Dio sono senza pentimento ».
Davanti ad affermazioni tanto chiare ed esplicite, chi
oserebbe asserire che ciò che Dio ha concesso così generosamente una volta
adesso non c'è più?
Se poi ve ne fosse ancora bisogno, per vedere la stoltezza
di tali affermazioni, basterebbe gettare un solo sguardo alla lunga storia
della Chiesa. Essa ci dice chiaramente che i Doni Soprannaturali dello Spirito
Santo tornano a manifestarsi tutte le volte che la Chiesa di Cristo viene a
trovarsi in un rinnovato risveglio spirituale. La « Storia della Chiesa » di
Mosheim è ricchissima di fatti che stanno a dimostrare questa verità. Di essi
ne sceglierò solo alcuni.
Ecco quanto scrive del primo secolo del cristianesimo :
« Appena battezzati secondo le prescrizioni di Cristo e
consacrati a Dio per mezzo della imposizione delle mani, molti potevano
esprimersi in lingue nuove, lingue che non avevano studiato e di cui non
conoscevano nulla fino a quell'istante. Potevano predire le cose che ancora
dovevano accadere. Guarivano i malati invocando su di essi il nome di Gesù.
Richiamavano a vita persone già morte e facevano tante altre cose che non
potevano attribuirsi ad alcun potere umano ».
« La rapida diffusione del Cristianesimo nel secolo
secondo, viene attribuita dagli scrittori del tempo quasi esclusivamente alla
precisa volontà di Dio, alla forza intrinseca della verità evangelica, ai
numerosi miracoli operati dai cristiani... Gli altri Doni con i quali Dio
favoriva il sorgere e l'affermarsi della Sua Chiesa erano, come possiamo
leggere nelle numerose testimonianze di scrittori dell'epoca, ancora molto
diffusi in mezzo al popolo ».
Del terzo secolo così scrive : « Tra le cause della
diffusione della Chiesa in questo secolo, oltre alla intrinseca forza delle
celesti verità, alla consacrazione e costanza dei maestri del Cristianesimo, è
certamente quella particolare Provvidenza di Dio che, come sappiamo,
consisteva in « sogni, visioni e miracoli » che convincevano i pagani e li
spingevano a dare il loro no-me alla grande famiglia del Signore. In questo
modo molti indecisi divennero seguaci di Cristo. A tutto questo deve essere
aggiunto il potere di operar miracoli con la semplice invocazione del nome del
Salvatore, potere che avevano molti cristiani ».
Queste parole sono per noi di grande utilità perché ci
fanno conoscere in che modo avvenivano allora le conversioni al Cristianesimo.
E' chiaro quindi che i Doni miracolosi dello Spirito Santo furono molto
evidenti fino al terzo secolo della Chiesa e che l'età dei miracoli non era
davvero scomparsa con la morte degli apostoli.
Tutte le volte che si verificava un risveglio della fede
primitiva; tutte le volte che i fedeli di Cristo tornavano alla purezza e
sincerità dei primi tempi della Chiesa, Dio faceva rivivere in mezzo a loro i
Suoi Doni Soprannaturali.
Questi Doni divini — scrive il Dr. Gordon nella sua opera Il
Ministerio delle Guarigioni — circondano la culla di ogni Movimento o Riforma
spirituale. Valdesi, Moravi, Hugonotti, Battisti e Metodisti, tutti possono
vantare la presenza di questi Doni nei primi tempi della loro storia ».
Grazie a Dio, i Doni dello Spirito Santo sono anche oggi
nella Chiesa e per manifestarsi attendono cuori umili e pronti a riceverli.
Scopo dei Doni Spirituali
Necessariamente, i nove meravigliosi Doni dello Spirito che
vengono concessi alla Chiesa, debbono avere un loro fine : noi sappiamo che
Dio, in tutte le Sue opere, evita la inutile e vuota ostentazione di potenza.
Quali sono i fini che Dio si propone nella generosa
distribuzione di questi Suoi Doni?
Primo : Egli concede questi Doni Soprannaturali per dare
forza e potenza alla Chiesa. Forza e potenza che sono particolarmente
necessarie nel grande compito affidatole della predicazione del Vangelo. I Doni
divini costituiscono i « segni e prodigi » che devono far nascere negli
ascoltatori non credenti il desiderio di conoscere il messaggio dell'amore di
Dio in Cristo. Quando Mosè ed Aronne furono davanti al Faraone, operarono « un
prodigio » per costringere il sovrano a dar loro ascolto. « E l'Eterno disse a
Mosè : Quando sarai tornato in Egitto, avrai cura di fare dinanzi al Faraone
tutti i prodigi che t'ho dato potere di compiere... » (Esodo 4 :21). E quando
la Chiesa mandò i suoi uomini con la parola di riconciliazione, Dio confermava
questa con « segni e prodigi » (Marco 14: 20). E leggiamo anche che il Signore
assisteva i Suoi « concedendo che per le loro mani si facessero segni e prodigi
» (Atti 14:3).
In quel tempo il mondo era solito vedere nella religione il
soprannaturale. Le religioni pagane, come quelle dei nostri giorni, potevano
offrire ai loro iniziati la manifestazione di forze occulte e misteriose.
Stregoni, come Gianni e Mambre, al tempo di Mosè (2 Timoteo 3 :8), e Simone,
al tempo di Pietro (Atti 8 :9) ; « ingannavano il popolo ». Nessuna religione
poteva sperare di far proseliti se non mostrava alle moltitudini ignoranti la
propria forza o potenza.
Era necessario dunque che Dio desse alla Chiesa un mezzo per
farsi ascolta.. re ; per suscitare interesse attorno alle verità del Vangelo.
Il mezzo migliore sono questi Doni dello Spirito Santo.
La verga di Mosè divorò le serpeggianti verghe di Gianni e
Mambre (Esodo 7 :11, 12) ; al tempo di Pietro il Soprannaturale dello Spirito
Santo destò la gelosia e l'invidia del mago Simone (Atti 8 :18, 19) ; Gedeone
gridò : « Se l'Eterno è con noi ... dove sono tutte quelle sue meraviglie »?
(Giudici 6:13). Soltanto questa nostra generazione, dunque, sarà privata della
potenza divina, e dovrà starsene inerme davanti ai grandi sacerdoti del
materialismo e davanti all'egoismo trionfante?
Staranno i profeti di Dio con le mani inutilmente levate al
cielo vuoto e sordo, mentre i moderni adoratori di Baal fanno discendere sulla
terra i loro fuochi ingannatori? No ! Grazie a Dio, No ! Egli vive ! Vive, e
anche oggi risponde alle preghiere dei Suoi. I nove miracolosi Doni dello
Spirito Santo sono anche oggi a disposizione della Sua Chiesa .Essi sono
l'eterna testimonianza al Suo messaggio divino. Questo è vero oggi come lo
era nei primi secoli della nostra era cristiana.
Quando l'uomo dunque sarà ripieno di Spirito Santo, riceverà
« la manifestazione dello Spirito », caratteristica che lo distinguerà da
quelli che non sono figliuoli di Dio. Come il piccolo alberello della foresta
ha già in sé quelle caratteristiche che un giorno faranno di lui la grande
pianta che sfida la bufera ; come l'uccello implume del nido ha già le ali ed
i caratteri che un giorno gli permetteranno di volare per il cielo a
somiglianza dei suoi genitori, così i redenti di Dio manifesteranno quelle
caratteristiche soprannaturali che distinguono il loro Padre celeste. Lo
scrittore dell'epistola agli Ebrei dice che Cristo non si « vergogna di chiamare
fratelli » tutti i « figliuoli » di Dio. E cita poi Isaia, dicendo : « Ecco me
e i figliuoli che l'Eterno m'ha dati ; noi siam de' segni e dei presagi »
(Isaia 8 :18 ; Ebrei 2:11, 13).
« Segni e prodigi » dovranno seguire il ministerio di
Cristo? Ebbene, anche i « fratelli di Cristo», gli altri « figliuoli » della
grande famiglia di Dio, dovranno partecipare a questo divino ministerio. Inoltre,
questi Doni sono concessi perché la Chiesa abbia un fondamento solido, una base
per il suo ministerio. E questo può vedersi chiaramente nel fatto che i vari
uffici o compiti ricordati in 1 Corinzi 12 :28 hanno il loro fondamento nel
Dono concesso al singolo. « Dio — dice l'apostolo — ha costituito nella Chiesa
primieramente degli apostoli ; in secondo luogo dei profeti ; in terzo luogo
de' dottori ; poi, i miracoli ; poi i doni di guarigione, le assistenze, i doni
di governo, la diversità di lingue ». Naturalmente la capacità del singolo
individuo potrebbe riempire la Chiesa e dar gloria al predicatore, ma il
ministerio senza la pienezza dei Doni dello Spirito Santo non potrà mai
portare i cuori a Dio.
Qualche anno fa, F. B. Meyer, parlando alla Convenzione di
Northfield, disse : « Molti giovani si affannano quasi del tutto inutilmente
nell'opera del Signore, perché non pensano a darsi completamente a Lui e a
pregarLo perché Egli operi per mezzo loro ». Queste parole vennero riportate
dalla « Tribuna » e furono lette dal Dr. Chapman che, proprio in quel tempo,
esercitava il ministerio evangelistico con tanto poco successo che aveva
deciso di abbandonare tutto e tornare alla vita civile. Lette quelle parole ritirò
le sue dimissioni, si chiuse nella sua stanza e, abbandonandosi completamente
nelle mani di Dio, Lo implorò perché si servisse di lui nella Sua opera. Dio
gli dette la gioia di un grandissimo risveglio.
La Chiesa primitiva, riconoscendo che lo Spirito Santo aveva
distribuito i Suoi Doni in tutta sovranità, secondo il Suo volere, (1 Corinzi
12 :11), ammetteva anche che in questo modo Dio « costituiva » in essa i
ministeri necessari « per il perfezionamento de' santi ,per l'opera del
ministerio, per la edificazione del corpo di Cristo » (Efesini 4:11, 12). E
così « a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l'utile comune »
(1 Corinzi 12 :7). Servirsi dunque del Dono ricevuto per esaltare se stesso,
non sarebbe conforme al volere divino ; e la stessa cosa deve dirsi di chi non
si serve del Dono che ha per timore degli uomini. Non è una proprietà personale
o una proprietà della Chiesa : il Dono dello Spirito Sante viene affidato al
credente, che è responsabile davanti a Dio e alla Chiesa del modo col quale lo
amministra.
Dobbiamo ricordare, infine, che si tratta di veri Doni. Gli
apostoli si servivano di essi come di qualcosa che era stata loro
generosamente « concessa ». Quando Pietro volle guarire lo storpio che chiedeva
l'elemosina alla porta del Tempio, disse : « Dell'argento e dell'oro io non ho
; ma quello che ho te lo do : Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina »
(Atti 3 :6). Non disse : « Signore, fa' che questo povero infelice possa
camminare ». E Paolo si comportò nello stesso modo di Pietro quando si trattò
di guarire il paralitico di Listra. « Levati ritto in pié », ordinò l'apostolo
(Atti 14:10). Erano consapevoli di servirsi di qualcosa che era in loro
possesso. Sapevano di esercitare un Dono che Dio aveva dato loro per il bene di
tutti ; essi erano i proprietari di quel Dono, e come tali se ne servivano.
Nello stesso modo Cristo ordinava ai discepoli : « Sanate gli infermi »
(Matteo 10:8). Non diceva davvero : « Pregate perché Io sani gli infermi ».
Con fede viva, trionfante chiediamo, dunque, riceviamo e
serviamoci di questi Doni Soprannaturali. « Desideriamo ardentemente i doni
maggiori ». « Ricerchiamo i doni spirituali » (1 Corinzi 12 :31, 1 Corinzi 14
:1).
PAROLA DÌ SAPIENZA
Dopo queste brevi note introduttive, veniamo adesso allo
studio del primo dei nove Doni dello Spirito Santo. « A uno è data mediante lo
Spirito Parola di Sapienza » (1 Corinzi 12 :8). E' questo il primo, quello che
viene posto a capo della lista ed è, senza dubbio, uno dei « doni maggiori »
che siamo esortati a desiderare ardentemente (1 Corinzi 12 :31).
Prima di tutto bisogna notare che si tratta di un Dono
soprannaturale. Vi sono degli espositori che confondono questo Dono con la saggezza
naturale, quella saggezza che possono avere benissimo anche persone non rigenerate.
Secondo loro qui si parla solo di quella saggezza che è santificata dallo
Spirito Santo e viene posta al servizio di Cristo, quando la persona che la
possiede si converte a Cristo.
E' una spiegazione troppo semplice ; essa non fa al caso
nostro. Questo Dono, assieme agli altri otto, costituisce il rivestimento
divino che scende dall'alto sul credente, quando questi riceve lo Spirito Santo
(Luca 24 :49). Ora, poiché le persone non salvate non possono ricevere lo
Spirito Santo, (conf. Giovanni 14:17), mentre possono benissimo avere la
saggezza naturale, è evidente che il Dono di cui parliamo non deve essere
confuso con i talenti umani o la umana saggezza e prudenza di una persona, sia
questa santificata o no. Il Dono della Sapienza è dato in modo soprannaturale,
è « dato dallo Spirito » (Corinzi 19 :8), e ci viene detto anche che in questo,
come negli altri Doni, « opera dell'uno e medesimo Spirito distribuendo i Suoi doni
a ciascuno in particolare come egli vuole » (versetto 11).
Dobbiamo ricordare anche che questo Dono differisce dalla
saggezza spirituale che potrebbe essere in tutti i credenti in Cristo. In
Proverbi 9:10, leggiamo : « Il principio della sapienza è il timore dell'Eterno
». Ed è una benedizione per tutti i credenti che Cristo sia stato fatto « da
Dio Sapienza » (1 Corinzi 1 :30). E leggiamo ancora : « Se alcuno di voi manca
di sapienza, la chieda a Dio che dona a tutti liberamente senza rinfacciare, e
gli sarà donata » (1 Giacomo 1:5).
La sapienza spirituale è promessa quindi a tutti i credenti
che la chiedono a Dio, mentre il Dono della Parola di Sapienza è dato solo ad
alcuni « come egli vuole » (v. 11). E netta dunque la distinzione tra queste
due cose.
Dovremmo notare anche che questo Dono viene chiamato «
Parola di Sapienza ». Non si tratta perciò di sapienza in astratto, ma di una
sapienza particolare, di una particolare illuminazione che viene dalla Sapienza
divina, al momento del bisogno. Un uomo, per esempio, si trova nei pasticci
con la legge e telefona al suo avvocato. Questi ascolta il caso e gli dà la «
sua parola di sapienza », cioè dà un parere attinto dalla conoscenza che ha
della legge. Il consiglio dell'avvocato guiderà quest'uomo che potrebbe commettere
degli errori irreparabili. Non è necessario che l'uomo di legge esponga al
cliente tutte le sue conoscenze giuridiche : basta che gli dica il suo parere
in quel caso determinato ; quello che ha da fare in quel dato momento e in
quella difficoltà. E' questo il modo col quale opera lo Spirito Santo per mezzo
del Dono di cui stiamo parlando. Egli dà una « Parola di Sapienza » e, questa
servirà a risolvere la difficoltà del credente in un caso ben determinato.
Così disse ai discepoli, quando parlava loro delle persecuzioni che avrebbero
incontrato e dovuto affrontare per amor Suo. « Mettetevi dunque in cuore di non
premeditare come rispondere a vostra difesa, perché io vi darò una parola e una
sapienza alle quali tutti i vostri avversari non potranno contrastare nè
contraddire ». (Luca 21 :14, 15). « Perché lo Spirito Santo v'insegnerà in
quell'ora stessa quel che dovrete dire » (Luca 12:12). Ecco una illustrazione
del Dono della Parola di Sapienza, illustrazione che ci viene offerta dallo
stesso Gesù. In questo modo opera il Dono.
Ora possiamo notare e fare bene attenzione al legame che
passa tra il Dono della Parola di Sapienza e quello della Parola di Conoscenza.
I colori si uniscono, si mescolano come i colori del meraviglioso arcobaleno.
La saggezza naturale consiste nel saper applicare al momento giusto la
conoscenza e l'esperienza che uno possiede. Nello stesso modo potremmo dire che
la sapienza spirituale consiste nel saper applicare le conoscenze ed esperienze
spirituali di cui è arricchita la nostra anima. Ma non dobbiamo dimenticare
che questo Dono Divino è del tutto soprannaturale e quindi immensamente più
elevato di qualsiasi sapienza spirituale. La Parola di Sapienza potrebbe essere
definita « un raggio della stessa Sapienza divina ». Mediante questo raggio
celeste, Dio illumina l'uomo ed applica la Sua Conoscenza divina al caso
particolare che si presenta in quel dato momento ; esso è porzione della
divina Sapienza che viene concessa al felice possessore del Dono.
Dio tiene del continuo nella Sua mente tutti i fatti
possibili, tutti i casi del cielo e della terra. Egli è « Onnisciente ». Non
può acquistare delle cognizioni nuove ; Egli conosce tutto quel che è stato, è
e sarà. Quando offre una piccola parte di questa Sua infinita Conoscenza,
diciamo che offre all'uomo il Dono della « Parola di Conoscenza ». Oltre alla
Conoscenza di tutto, nella Mente divina ci sono anche gli eventi futuri, gli
eventi che dipendono dalla Sua stessa infinita Onniscienza, eventi a Lui noti fin
da tutta l'eternità. Sono i Suoi piani divini, quei piani che costituiscono
l'infinita Sapienza di Dio. Ora quando imparte al credente qualcosa di questa.
Sua divina Sapienza, noi diciamo che gli offre il Dono della « Parola di
Sapienza ».
C'è dunque un preciso legame tra i primi due Doni dello
Spirito Santo, ma dobbiamo ritenere che essi sono ben distinti tra loro. Nel
testo originale, i termini che vengono usati lo dimostrano molto chiaramente.
Per la « Parola di Sapienza », viene usato il termine « sofia », che significa
conoscenza nella sua pratica applicazione ; per la « Parola di Conoscenza »,
viene usato il termine « gnosis », che indica una conoscenza piuttosto
teorica.
Per comprendere meglio la differenza che esiste tra questi
due Doni dello Spirito, ricordiamo l'interpretazione che Daniele fa del sogno
di Nebucadnetsar. Il re aveva dimenticato la trama del sogno che aveva fatto,
ma era ugualmente turbato da esso, tanto che con lusinghe e minacce voleva
spingere i suoi savi a ricordargli quel che era passato
nella sua mente durante il sonno. Dopo molte preghiere, quel sogno e il
segreto di esso venne rivelato a Daniele per mezzo di una visione notturna. « E
Daniele — dice la Bibbia — benedisse l'Iddio del cielo ... poiché a lui
appartengono la sapienza e la forza ... Egli rivela le cose profonde e
occulte; conosce ciò ch'è nelle tenebre » (Daniele 2:19, 22).
Ammesso alla presenza del Sovrano, Daniele non fece alcuna
ostentazione di sapienza, come se si trattasse di cosa sua. « Questo segreto —
disse — m'è stato rivelato, non per una sapienza ch'io possegga » (Daniele
2:30). Egli raccontò poi al re il contenuto del sogno misterioso. « Tu, o re,
guardavi ed ecco una grande statua ». Daniele poteva esprimersi in questo modo
perché aveva ricevuto dal cielo il Dono della « Parola di Conoscenza ». Dopo il
racconto del sogno, l'uomo di Dio gli aveva concesso anche il Dono della «
Parola di Sapienza ».
Altra illustrazione di quanto siano distinti e nello stesso
tempo legati tra loro questi Doni possiamo vederla nelle sette lettere che
Giovanni scrisse da Patmos alle sette chiese dell'Asia. Per mezzo della «
Parola di Conoscenza », egli vedeva quali fossero le condizioni spirituali
delle singole chiese alle quali si rivolgeva ; per mezzo della « Parola di
Sapienza », poteva far conoscere la volontà e gli ordini del Cristo Risorto.
Le condizioni e le debolezze erano conosciute per mezzo della Parola di
Conoscenza ; i consigli e gli ordini erano dati per mezzo della Parola di
Sapienza.
Il Dono della Parola di Sapienza viene dalla rivelazione
divina. Ciò è affermato chiaramente dall'apostolo Paolo nella sua prima lettera
ai Corinzi. Dopo aver detto che la sua predicazione e le sue parole non avevano
nulla a che vedere con la saggezza o sapienza umana, ma che erano « in dimostrazione
dello spirito e della potenza », egli dice : « Noi esponiamo la sapienza di Dio
misteriosa ed occulta, che Dio aveva innanzi i secoli predestinata a nostra
gloria ». Questa sapienza, egli dice, « Dio l'ha rivelata a noi per mezzo
dello Spirito » (1 Corinzi 2 :7-10).
E' evidente dunque che la sapienza di cui parla non è una
sapienza astratta, ma il Dono della
«Parola di Sapienza», poiché dice ripetutamente : « noi
esponiamo una sapienza » «
esponiamo la sapienza di Dio » « ne parliamo non con parole insegnate dalla
sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito » (vedi vv. 6, 7, 13).
La stessa verità possiamo vederla confermata da un fatto del
Vecchio Testamento. E' il caso del giovane Samuele. Quando Dio gli parla per la
prima volta, egli non riconosce la voce dell'Eterno,
« perché Samuele non
conosceva ancora l'Eterno, e la parola dell'Eterno non gli era stata ancora
rivelata » (Samuele 3:7). Poi, istruito da Eli, il giovanetto risponde alla
chiamata e « mediante la parola dell'Eterno », riceve il messaggio riguardante
Eli e la sua famiglia (vedi versetto 21).
Potrebbe essere utile ed interessante citare, oltre a quelli
accennati, altri fatti della Scrittura in cui appare questo Dono Soprannaturale
di Dio.
Noè, per esempio, « avvertito da Dio di cose che ancora
nessuno vedeva », riceve direttamente da Lui l'ordine di preparare l'arca. E'
il Dono della « Parola di Sapienza ». E oltre al consiglio di costruire l'arca
riceve sempre direttamente anche le dimensioni e la forma che questa avrebbe
dovuto avere (Genesi 6 :14 ; Ebrei 11:7).
Mosè, pensando al difetto di pronuncia e alla sua mancanza
assoluta di eloquenza, non voleva presentarsi a Faraone per chiedergli la
liberazione d'Israele, che egli teneva nella più stretta schiavitù. Che gli
disse il Signore? « Chi ha fatto la bocca dell'uomo? — gli chiese — Non sono
io, l'Eterno? Or dunque va', e io sarò con la tua bocca, e t'insegnerò quello
che dovrai dire » (Esodo 5:11, 12). In questo modo gli prometteva la soprannaturale
Parola di Sapienza, che lo avrebbe aiutato in quella lotta con le autorità
della terra.
Salomone, richiesto da Dio di scegliersi una corona terrena,
volle « un cuore intelligente ». Al Signore piacque molto la scelta di Salomone
e gli dette « un cuore savio e intelligente, in guisa che nessuno era stato
simile a lui per l'innanzi, e nessuno sarebbe sorto dopo di lui » (1 Re 3 :9,
12 ; 4 :29).
Giuseppe, chiamato al cospetto di Faraone perché
interpretasse il sogno che il re aveva fatto, poté soddisfare il desiderio del
sovrano proprio per mezzo di questo Dono soprannaturale. Faraone fu colpito, e
disse ai servitori : « Potremmo noi trovare un uomo pari a questo, in cui sia
lo Spirito di Dio? ». E volto a Giuseppe : « Giacché — disse — Iddio t'ha fatto
conoscere tutto questo, non v'è alcuno che sia intelligente e savio al pari di
te » (Genesi 41:38, 39). In questo caso è bene notare che lo stesso Faraone
riconosce la « Parola di Sapienza » come Dono Soprannaturale di Dio. Si vede
bene che il re non pensa che si tratti di sapienza o saggezza umana ; egli
sapeva che Giuseppe umanamente non avrebbe potuto sapere il sogno che egli
aveva fatto e molto meno darne l'interpretazione. Giuseppe infatti non si
limitò a spiegare quello che il re aveva sognato, ma dette anche dei savissimi
consigli, su quanto si sarebbe dovuto fare in quel dato momento.
In Atti 7 :10 leggiamo che Dio era con Giuseppe : « Fu Dio
che dette a Giuseppe grazia e sapienza davanti a Faraone »
Stefano, il primo martire cristiano, ebbe questo Dono
divino. Fu scelto per il « diaconato » perché era « di buona testimonianza,
pieno di Spirito e di sapienza ». Egli venne poi per disputare con i Giudei e
questi « non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli
parlava » (Atti 6:3, 10).
Il nostro elenco non sarebbe certo completo se non
accennassimo a Colui che ebbe questo Dono in grado sommo. Gesù non ebbe dal
Padre « lo Spirito con misura » (Giovanni 3 :34). Di Lui leggiamo che « cresceva
e si fortificava essendo ripieno di sapienza ( Luca 2 :40). E quando dette
inizio al Suo ministerio terreno, la gente diceva : « Onde ha costui questa
sapienza e queste opere potenti? » (Matteo 13:54). Come esempio di questa Sua
sapienza, possiamo citare la risposta che dette quando gli fecero quella
domanda sul tributo da pagare o no a Cesare. La risposta fu tanto saggia e
prudente che anche oggi restano ammirati quanti la leggono (Matteo 22 :20-22).
Quanto è oggi necessario questo Dono ! Spesso l'opera di Dio
potrebbe subire un danno irreparabile, se non ci fosse il lume di questo Dono
soprannaturale. Un'anima potrebbe andar perduta, se non udisse al momento giusto
delle parole che vengono pronunciate sotto la guida divina. Quando abbiamo
l'opportunità di parlare di Gesù, alziamo lo sguardo al cielo in cerca della
divina sapienza. Ricordiamo che una sola parola detta senza la divina luce di
Dio potrebbe allontanare da Lui un'anima. Cerchiamo di desiderare sinceramente
e ardentemente il Dono divino della « Parola di Sapienza ».
LA PAROLA DÌ
CONOSCENZA
Il secondo in questa meravigliosa galassia di doni celesti è
la « Parola di Conoscenza ». « Ad un altro, parola di conoscenza, secondo il
medesimo Spirito » (1 Corinzi 12:8).
Per comprendere il significato vero di questo Dono di Dio, è
necessario ricordare che Egli è Onnisciente. Conosce tutto ; non è possibile
che possa venire a conoscenza di cose nuove. Davanti alla Sua Mente divina,
nel magazzino della Sua eterna conoscenza, sono tutte le cose, tutti i fatti
del cielo e della terra. Quando rivela all'uomo una piccola parte di questa Sua
divina Onniscienza, non fa che donare all'uomo una « Parola di Conoscenza ».
E' una rivelazione che Egli fa alla Sua creatura ; lo fa per mezzo dello
Spirito Santo ; lo fa in modo soprannaturale, sebbene si serva anche delle
facoltà intellettuali della persona a cui Egli fa il Dono. In questo anzi possiamo
vedere la distinzione di questo Dono da quello della « Parola di Sapienza »,
che più che alle facoltà intellettive si rivolge alle facoltà emotive al cuore
dell'uomo.
Si sa che la chiesa di Corinto possedeva « in piena misura »
questo Dono dello Spirito Santo. Le sue manifestazioni erano tutt'altro che
rare ed eccezionali nelle riunioni di quella comunità.
Nelle parole introduttive della prima lettera ai Corinzi,
infatti, Paolo dice : « Io rendo del continuo grazie all'Iddio mio per voi
della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù ; perché in lui siete
stati arricchiti in ogni cosa, in ogni dono di parola e in ogni conoscenza ;
... in guisa che non difettiate d'alcun dono » (1 Corinzi 1 :4, 5, 7).
E tornando a scrivere ai medesimi fedeli, egli dice : « Ma
siccome voi abbondate in ogni cosa, in fede, in parola, in conoscenza, in ogni
zelo e nell'amore che avete per noi, vedete d'abbondare anche in quest'opera
di carità » (2 Corinzi 8 :7). Possiamo pensare che una chiesa così arricchita
di doni divini non godesse della manifestazione continua di essi, nella sua
vita e nella sua attività? « Che dunque, fratelli, — scriveva Paolo — quando vi
radunate avendo ciascun di voi un salmo o un insegnamento, o una rivelazione,
o un parlare in altra lingua, o una interpretazione, facciasi ogni cosa per
l'edificazione » (1 Corinzi 14 :26). La « rivelazione » ricordata in questo
passo, avveniva quasi certamente per mezzo della « Parola di Conoscenza ».
E dobbiamo ricordare bene che questo Dono è « Parola di
Conoscenza ». Non si tratta dunque di una concessione da parte della Conoscenza
divina per i bisogni materiali o temporali di chi riceve questo Dono. La
rivelazione che viene concessa per mezzo di questo Dono, poi, non viene data
necessariamente per mezzo della voce ; se fosse così il Dono non si
distinguerebbe da quello della Profezia. Non è necessario neppure che la
Conoscenza sia affidata allo scritto o alle labbra : basta che sia nella mente.
Si tratta dunque di una rivelazione interiore da parte dello Spirito Santo. E
questo possiamo ricavarlo dal fatto che « in ogni conoscenza » del versetto 1
Corinzi 1 :5 è una cosa diversa da « ogni dono di parola », che si trova nello
stesso versetto. Naturalmente, perché tutto avvenisse per l'« edificazione »
era necessario che chi riceveva da Dio quella data rivelazione la condividesse
con i fratelli ; in questo modo la « Parola di Conoscenza » diveniva sensibile,
vocale.
Questo Dono è diverso dalla conoscenza naturale dell'uomo, e
non mancano certo quelli che, non volendo ammettere i Doni dello Spirito
Santo, cercano una spiegazione naturale anche per questo Dono. Se si trattasse
però di un dono naturale o di una conoscenza umana, non potrebbe essere chiamato
Dono ma semplice arricchimento della nostra natura. La conoscenza naturale
viene acquisita per mezzo dello studio della esperienza, dell'istruzione ; ma
nessuno studio, nessuna esperienza, nessuna istruzione potranno rivelarci i
misteri nascosti dello Spirito, misteri che costituiscono il campo
soprannaturale della « Parola di Conoscenza ». Nessuna profondità di analisi,
nessuna acutezza d'ingegno o forza logica avrebbero potuto dare a Pietro la
notizia che tre uomini stavano cercando di lui. Fu lo Spirito Santo che gli
disse : « Ecco tre uomini che ti cercano » (Atti 10:19). Per quale via naturale
Anania avrebbe potuto sapere quel che vide in visione, quando udì dirsi : «
Levati, vattene nella strada detta Diritta, e cerca, in casa di Giuda, un uomo
chiamato Saulo, da Tarso ; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha veduto un
uomo, chiamato Anania, entrare ed imporgli le mani perché ricuperi la vista »
(Atti 9:11, 12) Tutti questi dettagli sulle condizioni di Saulo Anania poteva
apprenderli solo in modo soprannaturale.
E non dobbiamo confondere questo Dono con la profonda
conoscenza della Bibbia. E' privilegio di ogni figlio di Dio ricevere per mezzo
della illuminazione dello Spirito Santo la comprensione del senso intimo e
profondo della Parola di Dio. Gesù ha promesso : « Il Consolatore, lo Spirito
Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi
rammenterà tutto quello che v'ho detto ... Egli vi guiderà in tutta la verità
» (Giovanni 19:26; 16:13).
Il Dono della Parola di Conoscenza però é limitato alla
persona che lo riceve. Fu per mezzo di questo Dono che l'apostolo Paolo ebbe la
potente visione dei misteri del Vangelo, visione che costituì poi la sua
caratteristica. « E in vero, fratelli, — diceva — io vi dichiaro che l'evangelo
da me annunziato non è secondo l'uomo ; poiché io stesso non l'ho ricevuto né
l'ho imparato da alcun uomo, ma l'ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo ».
(Galati 1:11, 12).
Questa verità viene messa in evidenza più e più volte. Così
egli scrive alla chiesa di Efeso « Come per rivelazione mi sia stato fatto
conoscere il mistero di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; le quali
leggendo potete capire l'intelligenza che io ho del mistero di Cristo »
(Efesini 3:3, 4).
Per « Parola di Conoscenza » non dobbiamo intendere neppure
la conoscenza che abbiamo di Dio. Questa conoscenza viene acquisita mediante
una lunga esperienza spirituale delle Sue vie. E' vero che « il timore
dell'Eterno è inizio della sapienza » (Proverbi 1 :7), ma la Parola di
Conoscenza è data in modo diretto e soprannaturale e potrebbe averla il
giovane, nella fede come colui che è molto più anziano in essa. Potrebbe
servirci di illustrazione il fatto del vecchio Eli. Egli era ricco di
esperienza ; conosceva Dio e le Sue vie, eppure negli ultimi anni della sua
vita non aveva ricevuto più alcuna aperta e chiara visione dall'Alto. « La
parola dell'Eterno era rara a quei giorni » — dice la Scrittura — (1 Samuele 3
:1). Per il piccolo Samuele, invece, fu fatta eccezione : egli ricevette la
rivelazione del piano di Dio. Dio, chiamandolo per nome, gli fece conoscere
quello che sarebbe accaduto ad Eli e alla sua famiglia.
In seguito l'Eterno apparve di nuovo a Shiloh. Leggiamo
infatti: « A Shiloh l'Eterno si rivelava a Samuele mediante la sua parola » (1
Samuele 3:11, 14, 21).
Molto spesso, nelle pagine della Scrittura, c'imbattiamo
nella manifestazione di questo Dono divino.
In modo particolare vediamo che lo possedeva Mosé. Di lui
infatti diceva il Signore : « Con lui io parlo a tu per tu, facendomi vedere e
non per via d'enigmi » (Numeri 12:6-8). Per la luce di questo Dono meraviglioso
egli poteva descrivere l'alba lontana della creazione del mondo e perfino il
sorriso d'incredulità di Sara chiusa nella sua tenda, quando ebbe udito la promessa
degli angeli (Genesi 18:9-12),
Betsaleel, il grande artefice delle meraviglie del
tabernacolo, non solo ebbe la capacità di compiere un'opera così stupenda, ma
ricevette dall'Eterno anche « intelligenza e sapere per ogni sorta di lavori
», base necessaria per « concepire opere d'arti » (Esodo 31 :3, 4).
Salomone chiese a Dio « sapienza e conoscenza » ed ebbe più
di quanto chiedeva. Dio infatti
disse : « Giacché questo è ciò che hai nel cuore, e non hai
chiesto ricchezze, né beni, né gloria, la saviezza e l'intelligenza ti sono
concesse ; e, oltre a questo, ti darò ricchezze, beni e gloria » (2 Cronache 1
:10-12).
Elia sentì rincorarsi quando apprese, per mezzo dell'ancora
debole « Parola di Conoscenza », che in Israele vi erano almeno settemila
persone che non si erano inginocchiate davanti a Baal e non avevano baciato
l'idolo (1 Re 19:18).
Eliseo sembra che per mezzo di questo Dono abbia avuto conoscenza
anche più del suo stesso maestro. Quando Ghehazi andò appresso a Naaman che era
stato guarito dalla lebbra « per avere da lui qualcosa », l'uomo di Dio lo
seppe per mezzo dello Spirito Santo. « Il mio Spirito — disse Eliseo — non era
egli là presente, quando quell'uomo si voltò e scese dal suo carro per venirti
incontro »? (2 Re 5:26).
E più tardi, quando i Siri facevano guerra ad Israele,
Eliseo mandò a dire al suo re: « Guardati dal trascurare quel tal luogo, perché
vi stan calando i Siri » (2 Re 6 :9-12). L'occhio di Dio aveva visto
l'imboscata che il nemico tendeva al popolo prediletto ; mediante il Dono
divino della Conoscenza, Egli informò minutamente il Suo servo.
Molto prima della nascita di Cristo era stato detto: « Lo
Spirito dell'Eterno riposerà su Lui: spirito di sapienza e d'intelligenza,
spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell'Eterno »
«Isaia 11 :2). Più di ogni altro, Cristo mostrò di possedere questo Dono
celeste. All'inizio del Suo ministerio, Egli « non si fidava di loro », cioè di
quelli che mostravano di credere in Lui per i miracoli che faceva ; non si
fidava « perché conosceva tutti, e perché non aveva bisogno della
testimonianza d'alcuno sull'uomo » (Giovanni 2 :24, 25). Cristo poté dire alla
donna di Samaria : « tutte le cose che ella aveva fatto » (Giovanni 4 :29). Più
e più volte lesse i pensieri nascosti nella mente dei Suoi interlocutori o di
quelli che stavano ad ascoltarLo (Matteo 9:3, 4).
Egli sapeva che il primo pesce che avrebbe abboccato all'amo
di Pietro avrebbe avuto una moneta in bocca ( Matteo 17:27). Sapeva che lo
stesso Pietro Lo avrebbe rinnegato tre volte prima che il gallo avesse cantato
due volte (Marco 14:30). Come scrisse Paolo « in Lui erano tutti i tesori della
Sapienza e della Conoscenza » (Colossesi 3 :3).
Mediante questo dono Pietro seppe che Anania e Saffira si
erano accordati per defraudare il tesoro del Signore ; anche prima che si
verificasse il fatto, egli conobbe la sorte che sarebbe toccata ai due. In
questo modo la Chiesa primitiva veniva preservata dalla ipocrisia e dalla
cattiva influenza di persone che potevano aderire ad essa senza essere ancora
del tutto convertite a Dio (Atti 5:3, 13).
Mettiamo da parte per un istante gli esempi che ci offre la
Scrittura per ricordare ed esaminare alcune manifestazioni recenti di questo
Dono divino. I nove Doni dello Spirito Santo sono stati dati alla Chiesa di
Gesù Cristo, ed è certo che anche oggi essi sono a disposizione di essa e di
quanti vi fanno parte. La storia e l'esperienza personale del credente ripieno
di Spirito Santo dimostrano ampiamente questa verità.
Giorgio Muller racconta un fatto accaduto a lui stesso. Una
sera seppe che nella cassa del suo orfanotrofio non c'erano più soldi ed i suoi
piccoli protetti correvano il pericolo di non far colazione al mattino per
mancanza di
latte. Preoccupato di questo, si alzò presto e, con grande
sorpresa, trovò tre sterline nella cassetta della posta proprio quanto ci
voleva per il vitto di quel giorno. Qualche tempo dopo, chi aveva messo quel
danaro raccontò che essendo in attesa di alcune lettera importanti, si era recato
nel suo ufficio molto per tempo. Mentre era lì ebbe la precisa sensazione che
dovesse far qualcosa per i piccoli dell'orfanotrofio. In un primo momento non
dette troppo peso al pensiero, ma poi esso si fece molto più insistente e mi recai
all'orfanotrofio per lasciare quel danaro. Solo Dio conosceva la necessità di
quei piccoli e fu certamente Lui a parlare al cuore di questo Suo elemosiniere.
Egli gli disse di lasciare il danaro che occorreva.
Qualche anno fa leggevo un fatto che serve benissimo ad illustrare
questo Dono divino dello Spirito Santo. Un operaio cristiano di Edinburgh, una
sera, sul punto di ritirarsi per andare a riposare, sentì bussare alla sua
porta. Aprì e vide davanti a sé un ragazzo tutto sudicio che gli consegnò un
pezzo di carta sporco e spiegazzato. In esso era un indirizzo e la richiesta
di recarsi subito in casa di una donna gravemente malata e bisognosa di aiuto
spirituale. Era passata la mezzanotte, ma egli uscì ugualmente per recarsi
all'indirizzo indicato. Giunto, mentre era già con la mano alzata per bussare,
sentì lo Spirito del Signore che gli impedì di farlo. Pensò che non sarebbe
stato bello far tanto cammino e a quell'ora senza fare quanto riteneva suo
dovere. Tentò ancora una volta, ma avvertì anche più forte l'ordine di non
farlo. Comprese chiaramente che era lo Spirito del Signore ; per lunga
esperienza aveva imparato a conoscere la voce di Dio. Tornò sui suoi passi e
per qualche tempo non seppe più nulla di quella donna che gli aveva mandato il
biglietto. Solo dopo molto tempo, e, se ricordo bene, in occasione di una sua
visita alle carceri, fu avvicinato da un assassino che era stato condannato a
morte. Questi gli chiese come si chiamasse e udito il nome, gli disse se
ricordava che tempo indietro era stato chiamato al capezzale di una donna
morente. Avutane risposta affermativa, si mostrò meravigliato e volle sapere
come mai non aveva accolto l'invito. L'uomo di Dio raccontò quanto noi
sappiamo. Fu allora che egli confessò che assieme ad un complice aveva deciso
di ucciderlo ed erano dietro a quella porta per farlo. Lo avrebbero ucciso non
appena avesse varcato la soglia. Il ministro di Dio dunque era stato protetto
per mezzo di una rivelazione interna della conoscenza divina. Era il Dono della
Parola di Conoscenza che operava.
Ancora un caso in cui vediamo all'opera questo Dono
meraviglioso. E' molto interessante anche questo. Una missionaria dell'India
aveva bisogno di una certa autorizzazione, ma della somma necessaria per averla
aveva solo 500 rupie, appena la metà. Dopo aver molto pregato ed essere stata
in attesa della risposta del Signore, ebbe l'assicurazione che quella era la
volontà di Dio ; Egli avrebbe sicuramente provveduto la somma necessaria.
Basandosi su questa certezza interiore, ella fece vidimare il passaporto e
dette come acconto la somma che era nelle sue mani. Si avvicinava il momento
della partenza e la missionaria cominciava a preoccuparsi non vedendo arrivare
da nessuna parte il danaro che le mancava. Se non avesse pagato il resto per il
lunedì, avrebbe perduto quanto aveva consegnato come acconto. Si era al
venerdì. Ella si pose di nuovo in preghiera e, all'improvviso, sentì
internamente che Dio Onnipotente avrebbe mantenuto la parola, nonostante che
fino a quel momento tutto faceva pensare che la prima sensazione era stata
male interpretata. Dubbi e timori si allontanarono dal cuore della missionaria.
Qualche giorno prima il Signore aveva parlato al cuore di
un'altra Sua serva, la signorina Grace Brown di Giridih. Ella era stata chiamata
alla presenza di Dio ed aveva ricevuto l'ordine preciso di mandare 500 rupie ad
una missionaria, ma non doveva farlo prima di un nuovo ordine. Quel venerdì
dunque il Signore tornò a parlare a Miss Grace Brown e le disse che ora poteva
mandare quel danaro, perché la prova era stata superata felicemente. Al sabato,
giusto in tempo, poiché per il Signore non è mai troppo tardi, la missionaria
ebbe il danaro che le occorreva per pagare il biglietto.
Possiamo dunque sottovalutare, trascurare, disprezzare o non
cercar di comprendere questo Dono divino dello Spirito Santo? Che il cielo non
lo permetta! La Chiesa di Cristo non può fare a meno di questa meravigliosa
forza celeste. Solo la divina Sapienza e la divina Conoscenza possono rivelare
i tranelli, le imboscate dei nemici moderni ai moderni Elisei. Imboscate che
tendono a distruggere la fede del popolo di Dio. Per mezzo di questi Doni
Soprannaturali, coloro che portano aiuto saranno guidati verso chi ha molto
bisogno di aiuto. Lo Spirito Santo conosce il più intimo e nascosto desiderio
di quanti cercano Dio; Egli sa trasformare Saul in Paolo. Desideriamo, dunque,
ardentemente « i Doni migliori ».
IL DONO DELLA FEDE
Ora passiamo a considerare la terza delle gemme preziose con
le quali lo Sposo celeste adorna la Chiesa Sua Sposa. « A un altro, fede,
mediante il medesimo Spirito » (1 Corinzi 12:9).
E' il più grande dei tre Doni di Potenza. Studiando questo,
per qualche tempo, mettiamo da parte i Doni d'illuminazione, ai quali
appartengono la Parola di Sapienza e la Parola di Conoscenza, che già abbiamo
studiato ; e il Discernimento degli Spiriti, che studieremo presto. Con il
Dono della Fede cominciamo lo studio del secondo gruppo di Doni, cioè dei Doni
di Potenza ispirata. Il Dono della Fede ha la stessa base del Dono delle Guarigioni
e dei Miracoli. Formano un unico gruppo. E' significativo il fatto che la Fede
venga prima della disposizione dei Doni di Potenza, sebbene sia spesso molto
meno appariscente e clamorosa degli altri. Non possiamo fare a meno di notare
che in ogni gruppo i Doni più evidenti e spettacolari vengono ricordati dopo
gli altri. I ministeri veramente grandi e importanti sono forse meno
appariscenti e meno evidenti per il pubblico, sebbene essi formino come la base
o la radice di tutti gli altri.
Per comprendere il modo di operare di questo Dono divino, è
necessario, prima di tutto, distinguere il Dono della Fede dalle altre forme
di Fede. Nelle Scritture, la Fede ha un senso generale ed uno particolare.
Il testo originale greco, per indicare la Fede, usa la
parola « pistis ». Con questo termine indica sia la « fede che salva », sia
quella « che è stata concessa una volta ai santi » perché venga creduta ed
accettata, sia la fede che « è frutto dello Spirito Santo », sia finalmente il
Dono della Fede, di cui stiamo parlando. « Pistis » significa « credenza,
certezza, fiducia, lealtà ».
Ci sarà molto utile pensare alla fede proprio nel senso suo
più vero, intimo, nel senso di fiducia, abbandono in Dio. Sembra proprio che
questo sia stato il pensiero dello Spirito Santo nello scegliere nel testo
originale un termine che indica benissimo tutte le varie espressioni di somma
fiducia in Dio che sono contenute nella parola « fede ».
Nella Fede ci sono dei « gradi ». Questo viene indicato
chiaramente in molti passi della Scrittura. Paolo, per esempio, scrivendo ai
Romani, dice che la giustizia di Dio è rivelata « da fede in fede » (Romani 1
:17). Cristo, più e più volte, attirò l'attenzione sulla pochezza o grandezza
della Fede di chi era attorno a Lui. In occasione della tempesta del mar di
Galilea. Egli, dopo aver rimproverato il vento e le onde, si volse ai
discepoli, e disse : « Perché siete così paurosi? Come mai non avete voi fede
»? (Marco 4:40).
Più tardi, quando Pietro camminando sullo stesso mare si
accorse che affondava e cominciò a gridare. « Signore, salvami ! », Gesù,
stendendo a lui la mano, disse : « Uomo di poca fede, perché hai dubitato »?
(Matteo 14 :31). Evidentemente la fede di Pietro aveva cominciato a crescere ;
il Salvatore fu costretto a dare maggiore lode al Centurione, che venne a Lui
per chiederGli accoratamente di guarire un suo servo paralitico. « In verità,
disse Gesù — io vi dico che in nessuno, in Israele, ho trovato cotanta fede »
(Matteo 8 :10). Non fa meraviglia, dunque, che in una certa circostanza, i
discepoli gridassero : « Signore, aumentaci la fede »! (Luca 17:5). Sarebbe
questo un grido che dovrebbe levarsi spesso in mezzo al popolo di Dio ! Immenso
sarebbe il beneficio che questi ne ricaverebbe.
Venendo ora allo studio di questo Dono divino della Fede,
dobbiamo prima di tutto ricordare che esso non va confuso affatto con la fede
naturale dell'uomo. Vi è una sapienza naturale, ben distinta dalla Sapienza divina
(sapienza della quale tutti i credenti possono divenire partecipi e la quale è
distinta anche dal Dono della Parola di Sapienza, che è privilegio di pochi).
Ora, come vi è questa sapienza naturale distinta dalla sapienza divina, vi è
una fede naturale, distinta dalla fede divina. Anche un uomo non salvato può
avere della fede naturale, senza niente di miracoloso. L'uomo esercita
continuamente questo genere di fede : il contadino opera in fede, quando affida
alla terra la sua semente ; noi mostriamo di aver fede, quando imbuchiamo le
nostre lettere nella cassetta della posta ; abbiamo fede, quando giriamo il
rubinetto dell'acqua, quando saliamo in treno, in autobus, in aereo, ecc.:
siamo certi, o almeno abbiamo fiducia che saremo portati a destinazione. Questa
fede naturale è nella mente di chi crede ai fatti storici. Per esempio, nessuno
ha difficoltà ad ammettere che sia esistito Guglielmo il Conquistatore,
Cicerone, Giulio Cesare, Napoleone, ecc.
Dobbiamo però stare attenti a non confondere questa fede
naturale con la fede che salva. La prima è solo certezza storica : una cosa che
è nella mente dell'uomo ; la fede che salva è invece qualcosa che riguarda il
cuore, la volontà dell'uomo. Credere «che Dio ha dato a noi il Suo Divino
Figliuolo» significa qualcosa di più che accettare il fatto storico : significa
dare tutti noi stessi a Cristo ; accettare tutto quel che comporta quel fatto
che si crede. Anche i diavoli credono in Dio e tremano davanti a Lui (Giacomo
2:19), ma restano sempre diavoli ; l'uomo potrebbe credere tutti i fatti ché
sono nel Vangelo, senza per questo uscir fuori dai suoi peccati e salvarsi.
Il Dono della Fede di cui ci stiamo interessando, è distinto
anche dalla fede che salva. La fede infatti è essenziale per la salvezza di
un'anima. « Senza fede — sta scritto — è impossibile piacergli, poiché chi si
accosta a Dio deve credere che egli è e che è Rimuneratore di quelli che lo
cercano » (Ebrei 11 :6). La Parola udita non giova nulla se non viene
«assimilata per fede» (Ebrei 4:2). E « è per grazia che voi siete stati
salvati, mediante la fede ». dice Paolo (Efesini 2 :8). In un certo senso anche
la fede che salva è un dono di Dio. Dio dà a noi la capacità di respirare ; è
un Suo dono, di cui potremmo non servirci : Egli ci dà la possibilità di
credere ; anche questo è un Suo dono, che potremmo non usare.
La fede che salva precede la salvezza ; il Dono della Fede
invece viene concesso solo dopo che il credente è stato salvato, dopo il
Battesimo nello Spirito Santo. Tutti i salvati debbono possedere la fede che
salva ; mentre solo alcuni hanno il Dono della Fede. Weymouth così traduce 1
Corinzi 12 :9 : « A un terzo, per mezzo del medesimo Spirito, una fede
particolare ».
La fede che salva non è un dono misterioso concesso solo a
pochi. Come assenso della mente, essa è del tutto simile alla fede che un
bambino ha nel padre e nella madre, o un amico, nell'amico. Essa onora Dio e
Dio onora questa fede. Il Salmista dice: « Quelli che conoscono il tuo nome
confideranno in Te » (Salmo 9:10). E' per questo che la fede in Dio cresce con
la conoscenza che abbiamo di Lui. Il popolo non ha bisogno di spinta per
credere in Dio : basta che arrivi a conoscerLo. La fede in Lui diverrà una
conseguenza necessaria.
Avvenne così anche a Natanaele : il contatto personale di un
solo istante con Gesù cambiò completamente il suo punto di vista. Non pensò più
che da Nazareth non sarebbe potuto venir mai nulla di buono. Restò pienamente
convinto che il Figlio di Dio era venuto proprio da lì (Giovanni 1 :46, 49).
La fede che salva viene da vie e canali ben conosciuti : «
La fede — dice Paolo — viene dall'udire e l'udire si ha per mezzo della parola
di Cristo » (Romani 10:17). Poiché la « parola è presso di te, nella tua bocca
e nel tuo cuore ; questa è la parola della fede che noi predichiamo » (Romani
10:8).
Questo ci porta al terzo punto : il Dono della Fede è una
cosa diversa dalla « fede che è stata data una volta per sempre e tramandata ai
santi » (Giuda 3). La fede è sempre un Dono di Dio ; senza questo Dono
l'umanità peccatrice non avrebbe conosciuto il Vangelo che salva, eppure essa
non è il Dono della Fede di cui stiamo trattando.
La Fede è per tutti quelli che vorranno credere ,mentre il
Dono della Fede è solo per quelli ai quali verrà concesso dallo Spirito Santo.
C'è una sola fede (Efesi in 4:5) e la Chiesa primitiva, essendo confermata
nella fede, « cresceva in numero di giorno in giorno » (Atti 16 :5). E' « per
il perfezionamento dei santi, per l'opera del ministerio, per l'edificazione
del corpo di Cristo, finché tutti siano arrivati all'unità della fede... che
Cristo ha dato gli uni come apostoli ; gli altri, come profeti ; gli altri,
come evangelisti ; gli altri, come pastori e dottori e... ha fatto dei doni
agli uomini » (Efesini 4 :8, 11-13).
In questo modo possiamo notare che i miracolosi Doni dello
Spirito Santo, che sono alla base dei vari uffici o ministeri della Chiesa,
hanno una ben chiara relazione con quella fede che « è stata concessa una volta
per sempre ai santi ». Questi doni sono necessari al perfezionamento dei
medesimi e « all'edificazione del corpo di Cristo ». Senza di essi, la Chiesa
non potrebbe arrivare mai alla perfezione spirituale voluta da Dio. Questi Doni
sono fattori essenziali alla scoperta di quelle pietre viventi che dovranno
occupare il loro posto nell'edificio che « si va innalzando per essere un
tempio santo del Signore » (Efesini 2 :21). Essi servono a squadrare, pulire,
levigare queste pietre. Non fa meraviglia che l'autore ispirato ci dica di «
lottare per la Fede ». In questi giorni di materialismo, di mondanità e
infedeltà, anche noi dobbiamo combattere per « ciò che riguarda la fede ». Non
dobbiamo dimenticare che i Doni dello Spirito Santo sono parte necessaria di
quella fede « una volta per sempre concessa ai santi » (Giuda 3).
E' necessario poi che il lettore non confonda il Dono della
Fede con la Fede che è « frutto dello Spirito ». « Il frutto dello Spirito,
invece, è amore, allegrezza, pace, longanimità, bontà, fedeltà, dolcezza,
temperanza » (Galati 5 :22). Come vediamo, qui la parola « fede » viene
sostituita dalla parola « fedeltà ». Ciò è giusto, perché, come abbiamo detto,
la parola « pistis » del testo originale significa anche questo, cioè «
fedeltà ».
La Fede Dono è per la « potenza », mentre la Fede Frutto è
per « il carattere ». Questa è la manifestazione esteriore dello Spirito che si
rivela per mezzo delle opere di fedeltà. « Ricordandoci del continuo — dice
l'apostolo ai Tessalonicesi — nel cospetto del nostro Dio e Padre dell'opera
della vostra fede, delle fatiche del vostro amore, e della costanza della
vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo » (1 Tessalonicesi 1 :3). Tutto
questo corrisponde magnificamente alla bella descrizione della carità che non
viene mai meno. « Or dunque queste tre cose durano : fede, speranza, carità; ma
la più grande di esse è la carità » (1 Corinzi 13 :13).
La Fede che è Frutto dello Spirito nasce e si sviluppa dal
seme della Fede salvifica. La Fede salvifica precede la salvezza ; quella che è
Frutto dello Spirito viene dopo la salvezza. La Fede che è Dono dello Spirito
si ha come parte di quel rivestimento di potenza che ottiene chi riceve il
Battesimo nello Spirito Santo.
Qui ci servirà molto alla comprensione del Dono che stiamo
studiando, se ci fermiamo un poco a vedere la relazione che passa tra questi
tre gradi di Fede differenti l'uno dall'altro.
La Fede Frutto dello Spirito Santo è uno di quel magnifico
assortimento di prodotti che vengono dall'albero « fruttifero » che s'innalza
sulla Fede salvifica.
Il Dono della Fede, invece, non viene da questo albero. Esso
non viene dato per la formazione del carattere o della personalità ; ci viene
dato « per la potenza ». Viene direttamente dallo Spirito Santo ; non esclude
né implica le altre specie di Fede. Esso non dà al suo felice possessore immunità
contro il dubbio nella Fede. Un esempio ed una illustrazione di questo possiamo
vederla in Elia. Egli, con il grande Dono della Fede, ebbe la possibilità di
chiudere il cielo e far che non piovesse : « non piovve sulla terra per tre
anni e sei mesi » (Giacomo 5 :17). Dopo ciò, invocò il fuoco dal cielo,
riportando così a Dio una nazione (1 Re 18 :38, 39). Eppure, quando si allontanò
da lui l'unzione di Dio, egli fuggì spaventato dalle minacce di una donna (1
Re 19:3).
Il Dono della Fede è una Fede tutta particolare. Dai teologi
alle volte, è chiamata « fede dei miracoli ». Essa infatti è un rivestimento
soprannaturale che rende il possessore del Dono capace di confidare in Dio
fino al punto da ottenere il miracolo. Chi riceve questo Dono crede in Dio con
tanta sicurezza e fiducia che Dio non può fare a meno di onorare quella fede.
Chi ha questo Dono parla a nome di Dio e Dio considera come propria la parola
che egli dice in Fede.
Di questa Fede Gesù disse : « In verità io vi dico che chi
dirà a questo monte : Togliti di là e gettati nel mare, se non dubita in cuor
suo, ria crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto » (Marco 11 :23).
Elia, operando sotto l'influsso di questo Dono, poteva dire:
« Non vi sarà né rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia parola » (1
Re 17 :1).
Gesù chiamò questo Dono « fede di Dio » (Marco 11 :22),
perché essa è una piccola parte della onnipotenza divina, che viene concessa
all'anima dell'uomo.
Sembra che questo Dono sia concesso ad alcuni servi del
Signore in particolari momenti di difficoltà. Esso viene all'uomo con tale
potenza che questi non è più nel campo della fede naturale ed ordinaria in
Dio, ma si sente elevato in un campo immensamente superiore. Egli avverte in sé
una certezza divina che lo fa trionfare su tutto e su tutti.
Comprenderemo meglio quanto stiamo dicendo, se getteremo lo
sguardo su alcuni esempi che ci vengono offerti dalle Scritture. Enoch, che
camminò con Dio, ebbe questo Dono in grande misura. Di lui sta scritto : « Per
fede Enoch fu trasportato perché non vedesse la morte; e non fu più trovato,
perché Dio l'aveva trasportato » (Ebrei 11 :5).
Se Ebrei 11 :20, 21 non ci dicesse che « per fede » Isacco e
Giacobbe dettero la loro benedizione, nel loro gesto e nelle loro parole
avremmo potuto vedere solo il Dono della Profezia.
Daniele fu difeso dai leoni, nonostante che i gelosi
politicanti avessero fatto chiudere la fossa nella quale era stato gettato. La
Parola divina ci dice che quella liberazione avvenne perché Daniele « s'era
confidato nel suo Dio » (Daniele 6 :23). Egli, « mediante la fede », chiuse «
la gola dei leoni » (Ebrei 11:33).
Preghiamo dunque : « Signore, accresci la nostra fede »!
Cerchiamo di accendere nel nostro cuore un grande desiderio di questo Dono
meraviglioso della Fede.
I DONI DÌ GUARIGIONE
( spiegazione di questo dono )
Il Dono che studieremo in questo capitolo è il quarto Dono
dello Spirito Santo. « A un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo
Spirito » (1 Corinzi 12 :9). E' forse questo il Dono più ambito. Ed è naturale
che il cuore dell'uomo desideri simpatizzare con quanti soffrono e voglia alleviare
più che sia possibile le sofferenze di chi gli sta vicino. Tutti vanno soggetti
a malattie. Dei tre miliardi circa che sono sulla faccia della terra, si
calcola che almeno un 200 milioni siano malati più o meno gravemente. Il campo
d'azione di questo Dono dunque è vastissimo.
Dobbiamo notare, prima di ogni altra cosa, che questo Dono è
del tutto soprannaturale ; esso viene dato all'uomo per la guarigione
soprannaturale delle malattie che possono colpirlo. Non si tratta, perciò, di
una capacità più o meno grande di diagnosticare e curare malattie.
I campi in cui Dio opera con questo Suo Dono meraviglioso
delle Guarigioni sono tre. Essi sono nettamente distinti fra loro.
Prima abbiamo il campo naturale. Esso è governato da leggi
fisiologiche volute da Dio, come tutte le altre leggi della natura. In questo
campo Dio opera per mezzo dei dottori, dei chirurghi, degli infermieri, quando
tutti questi fanno del loro meglio per aiutare il malato. I loro sforzi si limitano
a favorire quanto fa la natura per guarire se stessa. « Io fascio la ferita, —
diceva un celebre medico cristiano — ma è Dio che la guarisce ».
Viene poi il campo spirituale. Esso è governato da leggi
spirituali e la Fede è la prima di queste. La guarigione spirituale non si
oppone a quella del campo naturale : semmai è qualcosa di più elevato ;
qualcosa posta in un piano superiore.
In questo campo opera la grande promessa che leggiamo in
Giacomo 5 :14, 15 : « C'è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della
chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d'olio nel nome del Signore ; e la
preghiera della fede salverà il malato, e il Signore Io ristabilirà ».
Ecco, finalmente, la Guarigione concessa nella piena
sovranità di Dio dallo Spirito Santo. Questa Guarigione è del tutto
soprannaturale ed opera secondo leggi del tutto sconosciute, poiché lo Spirito
Santo « distribuisce i suoi Doni a ciascuno in particola re come egli vuole »
(1 Corinzi 12 :11). E' in questo campo completamente miracoloso che opera il
Dono delle Guarigioni. Non sono nel giusto quelli che pretendono insegnare che
oggi il Dono delle Guarigioni consista nella scienza medica o nell'opera sanitaria
dei missionari in mezzo ai pagani.
Dobbiamo notare che qui si tratta di una pluralità di Doni.
Questo non è evidente in tutte le Versioni della Bibbia. In alcune di esse non
si dice Doni ma Dono di Guarigioni. Nelle versioni del Diodati o del Luzzi che
noi usiamo troviamo sempre il plurale : « Doni di Guarigioni » e non
« Dono di Guarigioni ». E' l'unico dei nove Doni dello
Spirito Santo che consiste in una « serie di Doni ».
Non mancano certo le ragioni di questa benedetta pluralità.
Essa ci dice che Dio è generoso nel Suo desiderio ardente di guarire la
creatura malata. Lungi dal trattare la malattia dell'uomo come cosa di poca
importanza, Egli ha provveduto espressamente un vero gruppo di Doni di
Guarigioni, perché la Chiesa possa venire incontro ai grandi bisogni
dell'umanità. Basterà questo per rispondere al critico che se la prende con
chi mostra di credere nella Guarigione divina, come se questi desse troppa
importanza alla parte materiale dell'uomo.
Alcuni sono arrivati a suggerire che Dio ha specialisti per
ogni tipo di malattia, proprio come la scienza medica che ha specialisti per la
gola, per il cuore, i polmoni, l'apparato digerente, ecc. Così un felice
possessore di questo Dono potrebbe essere prezioso per guarire quelli che sono
affetti da sordità; un altro potrebbe venire incontro a chi è affetto da
malattie da crescenza, e così di seguito.
Ma mentre tutto questo potrebbe apparire una spiegazione
molto semplice e plausibile, nella Scrittura non troviamo nulla che possa
appoggiarla. Cristo « guariva sanando ogni malattia e ogni infermità fra il
popolo » (Matteo 4 :33), e anche i discepoli avevano ricevuto da Lui la
facoltà di « sanare qualunque malattia e qualunque infermità » (Matteo 10 :1).
Anzi questo fu un Suo ordine, quando chiamò a Sé i dodici e li mandò a
predicare il Suo messaggio d'amore.
« Una spiegazione che potrebbe avvicinarsi meglio alla
realtà è quella di chi ritiene che il possessore del Dono potrebbe accorgersi
di ottener successo nel guarire una malattia piuttosto che un'altra. Si
potrebbe dare dei casi in cui il Dono delle Guarigioni che egli ha non sia
efficace. Ho udito un evangelista che raccontava come in una certa riunione di
preghiera venissero guarite un gran numero di persone cieche o colpite da
gravi disturbi della vista, mentre non ottennero nulla quelle che avevano altre
malattie. Il fatto potrebbe spiegarsi con la fede che si accendeva nel cuore
degli altri malati di occhi tutte le volte che si verificava un miracolo di
guarigione che riguardava la loro malattia. Naturalmente il miracolo non produceva
lo stesso effetto stimolante sugli altri malati.
La vera spiegazione però forse è quella che si ha osservando
attentamente il testo. Nel versetto 4 leggiamo che « vi è diversità di Doni,
ma v'è un medesimo Spirito ». Ecco le parole esatte della Bibbia : « Ad uno è
data mediante lo Spirito Parola di Sapienza ; a un altro, Parola di Conoscenza,
secondo il medesimo Spirito; ad un altro, Fede, mediante il medesimo Spirito,
e a un altro Doni di Guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito » (1 Corinzi 12
:8, 9).
Tutto il gruppo dei « Doni di Guarigioni », dunque,
qualunque sia l'interpretazione che vogliamo dare a quel « plurale », viene
dato ad una persona, cioè « a un altro », e non « ad altri ». Questo ci dice
che non è esatto parlare di « specialisti » quando si parla di quelli che hanno
il Dono che stiamo trattando. La Scrittura, in questo caso, avrebbe detto forse
« a altri, Doni di Guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito ».
Notiamo anche che lo Spirito Santo dà Doni di Guarigione. E'
come dire che il benedetto possessore di questo Dono soprannaturale ha il
privilegio di portare aiuto a quanti sono oppressi da infermità e si rivolgono
a lui.
Nel caso che questo mio pensiero non fosse ancora chiaro,
potrei ricordare quel che avviene con il primo dei Doni dello Spirito Santo.
Come lo Spirito di Dio dà la « Parola di Sapienza » ad una persona e questa, a
sua volta, riferisce o passa ad altri la Parola che ha ricevuto, così lo
Spirito Santo dà ad alcuni i « Doni di Guarigioni », perché possano essere
aiutati e guariti quelli che si rivolgono in fede a chi possiede questo
benedetto Dono di Dio.
Dovrebbe essere quindi chiaro il motivo per cui la Parola di
Dio, parlando di questo Dono, usi la forma plurale : si tratta di « Guarigioni
» e non di « Guarigione » ; il possessore di questo Dono può aiutare molti. Se
avesse usato il singolare, potevamo pensare che si trattasse di un Dono
concesso per un caso determinato, un caso singolo. Se, per esempio, la Bibbia
avesse detto : « A un altro, potenza di operar un miracolo », tutti avremmo
capito che lo Spirito Santo, in un caso particolare, dava ad una persona la
facoltà di operare il miracolo che si richiedeva. Si tratta dunque di « Doni di
Guarigioni. E ciò significa che chi è onorato da Dio con questo Dono ha da Lui
il benedetto privilegio di alleviare e guarire ogni infermità. Egli è un
dispensatore di « doni ». di guarigioni. Così pensava Pietro di questo Dono
meraviglioso. Ascolta come si esprime quando parla al povero storpio che
chiedeva l'elemosina alla porta del Tempio : « Dell'argento e dell'oro io non
ne ho ; ma quello che ho te lo do : Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno,
cammina » (Atti 3 :6). Il papa Gregorio, parlando un giorno con Tommaso
d'Aquino a proposito di queste parole di Pietro, disse ridendo : « Oggi la
chiesa non può più dire di non avere argento ed oro »! E Tommaso d'Aquino
rispose : « E' vero, ma non può dire neppure : « Nel nome di Gesù Cristo il
Nazareno, alzati e cammina »!
Altro punto che non dobbiamo dimenticare è che il possesso
di questo Dono non dà la possibilità di guarire tutti i casi di malattia.
Alcuni pensano che chi possiede questo Dono dovrebbe recarsi negli ospedali e
guarire tutti indistintamente, oppure dovrebbe fermare tutti i malati che
incontra per la via e guarirli. Basta un solo istante di attenzione per vedere
che né Cristo, né gli apostoli guarivano tutti quelli che incontravano.
Allora, come adesso, avvennero delle guarigione miracolose. La ragione di
questo sta nel fatto che l'uso dei Doni di Guarigioni dipende da uno stimolo
particolare che Dio fa sentire. Egli dice al possessore del Dono come e quando
questo deve essere usato. Se non c'è lo Spirito Santo che opera internamente,
non verrà manifestato il Dono, ossia, esso resterà inattivo. Qualche
illustrazione presa dalla Scrittura renderà evidente il nostro pensiero. Sotto
i portici di Bethesda « giaceva un gran umero di infermi, di ciechi, di zoppi,
di paralitici, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua ». Tutti avevano fede
; tutti credevano nella « guarigione divina » ; tutti erano in attesa del
miracolo che faceva muovere quelle acque, eppure Gesù guarì soltanto quello al
quale disse : « Vuoi essere risanato »? (Giovanni 5 :3, 6). Solo uno di tanta
folla di malati ebbe la guarigione, per quanto il Medico celeste fosse lì, in
mezzo a loro. E' scritto che in un caso Gesù « guarì tutti i malati » (Matteo 8
:16) ; ma ciò deve intendersi in senso stretto, cioè nel senso che guarì tutti
quelli che Gli vennero presentati perché li guarisse.
E' chiaro che nonostante tutto il Suo ministerio
meraviglioso, Cristo lasciò molti senza il miracolo della guarigione tanto
sospirata. Quando, per esempio, egli fece ritorno a Nazareth, molti si
mostrarono scandalizzati di Lui ed Egli « non fece quivi molte opere potenti a
cagione della loro incredulità » (Matteo 13 :58).
Possiamo notare che questo si era verificato anche nel
ministerio di Eliseo. Cristo richiama l'attenzione dei Suoi ascoltatori sul
fatto che « al tempo del profeta Eliseo c'erano molti lebbrosi in Israele ;
eppure nessuno di loro fu mondato, ma lo fu Naaman il Siro » (Luca 4:27).
Questo si verifica anche nel ministerio dell'apostolo Paolo.
Scrivendo a Timoteo, dice : « Trofimo l'ho lasciato infermo a Mileto » (2
Timoteo 4 :20). Ora questo non è certo una prova, come pensano alcuni, che
l'apostolo non avesse più il Dono dei miracoli, poiché non molto tempo prima
aveva guarito il padre di Pubbio e molti altri abitanti dell'isola di Malta
(Atti 28 :8, 9). Il fatto ci dice soltanto che non c'erano le condizioni
necessarie per la guarigione di Trofimo. La stessa cosa dobbiamo dire di
Epafrodito, che era stato infermo e ben vicino alla morte, ma Dio aveva avuto
pietà di lui (Filippesi 2:27).
Allora, come adesso, solo quelli che avevano fede
sufficiente per ottenere il miracolo della guarigione, venivano guariti ; gli
altri non potevano trarre profitto dal Dono meraviglioso e soprannaturale delle
Guarigioni.
(2) I doni di guarigione nella storia
I Doni di Guarigioni, operanti come abbiamo visto in un
campo soprannaturale sotto la sovranità dello Spirito Santo, potrebbero essere
considerati una particolarità dei primi tempi della evangelizzazione. Fu questo
Dono che molto spesso, ai tempi degli apostoli, aprì la porta alla predicazione
del vangelo.
La guarigione dello storpio, operata da Pietro, fece
accorrere « tutto il popolo, attonito » (Atti 3 :11), e « molti di coloro che
avevano udito la parola credettero; e il numero degli uomini salì a circa
cinquemila » (Atti 4 :4).
Nello stesso modo il Risveglio di Samaria fu dovuto al fatto
che il messaggio di Filippo veniva autenticato « dai miracoli che egli faceva ;
poiché gli spiriti immondi uscivano da molti che li avevano : e molti
paralitici e molti zoppi erano guariti » (Atti 8 :6, 7).
Questo Dono, come gli altri, è la sfida che la Chiesa di
Cristo lancia contro il paganesimo ; la miracolosa guarigione di un corpo
malato per mezzo di questo dono ha certo più potere convincente di mille
argomenti che potrebbero essere usati per ribattere le difficoltà di un
incredulo. Se oggi la religione ha poca presa sulle masse, si deve
principalmente alla mancanza del soprannaturale. Quanto sono pochi oggi i
luoghi di adorazione dove si vede un'anima salvata dalla potenza di Dio, una
persona malata guarita, o un credente battezzato nello Spirito Santo ! Eppure
la potenza soprannaturale di Dio era considerata da Cristo come qualcosa che
sarebbe sempre appartenuta al credente. « In verità, in verità vi dico, che chi
crede in me farà anch'egli le opere che fo io ; e ne farà di maggiori, perché
io me ne vo al Padre » (Giovanni 14 :12). Dove sono oggi « i segni che accompagneranno
»? Questi segni e prodigi con i quali il Signore confermava le parole della
prima Chiesa? La colpa non è dalla parte della generosità divina, ma nella
nostra incredulità.
Sarà interessante fermarci un poco a considerare in che modo
opera questo Dono. Gesù guariva col semplice tocco delle Sue mani. Quando il
lebbroso si avvicinò a Lui per essere guarito, « Gesù, stesa la mano, lo toccò
dicendo : Lo voglio, sii mondato. E in quell'istante egli fu mondato dalla sua
lebbra » (Matteo 8 :3). In qualche caso questo tocco vitale veniva dai malati
stessi. Leggiamo infatti che « tutti quelli che Lo toccarono, furono completamente
guariti » (Matteo 14 :36).
Alle volte bastava una semplice parola. « Di' soltanto una
parola, — implorava il Centurione — e il mio servitore sarà guarito » (Matteo 8
:8).
Paolo trovò a Listra un uomo «impotente nei piedi » e lo
guarì con una sola parola. « Vedendo che aveva fede da esser sanato, l'apostolo
disse ad alta voce : Levati ritto in piè. Ed egli saltò su, e si mise a
camminare » (Atti 14:9, 10). E leggiamo anche : « Mandò la sua parola e li
guarì, e li scampò dalla fossa » (Salmo 107 :20).
In molti casi gli apostoli guarivano « imponendo le mani ».
« Molti segni e prodigi erano fatti fra il popolo per le mani degli apostoli »
(Atti 5 :12). E anche Paolo, dopo aver pregato per il padre di Publio, « gli
impose le mani e lo guarì » (Atti 28 :8).
Eccezionalmente questo Dono operava senza il tocco delle
mani e anche senza il suono della parola. Leggiamo che al tempo degli apostoli
« portavano perfino gli infermi per le piazze, e li mettevano su lettucci e
giacigli, affinché, quando Pietro passava, l'ombra sua almeno ne adombrasse
qualcuno, ... e tutti quanti erano sanati » (Atti 5 :15, 16).
Badiamo inoltre al fatto che perché questo Dono fosse attivo
era necessaria la fede. Da qualcuno è stato insinuato che Paolo portasse con
sé nei viaggi missionari Luca « il medico carissimo », con il fine di farlo
intervenire con le sue cognizioni mediche nel caso che egli avesse fallito con
i Doni soprannaturali delle Guarigioni. E' il modo di ragionare più pazzesco
che possa concepirsi. I Doni di Dio sono dati per fede, ora se Paolo avesse
avuto tanto poca fede da portarsi dietro Luca con il fine che abbiamo detto,
possiamo esser certi che i Doni di Guarigioni non avrebbero davvero operato
per mezzo di Paolo. Oltre a ciò, quando Paolo, Luca e gli altri fecero
naufragio e presero terra a Malta, fu Paolo che operò una guarigione, non il
medico Luca (Atti 28 :8, 9).
In qualche caso vediamo che la fede necessaria fu esercitata
dal prossimo o dagli amici, se il malato non era in condizioni di farlo
personalmente. Questo avvenne nel caso del paralitico condotto a Gesù da
quattro amici. « E Gesù, — dice la Bibbia — veduta la loro fede, disse al
paralitico : Figliuolo, i tuoi peccati ti sono rimessi » e lo guarì (Marco 2
:5).
Ordinariamente, però, la fede era esercitata dalla persona
inferma. Ecco perché alla donna che da dodici anni soffriva di flusso di
sangue e aveva toccato con fede il lembo della Sua veste, Gesù disse : « La tua
fede t'ha guarita. E da quell'ora la donna fu guarita » (Matteo 9:22).
In qualche circostanza la fede necessaria per vedere in atto
questo Dono divino venne esercitata solo dal ministro. Questo si verificò
quando Gesù guarì il ragazzo epilettico che si trovò davanti, dopo che la fede
del padre aveva ricevuto un duro colpo, perché i discepoli non erano riusciti a
scacciare il demonio che lo opprimeva (Marco 9 :25).
Un esempio simile poi l'ho appreso qualche anno fa. Mentre
mi trovavo in una Chiesa per una missione evangelistica, mi venne presentata
una donna che mi raccontò la sua conversione. Disse che avendo udito che in una
data località si teneva una riunione di risveglio da un evangelista molto
conosciuto, volle andarci e ad un certo punto si sentì profondamente convinta
di peccato. Udito l'invito a farsi avanti per quelli che desideravano essere
guariti, ella si mosse pensando cile si trattasse di guarigione spirituale,
cioè della salvezza. Nell'istante in cui si pregava per lei, ella avvertì di essere
stata salvata, sebbene, naturalmente, la preghiera che veniva fatta su di lei
si riferiva alla guarigione del corpo. Dio però non commette errori e sapeva
benissimo le necessità di quella donna. Ella aveva un tumore al collo, ma hon
sapendo nulla delle Guarigioni divine, non aveva pregato a questo fine. La
mattina seguente, quando si alzò e osservò come al solito allo specchio la sua
escrescenza tumorale, con immensa gioia e sorpresa, si avvide che era tutto
sparito. La sua testimonianza venne confermata da innumerevoli amiche che la
conoscevano benissimo e che più volte avevano visto quel tumore.
In quel caso è evidente che la fede del ministro fu il solo
mezzo per il quale venne quella guarigione, poiché la donna non sapeva nulla
dei Doni di Guarigioni e non aveva esercitato alcuna fede per ottenere di
essere guarita.
E' necessaria ancora una osservazione riguardo ai Doni di
Guarigioni. Il possesso di questo Dono da parte di pochi e il fatto che esso
operi in essi nella libera sovranità dello Spirito Santo, non impedisce che
molti, secondo Giacomo 5 :14, 15, possano ricevere la guarigione mediante la
preghiera della fede e l'unzione dell'olio.
Non c'è dubbio che questo passo della Scrittura serva a dare
una regola precisa per il credente e per la vita della comunità, mentre il «
Dono delle Guarigioni » è dato per aiutare gli sforzi che vengono fatti in
mezzo a persone non ancora convertite. Nel caso dunque in cui si ammala un membro
della chiesa o della comunità, dobbiamo ricordare quanto è scritto in Giacomo 5
:14, 15. « C'è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e
preghino essi su lui, ungendolo d'olio nel nome del Signore ; e la preghiera
della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà ».
Qui non viene fatta menzione particolare di chi deve ungere
il malato ; non viene indicata alcuna autorità o ufficio particolare. Sono
nominati esplicitamente gli « anziani della chiesa », ma, naturalmente, essi
non potranno dimenticare che il loro pastore non solo appartiene agli anziani
ma è il primo di essi, quello che li presiede.
Mentre, però, l'unzione con l'olio è riservata agli anziani
della Chiesa ed è stata istituita per il cristiano che si ammala, c'è un'altra
promessa che riguarda tutti i credenti, tutti quelli che credono nei « segni
che seguiranno ». Di essi è stato scritto : « Imporranno le mani agli infermi
ed essi guariranno » (Marco 16 :18). Dio dunque è stato così meravigliosamente
provvido che per ogni caso di necessità ha offerto il Suo divino intervento :
la Sua promessa è così ampia che tutti quelli che cadono malati possono ricevere
aiuto e conforto da un cristiano in preghiera.
Per concludere, sarà bene citare alcuni casi in cui è stato
esercitato questo Dono divino. Niente meglio degli esempi potrà confutare
l'affermazione che non ci sono state più guarigioni miracolose dal tempo degli
apostoli.
Nel prologo di questo libro abbiamo già provato che fino al
terzo secolo dopo Cristo nella Chiesa c'era il « Dono delle Guarigioni » e non
staremo a ripetere le stesse prove. Diamo esempi più recenti.
Si pensa che Costantino, che divenne imperatore nel 306 dopo
Cristo, si sia convertito al cristianesimo verso il 313. Nel 324 egli fece un
editto in virtù del quale veniva abolito il paganesimo e la religione cristiana
diveniva Religione di Stato. Questo fatto fece entrare uno spirito di
mondanità nella Chiesa di Cristo e cominciarono a sparire l'adorazione pura e
sincera, assieme alla manifestazione del soprannaturale. La Chiesa non faceva
più affidamento nel solo aiuto divino ; essa cominciò ad appoggiarsi troppo
sulle potenze della terra e a confidare nella loro protezione.
Il Rev. A. J. Gordon, nel suo libro « Il Ministerio delle
Guarigioni », dice : « Ora viene un fatto che dovrebbe farci pensare molto :
tutte le volte che nella chiesa si verifica un ritorno alla fede primitiva e
alla semplicità apostolica, si ode parlare dei miracoli evangelici che
caratterizzarono il tempo degli apostoli. Il miracolo circonda la culla di ogni
riforma spirituale, come avvenne alla nascita della Chiesa, Valdesi, Moravi,
Ugonotti, Battisti e Metodisti, tutti hanno miracoli e miracoli nelle loro
cronache ».
Anche Lutero scrive : « Quante volte è accaduto, e accade
ancora, che sono stati scacciati i demoni nel nome di Cristo ! Quante volte
sono state guarite persone gravemente ammalate, con la semplice invocazione
del nome di Gesù ». Una volta egli trovò gravemente ammalato il suo amico
Melantone. Gli disse parole buone per sollevare l'infermo, poi, dopo aver
pregato per lui, lo prese per la mano dicendo : « Su, Filippo, sta' tranquillo
; non far del male a te stesso ; confida nel Signore : guarirai prestissimo ».
Melantone si riebbe completamente e, in seguito, Lutero disse :
« Era moribondo e per un evidente miracolo del Signore, ora
è vivo ».
Giorgio Fox, fondatore di una Denominazione cristiana, detta
degli Amici, nei suoi scritti rende testimonianza alla potenza guaritrice di
Dio mediante il « tocco » delle mani. Egli cita un certo numero di casi di cui
è stato testimonio oculare. Ne citiamo uno : « Mi trovavo da qualche tempo al
Convegno di Arn-side. Qui era un giovane del luogo, un certo Richard Myer, che
da tanto tempo aveva le braccia paralizzate. Una sera, mosso da Dio, davanti a
tutto il popolo, dissi al giovane che stava seduto : " Alzati e stendi le
braccia ". Lo fece immediatamente e, rivolto al popolo, commosso fino
alle lacrime, disse : " Guardate, sono stato guarito" ! I genitori
non potevano credere ai loro occhi. Solo dopo la riunione e dopo infinite
constatazioni, si liberarono da ogni dubbio. Il giovane venne poi con me al
Convegno di Swarthmore e davanti a tutti dichiarò quanto il Signore aveva
operato per lui ».
Giovanni Wesley, fondatore della Chiesa Metodista, più e più
volte, nel suo giornale, cita casi di guarigioni e racconta come la guarigione
veniva in risposta alla preghiera della fede. Nelle sue
« Note sul Nuovo Testamento » egli spiega Giacomo 5 :14, in
questo modo : « Questo singolare, meraviglioso Dono che Cristo concesse agli
apostoli restò a lungo nella Sua Chiesa. Anzi, sembra che sia stato concesso
proprio con lo scopo di arricchire per sempre i seguaci di Gesù. Giacomo
rimanda l'infermo agli " anziani ", perché questi, se non erano gli
unici, erano certamente i primi a godere di ciò che Cristo aveva donato alla
Chiesa. Per molto tempo questo era il metodo seguito dai credenti che si
ammalavano, ma poi tutto si è perduto con il sopravvento dell'incredulità ».
Circa la sua salute Wesley aveva molte cose da raccontare.
Così le ricorda nei suoi scritti. « Quando avevo circa ventisette anni,
cominciai ad avere delle emottisi, e queste si ripeterono a più o meno brevi
intervalli per molti anni. Verso i quarant'anni era arrivato al terzo stadio
della tubercolosi. Era la fine, eppure a Dio piacque liberarmi in soli tre
mesi da un male che non perdona. Egli aveva vinto ».
Ecco dunque un Dono che tutti dovrebbero desiderare
ardentemente. Niente meglio di questo Dono divino può dimostrare che Cristo non
è morto, ma che vive per ognuno di noi. I Modernisti non ammettono il miracolo,
ma anche il peggiore e più ostinato degli increduli deve abbassare il capo
davanti all'evidenza di questi « Doni di Guarigioni ». La Chiesa di Cristo usi
la sua potenza ; si rivesta del soprannaturale ; annienti gli attacchi
dell'incredulità ; abbatta le roccaforti di Satana nel cuore degli increduli, e
trionfi la causa di Cristo.
POTENZA D'OPERAR
MIRACOLI
(1) Descrizione di un dono.
Passiamo ora ad esaminare quel Dono che è come il centro
glorioso delle manifestazioni dello Spirito Santo, l'ultimo e il più
appariscente dei tre Doni di Potenza Ispirata. « Ad un altro, potenza d'operar
miracoli » (1 Corinzi 12 :10). Il termine greco usato è « dinameis », cioè «
poteri » ciò dimostra chiaramente che questo Dono appartiene al gruppo detto «
Doni di Potenza ».
Sarà bene che prima di esaminare dettagliatamente questo
Dono divino, spendiamo qualche parola per chiarire che cosa si debba intendere
per « miracolo ».
Per indicare i miracoli del Nuovo Testamento vengono usate
quattro parole ricche di significato. Essi vengono detti « prodigi », « segni
», « opere », « potenze ». Consideriamo attentamente ciascuno di questi
termini.
Prima di tutto vengono detti « prodigi ». Pietro, infatti,
predicando il Giorno della Pentecoste, dice : « Uomini israeliti, udite queste
parole : Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere
potenti e prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui, fra voi, come voi
stessi ben sapete » (Atti 2 :22). La parola « prodigio » sta a indicare la
meraviglia, lo sbalordimento che il miracolo di Cristo produceva sui Suoi
ascoltatori ; è la descrizione grafica di tanti strepitosi miracoli di Gesù.
Così nella guarigione dello storpio e paralitico leggiamo : « Colui s'alzò, e
subito, preso il suo lettuccio, se ne andò via alla presenza di tutti ; talché
tutti stupivano e glorificavano Iddio dicendo : Una cosa così non la vedemmo
mai » (Marco 2:12).
Come cosa prodigiosa, il miracolo tendeva a scuotere gli
uomini dalla loro apatia spirituale ; da una esistenza troppo legata ai sensi.
Esso deve spingere chi vede e ascolta a rientrare in se stesso e ascoltare la
voce della propria coscienza. Quando Paolo guarì lo storpio di Listra, si ebbe
immediatamente un risultato straordinario : tutti corsero a vedere i nuovi
visitatori della loro città e « a mala pena le turbe furono trattenute dal
sacrificar loro » (Atti 14 :8-18).
Il miracolo viene detto poi « segno ». Esso era infatti un
segno della presenza e potenza di Dio. In questa parola possiamo vedere molto
chiaramente il fine per cui Dio ha dato il miracolo alla Sua chiesa. Esso
indica qualcosa al di là del fatto in se stesso. Nel caso dei miracoli di
Cristo, sappiamo benissimo che essi volevano indicare la generosità, la bontà,
il fine e la potenza di chi li faceva. Per questo i Giudei chiesero : « Qual
segno ci mostri tu che fai queste cose »? (Giovanni 2:18). E Gesù, come segno,
dette loro il miracolo della Sua Resurrezione.
Quando stava per lasciare i discepoli, il Maestro disse loro
: « Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: Nel
nome mio cacceranno i demoni ; parleranno in lingue nuove ; prenderanno in mano
dei serpenti ; e se pur bevessero alcun che di mortifero, non ne avranno alcun
male ; imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno ... E quelli se ne
andavano a predicare da per tutto, operando il Signore con essi e confermando
la Parola coi segni che l'accompagnavano » (Marco 16:17, 18, 20).
Naturalmente un « segno » non era sempre un miracolo: in
alcuni casi si trattava di cose naturali che venivano dati come segno. Gli
angeli, per esempio, dissero ai pastori che avrebbero avuto un segno nel fatto
che avrebbero trovato « un Bambino fasciato e coricato in una mangiatoia »
(Luca
2:12). Il miracolo però era sempre un segno in virtù del
quale chi lo faceva pretendeva di essere ascoltato come messaggero di Dio.
Vediamo poi che il miracolo viene detto anche « opera ». La
usa in modo particolare Giovanni nel descrivere i miracoli di Cristo, come se
i miracoli o l'operar miracoli fosse proprio della Sua natura divina. In Lui
era la « pienezza della Divinità » e non doveva far meraviglia che il Suo
operare fosse un continuo susseguirsi di miracoli. Le Sue opere dovevano essere
necessariamente più grandi di quelle degli altri uomini.
Quando i Giudei presero dei sassi per lapidarlo, Gesù chiese
: « Molte buone opere v'ho mostrato da parte del Padre mio; per quale di queste
opere mi lapidate voi »? e anche : « In verità, in verità vi dico che chi crede
in Me farà anch'egli le opere che fo io, e ne farà di maggiori, perché io vo al
Padre » (Giovanni 10 :32 ; 14:12). Fece dunque anche una promessa.
Qualcuno potrebbe chiedere : « Dove sono oggi queste opere
soprannaturali? ». Alle volte si dice che l'opera più grande di cui parla
Cristo sia la predicazione del vangelo ad ogni creatura e la conversione del
popolo a Cristo. Ma sembra che in questo caso non si consideri il fatto che è
Cristo stesso che converte e vince le anime. « Poi apparve a più di cinquecento
fratelli in una volta », leggiamo in 1 Corinzi 15 :6. E questo avvenne dopo la
Sua Risurrezione.
E se si volesse concedere che « opere maggiori » sono le
benedizioni spirituali che sono piovute su noi dopo la morte e Resurrezione di
Cristo, si potrebbe chiedere ugualmente dove siano le « opere minori », quelle
che fece Gesù. Egli ha promesso che i credenti avrebbero fatte le opere che
Egli faceva.
I miracoli vengono chiamati anche « potenze ». E' questa
parola (dinamis) che, come abbiamo già spiegato, viene usata in 1 Corinzi 12
:10. Lì è al plurale : « A un altro potenze ». I miracoli, dunque, come ha
detto qualcuno sono vere « esplosioni di onnipotenza ». Essi vengono operati
in virtù di questo attributo divino. E' questa potenza che è nel messaggero di
Dio ; questo è il primo equipaggiamento che ha avuto da Lui è questa che gli dà
la possibilità di operar miracoli. Di Cristo leggiamo che « usciva da Lui una
virtù (dinamis) che sanava tutti » (Luca 4 :19).
Le stesse parole sono usate per Stefano. « Or Stefano, pieno
di grazia e di potenza (dinamis), faceva gran prodigi e segni fra il popolo »
(Atti 6 :8), Non dovrebbe oggi la Chiesa di Cristo cercare con maggiore
intensità l'adempimento della promessa contenuta nelle parole di Cristo, « voi
riceverete potenza (dinamis) quando lo Spirito Santo verrà su voi »? (Atti 1
:8). Come siamo colpevoli e degni di biasimo per la enorme debolezza che
vediamo nelle nostre vite, quando sappiamo che Dio, Uno e Trino, aspetta di
riversare sulle nostre anime anemiche e sfinite parte della Sua divina
onnipotenza!
Spesso sentiamo dire che il tempo dei miracoli è passato. Se
fosse così non servirebbe a niente seguitare a studiare questo Dono divino, ma
grazie al Cielo, non è così. L'esperienza di migliaia e migliaia che sono stati
guariti quando tutti gli sforzi umani non erano serviti a nulla, dice che il
miracolo è possibile e si verifica anche in pieno secolo ventesimo.
Naturalmente non abbiamo difficoltà ad ammettere che nella
vita di molti è davvero passata l'età dei miracoli, perché è passata anche la
fede necessaria per ottenerli. Ma se una persona divenuta cieca avesse il
diritto di negare l'evidenza della luce solo per il fatto che essa non la
'vede, troppe cose dovrebbero negarsi. Non sarebbe una buona conclusione la
sua. La stessa cosa dobbiamo dire di chi ha perduto la fede. Egli non ha
diritto di negare l'esistenza di miracoli che altri ricevono a causa di quella
fede che egli non ha più.
Abbiamo il vangelo dei miracoli e finché esso sarà con noi,
possiamo esser certi che ci saranno anche i miracoli. E' degno di attenta
considerazione il fatto che tutto il messaggio evangelico traspira questa «
potenza di erogar miracoli ». Cristo, per esempio, ha una nascita miracolosa.
Ecco le parole del vangelo : « E l'angelo, rispondendo, le disse : Lo Spirito
Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra ;
perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio » (Luca
1.35).
Tutte le opere miracolose di Cristo furono fatte proprio in
virtù di questa potenza divina. « E Gesù, nella potenza ( dinamis) dello
Spirito, se ne tornò in Galilea; e la sua fama si sparse per tutta la contrada
circonvicina » (Luca 4 :145. Ed ancora : « La potenza (dinamis) del Signore
era con lui per compier guarigioni » (Luca 5 :17). Pietro parlando ai familiari
di Cornelio spiegava : « Come Iddio l'ha unto di Spirito Santo e di potenza
(dinamis) ; e come egli è andato attorno facendo del bene, e guarendo tutti coloro
che erano sotto il dominio del diavolo, perché Iddio era con lui » (Atti
10:38).
Prima della Sua Ascensione, Cristo promise ai credenti che
avrebbero ricevuto la « potenza di operar miracoli »: Ecco, io mando su voi
quello che il Padre mio ha promesso ; quant'è a voi, rimanete in questa città,
finché dall'alto siate rivestiti di potenza (dinamis »), poiché « voi
riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi » (Luca 24 :49 ; Atti 1
:6).
E' evidente che al principio della Chiesa questo Dono divino
venne concesso a larga mano. Oltre agli apostoli di Cristo e agli altri
dirigenti delle Chiese, molti esercitarono questo privilegio. Quando Paolo
vuole richiamare i Galati ; uno degli argomenti più forti che usa consiste nel
dire che quelli tra loro che operavano miracoli lo facevano per mezzo della
fede e non mediante la legge. « Colui dunque che vi somministra lo Spirito —
dice l'apostolo — ed opera fra voi de' miracoli, lo fa egli per la via delle
opere della legge o per la predicazione della fede »? (Galati 3 :5).
Finalmente, quando Cristo farà ritorno sulla terra, Egli
verrà « sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria »; con la potenza
della Sua Parola « risusciterà coloro che sono morti » e « trasformerà il
corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria,
in virtù della potenza per la quale egli può ancora sottoporsi ogni cosa »
(Matteo 24 :30 ; Ebrei 1 :3 ; Filippesi 3 :21).
Il messaggio evangelico in se stesso ha qualcosa di «
potente » e « miracoloso »: « Esso è potenza di Dio — dice Paolo — per la
salvezza d'ogni credente » (Romani 1 :16). Un famoso ubriacone si convertì al
Signore e qualche tempo dopo la sua conversione incontrò uno dei suoi vecchi
compagni di stravizi. « Ma tu non credi che la Bibbia dica il vero »! Si che lo
credo », rispose il convertito. « Non mi dirai che credi anche ai miracoli »,
insistette l'altro.
« Ma certo che ci credo »!
« E credi anche al fatto che Cristo cambiò l'acqua in vino
»?
« Oh, ma questo è niente »! disse trionfante il vecchio
ubriacone convertito. « Se vieni a casa mia ti farò vedere cose ben più
meravigliose. Vedrai che Gesù, nella mia casa, ha cambiato la birra e il whisky
in tavole e sedie, in vestiti e cibo ».
Certo non dobbiamo abbassare in questo modo il grande Dono
soprannaturale che Dio ha concesso alla Sua Chiesa. La conversione è un
miracolo della grazia ; la persona per mezzo della quale la verità è penetrata
in un'anima, colui che è servito a Dio per operare quella conversione, può essere
detto benissimo « operatore di miracoli », ma non dobbiamo dimenticare che il
Dono di operar miracoli » comporta qualcosa di diverso. Si tratta del miracolo
nel vero senso della parola. La parola « miracolo » si riferisce esclusivamente
all'atto di « potenza » e quelli che hanno questo Dono sono chiamati « potenti
» o « operatori di miracoli » come, per esempio, in 1 Corinzi 12 :29, dove
leggiamo : « Tutti sono eg lino apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse
tutti dottori? Fan tutti de' miracoli »?
(2) Il miracolo non è impossibile
La comune obiezione che si fa contro il miracolo è stata
sempre quella che il miracolo è contro la natura e, in quanto tale, non può
verificarsi in un mondo che è regolato da severissime leggi di natura.
Ma il miracolo non è contro la natura ; esso è semplicemente
al di là delle leggi della natura che noi conosciamo. Non si tratta di una
violazione di leggi naturali, ma dell'intervento di una forza superiore che
viene da un mondo armonico e perfetto in un mondo pieno di disordine e
imperfezioni. Essa viene per ristabilire in questo mondo l'armonia che è stata
rotta in qualche modo. La guarigione del cancro, per esempio, non potrebbe
dirsi davvero una cosa contro la natura, dato che la malattia e non la salute è
contro la natura. Il miracolo della guarigione non fa che riportare la natura
alla normalità.
Il corso normale della natura è un continuo. miracolo, e noi
dovremmo vederlo questo miracolo, ma i nostri occhi sono ostacolati dalla poca
sensibilità delle nostre percezioni. Il miracolo dell'acqua che si trasforma in
vino dietro l'ordine di Gesù (Giovanni 2 :8) non è maggiore del miracolo che
avviene quando la pioggia e i raggi del sole che cadono si trasformano in
grappoli d'uva succosi sulla vite. Qui si tratta del miracolo continuo della
natura ; lì di un atto soprannaturale, ma l'uno e l'altro sono veri miracoli.
Il fare un uomo è una cosa grande e meravigliosa come il risuscitarlo da morte
; il seme che viene gettato tra le zolle e si moltiplica, è meraviglioso come
il pane che si moltiplica nelle mani di Cristo (Giovanni 11 :44 ; 6 :11).
L'universo è sostenuto dalla potente mano di Dio e non è
stato abbandonato a se stesso, come alcuni vorrebbero farci credere. E non è
neppure in balia delle leggi naturali che Dio ha stabilito. Questo immenso
cosmo è come un potente orologio con le sue ruote che girano con la massima
regolarità : i pianeti girano attorno alle stelle ; le stelle attorno ad altre
stelle. Tutti seguono le loro orbite perfette ; tutti vanno per il loro
cammino, sebbene il loro moto conosca velocità inconcepibili. La immensa
galassia di stelle, pianeti, comete e nebulose, si muove verso destinazioni
ignote dello spazio. Chi è l'ordinatore di tutto questo mirabile e potente
movimento di astri? Dove è la forza immane che sostiene, controlla, dirige
questo macchinario così complicato? « Il padre mio — diceva Gesù — opera fino
ad ora, ed anche io opero » (Giovanni 5:17). E in Ebrei 1 :3 leggiamo che Dio
« sostiene tutte le cose con la Parola della sua potenza ».
Le parole « leggi della natura » sono dunque quasi senza
senso. Le leggi di Dio esistono solo per l'uomo ; esse sono la volontà di Dio
stesso. Le leggi della natura sono in realtà la continua evidenza della volontà
divina. Egli può, in qualunque momento, accentrare questa volontà verso una nuova
opera, e questo costituisce per noi il miracolo. Il miracolo non è dunque
un'infrazione alla legge naturale, ma la semplice neutralizzazione di una legge
inferiore o anche la sospensione della medesima per un certo tempo per mettere
in funzione una legge più alta e, per il momento almeno, più importante.
Quando io sollevo il braccio, per esempio, non viene abolita la legge della
gravitazione ma è semplicemente sospesa: la legge c'è ancora ma resta neutralizzata
da una legge più forte, quella cioè della mia volontà. Il disegnatore di un
apparecchio per volare fa i suoi calcoli e combina le forze in modo che resti
sospesa la legge di gravità e il suo apparecchio resti in aria e voli con
sicurezza. La legge della gravitazione generale getterebbe la terra e gli altri
pianeti nella fornace spaventosa del sole, se la forza centrifuga non
intervenisse ad evitare una simile catastrofe. Anche nel campo spirituale si
verifica questo conflitto tra leggi : « La legge dello Spirito della vita in
Cristo Gesù — dice Paolo — mi ha affrancato dalla legge del peccato e della
morte » (Romani 8 :2). Qualcuno ha detto che « i miracoli della terra sono le
leggi del cielo ».
Possiano far notare anche che una legge potrebbe essere
contraria ad un'altra se prese singolarmente e separate da tutte le altre
leggi, ma sopra ogni legge di natura domina il principio che quando due leggi
vengono in conflitto tra loro, vince sempre quella più forte ed importante: è
una legge fondamentale. A questo punto siamo arrivati a poter dare la
definizione del miracolo. Esso è un atto che, per intervento di una forza
superiore, controlla o sospende per qualche tempo una legge della natura.
Quando Dio esce in qualche modo dai confini che Egli stesso ha dato alle Sue
creature, noi diciamo che avviene un miracolo. Ma Dio non è tenuto
all'osservanza delle leggi che Egli stesso ha dato e che sono la semplice
espressione della Sua volontà. Ciò Lo abbasserebbe al livello delle creature.
Egli può, e in qualche caso fa, diversamente da quel che è solito fare.
Nel Dono dei miracoli entra in campo una legge fortissima,
la legge della fede, che è tanto forte che, quando entra in funzione, sospende
quel che noi diciamo legge di natura. Ciò è detto chiaramente nella Scrittura.
« Colui dunque che vi somministra lo Spirito ed opera fra voi de' miracoli, lo
fa egli per via delle opere della legge o per la predicazione della fede »?
(Galati 3 :5). A qualcuno è stato concesso di scoprire il modo di operare di
questa legge della fede, scoperta che rende possibile l'operar miracoli mediante
la potenza dello Spirito Santo. I miracoli dunque non sono, torniamo a
ripeterlo, contro la legge naturale, ma la semplice sospensione di una tale
legge, sospensione temporanea dovuta ad una forza maggiore, ad una legge più
alta, che opera nella potenza della Terza Persona della Trinità.
Servirà certamente alla comprensione di questo Dono divino
il considerare alcuni fatti particolari della Scrittura in cui esso è in
azione.
Il cacciare di demoni, molto spesso, viene presentato come
un fatto miracoloso. Anzi, questo potere soprannaturale sulle potenze del male
sembra contenuto in modo particolare nel nome « potenza » col quale viene
chiamato questo Dono. « Maestro, — disse Giovanni avvicinandosi a Gesù — noi
abbiamo veduto uno che cacciava i demoni nel nome tuo, il quale non ci seguiva;
e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva ». E Gesù gli disse : « Non
glielo vietate, poiché non v'è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio
nome, e che subito dopo possa dir male di me » (Marco 9:38, 39).
Questo era uno dei « segni » che Cristo disse che avrebbero
avuto coloro che avrebbero creduto: « Nel nome mio cacceranno i demoni »
(Marco 14:17). Ricordiamo anche che la liberazione dagli spiriti immondi
ottenuta con la semplice applicazione di « asciugamani e grembiuli » che erano
stati sul corpo di Paolo, viene considerata « miracolo straordinario », uno dei
tanti che Dio operava per mezzo del Suo apostolo (Atti 19:1.1, 12).
Miracoli o portenti di questo genere confermavano il
ministerio dell'evangelista Filippo : « E Filippo, disceso nella città di
Samaria, vi predicò il Cristo. E le folle di pari consentimento prestavano
attenzione alle cose dette da Filippo, udendo e vedendo i miracoli ch'egli
faceva. Poiché gli spiriti immondi uscivano da molti che li avevano, gridando
con gran voce ; e molti paralitici e molti zoppi erano guariti. E Simone, suo malgrado,
... vedendo i miracoli e le gran potenti opere ch'erano fatte, stupiva » (Atti
8 :5-7, 13).
Anche il risuscitare i morti viene attribuito all'attività
di questo Dono meraviglioso. Quando Lazzaro venne chiamato dal silenzio e
dalla corruzione della tomba, una moltitudine immensa di Giudei credette in
Gesù. Il capo dei sacerdoti ed i Farisei tennero allora un conciliabolo e
dissero : « Che facciamo? perché quest'uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo
fare, tutti crederanno in lui » (Giovanni 11 :47, 48).
Un certo numero di miracoli ricordati dalla Scrittura sono
stati operati per venire incontro ai bisogni fisici del popolo. Quando
venivano meno le provviste terrene, l'abbondanza celeste suppliva. Mosè per ben
tre volte dette l'acqua all'assetato Israele : a Mara le acque non potabili
divennero buone con la semplice immersione in esse di un albero che Dio gli
aveva indicato; dall'Horeb la roccia colpita sgorgò acqua fresca e abbondante
; a Kadesh la roccia avrebbe dovuto rispondere alla parola di comando che
secondo l'ordine di Dio avrebbe dovuto pronunciare Mosè, ma il mitissimo uomo
di Dio, irritato per il pettegolezzo e la mormorazione del popolo, la colpì due
volte. La roccia dette ugualmente acqua abbondante. Vedi Esodo 15 :23-26 ; 17
:6 ; Numeri 20 :8-11.
Il miracolo della manna venne direttamente dal cielo per
sfamare migliaia e migliaia di Israeliti : « E l'Eterno disse a Mosè : Ecco,
io vi farò piovere del pane dal cielo ; e il popolo uscirà e ne raccoglierà
giorno per giorno. E quando lo strato di rugiada fu sparito, ecco sulla faccia
del deserto una cosa minuta, tonda, minuta, come brina sulla terra. ... E i
figliuoli d'Israele, veduta che l'ebbero, dissero l'uno all'altro : Che cos'è
»? E Mosè disse loro : « Questo è pane che l'Eterno vi dà a mangiare » (Esodo 4
:14, 15). Si è voluto vedere la manna della Bibbia nella gomma resinosa che
trasuda dal tamaro, ma non si è pensato che « la manna cessò l'indomani del
giorno in cui mangiarono dei prodotti del paese » (Giosuè 5 :12).
Il miracoloso mutamento dell'acqua in vino a Cana di Galilea
è stato detto « il primo dei miracoli che Cristo fece per manifestare la Sua
gloria » (Giovanni 2 :11). La soprannaturale moltiplicazione dei cinque pani e
dei due piccoli pesci che permise di cibare una moltitudine di oltre cinquemila
persone, sta ad indicare che il « fiat » creativo del principio della creazione
continuava ancora. Quel « fiat » ancora una volta era pronunciato dal Dio Vero
del Dio Vero, sebbene rivestito di carne mortale.
Prima di chiudere questo capitolo citeremo qualche esempio
di questo Dono del Signore verificatosi in tempi molto recenti. Gli esempi
sarebbero molti, ma ne citeremo solo alcuni e pensiamo che siano sufficienti.
Di Giovanni Welsh leggiamo il fatto che segue. Un giovane
nobile, erede di Lord Ochiltree, si ammalò gravemente e dopo essere stato
distrutto dal male, morì proprio in casa di Welsh. Il cadavere venne tolto dal
letto e posto a terra su di un materasso perché potesse essere rivestito più
comodamente. Mr Welsh era presente e il suo cuore era oppresso dal dolore. Per
tre ore continue volle stare lì con quel cadavere e si lamentava dolorosamente.
Passate dodici ore, secondo il costume, arrivarono alcuni con la cassa per
chiedere il corpo del giovane. Welsh li scongiurò perché, a soddisfazione del
suo affetto, glielo lasciassero vedere ancora un poco. Tornarono dopo altre
dodici ore. Egli non sapeva decidersi: pregò e scongiurò che attendessero
ancora. Capirono che Welsh non era certo della morte del giovane e chiamarono
i medici che fecero del tutto per accertarsi del decesso avvenuto. Punsero il
cadavere in diverse parti del corpo; fecero altri esperimenti, ma non si vide
alcun segno di vita e lasciarono la più ampia dichiarazione di morte. Welsh
chiese allora di essere lasciato solo col cadavere. Poi si gettò in ginocchio
davanti al giaciglio sul quale era il corpo e con tutta la sua forza invocò il
Signore. Di tanto in tanto gettava uno sguardo al cadavere, e mentre continuava
a lottare con Dio. All'improvviso il morto aprì gli occhi e rivolto a Welsh,
disse : « Io sto bene ! Solo le gambe e la testa mi fanno molto male ». Erano
le parti dove i medici avevano fatto il tentativo per risvegliarlo nel caso che
non fosse morto davvero. Welsh, fuori di sé dalla gioia, chiamò gli amici, che
restarono sbalorditi davanti a questo miracolo del Signore. Il giovane divenne
poi Lord Castlestuart che ebbe una grande, importantissima posizione in
Irlanda, ma restò famoso soprattutto per la sua vita veramente cristiana.
Molto diverso è il fatto che segue, ma se viene considerato
miracoloso l'intervento dei corvi che portavano pane e carne ad Elia nascosto
presso il torrente Cherish, dovremo considerare miracoloso anche il fatto che
stiamo per raccontare. Giovanni Craig era un frate domenicano del convento di
Bologna. Un giorno trovò nella biblioteca del convento una copia delle « Istituzioni
» di Calvino. In seguito a quella lettura egli si convertì alla Fede Riformata.
Avendo fatto il tentativo di far penetrare negli altri quella luce che era
penetrata nella sua mente, fu processato come eretico per ordine dell'Inquisizione,
e condotto a Roma dove per nove mesi fu tenuto in una terribile prigione
spesso allagata dalle acque del Tevere. Al termine del lungo processo fu
condannato ad essere bruciato vivo. La condanna avvenne il 19 agosto del 1559.
La sera precedente il giorno dell'esecuzione morì il papa Paolo IV e, come si
usava allora, vennero aperte le prigioni e lasciati liberi i detenuti, ad
eccezione degli eretici. Fortunatamente per Giovanni Craig e i suoi compagni
quella notte ci fu un tumulto in città e questo favorì la loro fuga. Deciso a
lasciare quanto prima l'Italia, per non essere preso di nuovo, camminava di
notte, mentre di giorno doveva tenersi nascosto. Ben presto però finirono i
pochi soldi che aveva con sé e si trovò all'estremo delle sue forze. Quando
tutto sembrava finito, gli si avvicinò un cane con una borsetta in bocca. In
essa trovò il danaro sufficiente per tirare avanti finché fu fuori da ogni
pericolo.
I miracoli della divina Provvidenza che risponde alle nostre
preghiere sono anche oggi numerosi. Apparentemente la Provvidenza segue il
corso naturale della cosa, ma l'elemento soprannaturale è presente, perché riceviamo
risposta alle nostre preghiere, senza che ci siamo rivolti ad altri o abbiamo
esposto ad alcuno la nostra necessità.
Il tempo dei miracoli non è passato. Dio ha ancora questo
benedetto Dono dei miracoli per quelli che resteranno umili sotto la Sua
potente mano anche quando saranno arricchiti da un Dono così importante e
meraviglioso.
IL DONO DELLA
PROFEZIA
(1) Il dono nella
Vecchia Dispensazione.
Il sesto Dono è quello della Profezia e, lo ricordiamo
benissimo, è il primo e più importante dei tre Doni di Ispirata Espressione. Il
linguaggio celestiale, la divina ispirazione, la chiara ispirazione che
ammiriamo in questo Dono sono tutta opera soprannaturale dello Spirito Santo.
E' necessario dunque che abbandoniamo subito l'idea che « profetizzare » sia lo
stesso che predicare. Considerare sinonimi queste due parole sarebbe togliere a
questo Dono divino il suo carattere soprannaturale ; sarebbe un toglierlo dai
Doni dello Spirito Santo per confinarlo tra le semplici doti naturali
dell'uomo. «Ad un altro — dice la scrittura — (è dato il dono) della profezia »
(1 Corinzi 12 :10).
Se è vero però che la profezia è una cosa ben distinta dalla
predicazione, è anche vero che in certi casi l'impulso profetico potrebbe
essere impartito al predicatore, e allora quel che egli ha cominciato a dire
in modo naturale, si conclude in modo soprannaturale.
« Abbiamo letto che, nel primo decennio del secolo XVIII,
tra i Camisardi delle Cevennes il Dono profetico era così potente che persone
del tutto semplici ed incolte, sotto la potenza dello Spirito, dettero dei
messaggi addirittura sbalorditivi. Sarebbe stato del tutto impossibile ad essi
esprimersi in quel modo, se non fossero stati sotto la divina influenza : i
pensieri erano elevatissimi e la forma così smagliante da lasciare tutti
sbalorditi. Si esprimevano con un francese purissimo e chi parlava non conosceva
che il proprio dialetto. Il modo di rendere il messaggio era poi così
espressivo, così efficace che tutti sentivano che il messaggio veniva da una
fonte ben più elevata. Perfino dei bambini resero dei grandi messaggi ».
Personalmente, spesso sono stato cosciente dell'unzione
dello Spirito Santo, mentre parlavo al popolo. Non solo avvertivo che una luce
nuova e più abbondante illuminava la mia mente, ma sentivo anche che le parole
della mia bocca erano del tutto diverse da quelle che avevo preparato per quel
dato sermone. Senza dubbio, è questa un'esperienza che hanno provato molti
predicatori che non si tengono troppo legati ai sermoni scritti, e forse ogni
predicazione ispirata è in qualche modo sotto l' influsso di questo Dono
profetico.
Poniamo attenzione per un istante alle parole che lo Spirito
Santo stesso ha scelto per indicare questo Dono profetico.
Tra gli Ebrei del Vecchio Testamento, una delle parole usate
a questo fine è « naba ». Letteralmente significa « cessare di ribollire », ma
veniva usato per indicare « il parlare fluido e abbondante » di chi era sotto
l'ardore e la emozione divina. Così spiega quel termine Gesenius.
Il Dizionario Biblico di Smith definisce il profeta « una
persona che involontariamente in espressioni o affermazioni spirituali parla
sotto l'influsso divino ». Un' altra definizione ce la offre Pietro quando dice
: « Non è dalla volontà dell'uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli
uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo » (2
Pietro 1 :21).
Altra parola usata è « oracolo ». Habacuc 1 :1, 2 : «
Oracolo che il profeta Habacuc ebbe per visione. Fino a quando, o Eterno,
griderò, senza che tu mi dia ascolto? Io grido a te : " Violenza "! e
tu non salvi ».
In Ebraico è usata anche la parola « nataph ». Ed è molto
bella questa parola. Letteralmente significa « irrorare », « far scendere della
pioggia ». Viene usata per indicare che la parola del profeta, cioè la
profezia divina cade « come biondo olio fluente », « come dolce miele da una
favo », « come pioggia ristoratrice sui campi riarsi ».
La profezia viene detta anche « chazah », che significa «
vedere in visione ». E' una definizione particolarmente appropriata a colui
che dice cose che ha visto perché sono state presentate alla sua mente mediante
una visione propriamente detta o per mezzo di una rivelazione orale.
Il profeta ebraico viene chiamato « Colui che vede », per
indicare che i suoi occhi sono aperti a vedere le cose dello spirito che i
mondani o le menti degli altri uomini non percepiscono.
Nel greco del Nuovo Testamento il verbo « profetare » viene
reso con il verbo « profetuo », che potrebbe essere spiegato in due sensi :
illuminare mediante la parola o « parlare in luogo di un altro ». La profezia
è proprio l'una e l'altra cosa assieme. Il profeta è colui che chiarisce le
cose con la sua parola, ed è colui che parla a nome ed in luogo di Dio.
Il profeta dunque era il portavoce di Dio. Parlava sotto la
divina influenza ed ispirazione ; sia quando prediceva qualcosa, sia quando minacciava
o avvertiva individui o popoli, egli era sempre il rappresentante,
l'ambasciatore di Dio e l'interprete della Sua volontà. « Il profeta — dice
Robinson — non fa conoscere i propri pensieri, ma quello che ha ricevuto da
Dio, sebbene conservi la propria coscienza e la propria personalità ».
Filone distingue il vero profeta dal falso individuo. Dice
che mentre il primo, rapito in estasi, non riferisce nulla di suo, ma ripete
quello che apprende da Dio per rivelazione, il falso profeta o indovino mette
molto di suo negli oracoli e predizioni che pronuncia.
Il carattere essenziale della Profezia è lo stesso nelle Due
Dispensazioni. Nella prima come nella seconda, la « profezia » è
un'affermazione divinamente ispirata, e, naturalmente, del tutto
soprannaturale. E' una manifestazione dello Spirito Santo che non ha nulla a
che fare con la forza del pensiero e del ragionamento umano.
La volontà umana entra nella profezia solo in quanto la
manifestazione del Dono Divino è sotto il controllo intellettuale e volitivo
del profeta. Che il profeta riteneva la propria volontà ed aveva il controllo
sul proprio comportamento è dimostrato dal fatto che nella Chiesa di Corinto i
profeti dovevano « parlare due o tre... e gli altri dovevano giudicare » e
anche « se una rivelazione era data ad uno di quelli che stavano seduti, il
precedente doveva tacere » (1 Corinzi 14 :29, 30). Il Dono della profezia
dunque non toglieva la libertà di azione a chi lo possedeva. Il profeta poteva
mettere se stesso nelle mani di Dio e divenire il veicolo del Suo messaggio
profetico o anche reprimere o rimandare l'annuncio profetico.
Nella profezia entrava in campo anche la fede. « E siccome
abbiamo dei doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, — dice Paolo
ai Romani — se abbiamo dono di profezia, profetizziamo secondo la proporzione
della nostra fede » (Romani 12:6).
Il fattore « fede » è, sembra, la spiegazione della scarsità
di questo Dono soprannaturale. Filippo aveva quattro figlie che profetavano
(Atti 21:9). Quattro in una sola famiglia! Ed oggi in quante chiese grandissime
si stenta a trovare qualcuno che abbia ricevuto questo Dono. Fede ! Fede ! Fede
! A quale altezza d'ispirazione potremmo arrivare se avessimo questa fede !
Mentre la volontà umana e la fede avevano gran parte nel
fatto della profezia, l'intelletto umano e la capacità intellettuale erano del
tutto inattivi. Questo può vedersi chiaramente nei casi in cui il profeta non
comprende affatto il messaggio che egli sta trasmettendo. « La salvezza — dice
Pietro — è stata l'oggetto delle ricerche e delle investigazioni dei profeti
che profetizzarono della grazia a voi destinata. Essi indicavano qual fosse il
tempo e quali le circostanze a cui lo spirito di Cristo che era in loro
accennava, quando anticipatamente testimoniava delle sofferenze di Cristo, e
delle glorie che dovevano seguire. E fu loro rivelato che non per se stessi ma
per voi ministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro
che vi hanno evangelizzato » (1 Pietro 10-12).
Questo passo può spiegarsi solo col fatto che sotto la
divina ispirazione profetica essi pronunciassero delle parole di cui non
conoscevano tutto il significato. Quando fu chiesto a Dio una rivelazione più
completa, venne loro detto che stavano parlando di eventi che dovevano ancora
venire, eventi o fatti di cui a tempo debito avrebbero capito il significato.
Dopo spiegato il significato di questo Dono meraviglioso
dello Spirito, è necessario notare che nelle Scritture si vede chiaramente che
esso non viene manifestato sempre nello stesso grado. Questo deve essere tenuto
bene in mente quando si tratta del valore e dell'autorità delle singole
profezie.
Prima di tutto, abbiamo una « profezia biblica » che è detta
« più ferma parola profetica » e anche « profezia della scrittura » (2 Pietro
1 :19, 20). Essa comprende tutte le profezie scritte che si trovano nel Nuovo e
nel Vecchio Testamento. Questa profezia è del grado più elevato ; è autorevole
e infallibile, sia sulla bocca di un umile popolano, come Amos, sia su quella
di un filosofo, come Paolo, perché in ambedue i casi essi non sono altro che lo
strumento di cui Dio si serve per rivelare i Suoi pensieri.
Vediamo infatti che « lo Spirito dell'Eterno investì in
mezzo alla radunanza Jahaziel, figliolo di. Zaccaria e gli disse : Porgete
l'orecchio ... così dice l'Eterno : Non temete e non vi sgomentate a motivo di
questa gran moltitudine ; poiché questa non è battaglia vostra, ma di Dio » (2
Cronache 20:14, 15).
Il profeta « stabilito » era ordinariamente conosciuto come
l'uomo di Dio o come « il veggente » (1 Samuele 9 :6,9). Perché egli era in
relazione con Dio in modo più stretto e intimo di quello degli altri. « Tutto
quel che egli diceva si sarebbe avverato di sicuro » per questo poteva essere
consultato con utilità anche nelle faccende private come avvenne nella perdita
delle asine di Kish. Quando Saul chiese del « veggente », tutti compresero che
egli parlava del profeta che era dalle loro parti (1 Samuele 9:11, 12).
In seguito, il profeta ottenne un riconoscimento nazionale e
divenne un importante elemento sacro nella società ebraica. Una delle loro
caratteristiche era lo sforzo continuo perché nelle faccende della nazione
venisse tenuta presente la Legge. E questo in modo particolare nella condotta
dei Re, che non dovevano rispondere ad altra autorità umana. Il caso di Nathan
e Davide, nella questione di Uria, di Elia e Achab nella morte di Naboth, costituisce
un esempio tipico dell'ufficio del profeta nella società israelitica del tempo.
Con il riconoscimento nazionale essi ebbero maggiore autorità e anche il favore
del re, ma questo favore poteva essere anche pericoloso in quanto il loro
ufficio diventava in questo caso una specie di professione e alcuni profeti infatti
si dimenticavano di essere interpreti del volere divino. Essi « mangiando il
loro pane » divennero dei veri apostati (Amos 7:12) e furono disprezzati dal
vero profeta di Dio. « Così parla l'Eterno riguardo ai profeti che traviano il
mio popolo, che gridano : Pace, quando i loro denti han di che mordere, e
bandiscono la guerra contro a chi non mette loro nulla in bocca... tutti quanti
si copriranno la barba, perché non vi sarà risposta da Dio » (Michea 3:5-7).
Per questo motivo, ancora più tardi, vedremo un crescente
antagonismo tra i profeti di professione e le nuove scuole di profeti, che
avevano un migliore concetto e una migliore dottrina sulla natura di Dio, sui
Suoi piani e la Sua relazione col popolo ebreo. I profeti professionali non
erano affatto degli impostori ; erano delle persone accreditate presso il
popolo, persone che rappresentavano in quei tempi la vera ortodossia. Senza
dubbio, tra loro non mancavano gli impostori, ma nell'insieme », il falso
profeta meritava questo nome perché si contentava di trasmettere le formule
religiose che aveva imparato alla lettera come se si trattasse di verità o
principi intuitivi, frutto di di una diretta esperienza spirituale ». Di essi
il Signore diceva : « Io non ho mandato quei profeti ; ed essi son corsi ; io
non ho parlato loro, ed essi hanno profetizzato » (Geremia 23 :21). Il vero
profeta, invece, con la sua visione spirituale, vedeva che Geova aveva scelto
per Sé un popolo spirituale ; voleva per Sé tutti i singoli individui perché
ciascuno di essi costituiva lo oggetto del Suo amore salvifico ed eterno. In
tal modo il vecchio nazionalismo, a poco a poco, cedeva il posto ad una nuova
visione della fede individuale che si avvicinava al vangelo del Nuovo
Testamento.
Nelle Scritture, inoltre, troviamo un genere di profeti che
non arrivavano alla considerazione generale di cui abbiamo parlato ; essi
partecipavano alla divina ispirazione in modo molto più limitato. A questa
classe appartenevano, indubbiamente, Eldad, Medad e gli altri dei settanta
anziani scelti da Mosè perché lo aiutassero a portare il peso di tutto quel
popolo. « Quando lo Spirito si fu posato su loro, — dice la Parola — quelli
profetizzarono, ma non continuarono ». Eldad e Medad, invece, « profetizzarono
nel campo ». (Numeri 11 :25-29).
Inclusi in questa classe di profeti inferiori erano «i figli
dei profeti». Si trattava in un certo senso di scuole religiose che avevano il
fine di preparare i profeti ; essi corrispondevano alle nostre scuole o studi
di teologia. Sembra che il primo che abbia istituito questo tipo di scuole sia
stato lo stesso Samuele, il quale si era proposto di riformare la vita e
l'ordine sacerdotale che ai suoi tempi aveva molto degenerato. Una almeno,
durante la sua vita, era molto stimata. Essa si trovava a Ramah e sembra che in
essa egli avesse molta importanza, dato che quando Saul mandò messaggeri a Ramah
per prendere Davide « essi videro l'adunanza de' profeti che profetavano, con
Samuele che teneva la presidenza » e, strano davvero, quando i messaggeri si
trovarono in mezzo a quello stuolo di profeti, « lo Spirito di Dio investì i
messi di Saul che si misero anch'essi a profetare ». (1 Samuele 10:5). Il
divino afflato agiva quasi in modo contagioso : tutti quelli che si
avvicinavano a loro, si davano a profetare.
Più tardi vennero fondate altre scuole a Bethel, a Gerico, a
Gilgal e forse in altri luoghi (2 Re 2 :3, 5 ; 4 :38). In esse venivano accolti
studenti che promettevano bene, e venivano formati per il futuro officio
profetico. Ebbero tanto successo queste istituzioni che dal tempo di Samuele
in poi, fino al termine del Vecchio Testamento non si sentì la necessità di una
persona che occupasse l'importante officio di profeta nazionale.
(2) Il dono nella
Vecchia Dispensazione
Passiamo adesso a studiare questo Dono Profetico nel Nuovo
Testamento. Ogni cosa è radicalmente cambiata e non vi è più relazione tra il
profeta del Vecchio Testamento e quello del Nuovo Testamento, come non vi è
relazione tra il sacerdote del V.T. ed il suo successore nel N.T.
Comunque, come nella Vecchia Dispensazione c'era una netta
distinzione tra l'ordine elevato dei profeti «stabiliti» e quello più basso
dei profeti «delle scuole» e nessuno di quest'ultimi poteva raggiungere il
grado o la posizione di profeta «stabilito» a meno che non ricevesse una
particolare chiamata da parte di Dio, così nella Nuova Dispensazione noi
dobbiamo distinguere il particolare
« ufficio di profeta
» dal generale «Dono della Profezia».
Ci aiuterà a comprendere questa distinzione il fermarci un
poco a considerare le caratteristiche che sono proprie di questo Dono.
Prima di tutto, dobbiamo notare che nei primi tempi della
Chiesa il Dono era comunissimo. « Tutti profetizzano », leggiamo in 1 Corinzi
14 :24 ; e al versetto 31, « Tutti, uno ad uno, potete profetare ». Nonostante
questo però, sappiamo che vi era un numero ben definito, una classe ben
distinta che esercitava questo officio e i membri di essa venivano considerati
come « i profeti officiali ».
« Sono tutti profeti? », si chiede Paolo. E la risposta che
deve darsi a quella domanda è naturalmente negativa. Mentre, quindi, tutti potevano
profetare, in realtà non tutti avevano questo Dono divino ; non tutti erano
costituiti profeti nel senso in cui si parla in Efesini 4:11, « Ed è lui che ha
dato gli uni come apostoli ; gli altri, come profeti ». O, in Atti 13:1, « or
nella chiesa d'Antiochia v'erano dei profeti e dei dottori : Barnaba,
Simeone...».
E' evidente che il Dono della Profezia era largamente
diffuso, dato che proprio questa doveva essere la nota caratteristica della
Dispensazione del Vangelo. Lo dicono chiaramente le parole di Pietro nel Giorno
della Pentecoste : « E avverrà negli ultimi giorni, dice Iddio, che io
spanderò del mio Spirito sopra ogni carne ; e i vostri figliuoli e le vostre
figliuole profeteranno. E anche sui miei servi e le mie serventi, in quei
giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno » (Atti 2:17, 18). E i
consigli di Paolo circa il desiderio che i credenti dovevano avere di questo
Dono divino, mostrano chiaramente che esso era molto diffuso. « Ogni uomo che
prega o profetizza... ogni donna che prega o profetizza » (1 Corinzi 11 :4,
5). Sono parole che ci fanno pensare che allora il profetizzare fosse comune
come il pregare. Oggi dovremmo fare eco all'invocazione di Mose ; « Volesse il
Cielo che il popolo di Dio tutto avesse questo Dono ; volesse il Cielo che il
Signore mandasse su tutti il Suo Spirito ».
Una seconda distinzione tra l'officio di profeta e il Dono
della Profezia possiamo vederla nel fatto che il primo era un Dono che Cristo
ha fatto alla Sua chiesa ; il secondo, invece, un Dono che lo Spirito Santo ha
fatto ad un membro della chiesa (Vedi 1 Corinzi 12 :7, 10).
In ultimo, possiamo notare che nelle due liste che fa Paolo,
la lista degli offici e quella dei doni, troviamo ben distinte le due cose :
nella lista degli offici, l'officio di profeta è al secondo posto : « In
secondo luogo, dei profeti » (1 Corinzi 12:28) ; nella lista dei doni, il Dono
della Profezia è, invece, al sesto posto (1 Corinzi 12 :10).
Da tutte queste considerazioni dunque, vediamo che il Dono
profetico non qualificava una persona per l'officio di profeta. Naturalmente
il più comprendeva il meno e, quindi, chi esercitava l'officio di profeta aveva
anche il Dono della Profezia; ma non può dirsi vero il contrario. Sembra che
nella Chiesa il Dono della Profezia avesse la stessa importanza delle scuole
dei profeti del Vecchio Testamento ; potrebbe dirsi anche una continuazione di
quelle. Evidentemente, quelli che ricevono questo Dono appartengono alla
categoria inferiore: la Scrittura fa una netta distinzione, infatti, tra « La
Parola del Signore (che) permane in eterno » (data, naturalmente, in principio
dai profeti
« stabiliti ») e il presente Dono della Profezia del quale è
detto : « Quanto alle profezie, esse verranno abolite » (1 Corinzi 13:8).
Appare evidente dunque che il grado d'intensità
dell'ispirazione divina non è sempre lo stesso. Possiamo pensare che lo
Spirito Santo illumini la mente e la riempia dei pensieri che Egli vuol
rivelare ; possiamo aspettarci che suggerisca anche le parole con le quali
quei pensieri debbano essere rivelati ; possiamo credere che dia anche la forza
sufficiente a farci parlare con autorità divina. Lo Spirito Santo potrebbe
arrivare a servirsi delle corde vocali di chi parla, senza che questi non
debba fare alcuno sforzo mentale. Si avrebbe così un caso di « ispirazione
verbale ».
Ma tra questa e l'ultimo grado d'ispirazione potrebbero
esserci differenze grandissime. Sono queste differenze, questi diversi gradi
d'intensità nella ispirazione divina che rendono la profezia opera dello
Spirito Santo più o meno diretta. Egli, dunque, può operare mediante la mente o
senza la mente del profeta. Il messaggio, però, non deve essere considerato un
messaggio umano per il fatto che passa per la mente dell'uomo. Probabilmente
esso conserva molto dello strumento umano di cui lo Spirito Santo si è più o
meno servito, ma si tratta sempre di un messaggio divino. In quanto tale, se
conforme al generale insegnamento della Bibbia, esso non va mai disprezzato.
(Vedi 1 Tessalonicesi 5 :20, 21). E' interessante notare che Paolo distingue
bene questi gradi d'ispirazione divina. In un caso, infatti, dice : « Io non ho
comandamento dal Signore ; ma do il mio parere », e in un altro. « Ho ricevuto
dal Signore quello che anche v'ho trasmesso » (1 Corinzi 7 : 25; 11 :23 ).
Anche nella più intensa ispirazione, dobbiamo tener presente,
però, che la personalità dell'individuo non viene annullata. Lo stile di Paolo,
per esempio, potrà essere sempre distinto da quello di Pietro e di Giovanni.
Anche nelle profezie del Vecchio Testamento tutti possono vedere la differenza
stilistica e poetica degli iscritti di Davide, Isaia, Amos e gli altri. Le
parole scritte o parlate sono, senza dubbio, veraci e sicure, ma conservano la
caratteristica inconfondibile di chi parla o scrive. Lo Spirito Santo si
limita solo a santificare la personalità del profeta.
Qualcuno considera l'opera del profeta sotto due diversi
aspetti, aspetti che vengono indicati anche dalle parole con cui viene
indicato il profeta. Esso viene chiamato « veggente » o « portavoce » di Dio.
Il primo termine indica l'aspetto « ricettivo», del profeta ; il secondo,
quello « produttivo ». Prima di ogni cosa, il profeta riceve una straordinaria
forza di percezione. Il contenuto della profezia non è qualcosa che si pensa,
si deduce, si teme o si desidera ; ma qualcosa che egli percepisce, vede
chiaramente. Questo spiega la categorica certezza con la quale il profeta
parla quando riferisce il messaggio divino. Egli sa che quanto afferma non ha
nulla a che fare con le sue facoltà soggettive. « Non è dalla volontà dell'uomo
che viene mai alcuna profezia, — dice Pietro — ma degli uomini hanno parlato da
parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo » (2 Pietro 1 :21).
Per concludere, dunque, in un certo senso, tutti possiamo
partecipare di questo Dono della Profezia, ma vi sono delle persone che lo
Spirito Santo riveste in modo particolare di questa divina benedizione. Queste
debbono esercitare l'officio di « profeti ». Nello stesso modo, tutti possono e
debbono cercare « la sapienza » (Giacomo 1 :5), ma non tutti hanno il Dono
della Parola di Sapienza come la ebbe il Re Salomone. Tutti possono, per mezzo
della fede nelle promesse, imporre le mani sugli infermi e guarirli (Marco
16:18), ma non tutti hanno il Dono della Guarigione. Tutti quelli che credono
possono parlare in lingue nuove, secondo che lo Spirito dà da esprimersi
(Marco 16:17), ma non tutti hanno il Dono delle Lingue.
Il Dono della Profezia, però, ha un valore grandissimo, e il
riconoscere le sue limitazioni non deve impedirci di apprezzare la sua
importanza nella Chiesa di Cristo. Come è stato già detto, esso è il più
importante dei tre Doni di Espressione Ispirata. Possiamo vedere quanto sia
importante agli occhi dello Spirito Santo nel fatto che con diversi termini
esso viene indicato ben tredici volte in tre capitoli della lettera ai Corinzi
(1 Corinzi 12, 13, 14). Esso offre all'insegnante un controllo, un equilibrio
essenziale. La profezia si rivolge in modo particolare al sentimento, il
ministerio dell'insegnante invece all'intelletto. La profezia accende il cuore,
dopo che l'insegnamento ha illuminato la mente. Nella chiesa d'Antiochia c'era
una felice, benedetta collaborazione tra Profeti e Insegnanti (Atti 13 :1),
L'uno e l'altro officio sono necessari per un ministerio completo. Essi si
correggono reciprocamente : l'insegnamento impedisce il fanaticizzarsi della
profezia ; la profezia impedisce il ministerio troppo intellettualistico del
puro insegnamento.
Qualcuno è stato troppo caustico nel dire che tutta la
storia della chiesa è stata una lotta tra Profeti e Insegnanti o Dottori. E'
certo però che quando c'è stata collaborazione tra loro, quando hanno operato
in piena armonia, quando l'attività degli uni è servita a correggere o
impedire gli eccessi degli altri, la Chiesa, accesa entusiasticamente dalla passione
divina, si è lanciata alla testimonianza di Dio in mezzo ad una generazione
incredula o indifferente.
(3) Il dono di profezia non e'dato per la guida
dell'individuo
Lo studio del Dono della Profezia come si trova nel Nuovo
Testamento ci porta subito davanti ad una domanda : « Possiamo servirci di
esso per avere da Dio una guida sicura nelle nostre azioni? ». E' necessario
dare una risposta a questa domanda.
E' certo che nella Vecchia Dispensazione i profeti sorgevano
spesso proprio in seguito alla richiesta di una tale guida da parte di
qualcuno. Saul andò in cerca del « veggente » per sapere dove erano andate a
finire le asine di Kish. Quando, poi, Saul consultò l'Eterno, l'Eterno non gli
rispose né per via di sogni, né mediante l'Urim, né per mezzo di profeti » (1
Samuele 28 :6). Giosafat, dopo essersi unito imprudentemente a Achab nella
guerra contro i Siri, chiese, sebbene con ritardo : « Non v'ha egli qui alcun
altro profeta dell'Eterno da poter consultare »? (1 Re 22:7).
Ha il profeta di Dio una uguale potestà, in questa Nuova
Dispensazione? Potrebbero oggi i credenti mettere da parte la propria libertà
personale in Cristo per obbedire alla guida di un altro uomo?
Nel Vecchio Testamento vi erano tre aspetti di Cristo :
profeta, sacerdote e re. Essendo arrivato il Grande Archetipo tutto
nell'ordine del Vecchio Testamento ha subito un radicale cambiamento e vi è nel
Nuovo Testamento una grande modifica nella sfera dei profeti e dei sacerdoti.
Ciò sarà facilmente evidente se si considera l'officio del sacerdote del Nuovo
Testamento. Sotto la Vecchia Dispensazione il sacerdote era il mediatore tra
Dio e il popolo; il suo officio era ereditario e limitato alla famiglia di
Aronne. Sotto la Nuova Dispensazione Cristo è il nostro Sommo Sacerdote e «
l'Unico Mediatore tra Dio e l'uomo » (1 Timoteo 2 :5). Oggi non è più
necessaria alcuna cerimonia sacerdotale ; non si richiede alcun confessionale o
alcuna assoluzione per liberare le nostre coscienze e ricondurci a Dio. Il
sacerdozio non è una cosa riservata a pochi : è privilegio di tutti i credenti
divenire « sacerdoti di Dio ». « Voi siete una generazione eletta, — dice la
penna dell'ispirazione — un real sacerdozio ».
Lo stesso cambiamento si è verificato nella sfera della «
profezia ». Oggi noi, in luogo di questa rivelazione, abbiamo la Scrittura.
Nella Vecchia Dispensazione era necessario che il profeta fosse il portavoce
di Dio. Alle volte si sentiva la necessità d'interrogarlo, perché si conoscesse
meglio la volontà di Dio. Oggi Cristo è il nostro Profeta. « Mosè infatti,
disse: Il Signore Iddio vi susciterà di fra i vostri fratelli un profeta come
me ; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà » (Atti 3 :22). Noi possiamo e
anche dobbiamo interrogare Lui per conoscere il Divino Volere. Ad ogni
credente è stata promessa una Guida sicura nello Spirito Santo. « Quando sia
venuto Lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà in tutta la verità »
(Giovanni 16:13). La libertà di accesso a Dio è di tutti i credenti. Essendo
stato squarciato il velo, tutti possiamo avvicinarci serenamente al trono della
grazia. Chi crede, dunque, non ha alcun bisogno di servirsi di un essere umano
per avvicinarsi a Dio e conoscere la Sua divina volontà. « Iddio, — dice Paolo
— dopo aver molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per
mezzo de' profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo
Figliuolo » (Ebrei 1 : 1, 2).
Quando metto tra me e Dio un essere umano, non faccio altro
che tornare alla Vecchia Dispensazione, e purtroppo non sono pochi quelli che
allontanandosi dalle Scritture, hanno fatto un simile passo indietro. « State
dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il gioco della schiavitù »
(Galati 5 :1).
Ora ogni figlio di Dio ha il glorioso privilegio di essere
condotto dallo Spirito Santo medesimo. « Poiché tutti quelli che son condotti
dallo Spirito, — dice l'apostolo — son figliuoli di Dio » (Romani 8 :14).
Un'interessante illustrazione di questa verità la possiamo vedere nella vita
di Paolo. Assieme a Sila, egli aveva predicato il vangelo nella Frigia e nella
Galazia. Volevano recarsi in Asia ed in Bitinia, ma lo Spirito Santo non
permise loro di andare in quei luoghi a predicare la Parola. Mentre erano a
Troas, Paolo ebbe una visione « e com'egli ebbe questa visione, cercammo subito
di partire per la Macedonia, tenendo per certo che Dio ci aveva chiamati là, ad
annunziar loro l'Evangelo » (Atti 16 :10). E' evidente che, nel dubbio in cui
venne a trovarsi, Paolo non si rivolse ad un profeta per conoscere la volontà
del Signore; eppure egli aveva vicino a sé Sila, conosciuto da tutti come «
profeta » (Atti 15 :32). E' certo anche che non si mise a chiedere un segno
particolare o una particolare sensazione da parte di Dio prima di muoversi in
qualche direzione. Sicuri che lo Spirito Santo avrebbe impedito loro di fare
dei passi sbagliati, come in realtà fece, essi si posero in cammino verso quei
luoghi che ritennero bisognosi della loro opera. Quando tutte le porte
apparvero loro chiuse, il Signore dette loro una visione. Sembra dunque che noi
scegliamo di fare quel che ci appare migliore, dopo aver messo nelle mani di
Dio tutto quello che facciamo. Se tutte le vie ci sembreranno chiuse, possiamo
aspettarci che in un modo o in un altro Dio ci farà conoscere la Sua volontà.
In questo caso sarà facile un « segno » o una « rivelazione » tutta
particolare.
La guida nelle nostre azioni non è compresa nel fine del
Dono di Profezia. « Chi profetizza, parla agli uomini un linguaggio di
edificazione, di esortazione e di consolazione », dice la Bibbia (1 Corinzi 14
:3). Nel Nuovo Testamento questo è il fine del Dono divino della Profezia. Non
troviamo un solo caso in cui esso è dato specificamente per guidare qualcuno.
Il fatto è molto significativo e mette bene in rilievo il fine diverso che il
Dono aveva nella Vecchia Dispensazione.
Nella vita di Paolo si sono presentate un numero grande di
occasioni per chiedere questo Dono come guida, eppure l'apostolo non lo fece
mai.
Nel caso dei dissensi che sorsero circa la questione della
circoncisione dei Gentili che si convertivano, il Concilio di Gerusalemme mise
in evidenza diversi punti di vista : alcuni della setta dei Farisei che erano
passati a Cristo ritenevano che la circoncisione fosse assolutamente necessaria
; parlò Pietro, poi Barnaba e Paolo; in fine, Giacomo che presiedeva
l'Assemblea ricapitolò le diverse opinioni e così concluse : « Per la qual
cosa, io giudico che non si dia molestia a quelli dei gentili che si convertono
a Dio » (Atti 15 :19). In tutta questa discussione, Giuda e Sila, sebbene
profeti ambedue
(Atti 15:32) e
presenti (Atti 15:22), non aprirono bocca ; non offrirono affatto alcuna guida
mediante il Dono che possedevano.
Anche l'esempio di Agabo è degno di essere ricordato. Egli
era profeta e aveva predetto chiaramente quel che sarebbe accaduto a Paolo a
Gerusalemme, eppure non offrì all'apostolo alcuna indicazione o guida sulla
questione che sarebbe stata trattata. Egli lasciò che Paolo decidesse personalmente
quello che avrebbe creduto bene di fare. Ce lo dicono chiaro le stesse parole
dell'apostolo : « Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuore? Poiché io
son pronto non solo ad esser legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il
nome del Signore Gesù » (Atti 21 :10, 11, 13).
La stessa cosa avvenne in un altro caso in cui Agabo «
predisse per lo Spirito Santo che ci sarebbe stata una gran carestia per tutta
la terra », ma non dette alcuna guida su quel che avrebbero dovuto fare : egli
lasciò tutto alla « decisione » di quelli che avevano l'incarico di farlo (Atti
11 :28).
Un altro passo della Scrittura richiede la nostra
attenzione. In Atti 13 : 1-3, vediamo che Barnaba e Paolo vengono messi da
parte, perché per mezzo dello Spirito Santo era stato dato questo ordine : «
Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati ». Non
ci viene detto in che modo lo Spirito Santo abbia fatto conoscere il Suo
volere. Forse ciò avvenne per mezzo dei profeti che erano nella chiesa di
Antiochia, ma potrebbe essere anche che questo sia avvenuto per mezzo dei
dottori o altri che potevano essere ugualmente strumento dello Spirito di Dio
(Atti 13 :1). Non è escluso che ciò sia avvenuto per mezzo di una ispirazione
interiore ; per mezzo di una voce che abbia risuonato nel cuore di tutti mentre
la comunità era in attesa davanti a Dio. Il cercare di forzare questo passo
della Scrittura per dimostrare che sia conforme alla Parola di Dio la pratica
d'interrogare il profeta, sarebbe un costruire su fondamenta eccessivamente labili.
E possiamo dire anche che chi tentasse far questo non dividerebbe davvero con
giustizia la Parola di Verità, poiché Dio non benedirebbe certo e non
riconoscerebbe qui una pratica che in tutte le altre parti del Nuovo Testamento
è chiaramente e decisamente riprovata.
Con tutto questo, però, non vorremmo dire che un messaggio
del Signore, ricevuto per mezzo del Dono di Profezia, non possa essere usato
da Dio anche come guida a chi ne avesse bisogno. Questo, naturalmente, non deve
spingere ad una deliberata ricerca del profeta perché egli veda di conoscere
la mente di Dio in nostro favore, cioè perché noi possiamo servircene come
guida nelle nostre azioni. Questo, come mi sono sforzato di dimostrare, non è
compito del profeta, e nessun cristiano dovrebbe cedere spontaneamente il
diritto inalienabile alla guida diretta che Dio gli ha promesso, guida che gli
viene offerta per mezzo dello Spirito Santo. Se il vero figlio di Dio cercherà
una tale guida e sarà assiduo alla casa del Signore, lo Spirito Santo, che conosce
bene il cuore dell'uomo, potrebbe servirsi anche del canale della profezia per
dargli una qualche illuminazione particolare sul problema che egli ha di
fronte. Un esempio mio personale potrebbe rendere più chiaro il mio pensiero.
Qualche anno fa ero pastore di una chiesa piccola e
difficile in una cittadina d'Irlanda. Per mesi e mesi avevo lavorato
apparentemente invano : nessun aumento nei membri della mia comunità; nessuna
conversione era venuta a rallegrare il mio cuore e a darmi un qualche incoraggiamento.
Un giorno decisi di abbandonare quel posto e per questo andai a parlare con la
persona responsabile. Trovandosi egli a predicare nella chiesa, attesi la fine del
servizio, deciso a parlargli del mio proposito al termine di esso. Durante
quella predicazione, però, ci fu un messaggio meraviglioso dato profeticamente.
Quel messaggio riguardava me e certamente era stato ispirato dallo Spirito di
Dio, che era l'unico a sapere del dilemma che mi tormentava. Esso diceva che
non si debbono prendere delle decisioni affrettate, ma che si deve restare dove
Dio ci ha posti. Concludeva con la promessa della benedizione divina su quanti
lavoravano nel servizio del Signore. Sicuro che quella guida di cui avevo
bisogno, tornai a lavorare nel campo arido che Dio mi aveva assegnato. Appena
un mese dopo Dio ci visitò generosamente con un risveglio spirituale. La
comunità si raddoppiò e la chiesa cominciò ad essere affollata. Una Domenica
sera poi, terminato il servizio religioso, sei giovani si presentarono per
offrire al Signore la loro vita. Quanto fui vicino alla perdita di quella
benedizione divina! Dio mi aveva offerto la Sua guida proprio per mezzo del
meraviglioso Dono della Profezia.
Il Dono della Profezia
(4) Modo per ottenere
la guida cristiana
Visto che il Dono della Profezia non ci è stato dato come
guida, ci chiediamo in qual modo la volontà di Dio sarà fatta conoscere ai
cuori ansiosi di seguirla nella più assoluta fedeltà.
Alcune considerazioni su questo ci saranno di grande aiuto.
Prima di tutto, dobbiamo ricordare che Dio rivela
chiaramente la Sua volontà per mezzo della Sua Parola. Tutte le volte, quindi,
in cui essa parla chiaramente sul problema che si presenta al figlio di Dio,
non è necessario che egli cerchi altrove ; in questo caso, egli non può e non
deve cercare una via diversa.
Charles Finney racconta di una giovane che prestava servizio
in casa di un pastore. Proveniva da famiglia non cristiana, ma in casa del
ministro si convertì al Signore. Un giorno bussò alla porta dello studio tutta
preoccupata sul modo di pregare degli anziani della chiesa che chiedevano a Dio
lo Spirito Santo. Essi si mostravano desiderosissimi di questo Dono celeste, ma
dicevano : « Se è conforme alla Tua volontà, concedi a noi queste benedizioni
per amore di Cristo ». La ragazza pensava che dicendo : « Se è conforme alla
tua volontà », essi offendevano Dio, perché, dato che Dio aveva promesso
esplicitamente che avrebbe mandato lo Spirito Santo, con quella espressione,
essi mettevano in dubbio la sincerità della promessa di Dio. Il ministero cercò
di spiegarle bene la cosa, ma riuscì a confondere ancor più le sue idee ; la
ragazza non si mostrò pienamente soddisfatta. Forse non era stato del tutto
convincente. Pensò meglio e più a lungo sull'argomento e si convinse che in
realtà essi, cioè gli anziani della chiesa, nella loro preghiera mettevano un «
se » che Dio non poneva affatto. Ne parlò al suo popolo e lo spirito di
preghiera scese in quella comunità. Si ebbe presto un potente risveglio
spirituale.
Supponiamo ora che non ci sia un passo specifico che si
adatti alla difficoltà che ci si presenta. In questo caso, dopo un attento
esame ed una preghiera sincera, potremmo trovare una promessa più ampia e
generale che si adatti al caso nostro.
Per esempio, immagina di trovarti in un momento in cui la
cattiveria degli uomini sembra prendere il sopravvento. Abbiamo in questo caso
una promessa generale che possa servirci di guida? Eccola : « L'avversario
verrà come una fiumana, ma lo Spirito dell'Eterno la metterà in fuga » (Isaia
59:19). La Parola di Dio ha così ampio respiro; ha tale pienezza di significati
che si adatta benissimo alle nostre situazioni particolari e lo Spirito di Dio
parlerà chiaramente ai cuori che ansiosi si porranno davanti a Lui in preghiera.
Dopo una tale rivelazione, il cuore del cristiano può
riposare tranquillo sulla Parola ; può esser certo che essa sarà per lui la
guida sicura.
Uno o due esempi confermeranno quanto abbiamo affermato.
Qualche anno fa, due giovani cristiani misero assieme i loro
risparmi e fecero una società di affari. Purtroppo si avvidero presto che le
cose non andavano e i loro risparmi sparivano ogni giorno di più. Pensarono di
vendere tutto e andarsene in Australia. Non c'erano compratori. Solo una domenica
si presentò uno che voleva vedere e trattare l'affare. Come cristiani pensarono
di rispettare il giorno del Signore e così lasciarono fuggire l'unica occasione
che si era presentata. Portarono al Signore la faccenda e, durante la loro
preghiera, davanti ai loro occhi apparve questa promessa divina : « Confidati
nell'Eterno e fa' il bene ; abita il paese e coltiva la fedeltà... Egli ti darà
quel che il tuo cuore brama »(Salmo 37 :3, 4). Incoraggiati da queste parole
della Bibbia, i due fratelli deposero l'idea di partire per l'Australia. La
loro società restò in piedi e ben presto si avvidero che la benedizione di Dio
era su loro ; anche le cose temporali cominciarono ad andar molto bene.
Cito un esempio preso dalla mia esperienza personale.
Qualche anno dopo la mia conversione, ero ansioso del
Battesimo dello Spirito Santo. Lo chiedevo insistentemente al Signore, non
rendendomi conto perfettamente del suo vero significato. Mentre pregavo a
questo scopo, un giorno capitò sotto i miei occhi questo passo della Scrittura
:
« Ravvedetevi e ciascun di voi sia battezzato nel nome di
Gesù Cristo, per la remissione de' vostri peccati, e voi riceverete il dono
dello Spirito Santo » (Atti 2 : 38).
Io mi ero ravveduto; avevo cercato, e anche con ansia, il
dono dello Spirito Santo; una cosa non avevo fatto: l'unica cosa che si
frapponeva tra me e quanto desideravo. Decisi di farmi battezzare in acqua alla
prima occasione.
In questi casi, è evidente, la volontà di Dio si rivelò per
mezzo della Sua Parola.
Secondo, Dio rivela la Sua volontà anche per mezzo del Suo
Spirito. Se nella Scrittura non troviamo un passo particolare che si adatti al
caso nostro o ci faccia vedere con chiarezza la divina volontà, Dio ci offrirà
sicuramente la Sua guida facendoci udire internamente la voce del Suo Spirito.
Una guida simile, però, può essere udita solo quando si cammina continuamente
con Dio. Come per riconoscere una voce umana è necessario che questa sia stata
udita da noi più e più volte, così è della Voce Divina. Di Blumhardt, uomo di
cui Dio si servì moltissimo nel ministerio delle guarigioni, si racconta che
era solito rivolgersi al Signore in preghiera per conoscere la Divina Volontà
sulla guarigione della persona che gli stava davanti. Le prime volte che faceva
questo, aveva bisogno di molte ore prima di conoscere certamente il volere
divino, ma in seguito, dopo anni ed anni d'esperienza, gli bastava pochissimo
per capire che cosa volesse il Signore circa la guarigione che gli veniva
chiesta.
In terzo luogo, dobbiamo ricordare che Dio alle volte ci
guida per mezzo delle circostanze. Spesso la porta che ci si apre davanti ci
porta sul sentiero della volontà di Dio, mentre la porta chiusa ci dice che
quella non è la direzione che dobbiamo prendere. Per esempio, un sordo non sarà
mai chiamato ad un servizio in cui si richiede un udito molto fine ; una
persona incolta non potrà pensare di dedicarsi ad un ministerio che comporti
molti contatti con persone istruite. In tali casi, a meno che Dio voglia
aprire miracolosamente la porta, le circostanze ci dicono quello che dobbiamo
fare. Un tale che si sente nervoso e scontroso fino al punto di non trovar
possibile il contatto con altre persone, non è certo adatto ad un ministerio
pubblico. Non sarà adatta ad un campo di missioni la donna che non può essere
lasciata sola a casa di notte, che non sa adattarsi a trattare con persone
spiacevoli o che non sa adattarsi ad una vita scomoda.
E' necessaria però una parola di avvertimento : non bisogna
prendere le circostanze come guida sicura, senza aver prima pregato a lungo per
conoscere il volere di Dio. Satana potrebbe servirsi proprio delle circostanze
per ingannarci. Avvenne così nel caso dei Gabaoniti. Allora le vesti logore e
il pane indurito ingannarono Giosuè e lo spinsero ad entrare in un patto di
alleanza che si rivelò non buono per i figli d'Israele. « Allora — dice la
Bibbia — la gente non consultò l'Eterno » (Giosuè 9 :14).
Oltre a ciò, Dio alle volte offre la Sua guida per mezzo di
cose straordinarie. Nel caso di Paolo si servì della visione di un uomo della
Macedonia (Atti 16 :9) ; nel caso di Pietro si servì di un lenzuolo che
scendeva dal cielo (Atti 10 :11) ; si servì di un uomo « con la brocca » per
guidare i discepoli (Luca 22:10); i Re Magi furono guidati da una stella
(Matteo 2:2). Tutti questi fatti ci mostrano che Dio si serve anche di mezzi
straordinari per far conoscere chiaramente la sua volontà ed offrire la sua
guida. E' necessario dunque tener presente che Egli a questo scopo può servirsi
di mezzi ordinari e straordinari.
Ordinariamente la guida divina è fornita da molti mezzi
messi assieme. Egli non si limita ad un segno particolare, ma si serve di molte
cose per darci la certezza di quello che vuole da noi. Per esempio, Egli non
solo disse ad Anania che doveva andare incontro a Saulo, ma preparò anche Saulo
a ricevere Anania (Atti 9 :10, 12). In tal modo forgia un anello dopo l'altro
e così viene formando la catena che costituirà la nostra guida sicura e
convincente.
Il saper attendere costituisce sempre il modo più sicuro per
ottenere la guida di Dio. Potresti aver davanti una situazione difficile ; non
vedrai chiaro per quanto ti sforzi di penetrare con il tuo sguardo nelle acque
melmose della difficoltà. Aspetta che quelle acque si calmino: verrà il
momento in cui tutto ti apparirà chiaro ; vedrai le cose nella loro giusta
prospettiva. Le cose piccole e di poca importanza assumeranno la loro giusta
proporzione ; mentre le cose serie acquisteranno il loro giusto valore. « Chi
confiderà in esso non avrà fretta di fuggire » (Isaia 28:16).
Il Dottor F. W. Boreham racconta una sua esperienza
personale che illustra molto bene quanto stiamo dicendo. Stava parlando con un
ministro di Dio anziano e ricco di esperienza. Egli era all'inizio del suo
ministerio e gli esponeva le sue difficoltà. Ad un certo punto gli chiese: «
Possiamo aver la certezza che nel momento giusto avremo la guida di Dio? Non
corriamo il rischio di fare passi falsi? ». Il vecchio uomo di Dio saltò su
come una molla ; si avvicinò a Boreham e gli gridò quasi sul viso: « Di questo
sono assolutamente certo! Basta che si dia al Signore il tempo di farlo. Ricordati
finché vivrai — aggiunse con enfasi — devi dare a Dio il tempo ».
Più di dieci anni dopo, il dr. Boreham si trovò in un
momento di crisi. Doveva prendere una decisione dalla quale sarebbe dipeso
tutto il lavoro della sua vita. Quella decisione doveva essere presa per le
cinque precise, ora in cui si sarebbe chiuso l'ufficio postale e telegrafico
del luogo. « A cinque minuti alle cinque — racconta egli — io ero nell'ufficio
postale, ma ancora non avevo idea di quel che avrei dovuto decidere. Passarono
altri due minuti che per me furono terribili. Allora giunse un uomo in
bicicletta. Per quanto sapevo, egli era del tutto ignaro della crisi che mi
tormentava, eppure mi disse qualcosa che risolse la situazione: vidi
chiarissimo quello che avrei dovuto fare e alle cinque precise partì il mio
telegramma ».
Nello stesso capitolo in cui racconta quanto abbiamo
riferito, il dr. Boreham cita un'altra esperienza del dr. Jowett. In un caso di
grave perplessità, il dr. Jowett volle consultare il fr. Berry, di
Wolverhampton. « Che cosa fareste -- gli chiese — se vi trovaste al mio posto?
».
« Non lo so », si sentì rispondere con tutta calma. « Non ci
sono. E anche voi non ci siete ancora. Quando dovete decidere? ». « Venerdì »,
disse Jowett. « E Venerdì vedrete perfettamente la via da seguire », rispose
con sicurezza il fr. Berry. « Il Signore non mancherà di farvi conoscere il Suo
volere ; non vi farà venir meno la Sua guida. Potete esser certo », aggiunse. E
fu proprio così. Al momento del bisogno tutto fu chiaro.
E' bene ricordare anche che Dio abitualmente ci fa conoscere
un passo alla volta. Troppo spesso noi vorremmo vedere tutto il cammino che dovremo
percorrere invece di contentarci di fare con Dio un passo alla volta. Spesso
andando in macchina per le vie affollate, siamo costretti a prendere ora questa
ora quella via ; sarebbe difficile aver presente tutte le vie da percorrere :
la decisione giusta viene presa volta per volta. Quando Abrahamo lasciò Ur de'
Caldei, egli si pose in cammino « senza saper dove andava » (Ebrei 11 :8) ;
Egli sapeva solo che faceva un passo dietro l'altro, assieme alla sua Guida
celeste.
(5) Uso del dono della profezia.
Se il Dono della profezia non è dato agli uomini come guida,
quale è il suo fine, secondo la Scrittura? Non è difficile rispondere a questa
domanda, perché :
1) Questo Dono serve per parlare agli uomini in modo
soprannaturale. Con la lingua insegnata dallo Spirito e con l'eloquenza
ispirata da Lui, questo mistico Dono porta un alito celeste dalle divine
colline alla prosaica valle degli uomini. Il pensiero di Dio viene comunicato
per mezzo delle labbra del portavoce di Dio.
2) Il Dono della Profezia è dato per « edificare la Chiesa
». « Chi profetizza, — dice la Scrittura — edifica la Chiesa » (1 Corinzi 14
:4). La parola edificare letteralmente significa innalzare una costruzione,
una fabbrica, una casa, ma in senso più ampio significa « portare in alto » «
costruire qualcosa in genere ». Il Dono delle Lingue edifica colui che parla «
in lingue diverse »; quello della Profezia « edifica la chiesa ». Cristo
dunque nel costruire la casa spirituale, la Sua Chiesa, si serve della
Profezia, come di un mezzo efficacissimo.
3) Esso serve anche per « esortare » (1 Corinzi 14 :3). La
parola greca che viene usata in questo caso significa « chiamar vicino »
(paraclesis). Nella lingua greca la radice di questa parola è la stessa della parola
« consolatore ». E' il termine che Cristo usa per indicare lo Spirito Santo.
4) Il fine del Dono della Profezia è anche quello di «
consolare », « confortare » la chiesa (1 Corinzi 14 :3, 31). La parola
originale usata in questo passo della Scrittura indica proprio «
tranquillizzare », sollevare una persona. Elliott rende molto bene questo
passo traducendo con le parole « sollevare, far coraggio, rendere allegri ».
Il Dono della Profezia è davvero un Dono Benedetto !
5) Esso, è dato « perché tutti imparino » (1 Corinzi 14
:31). Il passo o l'espressione potrebbe far pensare che si tratti di una
esperienza personale alla quale tutti dovrebbero essere sottoposti. Tutti
possono godere della benedizione di questa unzione particolare dello Spirito
Santo. Chi non ha mai sentito l'ispirazione dello Spirito che lo spinge a
parlare non può dire di aver davvero goduto della pienezza dello Spirito.
6) Il Dono è dato perché possa essere convinto chi non
crede. « Se tutti profetizzano, — dice la Bibbia — ed entra qualche non
credente o qualche estraneo, egli è convinto da tutti, è scrutato da tutti, e
i segreti del suo cuore son palesati ; e così, gettandosi già con la faccia a
terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi » (1 Corinzi 14
:24, 25).
La Profezia serve principalmente per i credenti (v. 22), ma
poiché è un linguaggio comprensibile per tutti, essa viene compresa con la
mente e serve anche come messaggio che Dio manda direttamente a chi non crede.
Il Dono delle Lingue, non essendo compreso dalla mente di tutti, ma solo da chi
riceve dallo Spirito il Dono di comprenderle, è per il bene di chi parla in
esse. E' naturale che quel Dono non si presta molto per le riunioni alle quali
prendono parte numerosi non credenti.
Questo Dono della Profezia, in fine, è dato per « gli
estranei », cioè per quelli che non sono istruiti nelle cose dello Spirito ;
per quanti non conoscono ancora le cose soprannaturali.
Io ricordo ancora la prima volta che ebbi l'opportunità di
assistere ad un Convegno Pentecostale. Fu a Belfast in Irlanda. Ero del tutto
impreparato; non conoscevo affatto il pensiero pentecostale. Le facce serene
dei presenti, il profondo senso della presenza di Dio, quella piacevole sensazione
di gioia e comunione fraterna che si sprigionava dall'assemblea mentre
venivano dati messaggi mediante questo benedetto Dono della Profezia, mi
fecero cadere in adorazione davanti a Dio e sentii che Dio era davvero in
mezzo ad essi.
Dal tempo degli apostoli ci sono stati nella Chiesa molti
Movimenti Spirituali che hanno cercato di dare al Dono della Profezia il posto
che merita nell'adorazione della chiesa. Questi o son finiti nel nulla a causa
dell'eccessivo zelo, o sono stati riassorbiti dalla generale freddezza e
indifferenza per esso. Dobbiamo guardarci dunque sia dal troppo fanatismo che
dalla brutta apatia. A questo fine, chiudendo, vogliamo ricordare alcune regole
preziose suggerite dalla Scrittura :
Prima. Ci
viene comandato di « ricercare » questo Dono. « Procacciate la carità, — dice
Paolo — non lasciando però di ricercare i doni spirituali, e principalmente il
dono della profezia ». E aggiunge : « Pertanto, fratelli, bramate il profetare
» (1 Corinzi 14:1, 39). Le parole che usa il testo greco per dirci che dobbiamo
« desiderare » il Dono della Profezia, indicano che dobbiamo avere un desiderio
ardente, che dobbiamo essere pieni di zelo, dobbiamo lottare per averlo. Sii
bramoso di questo Dono divino. Dovremmo avere la stessa brama che abbiamo per
un qualche ideale che ci consuma. Lotta per questo Dono come un atleta lotta
per raggiungere per primo la meta. Il cristiano dovrebbe desiderarlo come il
marinaio che è nella tempesta desidera la fine del suo viaggio.
Secondo. Ci
viene comandato di non « disprezzare le profezie » (1 Tessalonicesi 5 :20). E'
tanto facile « mortificare » lo Spirito e il nemico della causa di Dio farà
tutto il possibile per ridurre al silenzio questo Dono che potrebbe essere la
vera espressione della Mente e dei Sentimenti di Dio. Anche Timoteo doveva
guardarsi bene dal trascurare questo Dono che era in lui e gli « era stato dato
mediante la profezia, quando gli erano state imposte le mani dal collegio
degli anziani » (1 Timoteo 4 :14). Paolo lo esortava a « ravvivare il dono di
Dio » che era in lui e che gli era stato dato per mezzo della imposizione delle
mani dell'apostolo (2 Timoteo 1:6). Se il Diavolo riesce a cambiare la fede in
timore, egli può anche ridurre al silenzio i Doni che il cristiano possiede e
impedire l'acquisto di altri. Isaia potrebbe servire di esempio. « Ahi, lasso
me ! » — gridava davanti alla Rivelazione della Gloria Divina, « poiché io
sono un uomo dalle labbra impure » (Isaia 6 :5). Quando poi un carbone ardente
toccò le sue labbra, gli fu detto : « Va', e di' a questo popolo » (Isaia 6
:9). Geremia invece potrebbe essere un esempio del tutto contrario ; esso ci fa
vedere la potenza del Dono della Profezia. « E s'io dico : " Io non lo
mentoverò più, non parlerò più
nel suo nome ", v'è nel mio cuore come un fuoco
ardente, chiuso nelle mie ossa ; e mi sforzo di contenerlo, ma non posso »
(Geremia 20:9). Questa è vera profezia.
Terzo. Ci
viene ordinato di profetizzare « secondo la proporzione della nostra fede »
(Romani 12 :6). Se profetizziamo grandi risvegli . e strepitose malattie e
queste cose non si avverano, evidentemente siamo andati al di là della «
proporzione della nostra fede ». Una delle prove che dimostrano che il «
profeta parla a nome di Dio » consiste proprio nel fatto che le cose
profetizzate si avverano. (Vedi Deuteronomio 18 :22). E' naturale che non
servirebbe a nulla il profetare oltre quanto comporta la nostra fede.
Quarto. Ci
viene imposto di giudicare il Dono. « Parlino due o tre profeti, — dice Paolo
— e gli altri giudichino » (1 Corinzi 14 :29). E' un ordine evidentemente che
ha lo scopo di salvaguardare la chiesa dai falsi profeti che avrebbero potuto
ingannare e fuorviare il gregge di Cristo. « Diletti, — esorta Giovanni — non
crediate ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio,
poiché molti falsi profeti sono usciti nel mondo » (1 Giovanni 4 :1).
Dobbiamo stare attenti dunque e non « disprezzare le
profezie », ma nello stesso tempo ci viene detto di « esaminare ogni cosa, e
ritenere il bene » (1 Tessalonicesi 5 :20, 21).
L'unica regola sicura per giudicare è la Parola di Dio
scritta. Ogni profezia deve essere pienamente conforme ad essa. Fondamento
della nostra fede è la Parola dell'Eterno e non la parola del profeta.
Dovremmo ricordare che vi sono tre fonti della profezia.
Lo Spirito Santo, nell'esercizio scritturale di questo Dono
della Profezia, è l'ispiratore del messaggio. Agabo dice : « Così lo Spirito
Santo » e profetizza che Paolo a Gerusalemme sarebbe stato arrestato e gettato
in prigione (Atti 21 :11). Anche Davide ritiene di parlare a nome dello Spirito
Santo : « Lo Spirito dell'Eterno — dice egli — ha parlato per mio mezzo, e la
sua parola è stata sulle mie labbra » (2 Samuele 23 :2).
Anche nel caso dei discepoli di Efeso leggiamo che « lo
Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue e profetizzavano »
(Atti 19:6).
Lo Spirito dell'uomo. E' possibile che la profezia provenga
anche dallo spirito dell'uomo, almeno all'apparenza. Naturalmente, qui non si
tratta di una vera e propria « profezia », ma viene presentata, in qualche
caso, come tale. « Figliuol dell'uomo, — per esempio, dice Dio ad Ezechiele —
profetizza contro i profeti d'Israele che profetano, e di' a quelli che
profetano di loro senno : Ascoltate la parola dell'Eterno. ... Guai ai profeti
stolti, che seguono il loro proprio spirito, e parlano di cose che non hanno
vedute »! (Ezechiele 13 :2, 3).
Un esempio molto interessante potrebbe gettare luce su
quanto stiamo dicendo. Nel suo viaggio a Gerusalemme, Paolo si fermò a Tiro,
dove alcuni discepoli, mossi dallo Spirito, gli dissero di non metter piede a
Gerusalemme (Atti 21 :4). Paolo, invece, aveva avuto un'ispirazione speciale
che lo spingeva ad andare in quella città. Egli infatti aveva detto agli
anziani di Efeso : « Ed ora, ecco, vincolato nel mio spirito, io vo a
Gerusalemme, non sapendo le cose che quiví mi avverranno ; salvo che lo Spirito
Santo mi attesta in ogni città che legami ed afflizioni m'aspettano » (Atti
20:22, 23). Sorge ora la domanda : Era Paolo in errore o lo erano i discepoli
che gli sconsigliavano di andare in quella città? La spiegazione di questa
apparente contraddizione sta nel fatto che, per mezzo della Profezia, Dio
aveva fatto conoscere a quella chiesa che Paolo sarebbe stato loro tolto.
Quando il fatto si sarebbe avverato, essi non avrebbero avuto alcun danno nella
loro fede anzi sarebbero stati preparati alla grave perdita. Essi, avendo conosciuto
per mezzo della profezia le gravi prove che avrebbe dovuto incontrare
l'apostolo, pensarono che l'adempimento della profezia sarebbe stato
condizionato dall'andata di Paolo in quella città, e per questo cercarono di
dissuaderlo. Egli, invece, avendo l'intima persuasione che quello era il suo
dovere e che questo voleva Dio da lui, non si lasciò smuovere dal suo proposito.
Alcuni ritengono che Paolo fosse ingannato dal suo stesse
zelo, ma i profeti di Cesarea, compreso Agabo e le quattro figlie di Filippo
che possedevano il Dono della Profezia, si mostrarono rassegnati, quando lo
videro fermo nel suo proposito. Cessarono di sconsigliarlo e dissero : « Sia
fatta la volontà del Signore » (Atti 21 :14).
Lo Spirito di menzogna. C'è una terza fonte dalla quale
potrebbe venire la profezia. Naturalmente, in questo caso, essa verrà sempre da
un falso profeta. La stessa possibilità di questo genere di profezia, però, ci
mostra quanto sia necessario l'ordine di « esaminare e giudicare ogni cosa ». Non
« dobbiamo credere ad ogni spirito, ma provare gli spiriti per sapere se sono
da Dio, poiché molti falsi profeti sono usciti nel mondo » (1 Giovanni 4 :1).
Era lo spirito di menzogna che operava nei falsi profeti di
Achab, quando essi consigliavano al re di andare incontro alla morte (1 Re 22
:22) ; era uno spirito di menzogna quello che spingeva alla sua attività « la
serva » che Paolo incontro a Filippi e che poi liberò dallo spirito malvagio
che era in lei (Atti 16:16) ; è un falso spirito, uno spirito di menzogna
quello che anche oggi parla e profetizza nelle sedute spiritiche o per mezzo
dei « mediums » (Isaia 8 :19).
E' istruttivo notare che nel caso dei quattrocento falsi
profeti di Achab, M'ch a, che si dimostrò il vero profeta, non ha parole di
accusa per essi ; non dice che erano degli impostori consapevoli; egli ammette
anzi che essi parlavano sotto l'influenza di uno spirito « che veniva da Dio »
(1 Re 22 :22). Ma si trattava di uno spirito di menzogna mandato proprio per
ingannare. La spiegazione di questo difficile passo potrebbe essere nel fatto
che quando un uomo è completamente deciso a commettere il male « Iddio manda
loro efficacia d'errore onde credano alla menzogna » (2 Tessalonicesi 2:11).
Così Dio dice ad Ezechiele : « Perciò parla e di' loro : Così dice il Signore,
l'Eterno : Chiunque della casa d'Israele innalza i suoi idoli nel suo cuore e
pone davanti a sé l'intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità, e poi, viene
al profeta, io, l'Eterno, gli risponderò come si merita per la moltitudine dei
suoi idoli. E se il profeta si lascia sedurre e dice qualche parola, io,
l'Eterno, son quegli che avrà sedotto quel profeta » (Ezechiele 14 :4, 9).
Non solo dal loro insegnamento, ma anche e soprattutto dalla
loro vita saranno riconosciuti i veri profeti di Dio. « Guardatevi dai falsi
profeti, — diceva Gesù —. Essi vengono a voi in vesti da pecore, ma dentro son
lupi rapaci. Voi li riconoscerete dai loro frutti » (Matteo 7:15).
C'è un vecchio libro cristiano « Insegnamenti dei dodici
apostoli », che getta molta luce sul comportamento della chiesa primitiva nei
riguardi di chi aveva questo Dono divino. In esso si insiste molto sul fatto
che la vita del profeta costituisce la migliore e più sicura prova della sua
veridicità. « Non tutti quelli che parlano mossi dallo spirito — dice il libro
— debbono essere considerati profeti di Dio : è necessario che abbiano un
comportamento da veri cristiani. Il vero profeta sarà distinto dal falso
profeta proprio dal modo in cui vive. Il profeta che non fa quello che dice e
insegna, non può essere un vero profeta di Dio ».
Terminiamo col ripetere l'ingiunzione divina : « Bramate il
profetare ». L'Alito di Dio si posi sulle ossa aride di una chiesa divisa ; le
riscaldi e vivifichi finché esse non abbiano ritrovato la vita e un osso
aderisca al suo osso ; finché non si aggiunga la carne della verità della
Parola divina alle ossa aride della semplice organizzazione. Questo Spirito di
Dio aliti sulla Chiesa, sul Corpo di Cristo e faccia sorgere un potente
risveglio capace di raccogliere un forte esercito per Gesù Cristo, nostro
Signore. « Profetizza su queste ossa ... profetizza perciò » (Ezechiele 37:4,
9, 12).
(6) Il dono della
Profezia nella storia.
Prima di terminare questo capitolo, sarà bene accennare al
modo in cui il Dono della Profezia si è manifestato nei lunghi secoli della
storia ecclesiastica. Verso la fine del secondo secolo cristiano i profeti (o
le profetesse) sono considerati come un elemento essenziale per una chiesa
nella quale sia lo Spirito Santo. Si credeva alla loro esistenza e in realtà
c'era chi esercitava questo Dono divino. Fino a metà del secolo i profeti, per
solito non erano altro che dei predicatori della Parola divina che non
appartenevano a nessuna comunità in particolare.
Più ci avviciniamo al tempo degli apostoli e, come è
naturale, più numerose sono le manifestazioni di questo Dono. Esaminiamone
qualcuna.
Dalle prime notizie sembra certo che Ignazio, martirizzato
nel 107, sia stato un profeta di Dio. In occasione delle sue visite alla chiesa
di Filadelfia, egli mostrava di conoscere fatti che venivano appositamente
nascosti e le sue profetiche affermazioni colpivano sempre nel segno. « Anche
se qualcuno di voi volesse ingannarmi, non m'ingannerà certamente lo Spirito ;
Egli scopre le cose più nascoste », soleva dire l'uomo di Dio.
Al principio del secondo secolo si riconosceva apertamente
che alcuni avevano il Dono della Profezia. Eusebio dice : « Di quelli che
fiorirono in quel tempo, Quadrato si distingueva per i suoi doni profetici ».
Cita poi lo storico Milziade e dice che questi fa l'elenco di quanti
profetavano nel Nuovo Testamento. Tra questi ricorda Ammia di Filadelfia e
Quadrato.
« Se dopo Quadrato ed Ammia di Filadelfia, le donne che seguirono
Montano continuarono a profetare, — dice egli — cerchiamo di vedere chi fossero
queste donne, perché l'apostolo dice che il Dono della Profezia dovrà essere
nella Chiesa fino alla venuta del Signore ... ».
Secondo Ireneo, i doni dello Spirito erano presenti nella
Chiesa nel secondo secolo cristiano. Eusebio scrive : « Questi fatti sono
riferiti da Ireneo nell'opera in cinque libri alla quale egli ha dato il titolo
di « Lotta contro la falsa dottrina ». Nel secondo di questi libri egli
dimostra chiaramente che in quel tempo, esempi evidenti della potenza divina
potevano ammirarsi in alcune chiese.
« Così lontani — dice egli — sono dal risuscitare i morti,
come risuscitò nostro Signore e come lo fecero gli apostoli per mezzo della
preghiera, poiché anche in mezzo ai fratelli più volte, in caso di necessità,
se tutta la chiesa si unisce nel digiuno e nella preghiera, lo spirito è tornato
in un corpo esamine, e l'uomo ha visto il beneficio delle preghiere dei santi
». E dopo altre osservazioni, egli dice ancora : « Ma se dicono che nostro
Signore faceva queste cose solo in apparenza, noi potremmo rimandarli alle
dichiarazioni profetiche e dimostrare con queste che tutto era stato
chiaramente predetto, e che quel che era stato predetto è stato fatto da Lui,
per cui Egli solo è il Figlio di Dio. E anche che quelli che sono davvero Suoi
discepoli, ricevendo da Lui la grazia, nel Suo nome divino possono fare le stesse
cose meravigliose a beneficio del resto degli uomini. Essi operano secondo il
dono che è stato loro liberamente concesso da Lui. Alcuni cacciano i demoni e
molto spesso le persone che sono state liberate in tal modo dagli spiriti
immondi, credono e vengono accolti nella chiesa. Altri hanno la conoscenza
delle cose che debbono ancora avvenire, come pure delle visioni e delle
profetiche comunicazioni. Altri ancora guariscono i malati per mezzo della
imposizione delle mani. E come abbiamo detto non mancano casi in cui dei morti
sono stati risuscitati. E perché dovremmo dire ancora altro? E' impossibile
dire il numero dei Doni che la Chiesa nel mondo ha ricevuto da Dio, e le opere
meravigliose compiute nel nome di Gesù Cristo, che fu crocifisso sotto Ponzio
Pilato ; e questo ogni giorno a beneficio del mondo pagano, senza ingannare
alcuno e senza pretendere alcuna ricompensa. Come ha ricevuto tutto
gratuitamente, così essa, la chiesa di Cristo, da a tutti gratuitamente ». In
altre pagine egli scrive ancora : « Come udiamo dire, molti fratelli nella
Chiesa che hanno doni di profezia e parlano in tutte le lingue mediante lo
Spirito Santo e illuminano le cose segrete a beneficio di altri, ed espongono
i misteri di Dio ». Questi doni diversi continuarono con quelli che ne furono
degni fino al tempo che abbiamo detto.
Verso la fine del secondo secolo si ebbe il movimento
Montanista. La Chiesa si era fatta sempre più mondana e i credenti che
riprovavano questa sua mondanità sospiravano una nuova effusione dello
Spirito. « La Chiesa cristiana ha sempre sostenuto che la profezia sarebbe
continuata fino al ritorno di Cristo, sebbene in realtà, i profeti non sono
stati molto numerosi », dice la Enciclopedia Britannica. Montano e i suoi
seguaci hanno fatto del tutto per prepararsi con una stretta disciplina alla
venuta del Signore. Sebbene le manifestazioni dello Spirito fossero molto
diffuse e numerose nel Movimento, sembra che solo lui Prisca e Priscilla
fossero riconosciuti come profeti.
Il Dr. John Stoughton dice di Montano e del suo più famoso
discepolo Tertulliano :
« Generalmente Montano e Tertulliano non sono trattati bene
dagli storici. Senza dubbio, Montano era un tipo esuberante e si riteneva
rivestito di doni soprannaturali, e Tertulliano fini col prendere le sue parti.
L'uno e l'altro erano dei veri asceti, ma nel loro carattere non manca certo un
lato molto luminoso: il primo sembra che abbia avuto una grande idea dell'opera
dello Spirito Santo nella vita del cristiano; sembra che abbia sentito molto
la necessità della sua grazia e della sua continua illuminazione. Tertulliano
era dello stesso sentimento ». (Introduzione alla storia della teologia di J.
Stoughton).
Un altro scrittore afferma: « Nella storia del cristianesimo
la profezia montanistica aveva in pieno il carattere estatico ed entusiasmante
del Dono delle lingue della primitiva chiesa cristiana. Di Montano, per
esempio, Epifanio riferisce una profezia nella quale egli dice in nome di Dio:
« Ecco, l'uomo è come una lira ed io suono in essa come un plettro. L'uomo
dorme ed io lo sveglio. E' il Signore che prende i cuori degli uomini e li
trasforma ponendo in essi un cuor nuovo ». Anche dei tempi recenti (1714-1749)
potremmo citare fatti di persone divinamente ispirate.
Anche in mezzo ai Francescani apparve quel che potrebbe
essere definito un ritorno del Movimento Montanista. Erano monaci mendicanti
che avevano messo da parte e abbandonato definitivamente ogni bene terreno ed
ogni proprietà per vivere una vita rigorosamente cristiana. Essi apparvero per
la prima volta nel secolo decimo terzo. Cominciò il Grande Francesco d'Assisi
che si dette a predicare al popolo il ravvedimento e la penitenza. Vestiva un
umile sacco e assieme ai suoi frati faceva in pratica quello che predicava.
Andava in certa di poveri derelitti, dei lebbrosi o malati di ogni specie;
faceva tutto quanto era in suo potere per alleviare le miserie della povera
gente.
Appena un secolo dopo, però, il fervore primitivo di quei
religiosi era scomparso e il loro Ordine si era ridotto ad una accozzaglia di «
mendicanti pezzenti e petulanti ».
Nel secolo decimo quinto apparve il famoso Girolamo
Savonarola (14521498). Oratore eloquente, denunciava pubblicamente le
debolezze ed i vizi del suo tempo. Operò una vera, meravigliosa riforma di
costumi e di fede nella città di Firenze. Uno storico così descrive la folla che
si accalcava per udire le sue prediche: « La gente si levava in piena notte e
si raccoglieva davanti alle porte della cattedrale per trovare un posto in
essa. Per ore ed ore attendeva che quelle porte si aprissero. Nessuno faceva
caso alle difficoltà, al freddo o al caldo della stagione; il vento, la
pioggia, qualsiasi intemperie non poteva costituire un ostacolo per nessuno.
Tra di loro erano vecchi e giovani, uomini e donne e bambini. Tutti si recavano
al discorso del Frate Domenicano, come se si trattasse di andare ad una festa,
ad uno spettacolo interessantissimo. Aperte le grandi porte della chiesa,
tutti, in assoluto silenzio, prendevano posto come meglio potevano. Molti
avevano in mano il loro libro di preghiere ... Passavano ancora due, tre o quattro
ore; nessuno dava segni d'impazienza. Alla fine, ecco il Frate che entrava e
andava diritto al pulpito. Tutti gli occhi, tutte le orecchie erano per il
predicatore. Alla fine del lungo discorso, molti ritenevano che fosse appena
cominciato ».
Il Savonarola predicava con fervore e luce evangelica. Egli
parlava di visioni celesti. E' bene notare che non si limitava ad esporre passi
dell'Apocalisse e ad applicarli ai fatti che stavano accadendo in quel tempo,
egli parlava di vere visioni avute direttamente da Dio. Alcune sue predizioni
si avverarono perfettamente e in modo meraviglioso ; questo servì ad
accrescere la fede che il popolo aveva in lui, era ritenuto da molti un vero
profeta. Non sappiamo se il Savonarola abbia insegnato qualcosa di preciso
circa questo argomento della divina ispirazione, ma è certo che egli asseriva
di poter prevedere, per concessione divina, gli eventi futuri; e questo sta a
dimostrare che in lui c'era l'idea che « la divina ispirazione non era ancora
cessata », che Dio rivelava ancora i Suoi piani divini agli uomini.
Circa due secoli prima del Savonarola c'erano stati dei
cristiani ai quali era stato dato l'appellativo di « Lollardi » o, come
preferivano chiamarli altri, « Beguardi ». Le prime associazioni apparvero ad
Antwerp verso il 1228. Più tardi il termine « Lollardo » venne usato in senso
dispregiativo per indicare nel secolo decimo quarto i seguaci di Wickliffe, in
Inghilterra. La parola « lollardo » viene da un termine tedesco che significa «
uno che canta a voce bassa ». In Inglese abbiamo qualcosa di simile per
indicare uno che « fa una cantilena per addormentare un bambino ». Lollardo
dunque era un cristiano che cantava di continuo e con i suoi canti lodava il
Signore. Giovanni Foxe, nel suo « Libro dei martiri » parla di vere « profezie
in mezzo ai Lollardi »
e il Dr. Stoughton dice: « Senza alcun dubbio il Dono della
Profezia era molto comune alla fine del Medioevo, e questo sia nella chiesa di
Roma che fuori di essa ».
Nella storia dei « Fratelli del Patto », gruppo di cristiani
scozzesi, leggiamo spesso di persone che possedevano il Dono della Profezia.
In questo caso, però, dobbiamo notare che si trattava più di « profezia » in
senso di predizione che in senso esortatorio. John Davidson, che divenne ministro
di Prestonpans nel 1595, restò famoso per questo Dono profetico. Un giorno un
signore del luogo, di famiglia molto nobile ma di carattere violentissimo,
senza essere stato provocato, prese di petto e colpì duramente un pover'uomo.
Mentre lo picchiava selvaggiamente, assestandogli un colpo sulle spalle, disse:
« Prendi questo per il tuo signor Davidson »! Il pover'uomo dovette stare a
letto parecchi giorni e il colpo più grave e doloroso fu proprio quello che
ebbe sulle spalle. Il ministro venne a sapere quanto era accaduto e il Sabato
successivo tenne un sermone pubblico sulla ingiusta oppressione alla quale
vanno soggetti i buoni e sulla irragionevole ostilità che mostrano per essi i
cattivi. Venendo al fatto particolare, disse: « Chi ha fatto questo riceverà
presto da Dio un colpo terribile. Contro di esso non servirà a nulla la sua
potenza e quella di tutti i re della terra ». La minaccia si avverò al termine
di quella stessa settimana: quel nobile signore venne colpito dal fulmine
proprio davanti alla propria casa. Poco prima della sua morte, che avvenne nel
settembre del 1604, Mr Davidson incontrò per caso Mr Ker, un giovane signore
che era giunto da poco dalla Francia e vestiva ancora alla moda parigina.
Davidson lo invitò a mettere da parte i suoi ricchi vestiti perché egli
avrebbe dovuto prendere il suo posto di pastore. « Tu sarai l'uomo che mi
succederà nel ministerio », gli disse chiaramente. Quelle parole sorpresero
non poco il giovane, ma si avverarono perfettamente. Il Signor Ker divenne un
ottimo e fedele ministro di quella comunità.
John Knox fece molte e straordinarie profezie che si
avverarono debitamente a suo tempo. Di esse sceglierò solo alcune: Il 24
gennaio del 1570, mentre egli era sul pulpito, gli venne messo in mano un foglio
contenente i nomi di alcune persone per le quali si chiedevano preghiere,
perché erano gravemente ammalate. Tra le altre parole però c'erano anche
queste: « Risuscitate l'uomo che consideravate come un dio ». Alludevano
evidentemente al buon principe di Moravia, che era stato ucciso il giorno
prima. Letto il foglietto, il predicatore se lo pose in tasca senza dare il
minimo segno di sorpresa. Dopo il discorso, lamentò la grave perdita che la
Chiesa e lo Stato subivano per la morte dell'ottimo principe. Disse che spesso
Dio prende con Sé i buoni e, nella Sua ira, priva il popolo di buoni
governanti. Poi aggiunse: « In mezzo a voi c'è chi ha commesso l'orribile
omicidio che ha rattristato tutti i buoni, ma che sarà a lui motivo di grave
amarezza. Io gli dico che egli morrà in terra straniero e senza che ci sia
alcuno che gli sorregga il capo nel momento terribile della morte ». Thomas
Maitland, autore del foglietto provocatorio, tornato a casa, riferì le parole
del predicatore alla sorella e confessò tutto dicendo però che Knox era un
esaltato, un pazzo, che parlava senza saper quel che diceva. La sorella si
spaventò e con le lacrime agli occhi gli disse che mai una predizione di quel
santo predicatore era caduta à vuoto. Dopo qualche tempo l'omicida si recò
all'estero e morì nel suo viaggio a Roma, senza che ci fosse vicino a lui una
persona amica ».
Nella vita di Giovanni Welsh, uomo importante della
denominazione « Fratelli del Patto », troviamo parecchi esempi di predizioni
profetiche. Una di essa sarà sufficiente.
Mentre egli era tenuto prigioniero nel Castello di Ediburgo,
la moglie che passava con lui la maggior parte del tempo, ebbe il desiderio di
recarsi a visitare la propria famiglia ad Air. « Quando stava per mettersi in
viaggio, — leggiamo in una biografia di Welsh — il marito le disse che non passasse
in alcun modo dalla parte del ponte che porta dentro la città, ma che
raggiungesse i suoi passando alla larga da questa. Il motivo era noto solo a
lui; la città di Air sarebbe stata colpita dalla peste. E questo avvenne esattamente
come aveva predetto. Per l'uomo di Dio fu una cosa terribile dover stare
lontano dal suo popolo in un momento tanto difficile e doloroso ».
Tra gli Ugonotti di Francia, di tanto in tanto, apparvero
profeti e profetesse, in modo particolare in mezzo agli Camiciardi, tra i
quali da 500 a 600 furono quelli che dichiararono di possedere il Dono della
Profezia.
I « piccoli profeti delle Cevennes » (1696-1701) erano
bambini da tre anni in su, che predicavano pubblicamente e non solo nella loro
lingua natia ma anche in buon francese, e questo per la durata di tre quarti
d'ora. In essi non c'era niente di isterico o selvaggio; essi erano solo
insensibili alla sofferenza e nessuno riusciva a fermarli quando avevano
cominciato a parlare di cose del cielo.
Nei primi tempi del Movimento dei Quacqueri il Dono della
Profezia era molto diffuso ed usato. I « Primi Pubblicisti » possedevano una
straordinaria esperienza interiore e davano messaggi con una forza incredibile
su quanti li ascoltavano. Un caso molto eloquente è quello che di se stesso
racconta George Camby, che fu convertito mediante il ministerio di William
Dewsbury: « La potenza di Dio era in William in modo meraviglioso. Egli non
fece che fissare su me i suoi occhi e dichiarare che il Signore metteva sulle
sue labbra qualche cosa che egli aveva da dirmi, ed io sentii veramente che la
Parola divina colpiva e spezzava il mio cuore. Caddi a terra apparentemente
colpito a morte; sembrava che mi avessero colpito al capo con un sasso o una
mazzata mortale. Quando ripresi i sensi, egli mi sosteneva tra le sue braccia.
Posso dire veramente di essere stato abbattuto dalla vivente potenza di Dio,
come Paolo sulla via di Damasco ».
Un alto ufficiale dell'esercito di Cromwell che aveva udito
predicare James Nayler dopo la sua esperienza spirituale; avvertì la potenza
divina che si sprigionava dalle sue parole in modo tanto terribile che egli
disse di aver provato maggior terrore di quello che aveva avuto alla battaglia
di Dumbar.
Un altro storico dice che la potenza divina era nei
predicatori del Movimento in modo davvero straordinario: « Il " Nuovo
Movimento " — dice egli — con il suo fuoco iconoclastico, con il suo
contagioso zelo, con i suoi terribili scuotimenti rivelava la potenza di Dio
che era in quelli che venivano investiti; numerosi erano i casi di guarigioni
soprannaturali ... ».
E continua: « Sopra Roger Hebben venne effuso lo Spirito di
preghiera e di profezia. Si vide una grande attività del Signore, che almeno in
scala ridotta, fece pensare ai grandi « autodafè » con i quali la libertina
Firenze rendeva omaggio al santo zelo del Savonarola. Gli uomini di Malton
bruciarono pubblicamente i loro nastri, i loro vestiti effeminati, tutte le loro
comodità, per darsi ad una vita più umile, più seria ».
Un altro scrittore, il predicatore quacquero Farnsworth
scrive a Margaret Fell, in data 7 gennaio 1653: « A Malton, nel periodo
natalizio, circa duecento Amici si unirono in attesa del Signore e stettero
insieme tre o quattro giorni. Io fui con loro una brevissima parte del giorno o
della notte, eppure due volte si manifestò la potenza del Signore; tutta la
stanza ne fu ripiena e scossa ».
Nel secolo passato apparve il Movimento « Irvingite ». La
storia di Edoardo Irving dice: « Egli era così imbevuto dello spirito dei tempi
apostolici; aveva accettato le vecchie verità scritturali con tanta fede che
virtualmente viveva in un'atmosfera costituita principalmente dall'elemento
miracoloso. Nel 1830 la sua ardente immaginazione ebbe una visione nuova delle
cose spirituali, una nuova speranza nacque in lui per il tempo nel quale
viveva. Egli fece rinascere in un remoto angolo della Scozia il Dono apostolico
della Profezia e delle guarigioni, Doni di cui già fin da due anni egli aveva
riconosciuto la mancanza a motivo della poca fede esistente in mezzo ai
cristiani ».
Molto spesso, dunque, sia negli individui che nei Movimenti
religiosi, si è visto risorgere il Dono della Profezia, quando c'è stato un
risveglio spirituale; quando sono riapparse la fede e la pratica del tempo
degli apostoli. Anche oggi questo Dono meraviglioso, assieme agli altri otto
Doni dello Spirito, viene impartito ai cuori veramente consacrati e disposti a
riceverlo.
IL DISCERNIMENTO
DEGLI SPIRITI
(1) Che cos'è.
« Ad un altro ... il discernimento degli spiriti » (1
Corinzi 12 :10). E' il settimo dei Doni dello Spirito. Come abbiamo già detto,
esso è il terzo ed ultimo dei tre Doni di Illuminazione divina. Tutto quel che
si riferisce al campo della conoscenza : fatti, motivi, propositi, fini,
origine, destino, tutto rientra nel raggio di questi tre Doni : Parola di
Sapienza, Parola di Conoscenza, Discernimento degli spiriti.
Il Dono di cui parliamo adesso, però, si limita ad una sola
categoria di fatti, quelli concernenti gli spiriti. Il Dono rivela il « genere
degli spiriti » che muove una persona che manifesta potere soprannaturale o
soprannaturale conoscenza. Non si tratta solo di un Dono del Discernimento, ma
del Discernimento degli Spiriti. Il discernimento dei fatti che non riguardano
gli spiriti appartiene agli altri due Doni di Illuminazione Ispirata.
In greco la parola « discernimento » è « diacriseis » e significa
« giudizio completo » di una cosa o di un fatto. Secondo i lessicografi, il
termine viene usato per indicare una « penetrazione completa e chiara » di un
fatto. Esso contiene l'idea di un « giudizio » dato dopo che sono stati
considerati tutti gli aspetti esteriori e appariscenti della cosa. In questo
caso viene usato alla forma « plurale » e quindi si deve intendere «
discernimenti » e non « discernimento » degli spiriti. Cioè si deve pensare al
potere di distinguere l'opera dello Spirito di Dio e quella dello spirito del
male o degli spiriti puramente umani. La tradotta per « spiriti », in greco, è
« pneumaton », genitivo plurale di « pneuma ». Nella Scrittura questa parola
indica tanto gli spiriti buoni quanto gli spiriti cattivi.
Per sgombrare il terreno da ciò che potrebbe esserci di
ostacolo nella comprensione di questo Dono, parliamo prima di quel che non è «
discernimento degli spiriti ».
Non si tratta di conoscere bene le persone. Ci sono alcuni
che pensano di possedere questo Dono e si ritengono in diritto di pronunciare
giudizi su tutti, dal proprio pastore all'usciere o custode della chiesa. Non
si tratta neppure di uno « spirito di ipercritica ». Un tale « dono » potrebbe
benissimo essere gettato in fondo al mare, senza contristare affatto il cuore
di Dio.
Nessuno cerca il Battesimo dello Spirito Santo per essere
rivestito della capacità di trovare in altri delle colpe o per ottenere uno
spirito di ipercritica. Purtroppo tutti, a causa della natura decaduta, siamo
sufficientemente dotati di questo spirito non certo invidiabile. La Scrittura
ci ordina di « non giudicare per non essere giudicati » ; è naturale quindi che
questo spirito non è una dote che deve essere ambita dal cristiano. Non si
richiede un dono spirituale per scoprire i difetti e le colpe di altri ;
dobbiamo avere piuttosto una buona dose di amore cristiano per « coprire tutto
» (1 Corinzi 13 :7).
Il Dono del « Discernimento degli Spiriti » non è neppure
una « forza penetrativa » e intellettuale che ci permetta di vedere « dentro
la natura umana ». Alcune persone possiedono questa forza meravigliosa,
introspettiva, e la possiedono come dono della natura, mentre il Dono di cui
stiamo parlando è qualcosa di soprannaturale.
Non è neppure « la lettura spirituale del pensiero ». Non si
tratta di scoprire i pensieri nascosti che possono essere nella mente
dell'uomo ; o dello spirito dell'uomo in senso metaforico, come quando diciamo
che una persona ha « uno spirito maligno », cioè, è di un carattere pessimo e
davvero poco piacevole per tutti.
Quando Samuele disse a Saul « tutto quello che era nel suo
cuore » (1 Samuele 9:19), egli lo fece perché possedeva il Dono della « Parola
di Conoscenza » e non in virtù del Discernimento degli Spiriti. Così quando
Gesù disse che Natanaele « era un vero Israelita in cui non era frode »
(Giovanni 1 :47), Egli non dimostrava altro che conosceva perfettamente lo
stato di quel cuore. Ciò indicava certamente che Gesù conosceva bene il cuore
dell'uomo, ma in questo caso non esercitava il Dono del Discernimento degli
Spiriti, perché qui non si trattava di un'affermazione circa lo spirito buono o
cattivo che operava in Natanaele. La stessa cosa dobbiamo dire del passo che
segue nel capitolo che viene subito dopo : « Gesù — si dice in esso — non si
fidava di loro, perché conosceva tutti, e perché non aveva bisogno della
testimonianza d'alcuno sull'uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era
nell'uomo » (Giovanni 2 :24, 25).
Esaminiamo adesso che cosa sia il Dono del Discernimento
degli Spiriti. Prima di tutto, si tratta di un Dono soprannaturale, perché
viene concesso per libera, sovrana volontà dello Spirito Santo. Nessuna visione
umana, nessuna forza penetrativa nelle cose dello spirito potrebbe spiegare
questo Dono.
Poiché esso riguarda gli « spiriti », quelli che ricevono
questo Dono divino debbono essere capaci di distinguere i veri dai falsi
possessori di Doni soprannaturali. Essi possono discernere anche la fonte da
cui provengono gli stessi doni spirituali. Il Dono del Discernimento degli
Spiriti potrebbe essere definito, perciò, una potenza soprannaturale, concessa
dallo Spirito Santo perché l'uomo possa distinguere lo spirito o gli spiriti da
cui procede un fatto o un'affermazione particolare.
Per esempio, quando Pietro, tratto in disparte Gesù, «
cominciò a rimproverarlo, dicendo : Tolga ciò Iddio, Signore ; questo non ti
avverrà mai, Cristo, mediante il Dono del Discernimento degli Spiriti, vide che
Pietro non era mosso da uno spirito buono. Per questo ebbe per lui delle parole
dure : « Vattene via da me, — gli disse — tu mi sei di scandalo » (Matteo
16:22, 23). Da questo passo, in cui Gesù arriva a chiamare Pietro col nome di «
Satana », possiamo notare che il credente non santificato, anche se non è del
tutto posseduto dallo spirito maligno, può sempre essere sotto la sua
influenza.
Una persona di mia conoscenza che per molti anni aveva
esercitato un fruttuoso ministerio, cominciò a sentirsi stanca nel servizio del
Signore, sebbene non potesse dirsi stanca di esso. Essa venne richiamata al
dovere da un altro operaio cristiano che la scongiurò a non cessare di lavorare
con zelo nella vigna di Dio. Questa incipiente stanchezza durò finché non gli
si fece notare che il cristiano « consacrato » era qualcosa « donato interamente
» al servizio del Signore e che, come al tempo della Bibbia, la cosa consacrata
a Dio non poteva essere più offerta per altri fini. La piena consacrazione non
poteva essere revocata. Allora si rese conto che quella sua stanchezza
spirituale veniva dal nemico di ogni bene, cioè dal demonio.
La richiesta di Giacomo e Giovanni che avrebbero voluto che
il cielo mandasse il fuoco e incenerisse il villaggio samaritano che non aveva
voluto ricevere Gesù, è un altro esempio che sta a dimostrare come lo spirito
del male può esercitare la sua influenza anche su persone credenti ma non
santificate. « Signore — chiesero i due discepoli — vuoi tu che diciamo che
scenda dal cielo il fuoco e li consumi? Ma Gesù, rivoltosi, li sgridò e disse
: " Voi non sapete da quale spirito siete diretti ". Il Figlio
dell'uomo è venuto per salvare non per perdere » (Luca 9 :54-5).
Da questo possiamo vedere che i più sottili attacchi di
Satana possono essere fugati per mezzo di questo benedetto Dono.
Anche nel Vecchio Testamento possiamo assistere alla
manifestazione clamorosa di questo Dono divino. La troviamo nel fatto in cui il
profeta Michea, scongiurato da Achab di non dire altro che la verità, afferma :
« Ascolta la parola dell'Eterno: Io ho veduto l'Eterno che sedeva sul suo trono,
e tutto l'esercito del cielo che gli stava dappresso a destra e a sinistra. E
l'Eterno disse : — Chi sedurrà Achab affinché salga a Ramoth di Galaad e vi
perisca? — E uno risposte in un modo e l'altro in un altro. Allora si fece
avanti uno spirito, il quale si presentò dinanzi all'Eterno, e disse : — Lo
sedurrò io. — L'Eterno gli disse : — E come? — Quegli rispose : — Io uscirò, e
sarò spirito di menzogna in bocca a tutti i suoi profeti. — E l'Eterno gli
disse : — Sì, riuscirai a sedurlo ; esci, e fa' così. — Ed ora ecco che
l'Eterno ha posto uno spirito di menzogna in bocca a tutti questi tuoi profeti
; ma l'Eterno ha pronunziato del male contro di te » (1 Re 22:19 - 23).
Da questi esempi è evidente che dietro le affermazioni degli
uomini molto spesso è il suggerimento dello spirito del male, il quale cerca
in tutti i modi di frustrare il piano divino. Raramente lo spirito dell'uomo è
fuori dall'influenza di spiriti soprannaturali. Uomini e donne sono
continuamente influenzati da Dio o dal diavolo ; dallo Spirito Santo o da
Satana. Anche oggi spiriti malvagi torturano e distruggono le anime come al
tempo di Cristo.
Essi tentano ancora di gettare l'uomo nell'acqua, nel fuoco,
sotto i treni, nelle camere a gas. Troppi cristiani non santificati, anche se
non sono posseduti realmente da spirito maligno, possono essere influenzati da
esso e divenire grande ostacolo all'opera di Dio.
In questi ultimi tempi il demonio cerca insistentemente di contraffare
Dio e la Sua opera ; egli ha i suoi cristiani contraffatti, le sue contraffatte
guarigioni, le sue contraffatte forze, che si rivelano per mezzo dei cosiddetti
spiriti guida, o mediums, spiriti familiari o spiriti che prendono il luogo e
la figura dei morti. In tutti questi casi è molto necessario il Dono del Discernimento
degli Spiriti per difendere dall'inganno il vero figlio di Dio. Per mezzo di
questo Dono, la Chiesa è armata, difesa da una intelligenza spirituale che
l'avverte delle imboscate nemiche e le rivela le speciose menzogne dei
traditori che cercano e si affannano per la sua distruzione. Alcuni hanno
commesso l'errore tristissimo di credere che il Padre Celeste abbia lasciato la
Sua Chiesa senza difesa contro le macchinazioni delle potenze infernali e
delle forze che oggi sono nel mondo ed in grande azione. E' vero che « il
combattimento nostro non è contro sangue e carne, ma contro i principati,
contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le
forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti » (Efesini
6:12), eppure Dio ha dato questo Dono a difesa della Sua Chiesa.
Sebbene stia scritto « vidi uscir dalla bocca del dragone e
dalla bocca della bestia, e dalla bocca del falso profeta tre spiriti immondi
simili a rane, perché sono spiriti di demoni che fanno dei segni » (Apocalisse
16 :13, 14), questo Dono avvertirà in anticipo e in anticipo darà alla Chiesa
di Cristo il mezzo per difendersi di cui avrà bisogno in quel giorno.
Dobbiamo notare anche, a questo proposito, che il Dono del
Discernimento degli Spiriti può operare solo per mezzo di un uomo spirituale,
e non per mezzo di un essere mondano o carnale. « L'uomo naturale — dice l'apostolo
— non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia ; e non le
può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente. Ma l'uomo spirituale
giudica (discerne) d'ogni cosa » (1 Corinzi 2:14, 15).
IL DONO DELLE LINGUE
(1) Potenza dello
Spirito nei Risvegli del passato.
« Ad un altro, diversità di lingue ». E' l'ottavo Dono che
lo Spirito Santo ha fatto alla Sua chiesa sulla terra (1 Corinzi 12 :10). Esso
è il secondo tra i Doni di Ispirata Espressione, ed è stato dato, come gli
altri dello stesso genere, per ispirazione del credente nella adorazione
pubblica e privata.
Molti non comprendono questo Dono divino. Ricordo che si
teneva una missione in una cittadina di provincia, quando accadde un fatto
molto sintomatico. Il pastore di una chiesa incontro un membro della sua comunità.
Gli chiese come mai non si fosse fatto vedere in chiesa da qualche tempo.
« Ho assistito alle riunioni ed ai servizi di culto che sono
stati tenuti dalla missione all'aperto », rispose quello. « Non dovete andare a
quelle riunioni, — disse il pastore — quelle persone
" parlano con
lingue" ».
« E con che cosa debbono parlare? », chiese quegli con
grande sorpresa.
Naturalmente non conosceva neppure l'esistenza di questo
Dono di Dio.
Che cos'è dunque il Dono della « Diversità di Lingue »? E'
la capacità di esprimersi con lingue diverse ; capacità data in modo
soprannaturale dallo Spirito Santo. Chi ha ricevuto questo Dono parla delle
lingue che non conosce affatto.
E' evidente che il Dono della Diversità di Lingue, dunque,
non consiste nella conoscenza ordinaria e nell'uso di una o più lingue
straniere. Se si trattasse di questo, l'interpretazione o la comprensione di
esse sarebbe una cosa ordinaria e naturale; tutti i presenti che conoscono
quella tale lingua comprenderebbero ciò che viene detto; non vi sarebbe la necessità
di un altro Dono divino che serva a completare il primo. Eppure sappiamo che
c'è anche il Dono della « Interpretazione delle Lingue ».
Questo Dono non va considerato neppure come particolarmente
indicato per predicare il Vangelo ai pagani. Se fosse così, Pietro, il giorno
della Pentecoste, non avrebbe predicato a tutti i presenti nella sua lingua
ordinaria, come fece.
Si tratta di un Dono dello Spirito ; non consiste dunque
nella cognizione naturale di una lingua o nella capacità di ritenere il significato
delle parole di una lingua straniera. Quando si parla in Lingue Diverse «
secondo che lo Spirito dà ... d'esprimersi » (Atti 2 :4), la mente,
l'intelletto, la comprensione dell'uomo restano inerti, o, per usare il
termine della Scrittura, « infruttuosi » (1 Corinzi 14 :14). Lo spirito umano
invece è molto attivo e cosciente della presenza di Dio e gli organi della
parola diventano veicoli e strumenti dello Spirito Santo.
Esaminando questo Dono divino, non dovremmo sottovalutare il
fatto che, nel passato, Dio ha esercitato il Suo divino controllo sulla lingua
degli uomini. A Babele Egli confuse la lingua di tutti. Lì avvenne un miracolo
anche maggiore di quello che avvenne il giorno della Pentecoste. All'improvviso
nessuno comprese più la lingua che fino a quel momento era stata la lingua di
tutti; all'improvviso si ebbero un numero grande di lingue nuove ; fatto
miracoloso che spinse i lavoratori a separarsi in gruppi della stessa lingua.
Quando Balaam volle servirsi della lingua per maledire Israele, si accorse che
essa non era più sotto il suo dominio : « Ecco, sono venuto da te — disse il
profeta — ma posso io adesso dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà
in bocca io quella dirò » (Numeri 22:38). Anche Davide provò questo divino controllo
sulla sua lingua : « Lo Spirito dell'Eterno ha parlato per mio mezzo — egli
disse — e la sua parola è stata sulle
mie labbra » (2 Samuele 23 :2). E Zaccaria, che osò dubitare
del messaggio dell'angelo, divenne muto e non riuscì più a parlare fino a
quando « la sua lingua fu sciolta » (Luca 20:22, 63. 64).
Altro punto che dovremmo tenere bene a mente è che Dio
restaurerà nella Sua Chiesa tutti i Suoi Doni nell'ordine inverso nel quale
essi sono stati perduti. La Chiesa primitiva aveva in modo evidente i Doni
soprannaturali dello Spirito ; essi erano in piena attività perché forte e
vivo era l'amore e lo zelo che regnava nella Chiesa di Cristo. Verso il quarto
secolo la Chiesa ottenne libertà e favore politico ; ben presto, purtroppo,
sparì la grandezza del suo amore e la purezza della sua professione di fede.
Fu allora che la potenza soprannaturale di Dio si allontanò e la chiesa soffrì
di questa perdita; scomparve la santità, ed essa camminò con il mondo. Nei
secoli oscuri che seguirono assieme ai grandi Doni dello Spirito, scomparve
anche la verità fondamentale della giustificazione per fede e la Chiesa di
Cristo divenne una cristianità morta e corrotta. Grazie al cielo, anche nelle
tenebre peggiori Dio aveva i Suoi testimoni fedeli, ma era necessario
attendere ancora a lungo prima che apparisse la Riforma Protestante con il fine
di restaurare nella Chiesa quella verità che era stata perduta. Lutero,
seguendo le orme di S. Pietro a Roma, comprese le parole « il giusto vivrà per
fede ». Altri prima e dopo di lui, videro la stessa verità liberatrice, e,
forti nella potenza del Signore, si levarono a proclamarla davanti a tutti.
Venne poi Wesley e il Risveglio del secolo decimottavo, che
servì a confermare ulteriormente la verità della santità. Notevoli segni della
divina presenza si verificarono nelle grandi assemblee, e uomini forti caddero
con la faccia a terra sotto la potenza convincitrice dello Spirito.
Nel Giornale di Wesley, in data 20 maggio 1739, leggiamo : «
In tutto questo tempo, quasi continuamente, sia da quanti son venuti
appositamente a Bristol per informarsi su questi fatti straordinari, sia dai
vecchi o dai nuovi corrispondenti, mi son sentito chiedere come è possibile che
accadono queste cose. Più e più volte sono stato messo in guardia (in genere
chi mi scriveva si fondava su una falsa interpretazione dei fatti) a non tener
conto di sogni e visioni o della fantasia di persone che avevano ottenuto la
remissione dei peccati in seguito ai loro pianti, alle loro grida o alla loro
esteriore professione di fede. Ad una persona che mi aveva scritto in tal
senso ho risposto: « Voi negate che Dio operi adesso questi effetti, che operi
in questo modo. Io affermo invece l'un e l'altra cosa, perché le ho udite con
le mie orecchie e viste con questi miei occhi ... quel che ho da dire delle
visioni e dei sogni è questo: Conosco molte persone nelle quali si è verificato
il grande cambiamento proprio in seguito ad un sogno o durante una forte
rappresentazione agli occhi della loro mente. Essi hanno visto allora il Cristo
in Croce o nella Gloria. Questi sono i fatti; giudichi ciascuno come crede
meglio ».
In data 7 giugno dello stesso anno, il Signor Wesley ebbe
delle conversazioni con Mr. Whitefield circa questi segni esteriori. « Mi
accorsi, — dice — che le sue principali difficoltà si basavano sulla falsa
interpretazione dei fatti. Un giorno dopo il nostro primo colloquio, però, egli
ebbe modo di informarsi meglio. Non appena infatti, in conformità al suo
sermone, invitò tutti i peccatori presenti a credere in Cristo, quattro persone
si avvicinarono a lui quasi contemporaneamente. Una di esse cadde a terra
senza dar più segni di vita ; l'altra fu presa da un tremore stranissimo ; la
terza ebbe convulsioni in tutto il corpo, e non faceva che mettere dei sordi
rumori gutturali ; la quarta fu presa ugualmente da convulsioni e si dette ad
invocare il Signore con lacrime e grida. Da questo momento, io spero, tutti
lasceremo che Dio porti a termine la Sua opera nel modo che Egli ha stabilito ».
E' interessante notare che John Wesley considerava che i
doni miracolosi dello Spirito Santo dovrebbero esserci anche oggi nella
Chiesa. Nel famoso discorso « La via più importante », egli afferma : « Non
risulta che questi Doni meravigliosi dello Spirito Santo siano stati nella
Chiesa per più di due o tre secoli. Non sentiamo parlare spesso di essi dopo il
triste periodo in cui l'imperatore Costantino si convertì, o meglio volle
chiamarsi cristiano, e immaginando di promuovere la causa di Cristo, accumulò
ricchezze e privilegi e onori sui cristiani in genere, e sul clero in
particolare. D'allora i Doni dello Spirito Santo, tanto comuni prima, cessarono
quasi del tutto: gli esempi che vengono citati sono davvero pochissimi. La
causa di questo non fu, come si dice per solito, la mancanza di opportunità di
essi, dato che tutto il mondo si era fatto cristiano. Niente di più errato: in
quel tempo neppure la ventesima parte del mondo era cristiana. La vera causa
dobbiamo cercarla nel raffreddamento spirituale della maggior parte dei
cosiddetti cristiani. Essi non avevano lo spirito di Cristo più di quanto ne
avessero i pagani. Il Figlio dell'Uomo venendo sulla terra per esaminare la
Sua Chiesa, a stento poteva trovare un po' di fede. Ecco la vera causa per cui
non troviamo più in mezzo alla Chiesa di Cristo Doni tanto straordinari. I
cristiani erano tornati pagani; essi avevano la fede, ma una fede morta,
formalistica ».
Nel risveglio che si verificò a Kilsyth, nella Scozia, nel
1742, si ebbero notevoli manifestazioni della potenza dello Spirito Santo. In
un vecchio libro che ha per titolo « Racconto di cose straordinarie operate
dallo Spirito Santo a Cambuslang, Kilsyth, ecc. », stampato nel 1790, scritto
da un testimone oculare, leggiamo quanto segue : « Il 6 maggio io predicavo,
come facevo da qualche tempo, prendendo lo spunto dal capitolo IV dei Galati,
versetti 19 e seguenti. Una straordinaria potenza dello Spirito Santo discendeva
dall'Alto e accompagnava la Parola che stavo predicando. Sorse un grande
gemito e lamento in mezzo alla comunità; tutti gemevano e piangevano come se
lamentassero la perdita del loro unico figlio. Molti si dettero a gridare; e
non si trattava di sole donne ; alcuni di essi erano giovani fortissimi ed
uomini sulla quarantina o cinquantina. Terminata la funzione religiosa e
rimandata la comunità, cercai di far entrare quelli che erano contriti ed
afflitti nel mio ufficio, ma non fu possibile, dato il numero grande dei loro
amici, che non volevano lasciarli e attendevano che tornassero via con loro.
Fui costretto a raccoglierli nella chiesa. Cantai un salmo e pregai con essi.
Ma quando mi accinsi a parlare, fu tutto inutile; nessuno poteva udire le mie
parole: le grida dolorose, il pianto, i gemiti arrivarono alle stelle. Tutto
questo poteva essere udito a molta distanza ».
Nelle poche parole di prefazione al suo libro, l'autore dice
: « Benedetto sia Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, che non si è
limitato a far sentire sensibilmente la presenza e potenza dello Spirito Santo
nella parrocchia altamente favorita di Cambusland! La stessa opera
straordinaria e meravigliosa si è avuta sulle anime di molti in altre comunità
del luogo. Il metodo seguito dallo Spirito Santo è sempre lo stesso: tutte le
comunità hanno fatto la dolce esperienza goduta dalle anime della parrocchia di
Cambuslang. Gli effetti della potenza dello Spirito è identica su tutti quelli
che sono sotto la Sua divina unzione ed azione. Sono effetti meravigliosi,
effetti raramente visti nei tempi passati: alcuni, presi dal timore e dal
tremore, cadono a terra tramortiti. Questo timore e tremore si propaga
rapidamente in altri. Tutti si sentono esposti all'ira divina a causa dei loro
peccati.
Quel che avviene nel corpo di alcuni ha dato luogo a delle
discussioni non indifferenti. C'è stato chi non ha avuto difficoltà a vedere
l'opera del diavolo nelle manifestazioni esterne e strane che si notano in
alcuni ; secondo loro si tratterebbe di un gravissimo inganno diabolico. Anche
in altre colonie d'America si sono verificati fatti del genere in concomitanza
di simili effusioni dello Spirito Santo; e anche lì abbiamo udito fare delle
affermazioni ostili a queste manifestazioni di Dio in mezzo a noi ».
Nella medesima prefazione lo scrittore paragona il Risveglio
di Kolsyth all'opera di Dio in Ayrshire. Tutto fa pensare a quel che avvenne ad
Ayrshire dal 1625 al 1630. Si tratta delle stesse straordinarie manifestazioni
della potenza divina.
Dai maligni fu chiamata « la malattia di Stewarton » a causa
delle manifestazioni fisiche che l'accompagnavano. Trascriverò il breve
accenno che ne fa l'autore dello « Adempimento delle scritture » a pag. 264. «
Devo citare qui una solennissima, straordinaria manifestazione esterna
dell'opera dello Spirito Santo, che si verificò verso il 1625 e seguenti nella
parte Orientale della Scozia. Ciò avvenne proprio durante la persecuzione che
la Chiesa dovette sostenere da parte della fazione Prelatic. Questa
manifestazione esterna dell'opera dello Spirito venne detta, per rabbia di
parte, " malattia di Stewarton ", perché si verificò prima in quella
parrocchia, ma poi si diffuse nella maggior parte della regione. Si potrebbe
dire, e molti ministri e cristiani ancora vivi potrebbero testimoniarlo, che
per un certo tempo, ben pochi furono i sabati che passarono senza che si
verificassero straordinarie conversioni, o si avessero convincenti prove che
la potenza di Dio accompagnava la Sua Opera. Moltissimi furono scossi e
abbattuti. Mente ascoltavano la divina Parola, lo Spirito Santo li convinse di
peccato e fece nascere nei loro cuori un vero terrore della condanna alla quale
erano esposti. Si convertirono e in seguito si dimostrarono cristiani
veramente degni.
Gli effetti del Risveglio a Kilsyth furono meravigliosi : si
convertirono un duecento persone, che dettero il nome loro alle diverse chiese
locali. Si ebbe anche qualche miracolo di guarigione. Lo scrittore da noi
citato ne ricorda uno. Una giovane donna era afflitta da anni da una malattia
consuntiva che la costringeva al letto quasi del continuo. Ella volle che gli
amici la portassero ad udire la Parola di Dio. Qui ella fu scossa dallo Spirito
Santo. Le sue condizioni erano gravissime e, come pensavo, non aveva ormai molto
tempo di vita. Eppure, da quell'istante, ella cominciò a sentirsi meglio e il
Signore volle guarire il suo corpo, come aveva guarito la sua anima ».
Nel secolo decimo nono, Dio, mediante il movimento dei «
Fratelli », riportò la luce sui costumi e il comportamento della Chiesa
primitiva. Ricordò che allora i credenti « spezzavano il pane » in memoria
della morte di Cristo il primo giorno della settimana. Per mezzo dello stesso
Movimento, richiamò alla mente dei cristiani la seconda Venuta di Gesù. Queste
verità furono studiate con maggiore impegno, fervore e interesse.
All'inizio del secolo ventesimo, e nei primi anni del
medesimo, si ebbe un grande risveglio nel cuore di molti; moltissimi cercarono
Dio. La verità del Battesimo nello Spirito Santo venne altamente proclamata da
uomini quali Charles G. Finney e President Mahan in America. In questo Paese
la Convenzione di Keswck confessò la stessa verità. Il Risveglio di Welsh vide
molte potenti manifestazioni della potenza divina. E' degna di essere ricordata
la meravigliosa esperienza di Charles Finney. Egli era uno dei promotori del
grande Risveglio verificatosi nel 1859-1860. Ecco come parla del suo Battesimo
nello Spirito Santo, nella sua autobiografia: « La mia anima si sentì elevata
tanto in alto che mi sentii costretto ad isolarmi dagli altri e chiudermi nella
mia stanza a pregare. Nella stanza non c'era luce o fuoco acceso, eppure essa
mi apparve così luminosa da lasciarmi abbagliato. Entrai e chiusi la porta.
Ebbi subito la sensazione di trovarmi faccia a faccia con il Signore. Né
allora né in seguito pensai ad una semplice illusione; ad un fatto
d'immaginazione o altro. Egli era lì: mi sembrava di vederlo davanti a me, come
un essere reale. Non diceva nulla, ma mi guardava in tal modo che mi sentii
spinto a gettarmi ai Suoi piedi. Ho sempre considerato quegli istanti un vero,
straordinario, dolcissimo rapimento. Mi sembrava di mostrare a Lui tutta la
mia anima. Piangevo come un bambino e confessavo ad alta voce i miei peccati.
Avevo la sensazione di bagnare con le lacrime i Suoi piedi, pur senza toccarLo.
Devo essere stato molto a lungo in questa posizione; ma ero assorto
completamente e non mi è possibile ricordare tutti i particolari di
quell'estasi meravigliosa. Ricordo solo che quando cominciai a tornare in me e
a staccarmi da quella visione di cielo, mi alzai, guardai nell'ufficio di
fronte e notai che la legna che era sul fuoco si era tutta consumata. Ricevetti
un Battesimo potente: il Battesimo nello Spirito Santo. Non lo avevo atteso ;
non sapevo neppure che potesse esserci una così sublime esperienza per me; non
ricordavo neppure di averne sentito parlare. Lo Spirito Santo discese su me ed
in me: mi penetrò completamente: anima e corpo furono ripieni di Lui. Tutto
questo potrebbe essere paragonato in qualche modo ad una potente scossa
elettrica; una scossa che ti attraversa tutto il corpo. Ebbi la sensazione
dolcissima di immergermi in un grande mare d'amore; non saprei esprimere
meglio quello che provai. Ricordo che mi sentivo cullato e sostenuto da due
grandi, immense ali. Nessuna parola umana potrebbe darci anche una pallida idea
di quel che sentivo allora nel mio cuore. Dolci lacrime di felicità irrigavano
il mio volto. Il mio cuore si scioglieva in una dolcezza sconfinata. Le ondate
di questa dolcezza si facevano sempre più forti e travolgenti. Alla fine, non
riuscii più a trattenere il grido : « Signore, basta! Se non cessa questa mia
felicità, io muoio! ». Dicevo di morire; imploravo che cessasse tanta
felicità, ma non la temevo.
I Risvegli che si verificarono durante la predicazione di
Charles Finney furono davvero straordinari. Per servirci delle sue stesse
parole, diremo che « le finestre del cielo si erano aperte e lo Spirito Santo
scendeva sulla terra assetata come una dolce pioggia benefica e abbondante ».
Le ondate del forte sentimento religioso si estesero molto; esse arrivarono
anche nell'India. Si pensa che questi Risvegli dettero alla Chiesa circa un
milione di anime. In tutte le parti del mondo si ammiravano gli effetti
grandiosi della predicazione di Finney. Nella Scozia e nell'Irlanda fatti
soprannaturali accompagnarono la grande effusione dello Spirito di Dio. Si
ebbero manifestazioni di entusiasmo e fervore. Molti di quelli che poi si
convertirono erano andati ad udire il messaggio divino spinti dalla curiosità o
anche dal desiderio di mettere tutto in ridicolo. Ecco quanto dice Turner delle
predicazioni che furono tenute nella Scozia: « Molti furono piegati dalla
potenza divina. Quelli che si trovavano vicino alla porta vennero spazzati via
e trascinati fuori come da un turbine terribile; altri furono atterrati e a
stento poterono sollevare il capo da terra o sollevarsi dal suolo. Gente della
campagna venuta solo per divertirsi e prendersi gioco dell'opera di Dio, fu
presa da profonde e penose convinzioni spirituali ; avrebbero voluto lasciare
il luogo delle riunioni, ma non avevano la forza di muoversi. Erano come ubriachi
che avevano bisogno di sostegno.
Anche nei Risvegli di Welsh che si verificarono nel 1904 e
1905, la potenza di Dio si manifestò in modo mirabile. Un famoso scrittore e
giornalista, Mr. Stead, così riferisce quanto egli stesso vide con i propri
occhi: « In quelle manifestazioni non c'era nulla di isterico o pazzesco, a
meno che non si voglia dire isterico e pazzesco quell'agitarsi, quel sospirare
affannoso, quelle grida che dicevano tutto il terrore e la vergogna che
improvvisamente si erano impossessati di quelle anime convinte di peccato.
C'era qualcosa di soprannaturale che nessuno poteva dire da dove venisse o
dove andasse « non sai né d'onde viene, né dove va » (Giovanni 3:8), ma si
viveva, si muoveva e raggiungeva la tua anima. Uomini e donne cadevano a terra
davanti ai tuoi occhi ed entravano in una vera, straziante agonia, come se una
mano invisibile e potente avesse afferrato il loro cuore.
Verso il 1906 Dio cominciò a far vedere in opera i Doni
dello Spirito Santo. Contemporaneamente, e in diverse parti del mondo, lo
Spirito di Dio, cominciò a muoversi in un potente risveglio; si ebbero quelle
manifestazioni della potenza di Dio, che avevano caratterizzato la Chiesa
primitiva. In Los Angeles ho potuto vedere la costruzione di legno dove discese
lo Spirito, per la prima volta. La donna di colore che era incaricata della
custodia del luogo, ci guidò, per una breve scala, alla stanza della
preghiera, una stanza piccolissima. Qui le persone devote si raccoglievano per
chiedere a Dio il Risveglio. Erano passati mesi e in quella stanza si
continuava ad implorare il Signore. Un giorno lo Spirito di Dio discese,
proprio come nel Giorno della Pentecoste. Alcuni parlavano in « lingue »;
altri profetavano; tutti erano ripieni della gloria del Signore. Mr. Thomas
Liddicoat, uno dei primi che ricevette il Battesimo nello Spirito Santo, con i
segni che lo accompagnano, raccontò la sua meravigliosa, sublime esperienza: «
Stavamo, come al solito,
— racconta — nella camera della preghiera. Improvvisamente,
io vidi le facce degli altri farsi radiose per la gloria di Dio che vi
risplendeva. Signore, — dissi — fa che
anche la mia faccia risplenda della Tua gloria! Fu allora che uno dei fratelli
che mi stava vicino, fissò il mio volto e disse: Darei qualsiasi cosa perché
la mia faccia risplendesse come la vostra ».
Nello stesso tempo in cui benediceva così Los Angeles, al Nord
degli Stati Uniti, una Scuola Biblica invocava ardentemente la manifestazione
dello Spirito Santo, pur non sapendo che, al Sud, un gruppo di fedeli credenti
rivolgeva al Cielo la stessa preghiera. Un giorno, mentre gli studenti erano
raccolti in preghiera, anche qui, improvvisamente, Dio si manifestò: tutti
furono ripieni di Spirito Santo ed ebbero il Dono delle Lingue e quello della
Interpretazione.
Quasi nello stesso tempo, si verificò la stessa cosa in
India. Pandita Ramabai, fondatore della Casa per le giovani vedove dell'India,
stava spiegando il capitolo 8 del vangelo di Giovanni. La potenza dello
Spirito discese all'improvviso sulle presenti.
Molti peccati segreti vennero confessati pubblicamente;
molte di quelle donne furono ripiene di Spirito Santo. Alcune ebbero delle
visioni di Cristo; altre parlarono lingue nuove « secondo che lo Spirito dava
loro di esprimersi ». Il pastore T. B. Barratt, di Norvegia, ebbe occasione di
visitare Mukti, il luogo dove si era verificata quella manifestazione della
potenza divina, ed ecco quanto scrive di questa esperienza, nel suo libro «
Quando il Fuoco Discese ».
« Quale meravigliosa unità di preghiera! — esclama egli —.
In essa erano tutte unite. Avresti dovuto vedere tutti quei volti rivolti al
cielo, e avresti dovuto udire qualche centinaio di giovani donne implorare
contemporaneamente. Quella preghiera seguitò fino al momento dell'uscita.
Uscivano a gruppi e continuavano a pregare finché ci fu nella sala l'ultimo
gruppo. Allora, guardando attorno, vidi ancora qualche giovane prostrata a
terra che pregava intensamente e si esprimeva « in lingue ».
« Ricordo di aver letto la relazione di un corrispondente di
Mukti, prosegue il pastore Barratt. Egli confessava di non trovar parole
adatte per descrivere quanto aveva visto e udito. Assicurava però che quelle
ragazze indiane parlavano « lingue » che non avevano mai studiato ».
Il pastore T. B. Barrat, allora ministro Metodista, si
trovava in America nel 1906, quando venne a sapere che lo Spirito Santo si era
manifestato. Ebbe un desiderio grandissimo di fare la meravigliosa esperienza
che avevano fatto altri. Si pose a pregare il Signore perché questa gioia
venisse concessa anche a lui. Ebbe quanto chiedeva e descrisse poi la sua
gloriosa esperienza in questi termini: « Accettai la purificazione completa
l'ultimo giorno di settembre (domenica), alle cinque e mezza precise.
Esattamente otto giorni dopo, alla stessa ora e nello stesso luogo, ricevetti
la potente unzione dello Spirito ».
E questo per lui non fu che il principio. Circa un mese
dopo, infatti, egli fu meravigliosamente battezzato nello Spirito Santo. «
Mentre eravamo raccolti in preghiera, — racconta poi scrivendo in Norvegia — la
moglie del dottore che era vicino a me vide sul mio capo una meravigliosa
aureola. Sopra di questa era come una lingua di fuoco, (confronta Atti 2:3, 4).
In
quello stesso istante sentii penetrarmi da una forza
indicibile. Ero immerso in una grande luce, e cominciai a parlare a voce
altissima " in lingue ". Travolto da dolcissime ondate d'amore,
piansi, gridai, cantai nello Spirito ».
Tornato in Norvegia, il pastore Barrat vide diffondersi il
Risveglio divino in tutta quella nazione, nella Svezia, nella Danimarca, in
Germania, in Inghilterra e in molti altri paesi. Questa benedetta fiamma dello
Spirito si propagava da per tutto. E bisogna notare che nessuno aveva il
diritto di vantarsi di questo meraviglioso movimento spirituale.
L'Autore di tutto è il benedetto Spirito. Egli, nella Sua
sovranità infinita, concedeva la Grande Benedizione a tutte le genti.
In questo modo, i Doni dello Spirito Santo, quali gioielli
preziosi, saranno indossati dalla Chiesa, sposa divina del Cristo, per andare
incontro allo sposo, quando Egli verrà e nella gloriosa celebrazione delle
nozze celesti.
(2) Il segno del Battesimo nello Spirito Santo.
La questione che ora dobbiamo esaminare è questa : « Il Dono
delle Lingue è il segno che accompagna il Battesimo nello Spirito Santo »? La
risposta dovrà essere necessariamente basata sulla Parola di Dio. Esaminiamo
dunque la questione alla luce della Divina Parola.
Negli Atti degli Apostoli troviamo registrati alcuni casi in
cui viene fatta la dolce, meravigliosa esperienza del Battesimo nello Spirito
Santo. Ora la Scrittura ci dice che « tutte queste cose accaddero perché
servissero a noi d'esempio, e sono state scritte per nostra ammonizione ».
La prima volta ciò accade nel Giorno della Pentecoste. « E
di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed
esso riempì tutta la casa dov'essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come
di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascun di loro. E tutti furono
ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo
che lo Spirito dava loro d'esprimersi » (Atti 2:2-4).
Questo potrebbe essere preso come il modello divino della
Pentecoste, come norma abituale del Battesimo nello Spirito Santo. Un
confronto con la conversione potrebbe esserci di grande aiuto per comprendere
bene questo modello offertoci da Dio. Esaminando le esperienze spirituali che
hanno fatto uomini e donne che si sono convertiti al Signore, possiamo notare
una sorprendente varietà nel modo in cui queste conversioni si sono
verificate. C'è chi mostra una gioia ineffabile ed è immediatamente salvato,
come nel caso del carceriere di Filippi ; c'è chi, forse di carattere meno
impulsivo, riceverà la verità con minore scossa e conflitto interiore, come si
verificò nel caso di Lidia, della quale il Signore aprì il cuore in modo che
ella ascoltava con grande interesse tutte le cose che Paolo diceva ; c'è chi
piange disperatamente sugli anni perduti e a stento crede alla grazia
indescrivibile che sta ricevendo.
Ora, sebbene il comportamento esteriore potrebbe essere
molto diverso, tutti quelli che sono veramente salvati, hanno la testimonianza
dello Spirito, testimonianza che ce li addita come « veri figli di Dio »
(Romani 8 :10.
Possiamo notare anche che « il vento impetuoso che soffia »
e le « lingue come di fuoco » non si trovano sempre nella descrizione
dell'esperienza che fa il credente che viene Battezzato nello Spirito Santo,
mentre « la testimonianza dello Spirito » che attesta la Sua venuta, « il
parlare in lingue diverse, secondo che Egli concede » era ed è il segno proprio
del Battesimo dello Spirito Santo.
Dato che la testimonianza della Scrittura afferma in modo
preponderante che in questi ultimi tempi la pienezza dello Spirito Santo è
stata accompagnata dal Dono delle Lingue, noi dobbiamo aprire il nostro cuore
e disporci a ricevere in tal modo la pienezza di questa benedizione divina.
Si potrebbe aggiungere che proprio la stolta prevenzione
contro questo Dono dello Spirito Santo potrebbe costituire il motivo
particolare che giustifica la manifestazione della sovranità di Dio in questa
materia. L'incredulità e il pregiudizio potrebbero spingerci a dubitare
dell'amore del nostro Padre celeste e a rifiutare i Suoi Doni divini. Gesù
disse : « Chi è quel padre tra voi che, se il figliuolo gli chiede un pane gli
dà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli dà una serpe? Oppure se gli chiede
un uovo, gli dà uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare
buoni doni ai vostri figliuoli quanto più il vostro Padre celeste donerà lo
Spirito Santo a coloro che glielo domanderanno »? (Luca 11 :11-13).
Abbiamo l'esempio di Paolo. Convertito sulla via di Damasco,
egli ricevette l'ordine di entrare in città e di aspettare le istruzioni che
gli sarebbero state comunicate. Attese tre giorni Anania, un discepolo che era
a Damasco. Questi venne a lui e gli disse : « Fratello Saulo, il Signore, cioè
Gesù Cristo, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato
perché tu recuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo » (Atti 9 :17).
Non abbiamo i particolari sul modo col quale Paolo ebbe la
pienezza dello Spirito Santo, ma ragionevolmente non possiamo dubitare che
l'apostolo ricevesse anche il Dono delle Lingue. Si ricava da quanto dice di
questa sua esperienza scrivendo ai Corinzi. « Io ringrazio Dio — dice egli — che
parlo in altre lingue più di tutti voi » (1 Corinzi 14 :18).
Viene poi l'esempio di quanto avvenne in casa di Cornelio.
Mandato ai Gentili da una rivelazione divina tutta particolare, Pietro predicò
in quella casa.
« Mentre Pietro parlava così — dicono Atti 10 :44-46 — lo
Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti
della circoncisione che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il Dono
dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili ; poiché li udivano parlare
in altre lingue, e magnificare Iddio ».
In altre parole, questi Gentili avevano ricevuto lo Spirito
Santo e il fatto che « magnificavano Iddio e parlavano in altre lingue, ne
costituiva il segno.
Se Pietro accettò questo « segno », non possiamo capire come
mai molti dirigenti religiosi del nostro tempo facciano tante difficoltà contro
di esso, e come ardiscano di ritenersi più informati e savi di Pietro stesso.
Forse ammettere il soprannaturale come « segno » dell'opera soprannaturale
della potenza divina, sarebbe ammettere la pochezza o miseria della loro esperienza
religiosa?
In ultimo, abbiamo il caso degli Efesini. Quando arrivò ad
Efeso, Paolo si accorse che nella esperienza spirituale di un gruppo di
discepoli, circa dodici, c'era qualche lacuna. « Riceveste voi lo Spirito
Santo, quando credeste »? chiese l'apostolo. « Non abbiamo neppure sentito
dire che ci sia lo Spirito Santo », risposero quelli.
Una tale ignoranza, unita naturalmente alla corrispondente
mancanza di forza spirituale, è doloroso a dirsi, può notarsi anche in mezzo a
gente che si professa cristiana.
Le masse senza Cristo e senza Chiesa non hanno forse bisogno
oggi più che mai di un vangelo predicato e vissuto nella dinamica dello Spirito
Santo? Passano sulla terra quasi senza darsi pensiero di Dio e dell'eternità.
Dove trovare la forza per fermarle se non nella potenza di Dio? Quel che oggi
necessita alla Chiesa è un'altra Pentecoste, con i segni che l'accompagnano.
Così e solo così sarà possibile arrestare la valanga di anime che precipitano
nella notte della disperazione.
« E dopo che Paolo ebbe imposto loro le mani, — dice la
Scrittura — lo Spirito Santo scese su di loro, e parlavano in altre lingue, e
profetizzavano » ( Atti 19:2, 6).
Ancora una volta il Dono soprannaturale delle Lingue è la
testimonianza divina alla discesa dello Spirito Santo. Davanti ad esempi così
numerosi ed evidenti, sarebbe certo stolto colui che osasse opporsi ancora alla
meravigliosa esperienza pentecostale.
Il più volte ricordato pastore T. B. Barratt di Norvegia,
parlando della sua esperienza del Battesimo nello Spirito Santo, dice : « Dopo
il servizio mi ritirai nella stanza superiore, chiusi bene la porta e restai
lì tutto il giorno. Non scesi neppure per mangiare. Sentivo che qualche cosa
sarebbe accaduta: doveva arrivare la benedizione divina. Ero troppo desideroso,
troppo affamato di Dio ! Tutto in me gridava a Lui. Volevo assolutamente che
Egli venisse in mio aiuto.
Durante la domenica, alle volte, avevo notato nel mio petto
un calore strano, un vero bruciore. Mentre nel pomeriggio, poco prima delle 5,
ero immerso nella preghiera e nelle lacrime, tornai a sentire quel gran caldo
dentro di me. Nascosi il volto in un panno per non disturbare col pianto e le
grida quelli che erano nelle stanze accanto, ma alla fine non riuscii più a
contenermi e, se non fosse stato il rumore della via, mi avrebbero udito da
molto lontano. La potenza dello Spirito Santo penetrava in tutto il mio essere;
mi sentivo preso e scosso violentemente. Alle sei discesi a mangiare e poco
dopo tenni il servizio religioso della sera.
Il fuoco di Dio continuava ad ardere nel mio petto. Mi
sentivo l'essere più felice della terra.. Tutto per me era nuovo. Le due
persone alle quali rivolsi la parola andarono subito al luogo della preghiera e
dettero il loro cuore al Signore. Quando, durante il servizio accennai alla
meravigliosa esperienza che avevo fatto poco prima, la gioia dei presenti fu
immensa ... Pensavo di aver ricevuto il pieno Battesimo Pentecostale, come
pensano molti altri ai nostri giorni che sono passati per una simile esperienza
».
Un mese dopo, egli ricevette davvero il Battesimo nello
Spirito Santo, simile a quello che ebbero i credenti il Giorno della Pentecoste.
« Il Signore — scrive egli — per mezzo di questa esperienza,
mi mostrò che è possibile ricevere grandi unzioni dello Spirito senza il Dono
delle Lingue, ma se si riceve il pieno Battesimo Pentecostale, come fu
concesso in principio ai credenti, questo sarà sicuramente accompagnato dal
prezioso Dono delle Lingue. Quel Dono doveva essere il segno particolare della
Nuova Dispensazione. Gli altri segni si possono vedere tra i credenti anche
prima della Pentecoste. Quando parlavo in lingue diverse, mi sentivo pervaso da
una forza di gran lunga maggiore di quella che avevo provato fino allora. La
mia precedente esperienza, che pur m'era apparsa tanto sublime, non era che la
semplice introduzione al Fuoco e al Battesimo nello Spirito Santo ».
Chi desidera la pienezza della divina benedizione non deve
fermarsi e cessare di chiederla a Dio, anche se la meravigliosa unzione che
Egli gli ha concesso gli apparirà già immensa; essa deve essere presa solo come
dolce primizia della gloriosa eredità nello Spirito Santo.
Prima di porrre termine alle nostre considerazioni su questo
argomento, è necessario che diciamo qualcosa per mettere bene in rilievo la
differenza che passa tra « segno » e « dono », quando si parla delle Lingue.
Come abbiamo già visto, il « segno » delle Lingue è un segno soprannaturale
che accompagna sempre il Battesimo nello Spirito Santo. Ma l'apostolo,
scrivendo dei Doni dello Spirito Santo, fa notare che di nessuno di essi può
dirsi che è stato dato a tutti : « Non tutti sono apostoli ; — dice — non tutti
hanno i Doni delle Guarigioni ; non tutti parlano in altre lingue e
interpretano » (1 Corinzi 12:29).
Prima di chiudere questa nostra breve discussione è bene
fare un'osservazione: forse in qualche caso è stata data troppa importanza a
questo Dono delle Lingue e si è arrivati a guardare più al Dono che al
Donatore. E' certo, come è già stato dimostrato, che al tempo degli apostoli
si riconosceva che il credente era stato riempito dallo Spirito Santo proprio
dal fatto che egli parlava in lingue nuove. Così Pietro e quelli della
Circoncisione che erano con lui restarono stupiti perché anche i Gentili
avevano ricevuto il Dono dello Spirito Santo. Essi si accorsero di questo
perché li « udivano parlare in altre lingue e magnificare Dio » (Atti 10:45,
46).
In seguito, per difendere se stesso davanti al Concilio di
Gerusalemme, Pietro disse : « Come avevo cominciato a parlare, lo Spirito
Santo scese su loro, com'era sceso su noi da principio... Se dunque Iddio ha
dato loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel
Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio »? (Atti 11:15-17).
C'era una ragione evidentissima per la quale il segno
soprannaturale delle Lingue doveva accompagnare la venuta dello Spirito Santo
nel credente che in tal modo diveniva il Suo tempio : la lingua dell'uomo è
l'ultima cittadella della natura ribelle ; con il Dono delle Lingue anche essa
cede davanti alla potenza di Dio. « Se uno non falla nel parlare, — dice Giacomo
— esso è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo ...
ma la lingua, nessun uomo la può domare ; è un male senza posa, è piena di
mortifero veleno » (Giacomo 3 :2, 8).
Questo membro del corpo umano, questo membro così
indisciplinato è vinto dallo Spirito Santo. In tal modo Egli ha il controllo di
tutto l'essere, quando discende con il Battesimo nello Spirito Santo, e con i «
segni » che lo accompagnano. Il Battesimo nello Spirito Santo non avrebbe alcun
significato se non comportasse una resa assoluta dell'anima e del corpo a Dio.
Il credente battezzato nello Spirito dovrebbe essere ormai lontanissimo dall'offendere
con parole, mormorazioni, malignità, bugie, liti, inganni subdoli. Queste son
tutte cose che in mezzo ai santi non dovrebbero essere neppure nominate.
(3) Uso del Dono delle Lingue.
Una delle domande che si fanno più spesso da quanti non
comprendono il valore di questo Dono divino, è questa : « A che serve parlare
in lingue diverse »? Cerchiamo quindi di dare una risposta a questa domanda.
Prima di tutto si deve ricordare che fu nostro Signore stesso che promise questo
« segno » a tutti quelli che avrebbero creduto in Lui (Marco 16 :17). Ricordiamo
poi che il Giorno della Pentecoste esso accompagnò realmente la meravigliosa
effusione dello Spirito Santo, e che esso, nelle Scritture, è chiamato Dono
dello Spirito Santo.
Immagina che gli apostoli e i credenti della Chiesa
primitiva, sotto l'azione dello Spirito Divino, avessero detto : «A che serve,
Signore, tutto questo »? Non sarebbe stata un'offesa a Dio così grande e
generoso con loro? E quelli che oggi assumono un simile dubbioso atteggiamento,
non recano offesa allo Spirito Santo, che « distribuisce i Suoi Doni a ciascuno
in particolare come Egli vuole » (1 Corinzi 12 :11). Si, nella Sua divina
Onniscienza, Egli offre a noi questo Suo Dono e nessuno di noi oserà rifiutare
la bontà e generosità dello Spirito Santo.
Con tutta riverenza, dunque, cerchiamo di riconoscere che
ogni Dono dall'Alto ha la sua utilità ; sforziamoci di vedere quale essa sia.
Il Dono delle Lingue è, prima di tutto, per confermare il
ministerio di quelli che credono in Cristo Gesù « Or questi sono i segni che
accompagneranno coloro che avranno creduto... essi parleranno in lingue
nuove... e quelli se ne andarono a predicare da per tutto, operando il Signore
con essi e confermando la parola co' segni che l'accompagnavano » (Marco 16 :
17, 20).
Dio operava in modo che il Vangelo facesse presa sul cuore e
nella mente dei pagani idolatri. La superstizione e la falsità degli oracoli
dovevano essere smascherate da una forza maggiore. Egli doveva farsi sentire e
porre a tacere gli idoli, opera delle mani dell'uomo e frutto della sua fantasia.
Dio doveva confermare con questo Dono divino delle Lingue la Parola che veniva
predicata nel Suo nome.
Oggi, nel secolo ventesimo, il cristianesimo deve affrontare
nemici molto più astuti di quelli del tempo degli apostoli ; è necessario
quindi che la Chiesa abbia a sua disposizione « segni potenti » che accompagnino
il suo messaggio.
In secondo luogo, dobbiamo riconoscere che questo Dono è
stato dato perché l'uomo potesse parlare a Dio in modo soprannaturale. «
Perché chi parla in altra lingua — scrive l'apostolo Paolo — non parla agli
uomini, ma a Dio ; poiché nessuno lo intende, ma in spirito preferisce misteri
... Poiché se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia
intelligenza rimane infruttuosa » (1 Corinzi 14:2, 14).
Il cristiano, alle volte, si rende conto che ci sono
sentimenti e desideri spirituali così intimi, così profondi, che non
riuscirebbe mai ad esprimere. Uno scrittore dice : « Il Dono delle Lingue
scava un pozzo nella profondità dello spirito che gioisce, e ci dà la
possibilità di manifestare in qualche modo la gioia, l'estasi dell'anima ».
Poiché quelli che adorano Dio debbono farlo in spirito e
verità (Giovanni 4 :24 ), questo Dono darà allo spirito umano la possibilità
di comunicare direttamente con Dio « in spirito e verità ».
Tempi di assoluto materialismo come questi in cui viviamo
non possono certamente comprendere il potere spirituale che è in una preghiera
fatta sotto l'unzione divina dello Spirito, ma Paolo lo comprendeva benissimo,
e riferendosi al fatto del parlare una lingua sconosciuta, diceva : « Il mio
spirito prega ». E aggiungeva : « Lo Spirito sovviene alla nostra debolezza ;
perché noi non sappiamo pregare come si conviene ; ma lo Spirito intercede
egli stesso per noi con sospiri ineffabili » (Romani 8:26).
Quando non sappiamo per quale cosa dobbiamo pregare, lo
Spirito di Dio prega per noi secondo la volontà divina. Una tale preghiera non
potrà non aver risposta. Sai tu che significa pregare con lo spirito? Non
significa capire quanto si chiede. Paolo disse : « Poiché se prego in altra
lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa.
Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza »
(1 Corinzi 14:14, 15).
Dovremmo notare che esiste una vera distinzione tra il
pregare con lo spirito, che è, come spiega Paolo, il nostro spirito umano, che
prega Dio mediante il Dono delle Lingue, e pregare con intelligenza, cioè
seguire con la mente quello che chiediamo. L'una e l'altra preghiera è
benedetta e necessaria ; Paolo infatti era deciso a servirsi sia della prima
che della seconda. Questa, cioè la preghiera con intelligenza, in qualche caso
può essere una tale potenza spirituale che può chiamarsi anche « preghiera e
supplica nello Spirito » (Efesini 6 :18). In tal caso essa si avvicina molto
alla preghiera « con lo spirito », ma è sempre distinta da essa come possiamo
vedere dalle citate parole dell'apostolo.
Terzo. Il Dono delle Lingue è dato al credente perché egli
possa magnificare Iddio (Atti 10:46). Magnificare Dio significa riconoscerLo grande
e proclamarLo tale. Significa lodarLo altamente. E se questo è l'effetto di un
tale Dono, preghiamo con grande zelo perché il popolo esalti, magnifichi Iddio
« in altre lingue ». Ho udito un uomo di lingua gallese che diceva di
cominciare la preghiera in lingua Inglese, ma quando il suo cuore era acceso,
quando la sua anima si era davvero riscaldata, si sentiva trasportato sulle ali
della fede e non trovava altro modo di esprimere i suoi sentimenti che
servirsi della sua lingua nativa. Quando poi era alla presenza di Dio e
avvertiva potentemente questa divina presenza, solo una lingua sconosciuta gli
dava la possibilità di manifestare tutta la profonda adorazione del suo cuore.
Chi scrive ha avuto modo di vedere con i propri occhi e udire con le proprie
orecchie molti credenti nell'atto che ricevevano il Battesimo nello Spirito
Santo con i « segni » che lo accompagnavano. In tutti i casi da lui
presenziati, al momento della discesa dello Spirito, il comportamento di tali
credenti, le loro parole, la loro preghiera stavano a dimostrare che Gesù era
diventato per essi veramente Tutto.
Quarto. Lo Spirito Santo concede il Dono delle Lingue perché
chi riceve questo Dono possa « edificarsi ». « Chi parla in altra lingua
edifica se stesso », dice Paolo (1 Corinzi 14 :4). Prima di considerare questo
Dono come qualcosa di poco utile o anche egoistico, ricordiamoci che edificare
se stessi è già una cosa di grande importanza. Così insegnava l'apostolo delle
Genti. « Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi » (1 Corinzi
14 :18).
In Greco la parola « edificare », significa, come anche
nella lingua italiana, « innalzare una casa », ma in senso morale e più ampio,
significa « costruire qualcosa », « rendere migliore ». Se come insegnano le
Scritture, i credenti sono « la casa di Cristo e il tempio dello Spirito Santo
», tutto quel che contribuisce ad innalzare questa casa o questo tempio dovrà
essere considerato della massima importanza. Esso sarà sempre accolto con
gioia dal credente. Parlare in altre lingue produce nei nostri spiriti quel che
produrrebbe una preghiera calda e sincera, poiché in ambedue i casi lo spirito
si trova a faccia a faccia con Dio : viene in diretto contatto con Lui.
Quinto. Il Dono delle Lingue, quando viene interpretato,
edifica la chiesa. « Io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue »
scriveva Paolo ai Corinzi. « Ma molto più che profetaste ; chi profetizza è
superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch'egli interpreti, affinché la
chiesa ne riceva edificazione... Anche voi, poiché siete bramosi de' doni
spirituali, cercate di abbondare per l'edificazione della chiesa. Perciò, chi
parla in altra lingua, preghi di poter interpretare » (1 Corinzi 14 :5, 12,
13).
Per poter essere di edificazione agli altri, il Dono delle
Lingue ha bisogno, dunque, di essere interpretato. Deve essere unito quindi ad
un altro dono, al Dono dell'Interpretazione. « Se non v'è chi interpreti, —
scrive Paolo — si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio » (1
Corinzi 14 : 28).
E' interessante notare che questi due Doni sono uniti nello
scopo per cui vengono concessi, ed hanno minore importanza della Profezia.
Stando così le cose, sorge spotanea la domanda : « Come mai lo Spirito Santo,
allontanandosi dalla Sua abituale economia, che possiamo ricevere dal modo col
quale manifesta sempre la Sua potenza, dovrebbe impartire tre Doni, quando
sembra che sarebbe sufficiente un solo Dono ». Per rispondere a questa
difficoltà, basterebbe ricordare che il Dono delle Lingue è essenzialmente un
« dono-segno », cioè un Dono che ha per fine principale « confermare il
messaggio divino ». Così fu nel Giorno della Pentecoste.
Comunque, scopo principale dell'apostolo, qui, nel capitolo
quattordicesimo della prima lettera ai Corinzi, è quello di esaltare il Dono
della Profezia. Egli vuol far notare solo che questo Dono ha più utilità
pratica di quello delle Lingue. Così infatti riassume il suo pensiero : «
Pertanto, fratelli, bramate profetare, e non impedite il parlare in altre
lingue » (1 Corinzi 14 : 39).
Per ricapitolare, vediamo, che questo Dono delle Lingue,
quando è unito al Dono dell'Interpretazione, edifica la chiesa. Ora, dato che
l'edificazione della chiesa si ha solo quando è presente il Dono
dell'Interpretazione, è evidente che il Dono della Profezia porta la stessa
edificazione della chiesa, ma con una economia migliore. Il Dono delle Lingue,
essendo un
« segno-dono », non è così necessario al credente che
assiste alle riunioni di preghiera ; esso dovrebbe cedere il posto al Dono
della Profezia che è un Dono più diretto.
In ultimo. Il Dono delle Lingue è « un segno per i non
credenti ». « Pertanto, le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i
non credenti ; la profezia invece, serve di segno. non per i non credenti, ma
per i credenti » (1 Corinzi 14 :22). Il Dono dunque è una ammonizione per chi
non crede. Esso rivela la presenza della divinità. Il Dono della Profezia è
diverso : esso è in una lingua conosciuta e potrebbe passare anche
inosservato. Un tale segno ha bisogno di un ministerio immediato, cioè deve
essere unito ad altri Doni. Il Giorno della Pentecoste il segno soprannaturale
delle Lingue fece affluire molte persone, ma sappiamo che Pietro portò a Cristo
oltre tremila persone, predicando nella potenza dello Spirito Santo, in un
linguaggio che era comune a tutti e facendo appello non alla meraviglia e allo
stupore dei presenti, meraviglia e stupore che era sul volto di tutti, ma alla
loro coscienza e volontà.
Sarà bene che esaminiamo un pochino più attentamente il
passo che abbiamo citato, perché la cattiva interpretazione di esso ha fatto
deviare delle persone del resto ben informate. Dato che il Dono delle Lingue è
stato dichiarato « dono per i non credenti », alcuni pensano che si debba usare
questo Dono solo nelle riunioni all'aperto, nei servizi evangelistici. Un tale
pensiero ci fa pensare al vecchio detto che non vuole che si gettino delle
perle davanti ai porci.
Nel versetto che precede quello da noi citato, leggiamo : E'
scritto nella legge : — Io parlerò a questo popolo per mezzo di gente d'altra
lingua, e per mezzo di labbra straniere ; e neppure così mi ascolteranno, dice
il Signore. Pertanto le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i
non credenti » (1 Corinzi 14 :21, 22).
Il passo riferito da Paolo è di Isaia. In quel passo il
Signore dichiara che Dio parlerà al popolo « mediante labbra balbuzienti e
mediante lingua barbara ». E quel popolo non avrebbe ascoltato lo stesso. La
lingua « barbara » di cui parla il profeta ( Isaia 28 :9-13), sarebbe stata
quella dell'esercito assiro che avrebbe invaso il loro territorio, e questo
sarebbe stato « un segno » che avrebbe dovuto coprir di rossore e vergogna
Giuda ; avrebbe dovuto spingerlo al ravvedimento e a riavvicinarsi a Dio. Il
significato di quel « segno » non fu compreso e il fine per cui era stato dato
non fu raggiunto. Un secolo dopo o quasi, la Giudea venne invasa e devastata da
uomini di altra lingua « barbara ».
L'argomento di Paolo quindi è questo : « Il parlare in Lingue
diverse è « segno » per quelli che non credono ; essi non udiranno e non
faranno attenzione ad esso, anzi se tutti « parlano in altre lingue » ed
entrano estranei e non credenti, non diranno essi che siete pazzi »? (1
Corinzi 14:23). Certo nessuno avrebbe compreso quello che veniva detto.
Il Dono delle Lingue, come segno per i non credenti, può
essere usato solo quando Dio vuole che sia usato come tale. Per esempio,
questo avvenne nel Giorno della Pentecoste. Il segno soprannaturale servì
allora a preparare alla luce del messaggio evangelico quelle menti abituati
alla religione formalistica e al sistema sacerdotale.
Dobbiamo tenere bene a mente che c'è differenza tra il Dono
delle Lingue che ha bisogno del Dono dell'Interpretazione per divenire intelligibile,
e il Parlare in altre lingue, come avvenne nel Giorno della Pentecoste. In quel
Giorno uomini di nazioni diverse udivano i discepoli parlare nella lingua loro
; essi furono costretti a dire : « Com'è che li udiamo parlar ciascuno nel
nostro proprio linguaggio »? (Atti 2:11).
Quelle lingue non erano conosciute dai discepoli che le
usavano, ma erano conosciute dai loro ascoltatori.
Dio dunque illustrava contemporaneamente il valore del «
segno » che stiamo discutendo. In qualche caso, sotto la diretta sovranità di
Dio, esso è un « segno » per chi non crede. Per divenire « segno » però, è
necessario che la lingua sconosciuta a chi parla sia nota all'incredulo che
ascolta.
Potremmo chiarire il nostro pensiero con un esempio. Una
signora, la Dr. Florence Murcutt, si convertì in questo modo: giudea
australiana era stata condotta alla fede giudaica dalla madre, che con molta
insistenza le aveva inculcato una vera avversione a Cristo. « Non credere mai
che Gesù è il Figlio di Dio », diceva la donna continuamente. Alla morte della
madre, però, la giovane si dette a leggere la Bibbia e in sei soli mesi la
lesse per intero e con la massima attenzione. Conseguita la Laurea in medicina
a Filadelfia, ella si recò a Vancouver, B.C., e qualche tempo dopo il suo
arrivo in quella città ebbe occasione di assistere a delle riunioni di
Risveglio che si tenevano a Portland, Oregon.
Una sera, mentre s'intratteneva fuori della tenda con una
diecina di Canadesi, uno di essi cominciò a parlarle in pura lingua parigina,
sotto l'unzione dello Spirito Santo. La dottoressa conosceva benissimo quella
lingua e restò meravigliata nel sentirsi dire da quella persona che ella era
una povera peccatrice e che si sarebbe salvata solo per mezzo di Gesù Cristo,
che è Via, Verità e Vita.
« Mi spingeva con zelo a darmi al Signore — dice la
dottoressa — Egli non conosceva una sola parola di Francese; parlava solo
perché sotto l'unzione dello Spirito Santo. Parlò più di un'ora. Quando io
dicevo qualcosa che era conforme alla Parola di Dio, egli si rallegrava;
quando le mie affermazioni non potevano essere approvate, lo Spirito che era in
lui evidentemente ne soffriva. Come effetto immediato di questa manifestazione
soprannaturale della presenza di Dio, si ebbe la mia immediata conversione. Mi
gettai a terra in ginocchio e abbandonai tutta me stessa alla grazia divina ».
(4) Obiezioni contro questo dono
Prima di por fine alle nostre considerazioni sul Dono delle
Lingue, sarà utile, penso, esaminare alcune delle obiezioni che si fanno contro
questo Dono divino. Il lettore è pregato ad avvicinarsi a questo argomento con
animo sgombro da pregiudizi e con la mente libera e aperta. Giovanni Bunyan,
nella sua opera « Guerra Santa » raffigura il cuore umano non rigenerato alla
città ribelle di Mansoul. A guardia delle porte di questa città, il Diavolo,
usurpatore e dittatore di essa, ha posto il Pregiudizio e sessanta uomini
completamente sordi. In tal modo è sicuro che l'Emmanuele, che vuole entrare in
essa, non avrà neppure la possibilità di farvi pervenire il più piccolo dei
Suoi messaggi : il Pregiudizio, infatti, non fa attenzione ad essi, e i
sessanta sordi che con lui fanno la guardia, non possono udire anche se lo
volessero. Cerchiamo di non seguire la tattica del demonio. Sarebbe una colpa
gravissima.
Una delle difficoltà più comuni, difficoltà che implica
anche una certa dose di critica, è questa : « A che serve il Dono delle Lingue
»? Abbiamo già risposto abbastanza esaurientemente a questa difficoltà e non è
necessario che ci torniamo sopra. Basterà ricordare che Cristo ha istituito
questo Dono dicendo : « Questi sono i segni che accompagneranno coloro che
avranno creduto... essi parleranno lingue nuove » (Marco 16:17). Lo Spirito
Santo poi confermò le parole di Gesù. Leggiamo infatti che « essi furono
ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo
che lo Spirito dava loro d'esprimersi » (Atti 2 :4).
Dopo queste due considerazioni, chi oserebbe dire che il Dono
delle Lingue non ha alcuna utilità per la Chiesa di Cristo?
Altra obiezione, piuttosto frequente, è che il Dono delle
Lingue fu necessario il Giorno della Pentecoste, perché allora Dio inaugurava
una nuova Dispensazione. Nel lanciare la Chiesa formata proprio allora, Dio dette
questo « segno » per attirare l'attenzione del mondo. Il Dono delle Lingue nel
Giorno della Pentecoste ha il suo corrispondente nei « tuoni », « lampi », «
fortissimo suon di tromba », che si udirono all'inaugurazione della Dispensazione
della Legge.
Possiamo rispondere a questa difficoltà ricordando che il
Dono delle Lingue non fu limitato al momento dell'inaugurazione della Chiesa :
noi lo troviamo costantemente nei secoli della Chiesa primitiva. I credenti di
Cesarea parlavano in ,lingue nuove (Atti 10:46). La stessa cosa avviene ad
Efeso (Atti 19 :6). I credenti di Corinto sono forniti abbondantemente di
questo Dono meraviglioso, quasi trenta anni dopo la prima effusione Pentecostale.
Alford ritiene che la prima lettera ai Corinzi sia stata scritta verso il 57 e
forse vicino alla Pasqua di quell'anno. Il Dizionario Biblico di Smith concorda
nella stessa data. Erano passati dunque oltre ventotto anni dalla Pentecoste.
L'inaugurazione della Chiesa era avvenuta da un pezzo e questo Dono veniva
concesso ancora generosamente. Questa potrebbe essere una risposta più che
sufficiente, ma in seguito dimostreremo in modo davvero convincente che esso si
trova costantemente in tutti i secoli della Chiesa.
E' chiaro che altri fatti miracolosi accompagnarono la prima
grandiosa effusione dello Spirito Santo nel Giorno della Pentecoste. Anche
essi avevano valore di « segni iniziali ». Il « suono come di vento impetuoso
», « le lingue come di fuoco » che si posarono su ciascuno dei credenti, per
quanto ci è dato sapere, non si ripeterono poi in altre occasioni. Ci sono
dunque dei « segni » che continuarono ed altri che non continuarono : il «
segno » che continuò costantemente nella storia della Chiesa è il Dono delle
Lingue.
Troviamo oggi delle persone che hanno compreso tanto poco la
natura di questo Dono celeste che pensano che esso sia stato concesso ai primi
credenti solo per predicare ai forestieri che il Giorno della Pentecoste si
trovavano a Gerusalemme. Si può dimostrare con facilità che questa non poteva
essere la ragione di questo Dono : basta ricordare che Pietro tenne il suo
sermone Pentecostale in una lingua che i presenti comprendevano benissimo. La
folla alla quale egli si rivolse era composta da « uomini religiosi d'ogni
nazione di sotto il cielo » (Atti 2:5). Naturalmente questi conoscevano la
lingua del paese da cui venivano, ma conoscevano anche la lingua aramaica che
allora si parlava nella Palestina e che Pietro stava usando nel suo discorso.
Se fosse necessario un'altra prova della infondatezza di
questa obiezione, basterebbe ricordare che nella casa di Cornelio non c'erano
davvero persone di altri paesi. La stessa cosa deve dirsi della comunità di
Efeso e di quella di Corinto. Eppure sappiamo che in tutti questi luoghi si
parlò in lingue nuove.
La Scrittura dice : « Chi parla in altra lingua, non parla
agli uomini ma a Dio » (1 Corinzi 14:2). Prova evidente che questo Dono non è
stato dato per predicare agli uomini, siano pure essi dei forestieri. C'è poi
l'esortazione di Paolo : « Chi parla in altra lingua, preghi di poter
interpretare » (1 Corinzi 14:13). Ciò indica che il Dono delle lingue non era
unito alla conoscenza delle medesime. Non si trattava di lingue apprese in un
qualunque corso di studi, come vorrebbero dire alcuni.
Alle volte si sente anche questa obiezione : « Il dono delle
Lingue è il più piccolo dei Doni dello Spirito Santo ». Esso quindi, secondo
quelli che affermano ciò, non ha molto valore. Chi fa questa obiezione dimostra
di non essere molto forte nella logica : si pensa forse che sia il minore dei
Doni solo perché è posto in fondo alla lista. Ma spesso la Scrittura mette
all'ultimo posto le cose di maggiore importanza. Nota per esempio, come si
esprime Paolo, parlando della carità : « Or queste tre cose durano : fede, speranza
e carità ; ma la più grande di esse è la carità » (1 Corinzi 13 :13).
Ultima, ma non certo la più piccola e la meno importante !
Perciò non c'è motivo di credere che il Dono delle Lingue sia il Dono più
piccolo che ci abbia fatto lo Spirito Santo. Paolo si ferma a parlare di questo
Dono molto più a lungo di quanto abbia fatto per gli altri.
E concesso poi che esso sia il più piccolo dei Doni dello
Spirito, questo non vorrebbe dire che debba essere quasi disprezzato. Immagina
che un tuo amico invii un bellissimo regalo in occasione del tuo compleanno e
un semplice « pensierino » gentile in altra ricorrenza, Saresti capace di
lamentarti dell'esiguità di quest'ultimo? Sarebbe poco carino da parte tua. Ora
se non oseremmo offendere un parente o un amico, come oseremmo offendere il
nostro Donatore celeste?
Ecco ancora un'obiezione contro il Dono delle Lingue : Essa
apparentemente è fondata sulla Scrittura stessa. « Il Dono delle Lingue è
cessato », dicono alcuni. E citano Paolo : « La carità non verrà meno. Quanto
alle profezie esse verranno abolite; quanto alle lingue, esse cesseranno;
quanto alla conoscenza, essa verrà a fine » (1 Corinzi 13 :8).
Rispondiamo a questa difficoltà dicendo che le parole della
Bibbia vanno prese sempre nel loro contesto. La Profezia, le Lingue, la
Conoscenza, sono tutte cose che dovranno avere un fine, ma lo avranno tutte e
tre contemporaneamente. Chi fa questa difficoltà non vorrà dire certo che la
Profezia o la Conoscenza siano già cessate ! Servendosi del termine greco «
katargeo » per indicare la fine della Profezia, lo scrittore ispirato ha scelto
la parola che vuol dire terminare, divenire inattivo, inutile, ecc. E poiché «
finché non siano passati i cieli e la terra, neppure un iota o un apice della
legge passerà, che tutto non sia compiuto » (Matteo 5:18), è chiaro che la
Profezia non cesserà finché tutto non sarà compiuto, cioè finché non si sarà
realizzata l'ultima profezia, e Cristo « non avrà rimesso il Regno nelle mani
di Dio Padre » e il « Figlio stesso sarà sottoposto a Colui che gli ha
sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti » (1 Corinzi 15 : 24-28).
Questa, secondo la Scrittura, è la fine.
Anche quando parla della fine della Conoscenza, l'apostolo
usa il termine « kartageo ». Naturalmente la conoscenza terrena non avrà alcun
motivo di essere quando davanti ai nostri occhi risplenderà in tutto il suo
fulgore la piena rivelazione di Dio.
Che il tempo della cessazione della Profezia, delle Lingue e
della Conoscenza non arriverà finché non verrà « la fine », è dimostrato dalle
poche parole che seguono alla citazione già fatta. « Poiché — continua
l'apostolo Paolo — noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo ; ma
quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito ».
Naturalmente, con le parole « la perfezione » si deve intendere « la
perfezione dello stato celeste ». Paolo infatti dice ancora : « Poiché ora
vediamo in uno specchio, in modo oscuro ; ma allora vedremo faccia a faccia ; ora
conosciamo in parte ; ma allora conosceremo appieno, come anche sono stato
appieno conosciuto » (1 Corinzi 13 :9, 10, 12). Nessuna spiegazione
all'infuori di questa potrebbe adattarsi al contesto.
Alcuni che si preoccupano più della loro presa dì posizione
o dei loro pregiudizi che della vera interpretazione della Parola di Dio,
vogliono sostenere che quando Paolo usa l'espressione « ciò che è perfetto »,
intende parlare del Nuovo Testamento. Ora — dicono essi — dato che il Canone
delle Scritture del Nuovo Testamento è chiuso da tempo, è finita anche la
necessità e l'utilità di altre rivelazioni ; è cessato quindi anche il Dono
delle Lingue ».
Ma il testo è chiarissimo : l'espressione « quando la
perfezione sarà venuta » indica il tempo in cui noi vedremo faccia a faccia ;
quando « conosceremo e saremo conosciuti ». Evidentemente son parole che
possono farci pensare solo allo stato celeste. Solo in quello stato benedetto
avremo la possibilità di vedere nostro Signore « faccia a faccia ; solo lì le
cose di questa terra cesseranno di essere per noi oscure. E' necessaria ancora
la Profezia, sono necessarie le Lingue e la Conoscenza. Queste cose non
cesseranno finché non saremo entrati nella Vita, in cui la visione sarà ampia
e luminosa e la comprensione completa.
Unita a questa obiezione, troviamo quasi sempre quella che
vorrebbe che il Dono delle Lingue fosse una cosa del tutto riservata « al tempo
degli apostoli ». La risposta possiamo vederla nel fatto che in nessuna parte
della Bibbia Dio dice di aver ritirato questo Suo Dono, come del resto nessun
altro Dono concesso dalla Sua infinita Bontà. Troviamo invece che « i doni e la
vocazione di Dio sono senza pentimento » (Romani 11 :29). E anche : « Dio ha
costituito nella chiesa primieramente degli apostoli ; in secondo luogo dei
profeti ; in terzo luogo dei dottori ; poi, i miracoli ; poi i doni di
guarigioni, le assistenze, i doni di governo, la diversità di lingue » (1 Corinzi
12:28).
Ora, se Dio ha posto questi Doni nella Chiesa, prima che si
possa affermare che Egli li ha ritirati, dobbiamo esaminare le Scritture e
trovare qualcosa che lo faccia pensare. L'obbligo della prova, in questo caso,
sta in chi osa avanzare questa obiezione. Porti un solo passo della Bibbia dal
quale si possa ricavare che Dio ha ritirato i doni che aveva fatto alla Sua
Chiesa. Finché non avremo visto un passo simile, non potremo affermare che il
Dono delle Lingue fosse qualcosa riservata al tempo degli apostoli.
Il peso dell'evidenza è tutto dalla parte nostra. Il Dono
soprannaturale delle Lingue, non è dunque cessato dopo l'età degli apostoli,
ma è costantemente apparso in tutti i tempi della storia della Chiesa.
Comprenderemo meglio questo punto se dedicheremo un po' della nostra
attenzione ad esaminare i fatti che la storia ci offre. Questo varrà certamente
di più che la semplice affermazione della loro esistenza.
(5) Il dono delle
Lingue nella Storia
In questo capitolo ci proponiamo di rilevare, nella storia
della Chiesa, tutti quei fatti che dimostrino chiaramente come questo Dono di
Dio sia stato concesso, di tempo in tempo, durante tutta la Dispensazione del
Vangelo.
Non è necessario che torniamo a ricordare la sua apparizione
nella Chiesa primitiva; su questo punto le Scritture sono molto chiare e noi ne
abbiamo parlato a sufficienza. Conybeare e Howson, due grandi studiosi di storia
ecclesiastica, notano che I1 Dono delle Lingue « fu effetto di un impulso
improvviso della ispirazione soprannaturale che prendeva i credenti subito dopo
il Battesimo nello Sipirito Santo; esso si verificava ad intervalli nella
storia della Chiesa di Cristo ». E aggiungono: « In questo stato d'estasi meravigliosa,
il credente era spinto da una forza irresistibile a manifestare i suoi
sentimenti di amore e gratitudine con parole, che non erano parole sue; uscivano
dalle sue labbra ma non appartenevano al bagaglio delle sue conoscenze; spesso
non capiva neppure il significato di quello che veniva dicendo sotto l'unzione
dello Spirito ».
Un altro storico della Chiesa scrive: « Trascinato dallo
Spirito Santo, dimenticando il mondo e se stesso, rapito in un immediato
godimento della Divinità, chi si esprime in « altre lingue » comunica ad altri
qualcosa dei misteri divini; canta la lode di Dio; Lo ringrazia per le opere
meravigliose del Suo amore eterno ». Chi non è in uno stato d'estasi come iI
credente che ha ottenuto questo Dono, potrà comprendere le espressioni che
escono dalle sue labbra; sono espressioni solenni, toni misteriosi, voci
provenienti da un mondo soprannaturale, celeste ».
Crisostomo, che visse alla fine del quarto secolo, era nato
ad Antiochia nel 354 e fu famoso sia come predicatore che come studioso dei
fatti della Chiesa. Due anni prima della fine del secolo in cui visse, divenne
patriarca di Costantinopoli. In uno dei suoi numerosi scritti diceva: « Al tempo
degli apostoli, tutti quelli che venivano battezzati parlavano in « lingue
nuove », perché venendo essi dal mondo pagano e dagli idoli e non avendo una
netta conoscenza delle antiche Scritture, ricevevano direttamente lo Spirito
Santo. Questo non vuol dire che vedevano lo Spirito Santo: Egli è invisibile.
Era la grazia divina che concedeva ad essi delle prove evidenti che servivano
da conferma alla presenza e potenza dello Spirito che era sceso in loro. Uno
parlava in Persiano, uno in Latino, un altro usava lingue dell'India, e così
di seguito. Tutto questo serviva a dimostrare che non parlavano essi, ma lo
Spirito che era disceso in loro. Per questo rjapostolo Paolo chiama ciò «
manifestazione dello Spirito data a ciascuno per l'utile comune » (1 Corinzi
12:7) ».
Ed ecco anche la testimonianza di Ireneo, che nacque
nell'Asia Minore, nel 115 dopo Cristo. Egli divenne poi vescovo di Lione in
Francia.
Era discepolo di Policarpo, il quale a sua volta era stato
discepolo dell'apostolo Giovanni. In uno dei suoi scritti, Ireneo si esprime
così: « Nelle nostre chiese molti fratelli hanno il Dono della Profezia. Per
mezzo dello Spirito Santo, molti parlano lingue nuove ». E Tischendorf, lo
scopritore del codice Sinaitico, mette sulle labbra dell'uomo di Dio queste
parole: « Altri disprezzano i Doni dello Spirito Santo che, durante questi
ultimi tempi, sono stati concessi a molti dei nostri fratelli. Dei quattro
vangeli essi non vogliono ammettere quello di Giovanni perché contiene la
promessa esplicita del Consolatore. In questo modo essi rifiutano il Vangelo e
lo Spirito profetico ».
L'età che viene subito dopo quella degli apostoli è stata
detta « età dei miracoli » per il numero grandissimo di questi che ci viene
riferito dagli storici.
Nella storia di Eusebio, opera terminata nel 324 o al
principio del 325, per esempio, leggiamo che Papia, uomo vissuto nei primi anni
del secondo secolo, in una data circostanza si recò a trovare il diacono
Filippo e la sua figliola a Gerapoli. Lì apprese cose molto straordinarie. Tra
le altre riferisce di aver saputo della resurrezione di un morto e del fatto accaduto
a Giusto, il quale non ebbe alcun danno, pur avendo bevuto un veleno
potentissimo. Si tratta del Giusto di cui parlano gli Atti.
Giovanni Wesley, in una lettera al Rev. Dr. Coniers datata 4
gennaio 1748-9, difende le manifestazioni soprannaturali della potenza divina
che si ebbero tra i primi Metodisti. Egli dimostra che Doni miracolosi si erano
avuti già nel terzo secolo della Chiesa. La ragione per cui questi Doni meravigliosi
si erano fatti sempre più rari, dice egli, va ricercata nel fatto che la
Chiesa, divenuta ricca e favorita dalle autorità civili, si era fatta ogni
giorno più mondana. E questa non la dà come una sua opinione personale: si
appella a Girolamo, il quale attribuiva 1' impoverimento spirituale della
Chiesa ai favori e alle ricchezze che questa aveva ottenuto e 'la potenza terrena,
diminuivano in essa la purezza e la fede. Egli cita anche il grande Crisostomo
e riferisce le sue parole: « Ci sono alcuni — scrive questo padre della Chiesa
— che si chiedono come mai oggi non si verificano più i miracoli che avvenivano
nei primi tempi del cristianesimo; come mai non assistiamo a resurrezione di
morti o a guarigioni miracolose. La risposta è molto semplice: tutto dipende
dalla mancanza di fede da parte dei credenti. Oggi c'è poca religione; poca
consacrazione al Signore ».
Wesley cita anche la testimonianza di Giustino martire, il
quale scriveva appena una cinquantina di anni dopo la morte degli apostoli.
Anche di lui riferiamo le parole testuali: « Fino ai giorni nostri, — dice — in
mezzo a noi, ci sono stati i Doni dello Spirito Santo. Avresti potuto vedere
uomini e donne che si servivano liberamente di questi Doni meravigliosi che lo
Spirito aveva loro concesso ». In particolare, egli parla della « facoltà di
cacciare i demoni ». Ne parla come di qualcosa che egli ha potuto vedere con i
propri occhi e anche altri potrebbero testimoniare.
Ireneo, che scrive qualche tempo dopo, afferma « che tutti i
veri discepoli di Gesù potevano operare miracoli nel Suo nome. Alcuni
scacciavano demoni; altri avevano visioni e prevedevano il futuro ; altri
guarivano i malati ». Riguardo alla resurrezione di alcuni diceva: « Questo è
avvenuto e più volte, dopo grandi preghiere e digiuni da parte di tutta la
Chiesa. Noi abbiamo udito molti parlare in lingue diverse ed esporre i misteri
di Dio ».
Teofilo, vescovo di Antiochia, parla della facoltà di
cacciare i demoni, come di una cosa comunissima ai suoi tempi.
Tertulliano, che visse alla fine del secondo secolo della
Chiesa, sfidava i giudici pagani a chiamare davanti al tribunale persone
possedute dai demoni. Se il diavolo, dietro il comando di un cristiano, non
avesse confessato di essere tale o si fosse proclamato in qualche modo
indipendente da Dio, essi avrebbero avuto il diritto di uccidere quel
cristiano.
Minuzio Felice, che, come pare, ha scritto al principio del
terzo secolo, si volge ad amici pagani e dice: « La maggior parte di voi sa
quale confessione facciano i demoni, quando vengono scacciati dai corpi di cui
si sono impossessati ».
Origene, ancora dopo Minuzio Felice, afferma che anche al
tempo suo erano evidenti le manifestazioni dello Spirito Santo: « I cristiani —
dice — scacciano i demoni, operando miracoli di guarigioni, predicono cose che
debbono ancora accadere. Molti sono stati convertiti al cristianesimo proprio
da queste cose. Con i miei occhi ho visto molti casi di questo genere ». E in
altro luogo dice anche più esplicitamente: « I segni dello Spirito Santo si
ebbero al principio degli insegnamenti di Gesù; poi tornarono a ripetersi dopo
la Sua gloriosa ascensione. In seguito questi segni si attenuarono, ma anche ai
nostri giorni possiamo vedere qualcosa del genere. Non mancano dei credenti che
anche oggi posseggono questi Doni dello Spirito. La loro anima è purificata
dalla Parola di Dio e la loro vita è del tutto conforme ad esso... Alcuni hanno
il potere di guarire i malati. Io stesso ho visto molti guariti da malattie che
avevano colpito i loro sensi; da malattie mentali e da ogni specie di male che
né uomo né spiriti maligni avevano potuto guarire. E tutto questo è avvenuto
non in virtù di cognizioni umane o di arti magiche, ma solo per mezzo della
preghiera; con semplici invocazioni da parte del cristiano. E in genere sono
uomini semplici che operano queste meraviglie di Dio ».
Cipriano scrive verso la metà del terzo secolo, e anche lui
dice che oltre alle visioni notturne, si avevano anche delle visioni in pieno
giorno: « Bambini innocenti — dice — sono ripieni di Spirito Santo, e in estasi
davanti a Dio, vedono e odono cose che essi riferiscono, perché Dio si compiace
avvertirci e istruirci per mezzo di quelle ». Anche lui, in più luoghi dei suoi
scritti, accenna al fatto che i demoni lasciavano i corpi posseduti dietro il
comando del cristiano. Diceva che i demoni erano scacciati « sia che uscivano
immediatamente, sia che lo facessero a poco a poco, secondo la fede del malato
o la grazia di chi operava il miracolo ».
Arnobio, che si pensa abbia scritto nell'anno di Cristo 303,
dice: « Anche adesso Cristo appare ad uomini senza macchia o eminentemente
santificati, che Lo amano. Basta il nome di questi per mettere in fuga i demoni;
smascherare i falsi profeti; togliere ogni potere ai prestigiatori; rendere
vane le arti di maghi arroganti ».
Lattanzio, che scrisse quasi nello stesso tempo, parlando
degli spiriti maligni, dice: « Scongiurati dai cristiani, essi si allontanano
dai corpi degli uomini; confessano apertamente di essere demoni e spesso dicono
anche il loro nome, nome che alle volte è quello sotto il quale sono adorati
dai pagani ».
Verso il 171-72, Montano, nativo della Frigia, dette inizio
a quel Movimento religioso che poi prese il nome da lui e venne detto da
alcuni « Risveglio Montanista » e da altri « Eresia Montanista ». Il Movimento
si distinse in modo particolare per le sue severissime prescrizioni di vita e
per la pretesa alla ispirazione dello Spirito Santo.
Si ebbero certo delle esagerazioni da parte di alcuni
Montanisti, ma non possiamo dubitare che il Movimento aspirava a far rivivere
la fede dei primi tempi della Chiesa, fede che cominciava già ad illanguidirsi.
Esso voleva purgare la Chiesa dalla incipiente sua mondanità.
Commentando il capitolo 14 della 1 Corinzi, Dean F.W. Farrar
dice
« Forse il termine "altra" che troviamo
nell'espressione parlare in altra lingua, ha fatto sorgere la teoria così
strana e antistorica di quelli che considerano il Dono delle Lingue come la
capacità di parlare lingue straniere, dato che il più delle volte chi parla in
altra lingua non capisce una sola parola di quello che dice. Ma tutto il
capitolo non fa che mostrarci la stretta analogia tra il fatto di parlar in
altra lingua e i soliloqui ardenti, estatici, i suoni inarticolati, che tra i
Montanisti e tra i moderni Irvingiti servono ad esprimere la grande commozione
interna dell'anima.
Montano diceva che lo spirito umano è come un'arpa
meravigliosa che lo Spirito di Dio suona con una « plettro divino ». Essa
spesso si abbandona alla potente mano di Colui che fa vibrare le sue corde.
Noi abbiamo visto che i sintomi esterni potrebbero essere imitati con risultati
dannosi e riprovevoli sia per chi parla che per gli altri, ma quando
l'espressione è sincera, il fatto che le ondate dello Spirito possano
attraversare gli stretti canali dei singoli individui è in se stesso un segno
che lo spirito dell'uomo è vivo e non morto; è una prova della potenza di Dio
sia per chi possiede il Dono delle Lingue che per gli altri ».
Nel « Giornale » di John Wesley leggiamo il suo parere su
Montano e il suo Movimento.
« Mercoledì, 15 agosto 1750. Riflettendo su di un vecchio
libro che è capitato sotto i miei occhi e che ha per titolo "Generale Delusione
dei Cristiani riguardo alla Profezia", sono rimasto pienamente convinto
di quel che già da tempo pensavo, cioè, che i Montanisti del secondo
e terzo secolo possono essere considerati dei veri cristiani
secondo la Bibbia, e che la vera ragione per cui dalla Chiesa sono scomparsi
quasi del tutto i Doni miracolosi non va ricercata solo nel fatto che si siano
presto affievolite la santità e la fede, ma anche nel fatto che uomini aridi,
formalisti e schiavi della ortodossia, avevano cominciato a mettere in dubbio
ed anche a ridicolizzare i Doni che essi non possedevano. Sono arrivati addirittura
a considerare come pazzia o inganno questi Doni divini ».
Tertulliano, figlio di un centurione pagano, nacque a
Cartagena nel 160. Egli abbracciò le idee e i sentimenti dei Montanisti verso
il 200. Nei suoi scritti parla dei Doni spirituali, compreso il Dono delle
Lingue, come di cose ancora presenti nel Movimento montanista al quale aveva
aderito.
Nel « De anima », una delle sue numerosissime opere, egli
scrive :
« Oggi, abbiamo in mezzo a noi una sorella che ha ricevuto
Doni (carismi) di rivelazione. Ella manifesta questi Doni nella Chiesa, durante
la celebrazione del Giorno del Signore, cadendo in estasi. Conversa con gli
angeli e alle volte anche con il Signore. Vede e ascolta i divini misteri.
Legge i cuori delle persone e porta salute e guarigione a quelli che chiedono a
lei queste cose ».
Giustino Martire, nato nel 114 e convertito a ventitre anni,
nell'ultima parte della sua vita scrisse un libro contro i Giudei. In esso
egli si assume la difesa del cristianesimo prendendo gli argomenti dalle
antiche profezie e dalle figure del Cristo che sono nel Vecchio Testamento. In
una sua controversia con il giudeo Trifone, scrive: « Se volete la prova che lo
Spirito di Dio, una volta con voi, vi ha lasciato per venire con noi
cristiani, venite alle nostre assemblee. Qui vedrete cacciare i demoni,
guarire i malati, parlare in altre lingue e profetizzare ».
Nel secolo quarto abbiamo la testimonianza di Agostino, che
prima della sua conversione aveva vissuto una vita pagana e dissoluta, ma dopo
il battesimo dell'anno 387, era divenuto infaticabile predicatore del Vangelo.
Egli scrisse moltissimo contro il vizio e l'errore; cercò in tutti i modi d'infondere
nuova vita e nuova spiritualità nelle chiese cristiane del suo tempo. « Anche
oggi — scriveva — noi facciamo quel che facevano gli apostoli quando imponevano
le mani sui Samaritani e invocavano su loro lo Spirito Santo. Anche noi ci
attendiamo che i nuovi battezzati parlino in altre lingue ».
Verso la fine del secolo ottavo e il principio del nono,
Carlo Magno, imperatore dei Franchi, chiese il parere di molti vescovi per
sapere se Cristo e i credenti avevano ricevuto gli stessi Doni dello Spirito
Santo. Le risposte che ricevettero dicevano che Cristo aveva avuto Tutti i
Doni, mentre i credenti ricevevano ciascuno il proprio Dono. L'imperatore restò
insoddisfatto di qeste risposte e volle che si scrivesse un trattato per
dimostrare che Cristo ebbe Tutti i Doni dello Spirito, contemporaneamente ed
in perpetuo, mentre i credenti possono ottenerli ugualmente tutti, ma in modo
temporaneo e in grado diverso.
L'Enciclopedia Britannica afferma che la « glossolalia »,
cioè il potere di parlare in altra lingua, si è sempre verificato nei Risvegli
spirituali che si sono avuti nella Chiesa di Cristo. Si vide questo, per
esempio, tra i frati mendicanti del secolo tredicesimo, tra i Giansenisti, i
Primi Quacqueri, tra i Convertiti di Wesley e Whitefield, tra i Protestanti
delle Cevennes, gli Irvingiti e nei Risvegli del Galles e dell'America.
Nel secolo dodicesimo appervero delle piccole comunità
cristiane, composte principalmente da poveri ed operai. Esse si distinguevano
nettamente dalla chiesa cattolica dominante. Possedevano la versione manoscritta
del Vecchio e Nuovo Testamento, che mandavano a memoria. Furono detti Valdesi.
Diffondevano la loro fede andando in giro a vendere della merce. Se gli
chiedevano : « Avete qualche altra cosa da vendere »? Essi rispondevano : «
Certo ! Abbiamo una cosa preziosissima ; dei gioielli che valgono molto di più
di quanto vi abbiamo offerto. Ve li regaleremo questi gioielli, ma dovete
promettere di non tradirci ». Una volta assicuratisi il silenzio, tiravano
fuori la Bibbia manoscritta nella versione del Romaunt, e leggevano i passi
più adatti. « Sono gemme illuminate da Dio — dicevano — esse hanno il potere di
accendere il Suo amore nel cuore di quanti fanno acquisto di queste gemme
divine ».
Questi veri discepoli di Cristo si diffusero per tutta
Europa e in modo particolare si attendarono nelle vicinanze delle Alpi. Contro
di essi si scagliò la reazione cattolica. Gli sforzi per eliminare questi
credenti dalla faccia della terra e per spegnere quella luce che essi cercavano
invano di accendere non ebbero molto successo. Ci vollero più di trecento anni
per bruciare, uccidere, distruggere questi uomini davvero coraggiosi. Per quanto
violente le persecuzioni e terribili le torture alle quali essi vennero sottoposti,
anche oggi esistono qua e là forti nuclei che tentano di tenere accesa la
fiaccola della loro fede. Uno dei nemici così li descrisse nel secolo dodicesimo
: « Vestono pelli di animali. Non si servono affatto del lino. Abitano in
povere capanne fatte di sassi e creta. Mettono in comune il loro bestiame ed
hanno in comune le grandi caverne nelle quali si nascondono quando sono
perseguitati per la loro eresia. Sebbene poverissimi, essi sono sempre vivaci e
allegri ; vivono quasi del tutto separati dagli altri uomini. Sebbene
esternamente tanto selvaggi e incolti, tutti sanno leggere e scrivere ; a
stento troveresti in mezzo a loro un ragazzo che non sappia spiegare intelligentemente
la fede che essi professano ».
In mezzo a questi perseguitati ma sinceri credenti c'erano
molti che parlavano in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro
d'esprimersi.
Nel secolo sedicesimo abbiamo la testimonianza di Martin
Lutero. Secondo Souer, Martin Lutero era profeta, evangelista, uomo dotato del
Dono delle Lingue e della Interpretazione. Egli aveva ricevuto da Dio tutti i
Doni dello Spirito.
Anche tra gli Ugonotti di Francia i Doni soprannaturali,
compreso il Dono delle Lingue, erano abbastanza comuni. Quando Luigi XIV
revocò, nel 1685, l'Editto di Nantes, che aveva concesso ai Protestanti libertà
di culto, ci fu il tentativo di riportare gli Ugonotti nella Chiesa Cattolica
Romana. Guidati da Jean Cavalier, un commesso fornaio di appena 17 anni, molti
fecero resistenza. Si calcolano un 600.000 gli Ugonotti che, nei venti anni
che seguirono la revoca dell'Editto, lasciarono la Francia per amore della loro
fede.
A migliaia furono uccisi. Nelle Cevennes Superiori circa 466
villaggi furono rasi al suolo. Non furono risparmiati neppure le donne e i
bambini. Mentre fuggivano e si nascondevano nelle grotte e caverne, Dio era con
loro, e lo Spirito Santo manifestò potentemente la Sua potenza soprannaturale.
Di questi fatti abbiamo la registrazione sia da parte dei loro nemici che dei
loro amici. Tutti affermano che in mezzo ad essi c'era il Dono della Profezia
e alcuni parlavano altre lingue.
Tra i Camisardi, detti anche Evangelisti delle Cevennes, si
ebbe un gran Risveglio spirituale all'inizio del secolo diciottesimo, e il Dono
delle Lingue, assieme agli altri Doni, fu molto conosciuto. Di questo Movimento
abbiamo un lungo « Racconto », scritto in tedesco. Il titolo stesso è molto
significativo : « I Risvegli delle Cevennes e i Doni straordinari dello Spirito
».
« In questo luogo — dice il racconto — durante le funzioni
religiose, appariva un dono straordinario ; si assisteva ad un insegnamento
profetico. Bambini ed adulti si levavano a predicare e tenevano discorsi pieni
di unzione divina, mentre i loro corpi erano scossi da una potenza invisibile.
Questo Dono aveva una grande forza sugli altri. Molti venivano attirati da
essa e la loro comunità cresceva costantemente. Le autorità della chiesa volevano
correre ai ripari ; anche i poteri civili cercavano di ostacolare quel movimento,
ma la prigione, i tormenti e la morte stessa non riuscirono a fermarlo ».
Nella sua « Storia della Chiesa Cristiana », Filippo Schaff
nota che il fenomeno delle lingue riappare di tanto in tanto nella Chiesa ;
esso è evidente tutte le volte che si verifica un qualche Risveglio
spirituale. Ci fu tra i Camisardi, tra i Profeti delle Cevennes in Francia, tra
i primi i Quacqueri e i metodisti, ecc. Riguardo al Dono delle Lingue, dice : «
Il parlare in altre lingue, o in lingue nuove, o semplicemente in lingue, che
il Signore poco prima della Sua gloriosa Ascensione promise espressamente ai
discepoli (vedi Marco 16 :17) sta ad indicare, nella sua prima apparizione,
quell' atto creativo dello Spirito Santo, col quale Egli sorpassa i limiti
della natura e, per così dire, prende saldo possesso della mente umana ;
consacra a Dio solennemente il linguaggio dell'uomo e ne fa organo
meraviglioso del Vangelo. Come in genere l'interno e l'esterno, l'anima e il
corpo, il pensiero e l'espressione sono intimamente legati tra loro, così qui
il nuovo spirito si crea un nuovo linguaggio. Il parlare in lingue però non
deve essere considerato un fatto limitato al Giorno della Pentecoste ... noi
possiamo vedere tracce di esso anche nel secondo e terzo secolo del
cristianesimo, anzi, se possiamo dar credito ai racconti della Chiesa
Cattolica, dobbiamo dire che anche nei secoli successivi essi siano apparsi in
mezzo ai credenti ».
In una nota di fondo pagina, egli aggiunge a quanto ha già
affermato : « Dobbiamo esser cauti nel formare il nostro giudizio sui miracoli
riferiti da scrittori cattolici, ma non possiamo fare a meno di ricordare
quanto si dice di alcune figure importanti di questa chiesa. Dello spagnolo
Vincenzo Ferrer si dice che abbia predicato ai Giudei, Mussulmani e Cristiani
e che abbia condotto a Cristo un numero grandissimo di ascoltatori proprio per
mezzo del miracoloso Dono delle Lingue. Si dice che mediante lo stesso Dono
Luigi Beltrami, in soli tre anni, abbia convertito 10.000 indiani delle diverse
tribù e lingue dell'America Latina. Il famoso missionario Francesco Saverio,
sembra che, almeno in particolari occasioni, abbia dimostrato di possedere il
Dono delle Lingue » servendosi di linguaggi a lui sconosciuti.
In altra nota dice ancora : « I grandi Movimenti della
storia sono stati iniziati tutti da uomini potentemente dotati. In essi erano
raccolte armonicamente tutte le energie mentali e spirituali diffuse in mezzo
agli uomini della loro età ». Riguardo alla presenza reale di questi Doni dello
Spirito, sembra procedere tra il predominante punto di vista che i carismi o
doni spirituali fossero un ornamento temporaneo del periodo degli apostoli,
cioè qualcosa che doveva abbellire la veste della giovane Sposa e che sarebbe
scomparso col tempo, e l'opinione dei Montanisti, Irvingiti ed altri che consideravano
i Doni del tempo degli apostoli come qualcosa di necessario o meglio come
condizione indispensabile per un salutare stato della Chiesa di tutti i tempi.
Egli ammette che appena il paganesimo imperante penetrò
nella chiesa, i carismi che più avevano del miracoloso cominciarono a farsi
sempre più rari e, verso il secolo quarto quasi non si ha più traccia di loro.
Tuttavia riconosce che essi non cessarono mai del tutto : nei momenti di
grandi Risvegli spirituali e nelle grandi effusioni della potenza dello
Spirito, di tanto in tanto, assistiamo a fenomeni simili a quelli che si erano
verificati nel primo secolo del cristianesimo.
Secondo quanto riferito nell'Enciclopedia Britannica,
Voltaire parlando dei Camisardi diceva che persone ispirate di questo
Movimento, in alcuni casi, parlavano anche per ore nel buon francese della
Bibbia Ugunotta, ma cessata la divina ispirazione, essi tornavano a esprimersi
nel loro dialetto, unica lingua che conoscevano.
Anche tra i Covenardi della Scozia si videro molti Doni
dello Spirito Santo ; tra gli altri troviamo spesso quello della Profezia. Nel
« The Scots Worties » è registrato un fatto importante preso dalla vita di
Giovanni Knox.
Giovanni Knox era un uomo che nella preghiera combatteva
fortemente con Dio e, come il forte guerriero, per solito vinceva. La stessa
regina reggente rese testimonianza a questa forza spirituale dicendo che aveva
più paura delle preghiere dell'uomo di Dio che di un esercito di 10.000
uomini. Nella sua predicazione era di una efficacia straordinaria. Molto
spesso essa conteneva delle predizioni che poi si avveravano esattamente. Un
esempio di queste predizioni l'abbiamo quando egli era chiuso nel Castello di
S. Andrea e predisse nei minimi particolari come sarebbe avvenuta la resa
della guarnigione e la liberazione dalle Galee francesi.
Nello stesso « Racconto » troviamo accennata l'esperienza
spirituale fatta da John Welsh, altro noto dirigente dei Covenerdi, esperienza
che ci richiama alla mente il Dono delle Lingue. John Welsh era un uomo di grande
preghiera. Era solito porre sulle coperte della camera da letto un « plaid
scozzese » col quale quando si levava in piena notte per le sue preghiere, si
ricopriva alla meglio e restava così per ore ed ore. Soleva dire che la giornata
non avrebbe avuto per lui alcun valore se non avesse dedicato alla preghiera
sette o otto ore di essa.
Dopo altri dettagli della vita di questo grande servo del
Signore, il racconto passa a riferire un fatto davvero meraviglioso. E' un
pastore degno di tutta la nostra fiducia che parla : « Per molti giorni sono
stato suo ospite, dice. Una sera tardi, mentre Welsh era in preghiera nel suo
giardino, vennero degli amici che dovevano parlare con lui. Lo attesero per
qualche tempo, ma vedendo che tardava molto, cominciarono a dar segni d'impazienza.
Uno di essi si affacciò alla finestra che metteva proprio nel giardino dove era
John Welsh. Al suo sguardo si presentò uno spettacolo meraviglioso : John
aveva attorno alla sua persona una grande aureola di luce. Egli passeggiava
rapito in un'estasi celeste. Dalle sue labbra uscivano parole strane ma che
esprimevano tutta la gioia spirituale della sua anima.
L'Enciclopedia delle Religioni e dei Costumi di Hasting
parlando di questo Dono delle Lingue, dice : « Possiamo dire che il Dono delle
Lingue sia una specie di estasi divina concessa al credente. In essa, come
avveniva nei Montanisti, Giansenisti, Quacqueri e nei Risvegli del secolo
diciottesimo, vediamo un improvviso destarsi della spiritualità assopita, una
commozione intensa causata dal timore che afferra l'anima del cristiano, ed una
specie di rapimento gioioso. Jonathan Edwards parla di « straordinaria visione
delle cose divine e dei sentimenti religiosi », visione nuova e intensa che influenza
anche fisicamente il corpo di chi la ottiene. Tutto questo si è verificato nel
Risveglio di Northampton (Mass) nel 1735, e i Diari di Wesley e Whitefield sono
pieni di testimonianze relative agli effetti fisici provocati dalla loro
predicazione.
Col diffondersi poi delle « religioni sperimentali » in
contrapposizione con la « religione ecclesiastica », dal tempo della Riforma
c'è stato un ritorno al pensiero che « l'esperienza estatica » sia opera dello
Spirito Santo, una specie di possessione divina. Tali estasi vennero, in
qualche caso, durante la predicazione dei primi Amici, in Inghilterra nel
secolo diciassettesimo, e furono interpretate come manifestazione della potenza
di Dio. Le stesse estasi si ebbero nei Risvegli Scozzesi-Irlandesi nel
Kentucky del 1800-03 e nel Risveglio di Ulster del 1859.
I Quacqueri ebbero questo nome, secondo quanto afferma
Robert Barclay, dal tremore che prendeva gli Amici quando erano sotto l'azione
potente dello Spirito Santo. Nella sua opera « Il Grande Mistero », Giorgio
Fox accetta la parola « tremolanti », dicendo che era stata Justice Bennett a
servirsi per prima di questo termine, « sebbene — dice lui — la potenza del Signore
Dio era stata conosciuta già molto tempo prima ». « Ci dicono tremolanti —
afferma Fox — e noi tremiamo e ci scuotiamo davvero, per quanto dagli altri
questi termini vengano usati con scherno e ridicolo ».
Nella vita di Giorgio Fox troviamo molti casi di guarigioni
istantanee. Si ebbero guarigioni sulla sua persona e su quelle di altri che si
rivolsero a lui. Nel 1652, per esempio, un selvaggio lo colpì duramente al
braccio con un nodoso bastone. Il colpo fu così terribile che il braccio e la mano
caddero penzoloni ed inerti. La gente si mise a gridare che gli aveva spezzato
il braccio e che non avrebbe potuto più servirsi di esso. Fox invece, come
racconta lui stesso, guardò con amore in Dio quel povero arto ormai inutile, e
dopo qualche istante sentì rifiorire in esso vigore e vita e poté sollevarlo e
servirsene davanti a tutti, come se niente fosse accaduto.
Il Signore si servì di lui e più volte per donare la
guarigione ad altri. Viene ricordato il caso di un povero ragazzo deforme che
egli guarì a Hawkshead, imponendo le mani su lui e dicendo solo alcune parole.
Parlando dell'accoglienza ricevuta dal messaggio dei
Quacqueri nell'Inghilterra occidentale, Braithwaite dice : « Nella storia di
questo Movimento non c'è nulla che abbia maggior carattere pentecostale di quel
che accadde a Bristol nei primi tempi dell'opera. Qui, il 10 settembre 1654,
due quacqueri, Camm e Audland, predicavano in una riunione all'aperto. Dopo che
ebbe parlato Camm, si levò a parlare Audland. " Tutte le parti del mio
corpo — dice egli — erano prese da un forte tremore. Mi sentivo stordito e
barcollante come un ubriaco. Ero spinto a gridare come una donna in travaglio
". Uno dei presenti, Charles Marshall, ci dice che egli era lì, in piedi,
col volto circonfuso da una grande luce ma pieno di terrore. Era trasfigurato.
La sua voce tuonò come una tromba potente : « Io dichiaro guerra al peccato, a
quelli che sono perduti, ai separati da Dio e proclamo questo ai quattro venti
». Queste parole caddero in mezzo alla folla atterrita. Egli seguitò a parlare
nella potenza di Dio Onnipotente spalancando a tutti la via alla vita. Quale
raccolta di anime ! quanti cuori furono conquistati ! Alcuni caddero a terra
sotto il peso della convinzione, altri gridavano terrorizzati vedendo apertamente
il loro stato interiore e spirituale. Si provava quanto era avvenuto una volta
al principio (Atti 2 :37). Fu davvero un giorno meraviglioso e degno di essere
tramandato di padre in figlio ».
Il Giansenismo, risveglio religioso verificatosi nel seno
stesso della Chiesa Cattolica, ebbe origine nel secolo diciassettesimo e non è
ancora del tutto spento. Giansenio attaccò direttamente tre mali che egli
vedeva allora nella Chiesa Romana : 1) Contro i teologi, egli disse che nostra
guida doveva essere l'esperienza spirituale dei singoli e non la ragione ;
contro la stolta autosufficienza dei moralisti, sostenne la miseria della
natura umana e il bisogno dell'uomo di Dio ; contro i cerimonialisti e formalisti,
dichiarò che la salvezza spirituale non dipende affatto dal numero delle volte
che una persona va in chiesa, ma dall'amore che porta a Dio, da quell'amore
che deve essere in fondo al cuore del credente. Egli credeva nella conversione.
Dopo un'interminabile serie di persecuzioni da parte dei Gesuiti, che erano
decisi ad eliminare dalla chiesa questo Movimento, anche quando esso sembrava
ormai agli ultimi aneliti, il Giansenismo esplose di nuovo sotto una nuova
forma : «Credere nel miracolo materiale — dicevano — è lo stesso che credere
nella morale ; ... dal miracolo alla profezia apocalittica e al parlare in
lingue, c'è un solo passo ».
Al tempo di Wesley il Dono delle Lingue riapparve
evidentemente come effetto del vivo Risveglio spirituale della fede e vita
apostolica. Il Giornale di Wesley contiene una nota chiarissima
sull'apparizione di questo Dono divino in mezzo alle comunità di York e di
Londra.
Nel Diario di Thomas Walsh, uno dei più famosi e importanti
predicatori di Wesley, in data 8 marzo 1750, leggiamo : « Questa mattina il Signore,
sollevando in modo meraviglioso la mia anima a Lui, mi ha dato un linguaggio
che io non conoscevo ».
La breve corsa attraverso la storia per vedere le diverse e
continue apparizioni del Dono delle Lingue non potrebbe dirsi completa se non
facessimo almeno un accenno al Movimento degli Irvingiti del secolo passato.
Nel 1830 Edward Irving, ministro presbiteriano in quel tempo in servizio pastorale
presso la National Scotch Church of Regent Square, ebbe una nuova visione delle
cose spirituali, una speranza nuova per il tempo in cui viveva, mediante un
reale risveglio dei Doni apostolici della profezia e delle guarigioni che egli
fin dal 1828 aveva creduto essere quasi scomparsi per mancanza di fede. Tutto
questo avveniva in un remoto angolo della Scozia.
Il Risveglio al quale accenniamo cominciò da Miss Mary
Campbell, residente in una piccola città scozzese. Questa donna nel marzo 1830
ebbe da Dio il Dono delle Lingue. Allora era affetta da Tubercolosi, malattia
dalla quale fu guarita non molto tempo dopo. Non passò molto che due fratelli,
James e George MacDonald, domiciliati a Port Glasgow, sulla riva opposta del
Clyde, ebbero lo stesso Dono.
Ecco come racconta i fatti uno della famiglia MacDonald : «
Da molti giorni mia sorella stava tanto male che credevano tutti che morisse.
Non lasciava più il letto. La Signora... ed io eravamo vicino a lei, quando su
mia sorella scese la potenza dello Spirito. "Oggi — disse ella — ci sarà
una potente effusione dello Spirito Santo" e cominciò a magnificare le
opere meravigliose di Dio. Come se la sua infinita debolezza fosse del tutto
scomparsa, nella potenza dello Spirito Santo, continuò a parlare con appena
qualche piccola interruzione per due o tre ore. Dalle sue labbra uscivano
preghiere, lodi a Dio, esortazioni. All'ora di pranzo vennero, come al solito,
James e George. Ella si rivolse a loro con grande entusiasmo, concludendo con
una fervida preghiera per James, affinché egli fosse rivestito della potenza dello
Spirito Santo. Quasi immediatamente e con calma solenne, James disse : "
Io ho già questa potenza". Andò verso la finestra e stette un minuto o
due. Lo osservai e sentii dentro di me una specie di terrore : nel suo aspetto
stava avvenendo un cambiamento strano ; tutto il suo essere si trasformava. Con
un incedere ed un modo di fare solenne e maestoso si avvicinò poi al letto di
mia sorella e, rivolgendole le parole del Salmo 20: "Alzati, — disse — e
sta su". Dicendo quelle parole le prese la mano ed ella si alzò. Poi
scendemmo tutti e ci ponemmo a tavola. Dopo mangiato, come al solito, i miei
fratelli si ritirarono nel giardino e lì James scrisse una lettera a Miss Mary
Campbell per comandarle nel nome del Signore di levarsi dal letto e star bene.
Il mattino seguente, dopo colazione, James disse : "Vado al molo per
vedere se viene la Signorina Campbell". Restammo stupiti perché non ci
aveva detto che le aveva scritto e sapevamo che era molto malata. Ella venne
proprio come si aspettava mio fratello e disse di sentirsi proprio bene ».
Nella vita dei MacDonald, scritta da Robert Norton, M. D. e
pubblicata nel 1840, si parla anche dell'altro fratello, cioè di George.
Questi, durante una riunione di preghiera, « improvvisamente cominciò a
parlare in una lingua sconosciuta. James fece altrettanto e in tal modo
cominciò quel parlare in lingue e quel profetare che non è più cessato del
tutto ».
Nel tempo in cui questi due fratelli ricevettero il
battesimo nello Spirito Santo con i segni che lo accompagnano, altri, nella
Scozia, fecero una simile esperienza. Negli « Aneddoti Religiosi Scozzesi »,
editi da William Adamson nel 1893, leggiamo quanto segue : « La devota Miss
Cary Campbell di Gareloch, viveva a Fernicarry e, verso il 1830, andò soggetta
a straordinarie esperienze spirituali che destarono interesse in tutta la
Scozia Occidentale. Ella, assieme a molti altri, credeva che il Dono delle
Lingue e altri Doni dello Spirito dovevano essere concessi alla Chiesa. Una
domenica a sera nel mese di marzo, alla presenza di alcuni amici cominciò a
parlare in modo incomprensibile e strano. Ella pensò che si trattasse del Dono
delle Lingue che era stato concesso ai discepoli il giorno della Pentecoste e
ai cristiani della chiesa di Corinto ».
Edward Irving, sentendo parlare di quel fatto si rallegrò
immensamente e ritenne che si trattasse di un vero risveglio dei Doni
apostolici. Ben presto nella sua chiesa si ebbero simili manifestazioni della
potenza di Dio. In seguito, però, in mezzo a loro si diffuse largamente la
credenza che Cristo sarebbe tornato presto e che proprio quel risveglio di
Doni pentecostali stava ad indicare l'imminenza del Suo ritorno. Questo spinse
i capi ad una decisione non davvero scritturale. Essi nominarono dodici
apostoli con il compito di guidare gli altri. Non stabilirono in che modo
dovesse essere sostituito l'apostolo che fosse venuto meno per qualsiasi
motivo, e così il Movimento Irvingita si avviò al tramonto.
Philip Schaff, in una nota di fondo pagina, fa questo
commento : « Il parlare in lingue in mezzo agli Irvingiti era molto comune. Nei
primi tempi di questo Movimento, almeno in Inghilterra, parlavano una lingua
strana che poteva rassomigliare alla lingua ebraica. Dopo quel parlare strano,
essi continuavano con l'inglese popolare. Uno Svizzero, testimone oculare di
questo fenomeno, dà la seguente interessante descrizione : " Prima di
cominciare a parlare, la persona appare tutta concentrata in se stessa ;
interamente immersa nei suoi pensieri. Gli occhi sono chiusi ; il volto è tra
le mani. All'improvviso, come se fosse colpita da una violenta scarica
elettrica, essa ha convulsioni in tutte le parti del corpo. Passata questa
prima fase, dalle sue labbra escono con impeto travolgente delle parole gravi,
piene di forza. Alle mie orecchie sembrano parole ebraiche che escono da labbra
frementi. Questo ordinariamente si ripeteva tre volte e, come ho già notato,
sempre con grande violenza e durezza d'accento. Questa prima manifestazione
fatta di strani accenti, che era considerata come prova della genuinità della
divina ispirazione, era sempre seguita con un più e meno lungo discorso in
inglese, che spesso era ripetuto parola per parola o frase per frase. Esso
consisteva ora in una pressantissima esortazione, ora in un terribile
avvertimento. Alle volte conteneva anche commoventi parole di comprensione e
conforto ».
L'evidenza della tesi sostenuta in questo capitolo non
sarebbe assoluta, se non si citasse la testimonianza dello storico Gibbon,
che, sebbene non cristiano, afferma : « I Doni soprannaturali che, anche in
questa vita vennero riconosciuti ai cristiani a differenza degli altri uomini
della terra, furono per essi di grande conforto e di sprone a seguitare il
Maestro. Oltre ai prodigi che alle volte si verificarono per una immediata
azione divina che sospese le leggi della natura a beneficio della religiosa,
la chiesa cristiana, dal tempo degli apostoli e dei primi discepoli, ha preteso
di possedere una ininterrotta successione di poteri soprannaturali, il Dono delle
Lingue, le visioni, la profezia, la facoltà di cacciare i demoni, di guarire i
malati e anche di risuscitare i morti.
La conoscenza delle lingue straniere fu concessa spesso ai
contemporanei di Ireneo, mentre lui era lasciato nella grave difficoltà di
battersi coi dialetti barbari della Gallia, quando predicava il Vangelo a quei
popoli. La divina ispirazione, sia quando veniva concessa sotto forma di
visione, sia quando veniva data in sogno, era sempre considerata un favore
divino concesso generosamente ad ogni specie di fedele : uomini, donne,
bambini, ragazzi. Il semplice fedele e il vescovo della chiesa potevano avere
lo stesso Dono dal Cielo. Quando la loro anima era sufficientemente disposta
mediante la preghiera, il digiuno e le veglie, essi ricevevano l'impulso
divino, venivano trasportati fuori dei sensi e nell'estasi veniva loro
consegnato il messaggio ; essi non erano che organi dello Spirito Santo,
proprio come il flauto in bocca di chi lo suona. Potremmo aggiungere che scopo
di queste visioni e rivelazioni era ordinariamente quello di dischiudere il
futuro o consigliare gli uomini della Chiesa... La guarigione miracolosa delle
malattie, anche delle più difficili e inveterate, o di origine misteriosa, non
fa più impressione a nessuno, se si pensa che al tempo di Ireneo, anche la
resurrezione di un morto era considerato un caso del tutto straordinario ».
Da quanto abbiamo detto, dovrebbe essere chiaro adesso,
anche per il lettore più esigente ma senza prevenzioni, che tutte le volte che
si è verificato un risveglio spirituale nella Chiesa di Cristo, si sono viste
manifestazioni soprannaturali dello Spirito Santo. Queste sono state sempre,
come per la Chiesa primitiva, le credenziali divine, per convincere gli uomini
che il messaggio veniva da Dio e che il cristiano parlava a nome Suo e quale
Suo messaggero. « Procacciate dunque la carità, non lasciando però di ricercare
i doni spirituali » ( 1 Corinzì 14 :1).
(6) Il dono delle
Lingue nei Risvegli di oggi
Nell'ultimo capitolo abbiamo tracciato la storia delle
apparizioni del Dono delle Lingue, durante tutto il periodo della Chiesa. Lo
spazio, però, non ci ha permesso di parlare dei Risvegli che si stanno
verificando proprio ai nostri giorni. Ora vorremmo colmare questa lacuna.
Siamo davanti al fatto che tutte le volte che si verifica un
risveglio spirituale, Dio concede alla Chiesa i Suoi « segni apostolici ». Dove
torna a vivere fede e vita apostolica, tornano a manifestarsi i segni
apostolici. E' questo il motivo per cui in tempi diversi ed in luoghi diversi
alcuni hanno ottenuto le benedizioni della Pentecoste. In una conferenza
internazionale tenuta in Inghilterra nel 1885, citiamo un esempio, Mrs Michael
Baxter, vedova del Rev. Michael Baxter, autore del volume « Forty Future
Wonders of Scriptural Profecy » e fondatore del « Christian Herald », assicurò
di poter predicare per quarantacinque minuti in perfetto Tedesco, sebbene non
conoscesse affatto quella lingua, e così fece. Mentre parlava era compresa
benissimo, ed una anima si convertì al Signore. Dopo quel fatto, la donna disse
che il Signore quasi ogni giorno ed anche più di una volta al giorno l'aveva
spinta a parlare a centinaia di persone nella lingua tedesca, sebbene quando
entrava in un negozio per delle spese, non capiva quello che le dicevano né
riusciva a farsi capire.
Qualche anno fa, il defunto Dr. F. B. Meyer si portò in
Estonia per una visita e là trovò alcune comunità Battiste formate tutte da
gente semplice. Egli fece una relazione al « Christian Herald » sull'opera
meravigliosa dello Spirito Santo in mezzo a quella gente. « E' davvero
straordinario il fatto — dice egli — che io ho potuto constatare. Mentre la
chiesa luterana di questa terra sta perdendo il suo fervore primitivo e tende a
sostituire vuote formule e inutili cerimonie alla viva potenza di Cristo, Dio
fa sorgere un nobile devoto, il barone Uxhull, il quale si dà a predicare il
Vangelo nella più assoluta semplicità e rinnova in mezzo a questa umile gente
le meravigliose manifestazioni che si ebbero nella Chiesa nella prima predicazione
del Vangelo di Gesù. Come allora, Dio rende testimonianza al messaggio della
salvezza "con segni e prodigi e doni dello Spirito Santo". E' estremamente
interessante trovarsi in mezzo ad un tale Movimento spirituale. Molto spesso
nelle riunioni religiose dei villaggi ed anche delle città, si ode gente che fa
uso del Dono delle Lingue. Qui a Reval, il pastore della chiesa battista mi
assicura che nelle sue riunioni spesso c'è qualcuno che "si mette a
parlare in lingue". Si tratta spesso di donne e di bambini, ma non mancano
casi di uomini. Quando le loro espressioni vengono interpretate, si vede che si
tratta del Dono delle Lingue, e di lingue che hanno un loro significato :
"Gesù viene" — dicono spesso — "Gesù è vicino". E anche :
"Teniamoci pronti", "Non siamo oziosi". Quando avvengono
questi fatti, se si trovano degli infedeli nelle riunioni, questi si sentono
fortemente scossi ».
Nel 1901 Dio concesse benignamente la visita del Suo Spirito
ad un gruppo di studenti della Scuola Biblica di Topeka nel Kansas U.S.A. In
quella Scuola era stata consacrata al Signore una stanza dei piani più alti
perché servisse come « Torre di Preghiera ». Gli studenti vi facevano turni di
veglia di tre ore ciascuno. Durante il Servizio di Veglia notturno, la benedizione
del cielo venne su quei giovani. Il fatto avvenne così : la sera del 1 gennaio
1901, Miss Agnes Ozman, una delle studentesse del Centro di studio, chiese che
le imponessero le mani perché potesse ricevere il Dono dello Spirito Santo. «
Appena posarono le mani sul mio capo, — racconta — lo Spirito del Signore
venne su me e cominciai a parlare in lingue, glorificando Dio. Parlavo più
lingue e questo fu evidente quando cominciai a servirmi di un nuovo linguaggio.
Ebbi la gioia gloriosa alla quale aspirava il mio cuore ed avvertii la presenza
del Signore in me come mai avevo avvertito prima di allora. Era come se una
fresca sorgerne di acqua viva sgorgasse dal rpofondo del mio essere ».
Presto altri giovani ebbero la stessa brama dei Doni dello
Spirito, e ricevettero lo Spirito Santo con i « segni che lo accompagnano ».
Miss Lilian Thistlewaite scrisse : « Era stata messa da parte una stanza dei
piani superiori perché potessimo raccoglierci ed attendere il Signore ; qui
passavamo tutti i momenti liberi in preghiera silenziosa e raccolta, in canti
devoti o in semplice attesa della Sua voce. In quella stanza non c'era rumore
o confusione di sorta ; quando uno pregava a voce alta, gli altri tacevano ;
quando cantavano più di uno tutti innalzavano al Signore lo stesso inno. Era
davvero un tempo di preziosa attesa. Si avvertiva la presenza del Signore ; i
nostri cuori cercavano Lui con sincerità e ardore. Non aspiravo ad avere il
Dono delle Lingue, ma Dio mi aveva fatto comprendere che avrei ricevuto il
Battesimo nello Spirito Santo. Pregavamo per noi stessi e per gli altri. Mai mi
ero sentita così piccola e di tanto poca importanza. Mi sentivo come un
pezzettino di carta che brucia. Fu allora che nella mia anima giunse il
messaggio divino : "Loda il Signore e ringraziaLo per il Battesimo che tu
avrai per mezzo della imposizione delle mani, mediante la fede". Una gioia
intima, profonda, infinita s'impossessò di me : Ti lodo, Signore ! esclamai. E
la mia bocca fu ripiena ; da essa uscì un fiume di parole per me incomprensibili.
Cercai di lodare il Signore nella mia lingua, ma quel che usciva dalle mie
labbra non era inglese. Dopo qualche tentativo, lasciai che la lode venisse
nella nuova lingua che il Signore poneva sulle mie labbra. Le porte della
gloria erano ampiamente aperte. Lo Spirito Santo era venuto in me ; era venuto
in me, non perché parlassi di Lui, ma perché magnificassi Cristo e quanto
meraviglioso era il Cristo che mi veniva rivelato ! Fu allora che mi accorsi
di non essere sola : attorno a me udii una grande gioia ; altri lodavano e
magnificavano Dio parlando lingue nuove ».
Seguitando nella sua relazione, ella scrive: « In una
circostanza particolare, mentre uno di noi leggeva il testo della Bibbia, si
trovava presente un rabbino. Dopo il servizio religioso, egli chiese la Bibbia
ebraica dalla quale era stato letto il testo della lezione. Gli venne
presentata la Bibbia di cui ci eravamo serviti. "No, non questa — disse il
rabbino. — Voglio la Bibbia ebraica che ha letto il giovane: egli ha letto in
Ebraico". In altra occasione, durante il sermone, ci fu un breve
messaggio in lingue. Al termine della riunione, si levò un tale che era tra i
presenti e disse: « Io sono stato guarito dalla mia infedeltà. Ho udito nella
mia lingua il Salmo che ho imparato sulle ginocchia di mia madre ».
Il 9 aprile del 1906 il Fuoco divino scese a Los Angeles
(California). Qui erano tenute delle riunioni dove i cristiani digiunavano e
pregavano ardentemente perché il Signore concedesse il Battesimo nello Spirito
Santo. Da questa data, uno dopo l'altro, tutti gli operai e i santi ricevettero
la benedizione celeste, e ciascuno di essi parlò in lingue, secondo che lo
Spirito dava loro di esprimersi.
La notizia si diffuse ben presto. Si seppe che Dio stava
operando in mezzo a loro con la potenza dei primi tempi del cristianesimo ;
molti vennero per vedere, e restarono in preghiera.
Alcune delle promesse divine si realizzarono qualche tempo
dopo in Azusa Street. Qui una volta c'era stata una Chiesa Metodista. Il locale
era stato trasformato in casa d'abitazione; solo una grande stanza a pianterreno
era stata lasciata per le riunioni di culto. Un testimone così scrisse di quei
giorni: « Si era diffusa rapidamente la notizia che Los Angeles era visitata
da una potente ondata di vento celeste. Il come e il perché di questo grande
Risveglio non va cercato davvero in ciò che comunemente si ritiene necessario
per scuotere la gente. Non venivano usati strumenti musicali di alcun genere,
non erano necessari ; quanti venivano a contatto con Dio, appena entrati nella
stanza delle riunioni, si rendevano conto che era lo Spirito Santo che dirigeva
quelle riunioni. Quando veniva annunciato che l'altare era aperto a quanti
desiderassero il perdono, la santificazione, la guarigione del corpo, il
battesimo dello Spirito Santo, la gente si affollava attorno ad esso. Non c'era
ressa. Quale predicazione li guidava? La semplice dichiarazione della Parola di
Dio. C'è una tale forza nella predicazione della Parola nello Spirito che il
popolo è scosso profondamente ed è spinto a farsi avanti ».
Un altro teste di quei giorni, Mr. Frank Bartleman, scrive:
« I servizi religiosi venivano tenuti quasi di continuo. Quasi ogni ora del
giorno e della notte avresti trovato anime in preghiera e sotto la potenza
dello Spirito. La stanza non era mai chiusa o vuota. Era una continua
assemblea. Le riunioni non dipendevano da un dirigente terreno. La presenza di
Dio diveniva sempre più sensibile e meravigliosa. In quel vecchio fabbricato
con i soffitti bassi e il pavimento sconnesso, Dio afferrava gli uomini e le
donne per farli a pezzi (spiritualmente parlando) e li ricomponeva per la Sua
gloria. Era un processo di profonda revisione delle anime. In esse non
avrebbero potuto sopravvivere orgoglio, autosufficienza, stima di sé o umana
pretenzione ».
Uno di quelli che volle il Battesimo in quei primi tempi, fu
il pastore Battista, Rev. A. H. Post. Nel 1906 egli scriveva: « Per più di
trenta anni sono stato ministro in una delle Denominazioni più importanti e,
per la grazia di Dio, ho sempre cercato di camminare nella luce che Dio si è
degnato concedermi. In perfetta comunione con molti cuori sinceri di figli di
Dio, per mesi e mesi ho cercato la pienezza dell'amore di Dio. Assieme a questo
sentito bisogno si levava dal mio cuore un grido a Dio perché mi concedesse la
Sua Pentecoste. Egli ha finalmente udito e risposto, secondo la Sua divina,
perfetta volontà ».
Fu infatti condotto ad Azusa Street dove egli dice: « Fui
subito convinto che Dio stava davvero operando in modo meraviglioso, in un
modo che mai avevo conosciuto prima. Qui era manifesto l'adempimento di quanto
promette la Bibbia. Mi presentai serenamente all'altare del Signore. Il seccondo
giorno, mentre ero lì, udii distintamente nella mia coscienza, come se si
trattasse di una voce che parlava alle mie orecchie, il Signore che diceva: —
Ricevi lo Spirito Santo! — Qualche giorno dopo, mentre il fratello Seymour
predicava, mi sembrò avvertire in me la potenza di Dio che si faceva sempre
più sensibile. Alla fine del discorso, improvvisamente, come nel Giorno della
Pentecoste, mentre ero seduto davanti al predicatore, lo Spirito Santo venne
su me e fui letteralmente ripieno di Lui. Balzai in piedi e mi detti a parlare
in lingue nuove: — Lode al Signore! — Gloria a Dio! Due dei santi che mi erano
vicini videro contemporaneamente lo Spirito del Signore che scendeva sulla mia
persona. Oh, come mi sentii pervaso completamente dalla Sua potenza divina ».
Durante i primi tempi di quelle manifestazioni, un
giornalista ebbe l'incarico di fare una relazione su quanto avveniva in quelle
riunioni di cui si parlava molto in quei giorni. Il giornale che lo mandava era
contrario e voleva che il reporter vedesse le cose da un punto di vista
particolare : doveva cercare di trovare il ridicolo nei fatti che avvenivano.
Il giornalista si presentò dunque con questo intento. Mentre osservava
attentamente quel che avveniva, una donna, ripiena di Spirito Santo, esortò i
peccatori a tornare al Signore. Improvvisamente ella, secondo che lo Spirito le
ispirava, parlò in lingue diverse. Tra queste lingue il reporter riconobbe la
sua lingua nativa. In questa lingua la donna, dopo averlo fissato
intensamente, gli versò addosso un santo torrente di verità, descrivendogli
esattamente la sua precedente vita di peccato, la sua immoralità, ed altre
cose che solo lui poteva conoscere. All'infuori di lui, nessuno comprendeva il
linguaggio in cui si esprimeva la donna.
Egli naturalmente conosceva bene l'inglese e, terminato il
servizio religioso, si avvicinò alla donna che gli aveva parlato in modo così
strano, per sapere se si era resa conto di ciò che gli aveva detto nella lingua
straniera. In un primo momento stentò a credere che la donna non aveva capito
una parola di quello che aveva detto, ma la sua sincerità era troppo evidente
ed egli ne fù convinto. Confessò che gli aveva descritto con esattezza la sua
vita passata e che da quel momento era deciso a darsi tutto al Signore.
Tornato alla redazione del giornale disse che non poteva fare assolutamente la
relazione che si aspettavano da lui : se volevano, egli avrebbe fatto solo una
relazione veritiera e imparziale. Non era questo il loro punto di vista e
naturalmente gli dissero di non aver più bisogno dei suoi servizi : fu
licenziato.
Uno degli aspetti più importanti del movimento Pentecostale
di questo secolo è che lo Spirito di Dio, in tutte le parti del mondo, è sceso
su gruppi di credenti sinceri che Lo invocavano, anche se costoro non erano
venuti in contatto con altri che avevano ricevuto la stessa benedizione. Ciò si
è verificato molto spesso all'inizio del nostro secolo.
In tal modo, allora, Dio cominciò ad effondere il Suo
Spirito in Inghilterra. Nel 1906 un gruppo di fedeli aveva cominciato a tenere
delle riunioni di preghiera a Sunderland e in altre località per ottenere da
Dio il risveglio e la potenza dello Spirito Santo. Presto giunse ad essi la
notizia che Dio aveva concesso l'effusione divina del Suo Spirito « con i segni
che l'accompagnano », compreso il parlar lingue, operar miracoli, guarire
malattie. Nei primi giorni del 1907, la signora Catherine S. Price ricevette il
Battesimo nello Spirito Santo, a Londra. Fu la prima che in quel paese fece
questa
esperienza Pentecostale. Il fatto avvenne mentre assisteva
ad una riunione religiosa e così lo descrive : « Mi sembrò di vedere l'Agnello
di Dio sul trono. Egli scongiurava il Suo popolo perché si umiliasse davanti a
Lui, si abbandonasse completamente alla Sua divina volontà e cessasse di
compiere opere cattive e peccaminose. Mi sentii in dovere di parlare e riferire
tutto questo ai presenti. Lo feci e mi accorsi che stavo parlando "in
lingue" per opera dello Spirito Santo. Un ministro che era vicino a me mi
chiese se conoscessi la lingua di cui mi servivo in quel momento. Disse anche
che, se avevo parlato per opera dello Spirito Santo, dovevo chiedere anche il
Dono dell'Interpretazione di quanto avevo detto. Il Signore mi concesse subito
di dare in inglese il messaggio che avevo dato in lingua straniera. Risultato
di tutto questo fu che tutti i presenti confessarono apertamente i loro peccati
e si dettero tutti a Cristo. Alcuni di essi ebbero anche la divina unzione
dello Spirito Santo ».
Nel settembre del 1907 il fuoco divino venne su Sunderland.
Il pastore T. B. Barrat, dell'esperienza del quale abbiamo parlato altrove,
arrivò a Sunderland il 31 agosto, essendo stato invitato dal Rev. A.A. Boddy,
vicario di All Saints, di Monkwearmouth, Sunderland. In una quindicina di giorni
almeno settanta persone ricevettero la loro piena Pentecoste. Scrivendo di
questo fatto, il pastore dice : « E' davvero strano e meraviglioso vedere e
udire quanto avviene in quelli che ottengono la loro Pentecoste. Essi si trasformano
letteralmente sotto la potente opera dello Spirito. Le loro parole, la loro
voce non sono più timide ed esitanti. Il loro comportamento non ha nulla di
indeciso. Il loro modo di testimoniare è sicuro e tranquillo. Quelli che non
avrebbero mai osato aprir bocca davanti ad un certo numero di persone, parlano
con tutta sicurezza ; testimoniano della potenza purificatrice e salvatrice di
Cristo. Parlano col cuore pieno di zelo, col volto luminoso e ispirante
fiducia. Quale meravigliosa trasformazione si ammira sul loro volto ! Come
riescono a infondere in noi serenità e gioia! Come ci fanno sentire a nostro
agio ! Quasi tutti quelli che hanno parlato in lingue hanno ricevuto anche il
Dono della Interpretazione di esse. Ciò è avvenuto contemporaneamente, tanto
che ripetevano e spiegavano frase per frase, parola per parola. La gioia di
alcuni è stata davvero indescrivibile ».
Nel 1908 erano moltissimi quelli che potevano vantarsi di
questa soprannaturale benedizione di Dio. Dal 1910 in poi tutto il paese fu
come sommerso dal diluvio della potenza Pentecostale. Oggi un numero immenso
di persone in tutte le parti di questa benedetta terra può testimoniare di aver
fatto questa preziosa esperienza.
Nella Norvegia la benedizione cominciò subito dopo il
ritorno dall'America del pastore Barratt. Là egli aveva ricevuto la sua
pentecostale benedizione. Scrivendo di quei primi tempi, egli dice : E'
meraviglioso notare come il Risveglio divino si diffuse rapidamente in tutta la
Norvegia. Il Signore aveva preparato la via a questo. Fu come un fuoco in
mezzo alla stoppia. Invece di andare in cerca del popolo, il popolo veniva a
noi spontaneamente. Folle immense si accalcavano attorno a noi. I locali che
si prendevano per il culto divenivano subito insufficienti, non potevano
contenere il gran numero di cuori affamati che facevano ressa per entrare. Da
vicino e da lontano venivano per dissetare la loro brama di Dio. Numerosissimi
furono i battezzati nello Spirito Santo. Essi portarono a casa loro il Fuoco
divino che avevano ricevuto attorno ai nostri altari.
Dalla Norvegia, il Fuoco si propagò alla Svezia. Ciò avvenne
per mezzo di un giovane che aveva ricevuto il Battesimo in Norvegia e di un
altro che era tornato da poco dall'America. Quando il Pastore Barratt visitò
Stoccolma, trovò delle folle grandissime che assistevano regolarmente ai
servizi religiosi e alle riunioni di preghiera. Nel 1905-06 i cristiani di
tutta la Svezia erano mossi a pregare per il Risveglio. In risposta a questa
comune preghiera, Dio cominciò a farsi sentire, in modo particolare tra i
Battisti. Il pastore Lewi Pethrus scriveva in quei giorni : « Un giorno del
mese di gennaio del 1907, per caso, presi in mano un giornale di Stoccolma e
vidi l'immagine di un uomo che io conoscevo benissimo. Si trattava del Pastor
Barratt di Christiania (Oslo), Norvegia. Il titolo dell'articolo diceva : «
Grande, straordinario Risveglio Spirituale a Christiania ». Diceva che la gente
del luogo parlava in lingue straniere, proprio come era avvenuto a Gerusalemme
il giorno della Pentecoste. Decisi di andare a vedere con i miei occhi ».
Mentre assisteva ad una delle tante riunioni di preghiera,
il pastore Pethrus fu battezzato nello Spirito Santo. Presto nella Svezia
migliaia e migliaia ebbero il Battesimo nello Spirito Santo, e il pastore,
parlando di questa benedetta, straordinaria effusione dello Spirito di Dio,
afferma : « Da quando ebbe inizio a Stoccolma, questo Risveglio non è più
cessato tra noi. Esso continua nell'inverno e nell'estate in modo ininterrotto.
Non teniamo particolari campagne per il risveglio : è un'unica campagna, una
campagna che dura l'anno intero. Le anime sono salvate, guarite, riempite di
Spirito Santo. E' meraviglioso constatare che Dio può accendere un fuoco che
non si consuma, il fuoco che seguita ad ardere come quello che bruciava sull'altare
degli olocausti. Dio ha ordinato che questo fuoco divino bruciasse in perpetuo
sul nostro altare ; esso non deve essere spento. E' il modo che Egli ha scelto
per rimanere in mezzo a noi ».
Lo spazio che abbiamo non ci permette di fermarci a parlare
del modo col quale il Fuoco divino attaccò la Danimarca, l'Olanda, la Germania
e altre nazioni dell'Europa e del mondo. Quanto abbiamo detto ci sembra più
che sufficiente per dimostrare che Dio viene incontro ai desideri nascosti nel
cuore dei veri cristiani, che anelano ardentemente e sinceramente al Risveglio
divino. Oggi grandi moltitudini godono della esperienza personale della potenza
divina e il Risveglio continua.
(7) Esempi di questo Dono
Una delle critiche più comuni che si sentono contro questo
Dono è che esso consiste non in una delle lingue parlate sulla terra, ma in una
serie di suoni spesso inarticolati che servono solo ad esprimere l'intima
commozione o altri sentimenti dell'anima. Leggiamo che nel Giorno della
Pentecoste « tutti stupivano e si meravigliavano dicendo : — Ecco, tutti
costoro che parlano non sono eglino Galilei? E com'è che udiamo parlare
ciascuno nel nostro proprio linguaggio? (Atti 2:7, 8). E' chiaro dunque che,
allora, il Dono delle Lingue non consisteva in una serie di suoni inarticolati,
ma in una o più lingue sconosciute a chi le parlava, ma conosciutissime a chi
le ascoltava.
Più tardi, quando Paolo volle dimostrare quanto fossero
inutili anche i Doni migliori senza la carità, disse : « Quand'io parlassi le
lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità, divento un rame
risonante o uno squillante cimbalo » (1 Corinzi 13 :1). Evidentemente le lingue
parlate dai credenti di Corinto erano lingue veramente parlate dagli uomini.
Non mancano prove che dimostrano che questo è vero anche per quanto riguarda
le manifestazioni dei nostri giorni. Esaminiamo alcuni casi presi qua e là:
Lingua cinese
Il Dr. T. J. MacCrossan, già insegnante di Greco
nell'Università Manitoba, testimonia quanto segue : « Una sera, dopo un
convegno evangelico, dove una ventina di persone avevano trovato la salvezza,
vedemmo l'evangelista pervaso dalla potenza di Dio mentre era ancora in
preghiera, e l'udimmo parlare in lingua cinese. Capii che si trattava di quella
lingua, perché l'avevo udita parlare più volte, ma Dio, nella Sua infinita
bontà, permise che vicino a me sedesse un missionario della Christian
Alliance, che io conoscevo molto bene e nel quale avevo la massima fiducia.
Egli era stato in Cina molto tempo, oltre 18 anni, per la precisione, e parlava
correttamente la lingua cinese. Avvicinandosi al mio orecchio disse che
l'evangelista stava lodando il Signore nel dialetto stesso che lui aveva usato
tanto tempo nella predicazione ai cinesi. « Lo parla alla perfezione — disse —
e in questo istante sta lodando nostro Signore Gesù Cristo ». Si pose poi a
interpretare parola per parola quello che l'evangelista diceva. Tutto era
tanto meraviglioso ! Noi sapevamo che egli non capiva neppure una parola di
quanto stava dicendo in lingua cinese ».
Mrs Carrie Judd Montgomery, editrice dei « Trionfi della
fede », dice che dopo aver ricevuto la pienezza dello Spirito Santo nel giugno
del 1908, venne spinta a pregare in modo particolare per il popolo della Cina,
e spesso, quando lo Spirito di preghiera veniva in lei, ella si esprimeva in
una lingua che sembrava il cinese. In quel tempo incontrò Mrs Harriette
Shimer, missionaria della « Società degli Amici », che per molti anni aveva
prestato la sua opera in mezzo a quei popoli. La missionaria non sapeva molto
del movimento Pentecostale che si stava verificando in Europa. Andò alle
riunioni che si tenevano in casa. Più volte, mentre la Montgomery parlava in
lingue, ella ammise che si trattava di uno dei numerosissimi dialetti cinesi.
Un giorno le disse : « Voi usate dei dialetti cinesi, ma non avete mai usato il
Mandarino, che è il mio dialetto ».
La mattina seguente — racconta Mrs Montgomery — tenemmo una
ristretta riunione di preghiera. Quando cominciai a parlare e a cantare in
Mandarino, Mrs Shimer m'interruppe dicendo : Capite quello che dite? E spiegò
il significato delle mie parole. Dopo questo fatto, lo Spirito mi concesse più
e più volte di esprimermi in tale lingua, che naturalmente veniva tradotta
fedelmente dalla signora Shimer. Ella disse che io lo parlavo con maggiore
perfezione di lei che era stata in Cina per oltre sette anni ».
Altro fatto interessante è quello narrato dalla signora
Woodbury, della « Christian and Missionary Alliance », nella sua relazione
sulla opera a Shanghai. Ella racconta di un giovane studente molto istruito e
imparentato con una famiglia mandarinale, che un giorno fu colpito dall'accento
e dalle espressioni di una missionaria che, sotto l'azione dello Spirito
Santo, parlava la sua lingua. La missionaria era la signora Hansen che non
capiva una sola parola del messaggio che comunicava. Risultato di ciò fu che il
giovane nobile cinese si convertì a Cristo e a suo tempo venne battezazto. In
seguito fu prezioso operaio di Cristo nella missione.
Messicano che parla
inglese
Il signore e la signora Thomas, un tempo missionari nel
Messico, scrissero di una benedizione che Dio si degnò far scendere sulla loro
opera in quel campo : « Due settimane fa — scrivevano — al termine del nostro
servizio religioso della domenica sera, quando rivolgemmo l'invito di portarsi
nella stanza della preghiera, un numero di cuori assetati di Dio e di perdono
si avvicinarono a Lui e molti di essi furono sotto la potenza divina dello
Spirito Santo. Almeno tre di essi ricevettero il Battesimo nello Spirito Santo,
con i segni che lo accompagnano. Da quel giorno altri otto nelle nostre
riunioni hanno avuto la stessa benedizione celeste. Uno degli ultimi che
ricevette il Battesimo fu un giovane. Era bello vederlo lì in ginocchio, con le
mani levate al cielo, gli occhi chiusi intensamente assorto nella preghiera,
mentre dalle sue labbra uscivano parole di una lingua a lui sconosciuta : « Io
vedo ! Io vedo !», diceva il giovane in un inglese perfetto ; e noi sapevamo
che non conosceva una sola parola di quella lingua.
Lingua ebraica
Quando ero nel Canada per un corso di predicazioni, presi
parte alle sedute di una conferenza di chiesa, a Toronto. In uno dei servizi
serali, la signorina Beatrice Sims, missionaria evangelista, volle raccontarmi
una meravigliosa esperienza della sua vita. Mi disse che un giorno, mentre
stava pregando per la guarigione di un malato, si accorse che dalle sue labbra
uscivano parole di una lingua che ella non conosceva affatto. Vicino a lei era
suo padre, allora contrarissimo al Battesimo nello Spirito Santo. Egli era
anche uno studioso di lingua ebraica e disse che le parole pronunciate dalla
figlia appartenevano a quella lingua. La meraviglia in lui era stata anche
maggiore perché la figlia aveva citato Genesi 2 :7 : « Gli soffiò nelle narici
un alito di vite », nella forma plurale come è nel testo ebraico, e non « di
vita » al singolare, come è nella Versione che abbiamo noi.
Prima d'allora, avevo tenuto delle riunioni per conto di un
ministro della chiesa di S. Bernardino di California. Conoscevo molto bene
quel ministro e sapevo che potevo dare tutto il credito alle sue parole. Egli
mi raccontò quanto segue :
Qualche tempo prima nella sua chiesa erano state celebrate
delle nozze. Una donna cattolica che si era trovata presente, era rimasta
favorevolmente impressionata dal rito e la domenica seguente era tornata di
nuovo ín chiesa. In quella assemblea ci fu un messaggio in lingue con la
relativa interpretazione. Ella affermò che la lingua usata per quel suo
messaggio era la lingua ebraica da lei conosciuta molto bene. Effetto di questo
meraviglioso Dono del Signore fu la conversione di quella donna, la sua
salvezza.
Altro esempio importante viene riferito da Lewis Rudner, un
ebreo australiano, che al tempo in cui avvenne il fatto era in America da sei
anni. Un giorno di pioggia — racconta — egli si trovò a passare vicino alla missione
di Seattle a Washington. Vedendo la parola « Welcome » scritta a grandi lettere
sulla porta d'ingresso della missione, entrò per evitare di bagnarsi. La
comunità allora stava pregando. Pochi istanti dopo che egli era lì, udì
l'oratore che ripeteva in Ebraico il capitolo 53 di Isaia. Dopo di quello, una
donna che seppe poi essere la moglie del predicatore, cantò, sempre in
Ebraico, l'inno che gli Israeliti cantano il Primo Giorno dell'Anno. Dopo la
donna, si alzò una ragazzina di circa dodici anni che recitò prima il Salmo
dodicesimo e poi il sesto. In fine, si fece avanti una donna, dall'apparenza
scandinava, che, puntando un dito nella sua direzione, gli disse che era
perduto e che se voleva salvarsi l'anima doveva tornare a Dio. « Tutto questo
avvenne nel breve tempo del servizio, — racconta egli — e le lacrime scorrevano
abbondanti e dolci per le mie guance. Lì tutti parlavano nella mia lingua,
eppure quella gente non era ebrea ; quella non era una sinagoga ». Terminato
il servizio, mi avvicinai al predicatore per chiedergli se per caso egli fosse
ebreo. « No, — mi disse — sono di origine tedesca ». Volli sapere se avesse
studiato lingua ebraica, e mi rispose che non conosceva nessuna parola di
quella lingua. « Eppure, — dissi io — voi avete parlato proprio come uno che è
nato e vissuto tra i giudei del mio paese ».
Saputo dall'oratore, che era il signor Junk, che Dio gli
aveva parlato per mezzo suo, Rudner si inginocchiò per pregare. Tutti quelli
che erano attorno a lui cominciarono di nuovo un canto ebraico spingendolo a
dare il cuore a Dio e a cercare la salvezza della sua anima. « Parlavano,
cantavano tutti nella mia lingua — dice commosso il signor Rudner — senza comprendere
una sola parola di essa. Essi pregarono in ginocchio assieme a me, implorando
per me misericordia. Sono ormai convertito ed ora sono un felice cristiano ».
Lingua Indiana
Altro esempio mirabile di questo Dono del Signore lo ho
udito dal signor Robertson, ministro di San Bernardino, di cui ho accennato
sopra.
Un cristiano della città nella quale egli si era trovato
come pastore, si era persuaso che il Movimento Pentecostale non fosse che un
grave errore. Una sera si presentò deciso alla riunione portando la Bibbia per
dimostrare la fondatezza di quanto egli affermava. Durante quel servizio, però,
il Signore concesse un messaggio nella lingue indiana che egli conosceva molto
bene. Era uno dei « segni dati per chi non crede » e il risultato fu che egli
chiese subito il Battesimo nello Spirito Santo e poco dopo lo ricevette.
Un fatto in cui la lingua indiana fu usata proprio per
parlare ad indiani viene riferito da Stanley H. Frodsham.
« Uno dei primi a ricevere allora il Battesimo fu il pastore
A. G. Ward, che si portò a predicare il Vangelo agli indiani della Riserva
Fisher River. Egli per parlare loro era costretto a servirsi di un interprete.
Un giorno, mentre predicava sotto la potenza dello Spirito Santo, cominciò a
parlare una lingua nuova. L'interprete restò interdetto e si mise a gridare :
Ma voi parlate la nostra lingua! Fu una vera scossa per tutti i presenti.
Questa manifestazione della potenza divina fece grande effetto su quel popolo
».
Altro caso viene riferito dalla signora W. D. Yerger. « In
una campagna a Fenix, Arizona, — dice la donna — la gente aveva fatto ritorno
alle loro case. Solo pochissimi si erano fermati quella sera fino alla mezzanotte.
L'evangelista s'intratteneva presso l'altare con una nota personalità del
paese. All'improvviso, dal centro della sala, mi mosse una donna e venne
davanti all'altare. Lì, sotto la potenza dello Spirito Santo, dette un messaggio
in lingua e fece ritorno al suo posto.
« Nei banchi c'erano tre ragazze Apaches. Una di esse udendo
le parole della donna che aveva dato il messaggio, tese le orecchie e si
mostrò molto interessata a quel che diceva. La donna del messaggio si sentì
spinta a farsi avanti di nuovo e ripeterlo. L'indiana si mosse dal posto e
fece qualche passo verso di noi. I suoi occhi erano l'espressione della meraviglia.
Per la terza volta la donna del messaggio tornò a ripetere le sue parole.
L'indiana allora con voce soffocata gridò : « Questa donna parla la mia lingua.
Dice che Gesù sta per venire ; che noi tre ragazze indiane dobbiamo prepararci
».
Inglese parlato da un
cinese
Harold Horton racconta il fatto seguente :
« Uno studioso cinese di una settantina d'anni fa, un certo
Wang, ricevette il Battesimo nello Spirito Santo, a Luh Hsi. Cina, nel 1927.
Parlando in altre lingue, egli si servì correttamente dell'inglese, sebbene
non conoscesse neppure una parola di questa lingua. Le sue parole vengono riportate
alla lettera dal missionario che le udì. « Quelli che camminano con Lui in
bianco — diceva — e saranno a Lui fedeli, ascenderanno alla Sua presenza,
quando apparirà. Ecco, Egli viene presto ». Wang non aveva udito parlare della
seconda venuta del Cristo ».
L'Indostano
Non molti anni fa, io e mia moglie eravamo in una città del
Nord in Inghilterra. Tenevamo una campagna evangelistica. Erano stati
organizzati un certo numero di riunioni di preghiera per quanti avessero voluto
la pienezza dello Spirito Santo. Mentre io mi trattenevo in maniera assieme da
uno che cercava intensamente il Signore, mia moglie disse alcune parole in una
lingua che nessuno di noi conosceva. Per caso si trovava presente una donna che
col marito aveva passato in India molti anni. Ella udì le parole del messaggio
dato da mia moglie e, dopo il servizio religioso, le chiese se conoscesse
l'indostano. Quando seppe che non conosceva quella lingua, restò stupita e
disse che si trattava dell'indostano più puro. Quelle parole contenevano una
grande lode a Dio per le Sue infinite, meravigliose misericordie.
Lingua messicana
Nel suo libro Nei Giorni dell'Ultima Pioggia », il pastore
T. B. Barratt racconta : « Il signor Gilbert E. Farr riferisce che quando egli
frequentava la missione di Houston nel Texas, un giovane parlò per oltre
cinque minuti in una lingua a lui del tutto sconosciuta. Era sotto la potenza
dello Spirito Santo. Quando fu rivolto l'invito a tutti quelli che cercavano il
Signore, si fece avanti verso l'altare un Messicano che, in un inglese stentato,
disse : Io sono un peccatore. Sono cattolico e non sono cristiano ». Si pregò
assieme a lui ed egli divenne un felice cristiano con i segni evidenti della
salvezza sul volto e nel suo comportamento.
Agli esempi che abbiamo riferito se ne potrebbero aggiungere
molti e molti altri, ma pensiamo che per una mente libera da prevenzioni,
quelli che abbiamo dato siano più che sufficienti. Il Dono delle Lingue dunque
non consiste nell'uso di suoni spesso inarticolati e senza senso. Una difficoltà
potrebbe essere data per alcuni dal fatto che la « lingua » alle volte appare
una monotona ripetizione di suoni simili tra loro. La spiegazione potrebbe
essere questa : la « lingua » serve soprattutto ad esprimere lode a Dio. Se si
loda ripetutamente Dio in inglese, per esempio si udiranno un considerevole
numero di suoni simili. Questo avviene con qualsiasi altra lingua della terra.
Per concludere, possiamo chiederci ancora perché in questo
nostro secolo ventesimo Dio manifesti la Sua potenza, e perché anche la parte
fisica o i membri del corpo di quelli ai quali Egli manifesta se stesso mettano
in evidenza il loro contatto con la Divinità?
Quando la potenza di Dio venne su Sansone, egli ebbe più
forza di molti uomini messi assieme. La parte fisica di Sansone, dunque, reagì
al contatto con lo Spirito di Dio. Daniele, avvicinato dal Visitatore celeste,
la faccia del quale era splendente e folgorante, sentì venir meno le sue
forze, finché una mano lo toccò. Il suo corpo, non meno che il suo spirito, fu
influenzato da quella rivelazione soprannaturale (Daniele 10:8-10). La rivelazione
di Geremia fu tale che egli potè dire : « Il cuore mi si spezza in seno, tutte
le mie ossa tremano ; io sono come un ubriaco, come un uomo sopraffatto dal
vino, a cagione dell'Eterno e a cagione delle Sue parole sante » (Geremia 23
:9).
Mi chiedo che cosa potrebbero dire davanti a Geremia che si
dichiara come ubriaco, quelli che nel nostro secolo hanno il coraggio di
schierarsi contro questo santo Dono Pentecostale. Geremia dice che « si sente
come ubriaco » e che « tutte le sue ossa tremano », sotto la potente
rivelazione di Dio e della Sua Parola.
Habacuc afferma che quando ebbe udito il messaggio divino,
tutto il suo essere fu oppresso da un terrore della divina presenza : « Ho
udito, e le mie viscere fremono, le mie labbra tremano a quella voce ; un tarlo
m'entra nelle ossa, e io tremo qui dove sto » (Habacuc 3 :16). E' l'esperienza
del soprannaturale e questa esperienza della presenza divina non è riservata solo
a pochi : sono molti quelli che, dal tempo di Habacuc a noi, hanno provato
questo timore e tremore quando si sono avvicinati a Dio ; il loro fisico ha
preso parte a quella esperienza, ha sentito il tocco del soprannaturale. Se il
nostro corpo mortale si scuote e trema sotto l'azione di una scossa elettrica
normale, perché non dovrebbe reagire quando viene a contatto con la dinamica
potente, la forza del soprannaturale?
Nel giorno della Pentecoste, quando lo Spirito Santo li
riempì, apostoli e discepoli apparvero ai presenti come ubriachi (Atti
2:13-15). Il loro corpo a stento poteva contenuere la gioia della divina
unzione. I moderni oppositori della Pentecoste avrebbero certo trovato molto
da ridire se avessero assistito a quello spettacolo in cielo.
Nella casa di Cornelio la manifestazione del soprannaturale
fu così imponente e il Dono delle Lingue tanto evidente che « quelli della
circoncisione » furono costretti a dichiarare che quella effusione divina
dello Spirito Santo era dello stesso genere di quella che avevano ricevuto gli
apostoli ed altri, circa otto anni prima a Gerusalemme. E fu proprio su questa
base che qualche giorno dopo Pietro, per giustificare se stesso che era andato
ai Gentili col messaggio evangelico, disse : « E come avevo cominciato a parlare,
lo Spirito Santo scese su loro, come era sceso su noi da principio... Se dunque
Iddio ha dato loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto
nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio »? (Atti 11 :15,
17).
E se Iddio, nel pieno esercizio della Sua divina
prerogativa, sceglie di dare « un Suo dono » a quelli che si umiliano oggi
davanti alla Sua santità e grandezza ; a quelli che bramano la pienezza del Suo
Spirito », chi siamo noi che osiamo opporci al Suo divino Volere?
IL DONO
DELL'INTERPRETAZIONE DELLE LINGUE
(1) Fine di questo Dono.
Veniamo a parlare finalmente dell'ultimo dei nove Doni dello
Spirito Santo. « Ad un altro, l'interpretazione delle lingue » (1 Corinzi 12
:10).
Questo pure è un Dono soprannaturale, e non consiste nella
più o meno spiccata capacità di apprendere il significato delle lingue
straniere. Se fosse così, chi parla lingue non riceverebbe dalla Scrittura la
raccomandazione di pregare per ottenere ]a interpretazione delle medesime : «
Chi parla in altra lingua — dice l'apostolo — preghi di poter interpretare » (1
Corinzi 14:13). Se egli conoscesse la lingua che parla non avrebbe bisogno di
un altro Dono per spiegare ciò che dice in quella lingua.
E non si tratta neppure di una naturale disposizione a
interpretare o spiegare la Parola di Dio. E' un Dono che lo Spirito concede
solo perché sia riprodotto nel linguaggio degli ascoltatori quanto viene detto
nella « nuova lingua ». Si tratta di un Dono del tutto soprannaturale. Si deve
tener presente che l'interprete potrebbe non comprendere la « lingua » che sta
interpretando. La sua spiegazione è soprannaturale e viene direttamente da Dio
quando quel che è stato rivelato per mezzo de] Dono delle Lingue. L'interpretazione
dunque è un miracolo come l'esprimersi in lingue. Non è necessario che
l'interprete faccia attenzione alle parole e alle sillabe che ha udito e che
deve interpretare. Anche se lo facesse, non capirebbe nulla, trattandosi quasi
certamente di una lingua che egli non conosce affatto. Egli ha bisogno di rivolgersi
a Dio perché gli faccia conoscere il significato della « lingua » che deve
interpretare ; egli dipende da Lui, come dipende da Dio chi parla in lingue.
Senza l'Interpretazione, il Dono delle Lingue non avrebbe
alcuna utilità per la Chiesa. Il ministerio di questo Dono sarebbe del tutto
impossibile. Lo dice chiaramente Paolo : « Se non v'è chi interpreti, si
tacciano nella Chiesa e parlino a se stessi e a Dio » (1 Corinzi 14:28). Senza
il Dono dell'Interpretazione, quello delle Lingue non servirebbe ad edificare
la Chiesa (1 Corinzi 14 :5). Ecco perché dobbiamo dare molta importanza a
questo Dono divino. Se esso venisse meno, perchè l'uomo non osa o perché non
si ha fede sufficiente, il Dono delle Lingue, almeno nel suo esercizio
pubblico, a poco a poco, varrebbe meno, per mancanza di uso e di utilità
pubblica. E forse proprio nel timore degli uomini, nella loro mancanza di una
fede viva, dobbiamo ricercare la quasi scomparsa nella Chiesa dei Doni di
espressione soprannaturale. Essi, come abbiamo visto, non hanno avuto quella
continuità che avrebbero meritato, anche se di tanto in tanto, in periodi di
Risveglio spirituale, Dio li abbia fatti riapparire nella Sua Chiesa.
E' degno di nota il fatto che i due Doni delle Lingue e
della Interpretazione costituiscono come una caratteristica di questa nostra
Dispensazione. Sono due Doni che non trovano riscontro nel Vecchio Testamento.
Come a molti altri, per esempio, a Salomone venne dato il Dono della Sapienza ;
a Mosè, la Parola di Conoscenza ; ad Elia, il Dono della Fede ; ad Eliseo, il
Dono delle Guarigioni ; a Mosè, quello dei Miracoli ; a
tutti i profeti del Vecchio Testamento, il Dono della Profezia e a Michea il
Dono del Discernimento degli spiriti. Non troviamo nessuno che abbia avuto il
Dono delle Lingue o della loro Interpretazione.
Mediante il Dono delle Lingue e quello della loro
Interpretazione, venne annullata la confusione delle lingue che ebbe origine
alla Torre di Babele, e, nel suo esercizio, l'interpretazione delle lingue
rappresenta il trionfo della redenzione sulla debolezza umana.
Verrà il giorno in cui il Signore « muterà in labbra pure le
labbra dei popoli, affinché tutti invochino il nome dell'Eterno, per servirlo
di pari consentimento » (Sofonia 3 :9). Come molto bene spiega uno scrittore :
« La sovranità divina che rivelò se stessa al tempo della Torre di Babele,
torna a rivelarsi al momento della Pentecoste. Essa rappresenta il pieno,
perfetto trionfo, almeno temporaneo e potenzialmente definitivo, della grazia
redentrice di tutto l'essere umano. La bandiera del Vincitore è stata issata
sulla parte conquistata, quella che Bunyan chiama, nella "Guerra
Santa", Porta Bocca ».
Dopo questa nostra introduzione, esaminiamo ora quale
potrebbe essere il fine di questo Dono dello Spirito Santo. Naturalmente il
fine dipende interamente da quello delle Lingue e non avrebbe alcun significato
senza quello. Sotto questo aspetto il Dono della Interpretazione delle Lingue è
unico nel suo genere : tutti gli altri sono indipendenti tra loro ; anche il
Dono delle Lingue può considerarsi indipendente, sebbene, come abbiamo visto,
sia limitato nella sua utilità. Esso può esistere senza il Dono
dell'Interpretazione, poiché il suo fine non è soltanto quello di edificare la
Chiesa.
Il fine particolare del Dono dell'Interpretazione delle
Lingue, dunque, è molto evidente : esso serve a rendere intelligibile agli
altri il Dono delle Lingue. « Poiché chi profetizza — dice l'apostolo Paolo — è
superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch'egli interpreti, affinché la
Chiesa ne riceva edificazione » (1 Corinzi 14 :5). In tutto il capitolo 14
della prima lettera ai Corinzi non si fa altro che inculcare e insistere sul
fatto che un messaggio in lingue senza la relativa interpretazione non avrebbe
alcuna utilità pratica per la Chiesa (vedi vv. 5, 12-17, 27).
Il Dono soprannaturale e spirituale di cui stiamo parlando
ha la stessa funzione della spiegazione naturale di una lingua sconosciuta. Se
uno, per esempio, parlasse tedesco davanti ad un'assemblea composta da persone
di lingua inglese, sarebbe necessario un interprete. La differenza sta nel
fatto che il Dono viene concesso in modo soprannaturale come tutti i Doni dello
Spirito Santo, mentre quello che facesse da interprete nell'assemblea da noi
accennata potrebbe conoscere il tedesco perché di quella nazione o per averlo
studiato. Il Dono dell'Interpretazione delle Lingue rende la persona capace di
Interpretare ogni specie di lingua. Chi spiega non fa attenzione alla
grammatica o alla sintassi della lingua che è stata usata per il messaggio ;
egli non si cura delle parole e delle sillabe di quella lingua, come farebbe
chi facesse da interprete per una sua cognizione naturale : chi interpreta
deve solo rivolgersi allo Spirito del Signore, perché è Lui che dà ]a Interpretazione
della Lingua.
Il Dono, come abbiamo già detto, non ha soltanto il fine di
edificare la Chiesa : esso tende anche a far comprendere il significato della
lingua usata a colui che la usa. Il Dono dell'Interpretazione quindi gli rende
comprensibile quello che è già servito per l'edificazione del suo spirito. «
Perciò — dice Paolo — chi parla in altra lingua, preghi di poter interpretare.
Poiché, se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia
intelligenza rimane infruttuosa » (1 Corinzi 14 :13).
Ora è necessario vedere in che modo il Dono
dell'Interpretazione delle Lingue viene concesso ». E' già stato detto che non
si tratta della interpretazione naturale di una lingua sconosciuta ;
l'interpretazione infatti in questo caso non viene per via di cognizioni
umanamente acquisite ma per via di una rivelazione da parte dello Spirito
Santo. Il Dono dunque è regolato dalle stesse norme che regolano la Profezia e
le altre « espressioni ispirate ».
Senza dubbio, nell'esercizio di questo Dono, l'intervento
dello Spirito Santo sarà della stessa natura ed intensità di quello che è stato
necessario nel Dono delle Lingue. Nello spirito del credente del quale Dio si
servirà per l'interpretazione ci sarà una risposta immediata a quel che è stato
espresso in lingue. L'acqua non potrebbe salire più in alto della sua sorgente,
così, per solito, l'interpretazione non avrà maggiore unzione spirituale di
quella avuta dal messaggio in lingue che l'ha preceduta. E' bene dunque che chi
ministra mediante il Dono delle Lingue sappia attendere 1' unzione divina prima
di parlare. E' possibile infatti esercitare un Dono spirituale senza essere a
contatto con Dio. E' questo il caso accennato da Paolo quando dice : « Quand'io
parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un
rame risonante o uno squillante cimbalo » (1 Corinzi 13 :1).
In alcuni casi l'Interpretazione viene concessa in forma di
visione da parte di Dio. Ricordiamo che questo era il modo abituale col quale i
profeti della vecchia Dispensazione ricevevano le rivelazioni da Dio. Proprio
per questo, allora, il profeta era chiamato anche « il veggente ». Ricordo che
qualche anno fa un giovane venne benedetto dal Signore con il Dono dell'Interpretazione
delle Lingue. Un giorno gli chiesi in che modo egli riceveva questo Dono.
Rispose che vedeva delle parole scritte davanti a lui come su di uno schermo.
Egli non faceva altro che leggerle a voce alta.
La maggior parte degli Interpreti però sente in sé una
spinta interiore da parte dello Spirito Santo che li costringe a parlare, essi
parlano allora sicuri che lo Spirito del Signore metterà le parole giuste
sulle loro labbra. Le parole, le sillabe di quelle restano alla loro mente
sconosciute finché non arrivano alle loro orecchie, e questo allo stesso
istante che le odono gli altri. In tal modo l'Interprete si abbandona
completamente allo Spirito Santo e non fa che seguire quanto Egli gli
suggerisce momento per momento. Il modo in cui viene ricevuto questo Dono
dell'Interpretazione è molto simile a quello col quale viene ricevuto il
messaggio in lingue : chi interpreta spesso non comprende la stessa
interpretazione o almeno non la detta, sebbene potrebbe trattarsi anche di un
linguaggio a lui noto. La sua lingua si muove secondo l'impulso che riceve
dallo Spirito Santo. Potrebbe essere raffigurato ad un auto controllata
perfettamente da chi la guida.
Forse c'è anche un terzo modo, sebbene meno frequente, nel
quale lo Spirito di Dio imparte il Dono dell'Interpretazione di una Lingua.
Esso potrebbe consistere nel pressante suggerimento nella mente di chi interpreta.
Questi, in tal caso, è lasciato libero di scegliere le parole che ritiene adatte
ad esprimere la rivelazione data. Qualcuno potrebbe considerare ciò una forma
inferiore del Dono, perché abitualmente, quando il profeta o l'interprete sono
sotto l'unzione dello Spirito, assurgono ad una eloquenza molto più elevata,
usano termini che superano di molto le loro capacità linguistiche o culturali.
In tutti i casi, l'Interprete non deve dimenticare di saper
attendere il Signore, prima di parlare. Egli deve sentire che il suo spirito è
in piena corrispondenza con lo Spirito di Dio. Non dimentichiamo le gravi
minacce fatte ai profeti stolti che « seguono il loro spirito, e parlano di
cose che non hanno vedute... che dicono : — L'Eterno ha detto ! — mentre
l'Eterno non li ha mandati » (Ezechiele 13 :3, 6).
L'esercizio del Dono dell'Interpretazione delle Lingue ha
bisogno di molta fede per essere messo in opera. E' un principio assodato : più
grande è il Dono, maggiore è la responsabilità di chi lo possiede. Ora, molti
che hanno questo Dono divino, per timore degli uomini e delle loro eventuali
beffe, lasciano che il loro spirito taccia. Ricordiamo a questi che sono dei
semplici custodi e depositari dei Doni che Dio ha loro concesso e che non
debbono conservare o nascondere questi Doni soprannaturali. Non possono sotterrarli
per timore dell'opinione o di quel che diranno gli uomini ; non possono
conservare « in un fazzoletto » la perla preziosa che è stata loro affidata
(Matteo 25 :25 ; Luca 19 :20), come i servi stolti della parabola.
Perfino Timoteo ebbe bisogno di essere spronato dalla
ingiunzione apostolica di Paolo : « Ti ricordo — dice Paolo al discepolo — di
ravvisare il dono di Dio che è in te », e gli rammenta che « Dio ci ha dato uno
spirito non di timidità » (2 Timoteo 1:6, 7). Se dunque Dio non è autore di
questa esitazione o timore, lo sarà certamente il diavolo. Perciò, l'Interprete
« deve ravvivare il dono di Dio che è in lui » ; egli deve resistere al diavolo
perché questo se ne fugga battuto.
(2) Difficoltà che si fanno contro questo dono.
Con questo capitolo intendiamo risolvere alcune delle più
importanti difficoltà che si usano contro il Dono che stiamo ora studiando.
La prima di esse riguarda il fatto che, in alcuni casi, il
messaggio in lingua appare più breve o più lungo della sua spiegazione mediante
il Dono dell'Interpretazione. La ragione potrebbe essere di due specie: prima
di tutto bisognerebbe ricordare che il Dono della Interpretazione non viene mai
detto Dono della Traduzione. Tradurre significa prendere il significato di una
lingua e portarlo, parola per parola, in un'altra lingua. Nella traduzione si
cercano i corrispondenti costrutti grammaticali e sintattici. La interpretazione
o la spiegazione di un passo o di uno scritto consiste nel rendere accessibile
e chiaro il significato di quel passo o scritto a chi non potrebbe capirlo se
fosse lasciato come sta. E' naturale che la spiegazione potrebbe essere più
breve o più lunga dell'originale. Il termine greco usato in questo caso per
indicare il Dono della Interpretazione è « hermeneia » cioè « spiegazione ». E
si tratta proprio di spiegare il significato di quanto è stato detto o visto
in un momento di estasi; si tratta di rendere accessibile il significato del
messaggio divino.
Giuseppe, per esempio, interpretò i sogni del coppiere e del
panettiere di Faraone e poi il sogno di Faraone stesso. Gesù detta la
spiegazione della parabola del seme e del seminatore, quando tradusse il senso
letterale di questa parabola nel suo significato spirituale. Possiamo
constatare quindi che senza alterare affatto il significato originale del
messaggio, lo Spirito Santo, per mezzo del Dono della Interpretazione, ci offre
un significato più ampio e più chiaro. Questo perché chi interpreta non traduce
alla lettera, parola per parola, ma mediante l'intervento superiore dello
Spirito di Dio, spiega il significato della « lingua » usata per il messaggio.
Potrebbe essere che nella spiegazione del messaggio si rivelino necessarie
altre espressioni, altri dettagli che non alterano il primo significato ma sono
molto utili per la sua comprensione. Ciò avviene anche nelle cosiddette «
libere traduzioni », e questa potrebbe essere proprio « una libera traduzione
» del messaggio divino.
Nel Nuovo Testamento possiamo vedere un esempio di ciò in
alcune citazioni del Vecchio Testamento. Alle volte, lo Spirito Santo, che è
l'Autore del Vecchio e del Nuovo Testamento e che naturalmente conosce molto
bene il significato nascosto nella Sua Parola, dà citando nel Greco del Nuovo
Testamento, una spiegazione più ampia e chiara del testo Ebraico. Per esempio,
Isaia scrive: « Ed egli disse: " Va ", e di' a questo popolo: Ascoltate,
sì, ma senza capire; guardate, sì ma senza discernere! Rendi insensibile il
cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in
guisa che non vegga con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda
col cuore, non si converta e non sia guarito »! (Isaia 6:9, 10).
Quando Gesù citò questo passo, si espresse così: « Udrete con
i vostri occhi e non intenderete ; guarderete co' i vostri occhi e non vedrete;
perché il cuore di questo popolo s'è fatto insensibile, son divenuti duri
d'orecchi ed hanno chiuso gli occhi, che talora non veggano con gli occhi e non
odano con gli orecchi e non intendano col cuore e non si convertano, ed io non
li guarisca » (Marco 13:14, 15). Nel testo originale ebraico abbiamo 22 parole;
in quello greco, 49; nella versione inglese, 68. Possiamo vedere dunque che
anche le traduzioni dello stesso passo, in alcuni casi, sono molto differenti tra
loro. E' naturale che la spiegazione dello stesso passo potrebbe essere molto
più lunga del testo originale, trattandosi di una traduzione molto più libera.
Un esempio di differenza tra spiegazione e traduzione
possiamo vederlo nel passo Ebrei 12:26. Lo scrivente cita Aggeo 2:6: « Ancora
una volta —d ice il testo ebraico — fra poco, io farò tremare i cieli, la
terra». Ed ecco la traduzione quasi alla lettera, che ne dà Gesù: « Ancora una
volta farò tremare non solo la terra, ma anche il cielo ». La traduzione è
quasi identica, per lunghezza, al testo originale; ma differisce molto perché
Egli aggiunge parole di spiegazione: « Or questo ancora una volta indica la
rimozione delle cose scosse, come di cose fatte, onde sussistano quelle che non
sono scosse » (Ebrei 12:26, 27). Nel testo ebraico di Aggeo sono solo 9 parole:
nella citazione greca, sono dodici; nella traduzione inglese, tredici; nella
spiegazione intera che ne dà la Scrittura ne abbiamo ben 42.
La constatazione che la traduzione può essere molto più
lunga dell'originale, mi richiama alla mente quel che accadde qualche anno fa,
mentre in Svizzera prendevo parte ad una Convenzione. L'oratore parlava in
inglese e le sue parole venivano tradotte contemporaneamente in francese e in
tedesco, Si notò ben presto che la traduzione tedesca era spesso più lunga di
quella francese. Il motivo fu spiegato da uno Svizzero che conosceva bene l'una
e l'altra lingua: ci disse che l'interprete tedesco aggiungeva spesso delle
parole di spiegazione, parole che riteneva necessarie per la migliore comprensione
del messaggio. La sua era dunque non una traduzione, ma una vera
interpretazione.
Naturalmente il Dono della Interpretazione potrebbe essere,
e alle volte lo è realmente, una traduzione letterale del messaggio dato in
lingua, ma in altri casi potrebbe essere una vera libera spiegazione. Lo
Spirito Santo è padrone di usare le parole che ritiene più adatte. Sono stati
citati casi in cui qualcuno dei presenti conosceva la lingue nella quale veniva
dato il messaggio soprannaturale. Questa persona poteva verificare l'esattezza
della interpretazione che ne veniva data da chi possedeva il Dono della Interpretazione.
Spessissimo questa corrispondeva perfettamente alla lingua del messaggio: si
trattava quasi sempre di una traduzione molto letterale. Il significato poi
era sempre identico.
L'altra ragione per cui l'interpretazione potrebbe avere una
lunghezza molto maggiore del messaggio in lingua va ricercata nel fatto che chi
interpreta è spesso rivestito anche del Dono della Profezia. Egli potrebbe aggiungere
alla interpretazione del messaggio in lingue qualche cosa che gli viene
rivelata direttamente dallo Spirito. Sarebbe meglio forse che, per quanto è
possibile, tra i due messaggi ci fosse una netta separazione. La loro unione
potrebbe causare una certa confusione nella mente di quelli che, non preparati,
si trovassero per caso presenti. Ma non siamo noi che dobbiamo dettare leggi in
questa materia nella quale lo Spirito Santo è padrone assoluto.
Un'altra difficoltà potrebbe sorgere contro questo Dono
dalle parole di Paolo: « E uno interpreti » (1 Corinzi 14:27). Alcuni
sostengono che con queste parole Paolo vorrebbe autorizzare la pratica
d'incaricare qualcuno della chiesa ad esercitare l'ufficio di Interprete. Non
mancano quelli che in queste parole vedano un senso molto più ampio. La parola
greca che qui viene tradotta per « uno » è « eis », cioè un aggettivo numerale.
E' lo stesso aggettivo numerale che viene usato all'inizio della frase: « Se
c'è chi (qualcuno) parla in altra lingua, siano due o tre al più, a farlo ».
Quale è dunque il vero significato delle parole dell'apostolo?
Il numerale « uno » (« eis ») è messo in contrapposizione
con due o tre che parlano in lingua. Egli vuole evitare che nello stesso tempo
si abbiano nella chiesa due o più spiegazioni dello stesso messaggio. Non si
preoccupa quindi di porre l'accento sul fatto che nella chiesa ci sia chi
interpreti il messaggio, ma che ci sia uno solo e non due o tre che lo facciano.
Non vuole assolutamente che il messaggio sia interpretato da più persone nello
stesso tempo. Il versetto 27 potrebbe essere parafrasato in questo modo: « Se
c'è chi parla in lingua, in ogni riunione parlino solo uno, due o al massimo
tre; dovranno farlo poi uno dopo l'altro e non contemporaneamente. E ci sia una
persona, e non più di una, che interpreti, volta per volta, quello che viene
detto in lingua ».
Questa spiegazione o interpretazione del passo si ricava
anche dal resto del capitolo: « Perciò — dice Paolo in questo capitolo — chi
parla in altra lingua preghi di poter interpretare ... e così poiché siete
bramosi de' doni spirituali, cercate di abbondarne per l'edificazione della
chiesa » (1 Corinzi 14:12, 13): Sembra dunque che il piano di Dio vorrebbe che
tanti ricevessero il dono dell'interpretazione quanti hanno ricevuto quello
delle lingue. Limitare due o tre interpretazioni ad una stessa persona,
significherebbe eliminare gli altri, che così non avrebbero l'opportunità di
esercitare il loro Dono.
Nell'ordine paolino: « Uno interpreti! », è chiaro un
duplice scopo: primo, evitare ogni rivalità nell'uso di questo Dono divino:
anche se fossero stati due o più che potevano dare la spiegazione di un
messaggio in lingua. uno solo doveva farlo; gli altri dovevano tacere. Non
dovevano esserci due o più tentativi di spiegazione dello stesso messaggio. E
sembra che proprio questo avvenisse nella chiesa di Corinto. Ecco forse perché
l'apostolo è costretto a dire: « che dunque, fratelli? Quando vi radunate,
avendo ciascun di voi... una interpretazione facciasi ogni cosa per
l'edificazione della chiesa » (1 Corinzi 14:26). L'apostolo si preoccupa e li
riprende per la tendenza che mostrano alla competizione: tra di loro c'erano
certamente quelli che cercavano di far prevalere la propria interpretazione.
E' certo che alcuni hanno il Dono della Interpretazione in modo molto più
evidente di altri, e quando questi odono spiegazioni del messaggio divino,
sono tentati a darne una più ampia e chiara spiegazione. Ma dovevano ricordare
le parole di Paolo: « se una rivelazione è data ad uno di quelli che stanno
seduti, il precedente si taccia » (1 Corinzi 14:30).
« Il Signore non vuole che nell'esercizio di questi Doni
celesti ci sia competizione alcuna: Egli concede generosamente uguale unzione
ed efficacia ai messaggi che vengono diffusi con celeste, alta eloquenza, e a
quelli che sono espressi con semplicità e umiltà ». Così ci dice Harold Horton
nella sua opera « I Doni dello Spirito ».
L'altro fine che potrebbe essere nascosto nelle parole di
Paolo. « Uno interpreti », è forse quello di assicurare che le « lingue »
quando sono giustamente usate, abbiano sempre qualcuno che le interpreti.
Nelle parole « Uno interpreti », lo Spirito Santo ci premonisce contro
un'eventuale futura negligenza relativa alla interpretazione dei Suoi
messaggi.
Per evitare l'una e l'altra evenienza, lo Spirito di Dio
dice: « Uno interpreti » e anche: « Se una rivelazione è data ad uno di quelli
che stanno seduti, il precedente si taccia ».
A questo proposito, è degno di nota il fatto che la
Scrittura non parla di ufficio di Interprete: ci sono uffici di apostolo, di
profeta, di evangelista, di pastore e dottore, di anziano, di diacono (Efesini
4 :11 e 1 Timoteo 3:1, 10), ma in nessun luogo leggiamo che ci sia un ufficio
d'interprete.
Per concludere questo argomento, dovremmo dire che sia la
ragione che la prudenza consigliano che nella Chiesa il Dono della
Interpretazione delle Lingue venga concesso a persone di « provata » virtù, di
grande fedeltà al Signore.
Questo ci porta a dire che il Dono delle Lingue e il Dono
della Interpretazione dovrebbero essere posti in atto solo quando lo Spirito
Santo spinge e solo quando la Sua divina unzione si fa sentire. L'unzione
divina sarà così su colui che parla in Lingua e su quello che interpreterà il
messaggio. Ricordo che qualche anno fa una persona mi diceva che quanto sentiva
su di sè la potenza dello Spirito e non sapeva se doveva o no ministrare per
mezzo del Dono delle Lingue, si rivolgeva al Signore per chiederGli di aumentare
la sua divina unzione nel caso che fosse messo in atto il Suo Dono divino. Il
alcuni casi sentiva che la potenza cresceva fino al punto da non poter fare a
meno di parlare, e parlava in lingue sotto la potente spinta dello Spirito
Santo. Questo è il parlare in lingue, questa è l'interpretazione che innalzano
la comunità ad una vera, grande adorazione spirituale, adorazione impossibile a
raggiungersi per mezzo della preghiera e della lode che sorgono spontanee dal
nostro cuore umano.
(3) Regole per l'uso del dono delle lingue.
Per concludere questo nostro studio è necessario dire
qualcosa circa l'uso del Dono delle Lingue e del Dono della loro
Interpretazione. Il capitolo quattordicesimo della Prima Corinzi è destinato
evidentemente a disciplinare l'uso di questi due Doni, che, essendo più
frequentemente distribuiti, richiedevano più del necessario tempo ed interesse
nella Comunità di Corinto.
Prima di tutto si dovrebbe notare che l'uso pubblico di
questi due Doni dovrebbe essere limitato alle assemblee composte da credenti,
cioè, alla riunione di adorazione della domenica mattina, alla riunione di
preghiera, alla rinuione settimanale di studio biblico. Non dovrebbero essere
usati nel servizio evangelistico della domenica sera, né in altre pubbliche
assemblee dove potrebbero essere presenti persone non ancora convertite.
Per dimostrare ciò basterebbe notare con quanta frequenza
viene usata in questo capitolo la parola « chiesa ». Essa appare almeno nove
volte, ed è la traduzione del termine greco « ecclesia », che significa
«raccolta», « chiamata ». Forse non è necessario far notare che questa parola
si riferisce a coloro che sono stati « chiamati », « tirati fuori » dal peccato,
dal mondo maligno, per divenire « credenti e seguaci » del nostro Signore Gesù
Cristo. E' chiaro dunque che l'apostolo parlava delle riunioni o assemblee alle
quali tutti i « chiamati », cioè « tutti i credenti » dovevano prender parte.
Ecco alcuni passi nei quali appare la parola « chiesa » :
« Chi
profetizza edifica la Chiesa » (v. 4).
« A meno che
egli interpreti, affinché la Chiesa ne riceva edificazione (v. 5).
« Cercate di
abbondarne per l'edificazione della Chiesa » (v. 12).
« Ma nella
Chiesa preferisco dir cinque parole intelligibili » (v. 19).
« Quando
dunque tutta la Chiesa si raduna assieme » (v. 23).
« E se non v'è
chi interpreti, si taccino nella Chiesa » (v. 28).
Dovremmo ricordare che nei primi tempi del cristianesimo le
riunioni interne non avvenivano esattamente come ai nostri giorni. Le riunioni
frequentate solo da credenti, si tenevano ordinariamente, in case private.
Spesso troviamo la espressione « la Chiesa, che è nella tua casa » (Filippesi
2), o « la Chiesa che è nella loro casa » (Romani 16 :5). I primi cristiani, in
genere, non erano ricchi e forse non avevano la possibilità di acquistare dei
locali per le riunioni. Essi si riunivano quindi soprattutto per adorare e per assistere
alla « frazione del pane », e questo avveniva in case di singoli fedeli. Dopo
la Pentecoste, continuarono « tutti i giorni essendo di pari consentimento
assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo
assieme con letizia e semplicità di cuore » (Atti 2 :46). Conybeare ed Howson,
scrivendo della chiesa primitiva, dicono :
« Le riunioni dei primi convertiti non avvenivano solo in
determinati giorni della settimana. Esse erano molto frequenti e alle volte
anche giornaliere. I cristiani giudei si raccoglievano prima in alcune corti
del tempio, dove potevano attendere alla preghiera e all'insegnamento che
veniva impartito da Pietro e da Giovanni. Poi le case private di alcuni
cristiani più ricchi si aprirono per dare ai fratelli l'opportunità di
riunirsi. Essi vi si raccoglievano nelle stanze più al te e segrete e
chiudevano bene le porte per timore dei Giudei. La forma esterna e l'ordine di
quelle riunioni d'adorazione erano certo molto diverse dalle nostre per il
fatto che moltissimi dei presenti erano sotto la miracolosa unzione dello
Spirito Santo. Alcuni erano pieni di ispirazione profetica ; altri erano spinti
ad esternare i loro sentimenti estatici mediante il Dono delle Lingue «
secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi ».
Quello che noi oggi chiameremmo servizio evangelistico era
tenuto al mercato o in altri luoghi dove si raccoglieva della gente. Potremmo
pensare così alle nostre riunioni all'aperto o alle campagne di predicazione
di Wesley e Whitefield. Paolo non avrebbe certamente consigliato di parlare in
lingue in simili luoghi ; e non leggiamo in nessuna parte che lo abbia fatto
lui nelle sue pubbliche predicazioni del Vangelo. Questo, nonostante che l'apostolo
potesse vantarsi di « parlare in lingue » più di ogni altro. Tutto ciò dovrebbe
dirci che il Dono delle Lingue e quello della Interpretazione delle medesime
sono destinati principalmente all'edificazione della Chiesa. Non abbiamo alcun
accenno che questi Doni siano stati usati in riunioni evangelistiche. L'unico
esempio in cui il Dono delle Lingue viene usato come « segno » per i non
credenti lo abbiamo nella iniziale, grande effusione dello Spirito Santo il
Giorno della Pentecoste e, come è già stato detto, in questo caso le lingue
erano conosciute dagli ascoltatori. Perciò, nella Sua piena sovranità. lo
Spirito Santo, potrebbe, in date occasioni, parlare per mezzo di qualcuno in
una lingua sconosciuta, se desidera dare con ciò un « segno » particolare a un
incredulo che si trova nella riunione. In tal caso, però, come avvenne nel
Giorno della Pentecoste, la lingua usata per il messaggio divino dovrebbe
essere una lingua conosciuta dalla persona che non crede e dovrebbe essere
compresa da questa senza bisogno di alcuna spiegazione o interpretazione da
parte di altri.
In secondo luogo, il Dono delle Lingue dovrebbe essere
controllato responsabilmente. Dovremmo tenere sempre in mente che quando Dio
concede questo Suo Dono, come del resto ogni altro Suo Dono, esso diventa
nostro e potrebbe essere usato bene o male, come tutti gli altri doni naturali
che possediamo. Anche il cibo e il fuoco sono doni di Dio e della natura ; di
questi doni possiamo farne l'uso che vogliamo : potremmo servircene bene o
male. E' necessario persuaderci che il Dono non è meno autentico e prezioso
perché possiamo servirci male di esso. La Scrittura ci fa conoscere un caso di
cattivo uso di questo Dono. « Quando dunque tutta la chiesa si raduna assieme —
scrive l'apostolo — se tutti parlano in altre lingue, ed entrano degli
estranei o dei non credenti, non diranno essi che siete pazzi »? ( 1 Corinzi 14
:23 ). E' evidente : i credenti della chiesa di Corinto avevano bisogno di un
concetto migliore, di un concetto più santo circa l'uso e il ministerio di
questo Dono. Vediamo dunque che Dio nel concedere i Suoi Doni soprannaturali
non toglie all'uomo la facoltà di controllarsi. Egli dà la Sua unzione divina e
poi lascia la effusione di questa alla santificata saggezza di un cuore che è
in comunione spirituale con lo Spirito Santo. Se sappiamo attendere l'unzione
dello Spirito, tutto sarà fatto secondo il Suo ordine divino e la Sua divina
volontà. Parlare senza la divina unzione, anche se materialmente possibile,
non avrà alcuna utilità spirituale ; significherà privarsi della divina
benedizione.
In alcuni casi, quelli che hanno parlato non attendendosi
esattamente a quel che stabilisce la Scrittura, si scusano col dire di non
aver potuto farne a meno, ma devono stare attenti a non dimenticare
l'ammonizione severa della Parola di Dio che dice : « Gli spiriti de' profeti
son sottoposti a' profeti » (1 Corinzi 14 :32).
I Doni Pentecostali sono dunque ben diversi dalla
esaltazione, dallo stato di trance, dal fanatismo delle false religioni ; in
queste cose la persona perde il controllo di se stessa, perde coscienza di quel
che sta facendo o dicendo ; mentre la manifestazione dei Doni spirituali
concessi dallo Spirito Santo avviene o almeno deve avvenire con assoluta
responsabilità, nel pieno controllo di se stessi. Per questo, quando nella
riunione si sono avuti due o tre messaggi in lingua, secondo la Scrittura,
nessuna unzione dovrebbe apparire un incoraggiamento a darne un quarto. Il più
della unzione che si avverte deve ripiegare nella preghiera, nella lode, nella
fede, nel ministerio di questo o quel Dono divino, piuttosto che violare un
preciso comando della Parola di Dio.
Terzo. Il Dono delle Lingue non dovrebbe essere usato
affatto se nell'assemblea non è presente un interprete. « E se non v'è chi
interpreti, dice la Scrittura — si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi
o a Dio » (1 Corinzi 14:28). Cioè, chi sentisse in sé l'unzione divina la
riversi nel canale della preghiera e della lode.
E' stato chiesto alle volte come fa uno che possiede il Dono
delle Lingue ad accorgersi se nell'assemblea c'è un interprete? Non è
necessario che prima parli per accorgersene? La risposta a questa difficoltà
potrebbe essere triplice : 1) Si potrebbe dire che se la persona attende
davvero la precisa unzione dello Spirito Santo prima di parlare in lingue, non
ci sarà mai pericolo di agire contro l'ordine divino, perché lo Spirito Santo
sa molto bene se nella assemblea c'è o non c'è un interprete ; 2) La Scrittura
stessa provvede per una tale circostanza quando dice : Chi parla in lingua,
preghi di poter interpretare » (1 Corinzi 14 :13), nel caso quindi che non ci
fossero altri interpreti, potrebbe farlo quello stesso che dà il messaggio in
lingua ; 3) Il ministerio del Dono delle Lingue generalmente dovrebbe essere
riservato a persone della Chiesa che siano di « provata » fedeltà. Essi
naturalmente conosceranno se tra i fratelli presenti ci sia o no uno che abbia
il Dono della Interpretazione.
Quarto. Il numero dei messaggi in lingua che possono essere
comunicati in una riunione non dovrebbe mai superare il tre. La Scrittura dice
: « Se c'è chi parla in altra lingua, siano due o tre al massimo » (1 Corinzi
14 :27).
Essa dice che debbono parlare « uno dopo l'altro », e con
ciò indica chiaramente che non dovrebbe essere mai tollerata alcuna confusione
o dell'egoismo nell'esercizio di questo Dono soprannaturale. Se tre persone
debbono condividere il privilegio di essere « portavoce » del messaggio divino,
è evidente che ciascuna di esse deve parlare una sola volta. Certo, lo Spirito
Santo è Padrone di servirsi di un solo canale ; non è affatto tenuto a spezzare
in due o tre parti il Suo messaggio.
Ancora un pensiero : Lo Spirito Santo ha detto espressamente
che in alcuni casi nella chiesa ci saranno due o tre persone con il Dono delle
Lingue e con il messaggio divino da comunicare. E' naturale che in questo caso
si deve aspettare l'ispirazione dello Spirito prima di dare il secondo e poi il
terzo messaggio.
Quinto. Colui che parla in lingua nuova è espressamente
invitato a chiedere a Dio di poter interpretare il messaggio che ha dato in
lingua. « Perciò — dice la Scrittura — chi parla in altra lingua, preghi di
poter interpretare » (1 Corinzi 14 :13). Da questo possiamo ricavare che Dio
non desidera e non vuole che il Suo messaggio o il Dono che ha concesso resti
inutilizzato. Mentre si preoccupa che nella Chiesa non venga usato il Dono delle
Lingue se non vi è chi possa interpretare il messaggio, pensa anche a ordinare
a chi possiede il primo di chiedere eventualmente anche il secondo Dono. In
tal modo il Dono delle Lingue sarà sempre unito a quello della loro Interpretazione.
Il primo quindi non resterà mai senza il suo effetto o inoperoso.
« Oh profondità della scienza e sapienza divina ! Come sono
imperscrutabili i Suoi giudizi ! Quanto meravigliose le Sue vie » !
Vedendo dunque che chi parla in altra lingua è invitato a
pregare per darne la interpretazione, possiamo ricavarne che non agirebbe
contro la Scrittura colui che interpretasse il messaggio che ha dato. D'altra
parte però dobbiamo tener presente che la Parola di Dio si mostra propensa
alla divisione e compartecipazione di molti nel ministerio di questo Dono. E'
lecito concludere dunque che non è antiscritturale parlare in lingua e dare
l'interpretazione del messaggio, ma è meglio, più generoso, umile e
altruistico, lasciare ad altri l'interpretazione del messaggio che è stato
dato in lingua. Naturalmente, questo quando nella chiesa è presente un
interprete, perché, nel caso di assenza di questi, il Signore stesso vuole che
il messaggio divino sia detto e interpretato dalla stessa persona.
Sesto. In qualche caso il Dono delle Lingue viene dato non
per parlare agli uomini ma a Dio « Chi parla in altra lingua, non parla agli
uomini, ma a Dio » (1 Corinzi 14 :2). Da questa espressione è stato dedotto che
il parlare in lingue non dovrebbe essere considerato come un messaggio da parte
di Dio, e l'interpretazione che si dà di quanto viene detto in lingua dovrebbe
essere espresso sotto forma di preghiera e di lode a Dio, non di esortazione.
Non è difficile rispondere a questa difficoltà : basterebbe osservare attentamente
il versetto in questione : « Perciò — dice la Scrittura —chi parla in altra
lingua non parla agli uomini, ma a Dio ; poiché nessuno l'intende, ma in
ispirito proferisce misteri ». La ragione quindi per cui chi parla in altra
lingua « non parla agli uomini », è nel fatto che nessuno l'intende; e la
ragione per cui si dice che egli parla a Dio, è nel fatto che « parla in
ispirito ».
Nel seguito del capitolo abbiamo un pisso parallelo : « Se
non v'è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio
» (1 Corinzi 14 : 28).
E' evidente che sarebbe impossibile parlare
contemporaneamente a se stessi e a Dio. Il senso di queste parole è che, quando
nella chiesa non è presente un interprete, chi ha il Dono delle Lingue dovrebbe
servirsi di esso in modo tanto sereno e silenzioso che possa avvertirlo solo
lui e Dio.
Si deve pensare dunque che anche quando dice che « chi parla
in altra lingua, deve parlare a sé e a Dio », la Scrittura intende dire che il
Dono dovrebbe essere usato in modo che solo Dio e chi lo possiede siano al corrente
di quel che avviene. Non essendoci infatti un interprete, esso sarebbe solo di
confusione ; gli uomini non lo capirebbero, e non è quindi per parlare a loro
che è stato dato. La capirebbe bene Dio, ed è questo il fine che in tal caso
avrebbe il Dono : parlare a Dio.
Se leggiamo ancora il pensiero della Scrittura diverrà anche
più chiaro. Il Dono delle Lingue, se è accompagnato a quello della
Interpretazione, viene considerato dalla Bibbia come il Dono della Profezia. «
Io • bdin vorrei — dice Paolo — che tutti parlaste in altre lingue ; ma molto
più che profetaste ; chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a
meno ch'egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione » (1 Corinzi
14:5).
Ora se i due Doni delle Lingue e della Interpretazione sono
uguali al Dono della Profezia, debbono essere considerati della stessa natura e
allo stesso livello. E poiché chi « profetizza parla agli uomini un linguaggio
di edificazione, di esortazione e di consolazione », (1 Corinzi 14:3), la
stessa cosa dobbiamo dire di colui che parla in altra lingua e dà
l'interpretazione del suo stesso messaggio.
E questi due Doni dello Spirito Santo non sono davvero meno
importanti di quello della profezia nell'offrire alla chiesa edificazione e
conforto. Ecco le parole stesse della Scrittura : « Anche voi, poiché siete
bramosi de' doni spirituali, cercate, di abbondarne per l'edificazione della
chiesa. Perciò, chi parla in altra lingua, preghi di poter interpretare » (1
Corinzi 14 : 12, 13).
Si potrebbe anche dire che sebbene i messaggi in lingua
consistano in preghiera e lode a Dio, lo Spirito Santo dandone una appropriata
interpretazione potrebbe rendere intellegibile la stessa lode la stessa
preghiera. E' evidente quindi che « pregare » con lo Spirito ; « benedire » con
lo Spirito ; « rendere grazie » con lo Spirito (1 Corinzi 14:15-17), rientra
nella manifestazione del Dono.
Quando i centoventi magnificavano Dio nel Giorno della
Pentecoste, il loro esaltare « le opere meravigliose di Dio » fu come un
messaggio per i pii Giudei che erano presenti. Quando Habacuc diceva : « Tu che
hai gli occhi troppo puri per sopportar la vista del male e che non puoi
tollerare lo spettacolo dell'iniquità » (Habacuc 1 :13) non dava un messaggio
sulla santità di Dio, anche se si rivolgeva direttamente a Lui?
In tal modo possiamo vedere che l'insegnamento della
Scrittura sul fatto delle Lingue è chiarissimo: esso potrebbe prendere la forma
di preghiera, di benedizione, di ringraziamento, di edificazione di
esortazione o consolazione, e in tutte queste forme esse, per essere conformi
alla volontà dello Spirito Santo, debbono servire ad edificazione della Chiesa,
mediante una adatta interpretazione.
Infine, lo Spirito Santo dice : « Fratelli,... non impedite
parlare in altre lingue » (1 Corinzi 14:39). Questo non significa naturalmente
che dobbiamo permettere un uso disordinato del Dono delle Lingue, ma che questo
Dono benedetto non deve essere vietato e neppure ostacolato nell'adorazione
della chiesa. Che cosa avrebbero da dire ora i critici? Come potrebbero avere
delle difficoltà contro questo meraviglioso Dono dello Spirito Santo? Quanto
sono lontani dal piano divino i servizi religiosi dei nostri giorni !
« Fratelli, — dice l'apostolo Paolo — bramate il profetare,
e non impedite il parlare in altre lingue » (1 Corinzi 14 :39).
Il nostro compito è finito ; lo studio su questi
meravigliosi e miracolosi Doni dello Spirito, sebbene incompleto, è terminato.
Se qualcosa di ciò che è stato scritto spingesse il lettore a « desiderare o
bramare » i doni migliori ; se qualcuno, dopo questa lettura, si sentisse
spinto a prendere in mano la bandiera della Pentecoste, a tenerla stretta e
bene in alto, nonostante gli attacchi e le persecuzioni, chi scrive ha
raggiunto pienamento il suo scopo. Se la Chiesa di Gesù Cristo vuol divenire «
terribile come un esercito schierato a battaglia », deve rivestirsi di potenza
Pentecostale ; deve arricchirsi ed armarsi dei nove Doni soprannaturali. Allora
essa sarà vittoriosa ; e porterà la libertà a coloro che oggi sono nelle
tenebre, nel fango, nel peccato. Sorgi, dunque, levati nella potenza del tuo
Signore, o dubbioso, esitante, debole, disperato figlio di Dio ! Indossa
l'armatura del tuo Signore e sappi che « nessun'arma fabbricata contro di te
prospererà e ogni lingua che sorgerà in giudizio contro di te, tu la
condannerai. Tale è l'eredità dei servi dell'Eterno, e la giusta ricompensa che
verrà loro da me, dice l'Eterno » (Isaia 54:17).
RIEPILOGO
Tiriamo la conclusione di tutto questo nostro studio.
Il Battesimo nello Spirito Santo è la grande caratteristica
del Cristianesimo ; la caratteristica che viene posta davanti ai nostri occhi
nelle pagine del Nuovo Testamento. Ora, però, generalmente parlando, il
Cristianesimo attualmente potrebbe essere paragonato alla esperienza pre pentecostale;
dovrebbe esserci dunque un cristianesimo che corrispondesse a quella post-pentecostale.
I cristiani sono, per solito, privi di fede viva ; non hanno quella certezza
interiore, quella piena convinzione interna, e nella loro vita esteriore non
manifestano la fede soprannaturale che dovrebbe essere in loro.
L'uomo — dice uno scrittore — ha bisogno di potenza. E chi non ha potenza non serve... L'uomo deve avere potenza. Questa è la sua necessità suprema. Egli non potrebbe essere mai quello per il quale è stato fatto ; non potrebbe far mai quello che dovrebbe fare, senza il diritto di comandare
L'uomo — dice uno scrittore — ha bisogno di potenza. E chi non ha potenza non serve... L'uomo deve avere potenza. Questa è la sua necessità suprema. Egli non potrebbe essere mai quello per il quale è stato fatto ; non potrebbe far mai quello che dovrebbe fare, senza il diritto di comandare
e la forza di
eseguire. Il Dono della potenza è l'ultima promessa di nostro Signore ; la
prima dichiarazione dello Spirito : « Riceverete potenza quando lo Spirito
Santo verrà su voi ».
Il Dono dello Spirito è Dono di potenza, per una efficace
testimonianza, per la santità della vita, per un servizio pieno di
consacrazione. Essa dà autorità, attitudine e forza nel parlare. Il Giorno
della Pentecoste essi parlavano secondo che lo Spirito dava loro di
esprimersi. Parlavano con autorità, certezza e potenza, perché erano sotto
un'esperienza spirituale in cui la verità rivelata era interpretata dallo
Spirito Santo.
Se non è questa l'esperienza che abbiamo noi, se non è
questo il genere di cristianesimo che vediamo attorno a noi, deve esserci
qualcosa che non va, qualche difetto, qualche errore. Tutto ciò che non
corrisponde a quanto abbiamo detto, è un cristianesimo difettoso. Anche un
simile cristianesimo potrebbe essere vero e reale, nel suo genere e nel suo
grado, ma non c'è motivo per cui dobbiamo contentarci di esso e delle sue
manchevolezze. Esso non è proprio quello voluto dalla Scrittura.
Lettore, « hai ricevuto lo Spirito Santo quando hai creduto
»? (Atti 19:2). Se non lo hai ricevuto, sotto voce ma con tutto l'animo, vorrei
dirti che tu cerchi di fare quel che Dio non ti ha mai detto di fare : tu
vorresti vivere una vita cristiana senza l'aiuto dello Spirito e della Sua
potenza. Sei soddisfatto della tua esperienza cristiana? Sei un fedele
testimone della potenza di Cristo e della Sua capacità di soddisfare e
salvare? Sei un operaio personale, un testimone e un conquistatore di anime a
Lui? Se non sei nulla di tutto questo, « resta in attesa... finché dall'alto
sia tu rivestito di potenza » (Luca 24 :49). FINE
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