venerdì 20 dicembre 2013

LE VITTORIOSE CERTEZZE DÌ DAVIDE

  “e tutta questa moltitudine riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia per salvare; poiché l'esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed egli vi darà nelle nostre mani”1Samuele 17:47.



Quante battaglie il credente deve combattere, ma il nemico è sempre e solamente uno, il Diavolo. Davide nella sua avventurosa vita affronterà diversi nemici e una cosa ci trasmette dalla sua esperienza, il nemico si affronta con armi diverse, armi non convenzionali, con la fede nell’Iddio onnipotente che decide le sorti della battaglia dando vittorie impossibili da ottenere diversamente. Nel caso descritto contro Goliat, vediamo come tutto un popolo, Saul compreso, dice la scrittura:
“…. rimasero sgomenti ed ebbero gran paura” 1Samuele 17:11, ed in un certo senso avevano ragione di avere paura e vediamo perché:
        -        primo perché avevano di fronte un gigante
        -        secondo perché chi avrebbe affrontato il gigante si prendeva una responsabilità enorme
        -        terzo perché si erano dimenticati che potevano confidare in Dio
Davide aveva superato brillantemente tutte e tre le fasi e forte del coraggio che si ottiene dall’avere fede in Dio e va incontro al gigante Goliat e incontro a una grande vittoria.

         1)      VINCERE LA PAURA DEL GIGANTE
Il gigante Goliat viene descritto come un uomo alto circa tre metri, un campione, un guerriero con tanto di armatura, un elmo di bronzo, una corazza a squame del peso di cinquanta chili, delle gambiere di bronzo e un giavellotto (una lancia) composta da un manico robusto come un subbio di tessitore e una punta di ferro che pesava sei chili; in oltre aveva uno scudo portato da uno scudiero che lo precedeva, e la spada che Davide definisce: “Nessuna è pari a quella” 1Samuele 21:9. Detto ciò possiamo comprendere le paure che attanagliavano Saul e il suo esercito, ma cosa invece aveva dato coraggio a Davide? Davide, a differenza di Saul, sentiva forte la benedizione di Dio nella sua vita per via dell’unzione che Samuele aveva effettuato poco tempo prima, tanto che, suo malgrado, aveva dovuto fare pratica, lui stesso ci racconta come aveva vinto contro un leone e contro un orso quando questi cercavano di portare via una pecora dal gregge che egli pasceva. Davide si sentiva protetto e nello stesso tempo animato da una forza diversa, la forza che procede da Dio. Come novello Davide, anche il cristiano deve vincere le paure del gigante, precisando che il gigante è il nemico spirituale delle anime nostre, il serpente antico, il diavolo. Egli è potente, e dispone di armi efficaci, ma questo non deve portare sgomento, l’arma per eccellenza nelle mani del nemico è proprio la paura, cercare di intimorire l’avversario è il primo passo per la vittoria, infatti un avversario impaurito è un avversario già vinto. Davide non si fa intimorire perché, come abbiamo accennato prima,  ha sperimentato per fede che la potenza di Dio è infinitamente superiore alla potenza del suo nemico. Non lasciamoci prendere dalla paura del gigante che c’è di fronte a noi, vinciamola perché Dio è dalla nostra parte.
Che diremo dunque riguardo a queste cose?Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?” Romani 8:31

         2)      VINCERE LA PAURA DELLE RESPONSABILITÀ.
Molto probabilmente, un’altra componente che lasciava alcuni dei presenti sgomenti, oltre la stazza del guerriero che avevano d’avanti, era dovuta al fatto che chi avrebbe affrontato il gigante avrebbe anche preso su di lui la sorte di vittoria o sconfitta dell’intero popolo, infatti nella sfida che sopraggiunge viene detto: “Egli dunque si fermò e, rivolto alle schiere d'Israele, gridò: «Perché uscite a schierarvi in battaglia? Non sono io il Filisteo e voi dei servi di Saul? Scegliete uno dei vostri e scenda contro di me. Se egli potrà lottare con me e uccidermi, noi saremo vostri servi; ma se io sarò vincitore e l'ucciderò, voi sarete nostri sudditi e ci servirete». Il Filisteo aggiunse: «Io lancio oggi questa sfida a disonore delle schiere d'Israele: Datemi un uomo e ci batteremo!»” 1Samuele 17:8-10. Come cristiani siamo chiamati a prenderci delle responsabilità, sapendo che Dio si aspetta da noi piena fiducia in Lui. Saul, alla stessa stregua di Davide, aveva ricevuto la stessa unzione e ne aveva sperimentato già da subito l’efficacia e la forza che ne scaturiva dall’essere un unto di Dio, ottenendo una vittoria straordinaria quando deve combattere la sua prima battaglia contro gli ammoniti. Saul avrebbe dovuto ricordarsi che lui poteva essere l’uomo giusto che doveva prendersi quella responsabilità, ma la sua posizione di disubbidienza l’aveva allontanato da Dio con risultato che la paura lo aveva lasciato sgomento. Siamo sinceri con noi stessi, molte delle nostre sconfitte sia materiali che spirituali sono date dal fatto che siamo lontani dal Signore e siamo coscienti che in quella condizione non possiamo prenderci delle responsabilità. Facciamo i passi giusti, mettiamoci apposto davanti al Signore, allora si che per fede possiamo prenderci delle responsabilità che sono più grandi di noi, andando incontro alla battaglia con rinnovata fiducia nell’Iddio vivente.
“Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono”Apocalisse 3:21.


          3)      VINCERE LE PAURE DELL’IGNOTO.
Tante volte il popolo di Israele ha dovuto superare delle evidenti difficoltà che incontrava nel suo cammino e per tante volte Dio ha dovuto lamentarsi del popolo che non riponeva in Lui la sua fiducia. Nella storia poco recente a quella raccontata, nel libro di Giosuè, vediamo come tutto un popolo viene punito proprio perché la paura dei giganti li aveva portati a considerare di tornare in Egitto, dimenticando tutti i miracoli che Dio aveva fatto prima di allora. Avevano pure dimenticato come per il valore di un uomo, Caleb, erano stati sterminati tutta una generazione di giganti, gli Anachin, che abitavano il monte di Ebron. Comprendiamo dunque che non avere fiducia in Dio equivale ad avere paura dell’ignoto, quel popolo al servizio di Saul, era disorientato e pauroso perché aveva perso la fiducia nel suo Dio. A volte il gigante da sconfiggere, per il cristiano è la paura del domani, l’incertezza che proviene nel non vedere un futuro roseo. Ci rendiamo conto che questo non solo è una bugia del nemico, ma anche l’evidenza che la nostra fiducia non giace completamente nel Signore. Davide non ha dubbi e lo dimostrano le parole che proferisce con sicurezza davanti al nemico: “Allora Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli eserciti, del Dio delle schiere d'Israele che tu hai insultate. Oggi il SIGNORE ti darà nelle mie mani e io ti abbatterò; ti taglierò la testa, e darò oggi stesso i cadaveri dell'esercito dei Filistei in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra; così tutta la terra riconoscerà che c'è un Dio in Israele,  e tutta questa moltitudine riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia per salvare; poiché l'esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed egli vi darà nelle nostre mani»”1Samuele 17:45-47. Davide non aveva paura se il domani poteva ancora avere un futuro perché la sua fiducia in Dio era totale. Il cristiano deve imparare a confidare pienamente nel suo Dio, il domani non ci appartiene perché appartiene a Dio.  L’apostolo Paolo aveva imparato bene la lezione, infatti anche se morso da una vipera non dubitò minimamente che Dio lo avrebbe liberato: “Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne patì alcun male” Atti 28:5.

   CONCLUSIONE
La storia ci racconta di un Davide che andò incontro al nemico dopo avere scelto con cura l’arma con cui doveva combattere, delle pietre di fiume che servivano ad armare la sua fionda. È vero che si era scelto con cura delle pietre di fiume, ma lui stesso dice e descrive un’altra arma ben migliore della sua fionda: “Allora Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli eserciti, del Dio delle schiere d'Israele che tu hai insultate” 1Samuele 17:45, l’arma era Dio stesso che combatteva per lui. Dio quel giorno diede una grande vittoria a Davide, infatti prese una umile pietra e la trasformo in un micidiale proiettile che andò a conficcarsi nella fronte del gigante Goliat, segnando così la sua definitiva sconfitta e la grande vittoria di Dio tramite Davide. La storia ancora oggi non cambia, quando poniamo fede nell’Iddio Eterno, succede che l’impossibile diventa possibile, succede che le nostre paure e le nostra incertezze svaniscono lasciando posto alla vittoria di Dio, succede che il nemico fugge davanti alle preghiere che mettiamo con fiducia nelle mani di Dio, trasformandole in armi micidiali per il nemico che ci sta di fronte. Impariamo ad avere fede.
A Dio sia la gloria

              GIACOMO ACETO


IL MIO PASTORE

"Il SIGNORE è il mio pastore, nulla mi manca" Salmo 23:1



Il salmista gioiva nel dire: "Il Signore è il mio pastore" e così considerava sé stesso una pecora del Suo gregge. Si tratta di un legame d'amore unico; come il pastore distingue una pecora
dalle altre, così Dio ha un rapporto personale con ogni credente. L'affermazione implica un rapporto di dipendenza: la pecora non può vivere né sopravvivere senza pastore. Da sole le pecore non sanno cercare pascoli sicuri, hanno bisogno d'aiuto. Predatori, roveti, aridità e dirupi le distruggerebbero sicuramente. È il pastore che le protegge, che le conduce a "riposare in pascoli verdeggianti". Lui le guida in un luogo di completo ristoro, durante il giorno e anche di notte. Davide, lo scrittore, aveva trovato il pascolo e la piena salute dell'anima, dove l'in­soddisfazione scompare, dove la fede è cibata, nella certezza profonda che Dio, in ogni tempo, dona ai Suoi figli tutto ciò di cui hanno veramente necessità.
Amico, anche tu hai bisogno delle cure divine di Cristo che ti dice: "Il buon pastore dà la sua vita per le pecore ... Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me" (Giovanni 10:11, 14). Lascia che la tua vita sia piena della Sua presenza, affidala a Lui in ogni cosa e nulla ti mancherà!

ADI Media 

LA BENEDIZIONE DELL'UBBIDIENZA

"... così dice il SIGNORE, Dio d'Israele: La farina nel vaso non si esaurirà e l'olio nel vasetto non calerà, fino al giorno che il SIGNORE manderà la pioggia sulla terra" (I Re 17:14)



Il Signore aveva ordinato a una vedova dell’odierno Libano, di dar da mangiare al profeta Elia. Il profeta andò, secondo la Parola di Dio, e la trovò alla porta della città, mentre raccoglieva legna secca per cuocere tutto ciò che gli era rimasto, un pugno di farina ed un po' d'olio, quale ultimo pasto per lei e suo figlio, prima di morire insieme di fame. Perché Dio aveva ordinato ad una povera vedova di sfamare il profeta Elia e non ad un re o ad una famiglia benestante? Perché quando il Signore ci chiede qualcosa è sempre per benedirci e per cambiare la nostra prospettiva di vita. Egli non ci chiede mai qualcosa per privarci del nostro necessario ma, come nel caso di questa vedova, per farci porre interamente su Lui la nostra speranza, per provare la nostra ubbidienza e quindi supplire ad ogni nostro bisogno "... secondo le sue ricchezze in Cristo Gesù" (Filippesi 4:19).
Poniamo tutta la nostra fiducia nel Signore e diamo sempre, di ogni cosa, prima a Lui ciò che ci chiede, senza esitare. Così facendo scopriremo che nella nostra vita, per quanto dura sia la carestia intorno a noi, non mancherà mai il pane della Sua Parola e l'olio del Suo Spirito Santo.


ADI Media 

lunedì 2 dicembre 2013

LA PRESENZA DÌ DIO

   
            

     Atti 4:23-31 
31 Rimessi quindi in libertà, vennero ai loro, e riferirono tutte le cose che i capi dei sacerdoti e gli anziani avevano dette. 24 Udito ciò, essi alzarono concordi la voce a Dio, e dissero: «Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; 25 colui che mediante lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro padre:
"Perché questo tumulto fra le nazioni, e i popoli meditano cose vane? 26 I re della terra si sono sollevati,
i principi si sono riuniti insieme contro il Signore e contro il suo Cristo".
27 Proprio in questa città, contro il tuo santo servitore Gesù, che tu hai unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme con le nazioni e con tutto il popolo d'Israele, 28 per fare tutte le cose che la tua volontà e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. 29 Adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua Parola in tutta franchezza, 30 stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù».  31 Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con franchezza.

Leggendo questo passo, penso che a ogni cristiano viene la voglia di poter essere presente a quelle riunioni dei primi cristiani in cui la presenza di Dio era così tangibile che veramente si sentivano tremare i luoghi dove erano radunati. A pensarci bene, ancora oggi un vero cristiano dovrebbe desiderare che la presenza di Dio fosse così intensa e viva da far comprendere che il nostro Dio è presente. Un credente veramente impegnato si può raffigurare a un uomo veramente affamato che non si accontenta dell’odore del cibo, ma vuole sedersi a tavola e mangiare abbondantemente fino a saziarsi, una vita apatica e priva della presenza dello S. Santo non si addice a un vero credente. I cristiani del primo secolo avevano gustato la vera presenza dello S. Santo in loro e per loro era naturale vederlo all’opera, molto probabilmente si meravigliavano quando Egli non si manifestava che quando si manifestava tangibilmente come abbiamo letto nel passo di Atti. Tre aspetti del passo letto ci fanno comprendere cosa è importante realizzare come cristiani per gettare le basi per far si che lo S. Santo si manifesti come allora.

         1)      ESSERE CONCORDI
Al verso ventiquattro leggiamo “…, essi alzarono concordi la voce a Dio ..”, vorrei che ci soffermassimo su questo primo aspetto dello stare insieme, “erano concordi”. La parola concordi viene dal latino  concordare "essere concorde" e cioè armonizzarsi, coincidere, collimare, dimostrare accordo di idee, pertanto quando dice che alzarono concordi la voce a Dio, comprendiamo che la loro invocazione andava ben aldilà di una semplice preghiera corale, ma era la vera realizzazione di unità. Pertanto essere concordi vuol dire:

    a)      Pari consentimento, Gesù ha pregato a questo scopo per la chiesa, infatti leggiamo in Giovanni 17:11 “Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi”.
   b)      Unione di intenti che va aldilà di essere uniti sotto uno stesso tetto. In  Marco 3:24-25 leggiamo: “Se un regno è diviso in parti contrarie, quel regno non può durare. Se una casa è divisa in parti contrarie, quella casa non potrà reggere”.
   c)      Unione di scopi, che ci fa comprendere che abbiamo degli obbiettivi comuni da raggiungere e da combattere. Dobbiamo sempre ricordarci che il vero nemico nostro è unicamente il diavolo, infatti leggiamo in Luca 22:31 “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano …”

          2)      METTERE DIO AL PRIMO POSTO.
Sempre al verso ventiquattro, continuando lo scritto, leggiamo: “Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi …”, in queste semplici parole comprendiamo che quando pregavano, la prima cosa che facevano era mettere Dio la primo posto perché Egli era e continua ad essere il principio di ogni cosa. Dio li benediceva perché il metterLo al primo posto non era soltanto una formula di preghiera ma era una dimostrazione quotidiana di vera sottomissione e vero timore riverenziale a Lui, all’IDDIO Eterno. È importante comprendere e riconoscere che nella nostra vita Dio vuole sempre e unicamente il primo posto, nella nostra famiglia di continuo e soltanto il primo posto, nella nostra adunanza esclusivamente e perennemente il primo posto. Il secondo posto è già lontano dai suoi obbiettivi perché Lui si aspetta e vuole da noi vera riverenza e reale timore, in Ebrei 12:28 è scritto “Perciò, ricevendo un regno che non può essere scosso, siamo riconoscenti, e offriamo a Dio un culto gradito, con riverenza e timore!”.
Giobbe dovrebbe insegnarci che fino a quando non ci umiliamo davanti a Dio, tutto ciò che possiamo avere di spirituale è solo apparenza, infatti Dio permette la sua prova per far si che comprendesse e dicesse quelle belle parole che pronuncia al capitolo 42:1-6 “Allora Giobbe rispose al SIGNORE e disse: «Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno. Chi è colui che senza intelligenza offusca il tuo disegno? Sì, ne ho parlato; ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco. Ti prego, ascoltami, e io parlerò; ti farò delle domande e tu insegnami! Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l'occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere»”.

         3)      DESIDERARE FRANCHEZZA E POTENZA
Al verso 29 leggiamo: “Adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua Parola in tutta franchezza …”.  Dio ci vuole uniti (concordi) e vuole che mettiamo Lui al primo posto, ora vuole insegnarci l’importanza di parlare di Lui (annunziare la parola) con tutta franchezza, dove per franchezza dobbiamo intendere genuinità, lealtà, onestà, schiettezza, sincerità, e come se ciò non bastasse aggiunge al v. 30 stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù”, come dire “avvalora il nostro parlare con le opere potenti che solo Tu puoi fare nel nome di Gesù” . l’apostolo Paolo in 1Corinzi 2:3-5 afferma: “Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore; la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Il mondo è pieno di filosofi che hanno detto belle parole e esternato pensieri intriganti, ma Dio vuole che il vero credente parli quanto basta, con franchezza e poi faccia parlare Dio con la sua potenza. C’e un momento che è bene comprendere che le parole da sole non bastano, c’è bisogno di qualcosa di più, sempre l’apostolo Paolo in 1Corinzi 13:1dice: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo”. Senza l’amore ma anche la potenza di Dio, il nostro parlare risulta vuoto, privo di sostanza, appunto un risuonante cembalo.

      CONCLUSIONE
“Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con franchezza”.
Quanti ancora oggi desiderano che Dio si manifesti con potenza? Certamente Dio l’ha fatto e può farlo ancora oggi, ma Lui lo farà solo quando troverà le condizioni giuste per poterlo fare . noi siamo quelli che devono porre le basi per far si che Dio possa manifestare la sua gloria. Quando saremo veramente uniti, quando saremo veramente sottomessi a Lui, quando in noi si troverà veramente desiderio di franchezza e di potenza di S. Santo, allora aspettiamoci che ii luogo ancora oggi tremi per la presenza e la potenza di Dio.

A Dio sia la gloria
                              
                                                      GIACOMO ACETO


venerdì 29 novembre 2013

OBIETTIVI DIVERSI

"Subito dopo, Gesù obbligò i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva,
mentre egli avrebbe congedato la gente" [Matteo 14:22]



Gesù li obbligò ad andare! Quindi, c'erano le giuste premesse affinché quella missione fosse coronata da successo. Invece fu una disavventura, poiché s'imbatterono in un temporale mai
visto prima. A volte, ci siamo sentiti chiamati a seguire le direttive divine, prendendo certe di­rezioni obbligate. La consapevolezza che il Signore stesso ci avesse mandato, ci rendeva sicuri di raggiungere la meta nel migliore e più veloce dei modi. La calma, però, si è trasformata in tempesta, le onde hanno preso a sballottare e sommergere la barca e la nostra impresa ha rischiato di naufragare.
Quel comando divino era stato soltanto un'illusione o forse Dio si è ritirato? No. Neppure la tua missione è stata una sconfitta. Il Signore ti aveva realmente mandato, ma non per rag­giungere un tuo scopo. Il punto è che Egli aveva in mente una meta, tu un altra. Il tuo obiettivo era andare all'altra riva come sempre, il Suo era di farti arrivare superando la tempesta. Il tuo traguardo era raggiungere il porto al più presto, quello di Cristo era di rivelarti qualcosa in più della Sua gloria. Perché non ti fidi di Lui?


ADI - Media

mercoledì 20 novembre 2013

PERCHÉ INVESTIGARE?

"Voi investigate le Scritture eppure non volete venire a me per aver la vita!" (Giovanni 5:39, 40)
   


Un giovane studente, appassionato di astronomia, ricevette in dono dal padre un telescopio piuttosto costoso. Il ragazzo, ferrato anche in studi di ottica, lo trovò a dir poco affascinante.
Lo prese e cominciò a esaminarlo, smontando, una ad una, le lenti che lo componevano. Fece dei calcoli minuziosi sul punto focale del telescopio e finì per essere così assorbito dalla conoscenza tecnica dì quello strumento che non ebbe mai modo di puntarlo verso le stelle.
La stessa cosa può accadere nello studio della Parola di Dio. Possiamo analizzarla e classificarla, ma perdendo di vista lo scopo primario per cui essa deve far luce nella nostra vita. L'apprendimento e la verifica storica dei fatti, dei luoghi e delle vicende narrati deve essere strumentale alla ben più elevata mira cui vuole volgerci il messaggio dell'Evangelo, cioè la reden­zione eterna dell'anima e la comunione quotidiana con Dio. Leggere senza considerare lo scopo per cui Dio ci ha donato le Scritture ispirate, porta a una conoscenza che gonfia, ma non edifica. L'apostolo Paolo bramava approfondire l'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù (cfr. Filippesi 3:8, 10). Ecco perché dovremmo investigare le Scritture.


ADI Media 

mercoledì 13 novembre 2013

QUALCUNO MI HA TOLTO UN PESO INSOPPORTABILE



Mi chiamo Giovanni e desidero raccontare ciò che Gesù ha fatto per me. Sono vissuto in una famiglia molto semplice alla quale, nonostante il lavoro precario di mio padre, non è mancato nulla. Il periodo della mia adolescenza è stato sereno e spensierato fino a quando a 17 anni, nel frequentare la scuola superiore al mio paese, cominciai ad usare droghe leggere. Sembrava che fosse tutto sotto controllo, invece nel giro di poco tempo mi ritrovai a fare uso di eroina. Arrivai a bucarmi più di cinque o sei volte al giorno. Vendevo tutto quello che avevo tra le mani pur di comprare quella droga che, inevitabilmente, mi stava portando alla distruzione.
Molti miei amici erano morti di overdose sotto i miei occhi ed io non riuscivo a smettere, anzi la mia situazione peggiorava sempre più.
I miei erano disperati ave¬vano provato molte strade, spendendo anche molti soldi per farmi disintossicare, ma inutilmente. A 21 anni, dopo il servizio militare, mi resi conto che stavo perdendo la mia vita con l’eroina. La mattina mi svegliavo e invece della colazione, tenevo pronta la siringa sul comodino per iniziare la giornata; desideravo la morte e non vedevo una via d’uscita.
Nel frattempo a casa mia mia sorella ci aveva raccontato che aveva incontrato Gesù, e perfino io notavo un grande cambiamento nella sua vita.
Cominciò a parlarmi di Gesù come non avevo mai sentito prima di allora. Mi regalò una Bibbia che incominciai subito a leggere. La lettura mi dava pace e sollievo, ma il legame con la droga era troppo forte, fino al punto che una sera in preda all'astinenza pregai con tutto il cuore e dissi: “Signore Gesù, se tu veramente esisti, liberami dalla droga perché non c’è la faccio più”. In un attimo avvertii come se qualcuno mi stesse togliendomi dalle spalle un peso insopportabile, poi sentii un calore nel cuore che non avevo mai provato.
In quel momento non compresi. Tornai a casa e mi misi a letto, continuando a pensare a quello che mi era accaduto. Quella notte ricordo di aver dormito benissimo e la mattina appena sveglio feci fatica a ricordare che ero un tossicodipendente, non sentendo più alcun bisogno di cercare la droga. Realizzai così come la sera prima Gesù mi avesse veramente liberato dalle catene della droga.
Durante il periodo in cui mia sorella mi parlava di Gesù, ero entrato in una chiesa evangelica. In quell'occasione, ero sotto l'effetto dell’eroina. Dopo che il Signore aveva operato quella potente liberazione dalla droga, incominciai a frequentare regolarmente la chiesa, anche se non avevo realizzato la salvezza.
Una sera, mentre eravamo in preghiera con un gruppo di fratelli e sorelle, il Signore Gesù mi salvò e mi battezzò nello Spirito Santo. È stata un’esperienza meravigliosa! La stessa sera fui certo di aver udito distintamente la chiamata di Dio al servizio, che si maturò più tardi.
Nel frattempo ebbi nel cuore di fare domanda per entrare all'Istituto Biblico Italiano. Nonostante le mie previsioni contrarie dovute al fatto che ero giovane nella fede, ricevetti risposta affermativa per frequentare la Scuola Biblica. Così per due anni ho partecipato ai corsi dell’Istituto Biblico Italiano, dopo di che sono tornato alla mia comunità mettendomi a disposizione dei fratelli. Così da anni sto servendo il Signore nella chiesa e nel consiglio di chiesa, fino a che il Signore mi ha voluto onorare facendomi entrare nel ministerio come pastore.
Quel ragazzo che anni prima era entrato nella chiesa sotto l'effetto dell’eroina con i pantaloncini e la maglietta corta, è ora diventato pastore di quella stessa comunità.
Attualmente sono sposato con tre bambini, Salvatore, Aurora ed Edoardo, e insieme a mia moglie serviamo il Signore a Formia e Itri. Desidero ringraziare con tutto il cuore il Signore Gesù e dire anche a te, caro lettore: “Chiunque crede in Lui, (Gesù) non sarà deluso”. Dio ci benedica.
Giovanni Di Crasto

martedì 12 novembre 2013

FEDE CHE PARLA

          Ebrei 11:4
Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino; per mezzo di essa gli fu resa testimonianza che egli era giusto, quando Dio attestò di gradire le sue offerte; e per mezzo di essa, benché morto, egli parla ancora”



Lo scrittore dell’epistola agli Ebrei, dopo un’estenuante impegno nell’esaltare Gesù e l’opera da Lui compiuta, mette l’accento, nel famoso capitolo undici dell’epistola, sulla fede. Inizia dicendo cosa è la fede e i risultati tangibili che si realizzano per mezzo di essa, e poi fa degli esempi con chiari riferimenti a uomini che l’hanno esercitata. Il versetto preso in considerazione ci presenta un antico personaggio che la Bibbia ci presenta nei primi capitoli della Genesi, Abele. Di lui sappiamo ben poco, ma quanto basta per catalogarlo fra quelli che sono graditi a Dio, infatti leggiamo: Genesi 4:4 “Abele offrì anch'egli dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso. Il SIGNORE guardò con favore Abele e la sua offerta”. Cosa rese l’offerta di Abele gradita a Dio? Certamente il fatto che egli offrì con fede, infatti leggiamo che Dio guardò prima dell’offerta il cuore di Abele “guardò con favore Abele e la sua offerta”. Più avanti, a riprova di quanto detto, al v. 6 dello stesso capitolo di Ebrei leggiamo:“Or senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano”. La fede che Dio vuole trovare nel cuore dell’uomo deve prima di tutto essere vera, poi viva ed in ultimo efficace.

          1)      FEDE VERA
Nel racconto di Genesi, questi due fratelli, come abbiamo visto, tutti e due offrono a Dio un’offerta del loro lavoro, Caino i frutti della terra e Abele il meglio del suo gregge, i primogeniti  insieme al loro grasso. Ciò che deve essere fatto risaltare è che Dio vede nel cuore di entrambi, infatti è evidente che nel cuore di Abele vede una fede vera mentre nel cuore di Caino vede il contrario, una fede finta, infatti di Caino viene detto che offri semplicemente frutti della terra, mentre Abele volle offrire il meglio che poteva offrire. Tutti e due avevano ricevuto gli stessi insegnamenti, a loro erano stati tramandati i ricordi del paradiso perduto e delle cause che il peccato aveva procurato, entrambi sapevano che dovevano rendere un culto al Dio che avevano imparato a conoscere, ma qualcosa differiva in loro e questa qualcosa faceva la differenza, un modo di approcciarsi diverso, uno si accostava a Dio con fede e l’evidenza era il tipo di sacrificio,mentre l’altro probabilmente si accostava a Dio per abitudine o forse per non dispiacere i genitori o forse ancora per non essere di meno del fratello, ma in ogni caso con una fede finta, e anche per lui l’evidenza era il tipo di sacrificio. Certamente è importante che Abele offri delle vittime del suo gregge, ma ciò che ha fatto la differenza e lo ha reso eccellente è la fede “ Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino”. È importante mettere l’accento sul fatto che Abele avesse una fede vera in quanto essa risulta vincente, Dio guarda con simpatia quando l’uomo si rivolge a Lui con vera fede.
In 1° Samuele 14:6 leggiamo: “Gionatan disse al suo giovane scudiero: «Vieni, andiamo verso la guarnigione di questi incirconcisi; forse il SIGNORE agirà in nostro favore, poiché nulla può impedire al SIGNORE di salvare con molta o con poca gente»”. La fede vera di Gionatan in quel giorno fu vincente e fece la differenza, dando a Israele una grande vittoria.
In Daniele 1:8-9 leggiamo: “Daniele prese in cuor suo la decisione di non contaminarsi con i cibi del re e con il vino che il re beveva; e chiese al capo degli eunuchi di non obbligarlo a contaminarsi; Dio fece trovare a Daniele grazia e compassione presso il capo degli eunuchi”. La fede vera di Daniele fece muovere la mano di Dio prendendolo in simpatia, in seguito di lui sarà detto che aveva “uno spirito straordinario” Daniele 5:12.
Ricordiamoci che se desideriamo la benevolenza di Dio e vogliamo ottenere risultati eccellenti in ogni cosa, dobbiamo esercitare una fede vera.

         2)      FEDE VIVA
Avendo parlato di fede vera e di fede finta, ora è importante comprendere che non sempre una fede vera è efficace. Se è vero che la fede vera muove la mano di Dio perché in essa Egli si compiace, è anche vero che se la fede non rimane nel nostro cuore viva e vitale come il primo giorno essa diventa una fede morta e tale tipo di fede non può risultare efficace, certamente il nostro Dio in essa non si compiacerà. Una fede viva, al contrario, ci dà il passaporto per l’eternità e ci rende grandi agli occhi di Dio, ecco perché nel testo di Ebrei leggiamo “per mezzo di essa gli fu resa testimonianza che egli era giusto”. Dio ha reso grande Abele perché ha trovato in lui una fede viva che testimoniava che era giusto agli occhi suoi.
In 1° Re 18:36-38 leggiamo: “All'ora in cui si offriva l'offerta, il profeta Elia si avvicinò e disse: «SIGNORE, Dio d'Abraamo, d'Isacco e d'Israele, fa' che oggi si conosca che tu sei Dio in Israele, che io sono tuo servo, e che ho fatto tutte queste cose per ordine tuo. Rispondimi, SIGNORE, rispondimi, affinché questo popolo riconosca che tu, o SIGNORE, sei Dio, e che tu sei colui che converte il loro cuore!» Allora cadde il fuoco del SIGNORE, e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la polvere, e prosciugò l'acqua che era nel fosso”. Elia afferma “che io sono tuo servo”, Dio nel mandare il fuoco dal cielo non solo afferma la sua indiscussa autorità ma anche conferma Elia come suo servo. La fede viva di Elia testimoniava che era un vero servitore di Dio, la fede viva in noi testimonia che siamo veri credenti.

           3)      FEDE EFFICACE
“ … e per mezzo di essa (la fede), benché morto, egli parla ancora”, la fede vera e viva parla. Per cosa dobbiamo ricordare Abele, perché fu il primo uomo a morire? O forse perché morì per mano del fratello assassino? No, dobbiamo ricordarlo principalmente per la sua fede che lo rende più loquace di ogni discorso fatto da bocca d’uomo. I grandi uomini di Dio citati nella Bibbia, i grandi profeti, i grandi sacerdoti e i grandi Re, vengono ricordati perché hanno riposto la loro fede nell’Iddio vivente e vero e per questo sono stati premiati e ancora oggi sono ricordati. I personaggi che vengono citati al verso 5,6,7,ecc. fino al verso 40, vengono ricordati perché la loro fede era vera e viva e quella fede li fa parlare ancora.
Per cosa vogliamo essere ricordati da quelli che verranno dopo? Vogliamo essere ricordati perché siamo stati bravi genitori tutti dediti alla famiglia? Certamente non è male. Vogliamo essere ricordati come lavoratori instancabili tutti dediti al lavoro secolare per portare avanti la nostra famiglia? Anche questo non è male. Vogliamo essere ricordati per avere costruito attorno a noi, con i nostri sforzi, un habitat socialmente elevato con una bella casa, una casa di villeggiatura, una o più belle macchine, tanti bei soldini in banca che ci permettono di realizzare tanti sogni per noi e i nostri cari? Anche questo è indiscutibilmente desiderabile, ma ciò che veramente fa la differenza agli occhi di Dio è quanta fede trova nel nostro cuore e se Dio riscontra fede in noi, farà in modo che siamo ricordati nella grande schiera dei fedeli testimoni.
Belle sono le parole di Gesù in Matteo 25:34 che cosi leggiamo: “Allora il re dirà a quelli della sua destra: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo”.

     CONCLUSIONE
    Se in Abele e anche in tanti altri, la fede ha fatto la differenza, non possiamo pensare minimamenete che Dio usi un metro diverso nei nostri riguardi, Dio vuole trovare ancora oggi fede vera e viva nel cuore dei suoi figliuoli, nel mio e nel tuo cuore. Come stiamo cercando Dio e come ci presentiamo alla sua presenza, come Abele, con fede tangibile e concreta, o come Caino, con fede discutibilmente dubbia e con sentimenti moralmente perversi?  Guardiamo alla vita che stiamo conducendo come cristiani, abbiamo qualcosa che possiamo rimproverarci? La nostra fede è alla stessa altezza di quella di Abele? Il nostro cuore e il nostro comportamento piacerà pienamente a Dio o forse dobbiamo rivedere qualcosa della nostra vita?
Nell’intimo del nostro cuore facciamo un’analisi sincera di come ci siamo presentati oggi d’avanti all’Eterno perché Dio l’ha già fatta così come la fece per Caino guardando il suo cuore e non gradendo la sua offerta.
A Dio sia la gloria.

              GIACOMO ACETO

sabato 9 novembre 2013

Visualizzazioni di pagine per paese


Grafico dei Paesi con il maggior numero di persone che visualizzano i blog
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1
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Mi sono meravigliato nel vedere che a oggi sono più i visitatori dall'America (USA) che dall'Italia, come viene riportato dal grafico. Comunque sono contento.

DAI IL TUO TEMPO A DIO





“E tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare!” Giobbe 35:14

Giobbe ha tanto imparato dall’esperienza negativa che Dio ha permesso nella sua vita, Giobbe ha anche tanto da insegnarci se permettiamo alla parola di Dio di penetrare in noi e portare frutto. In questo verso Eliu dice una grande verità , Dio non si dimentica della sua creatura, certo a volte permette la prova nella nostra vita, ma ogni cosa è sotto il suo controllo; certo il dolore e la sofferenza a volte raggiungono livelli oltremodo alti, ma la sua parola è diretta, senza se e ma “E tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti ..”
Questa è la grande verità che l’uomo deve imparare, Dio ha a cuore la nostra sorte, basta avere fede e avere pazienza di saper aspettare.
Stai passando un momento felice? Dai gloria a Dio per la sua benedizione.
Stai passando un momento della tua vita in cui vorresti che il terreno si aprisse per inghiottirti, devi solo ripetere a te stesso, Dio non mi abbandona “ … sappilo aspettare!”


GIACOMO ACETO

venerdì 1 novembre 2013

SEGUIRE GESÙ


               Luca 5:27-32 
27 Dopo queste cose, egli uscì e notò un pubblicano, di nome Levi, che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». 28 Ed egli, lasciata ogni cosa, si alzò e si mise a seguirlo. 29 Levi gli preparò un grande banchetto in casa sua; e una gran folla di pubblicani e di altre persone erano a tavola con loro. 30 I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai discepoli di Gesù: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?» 31 Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, bensì i malati. 32 Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento».”
  


Gesù ha da poco iniziato il suo ministerio terreno e come si vede dai versetti che precedono il testo preso in esame, ha cominciato a chiamare i suoi discepoli. Pietro, Giacomo e Giovanni avendo visto la pesca miracolosa che Gesù aveva loro donato, dice la scrittura che “lasciarono ogni cosa e lo seguirono”. Ora è il turno di Levi, che poi conosceremo come l’apostolo Matteo colui a cui avrebbe affidato la redazione del primo dei Vangeli. Levi, come abbiamo visto, era un pubblicano, cioè uno di coloro che riscotevano le tasse per conto dei Romani, ecco perché giustamente non era ben visto dai suoi stessi concittadini e quindi considerato alla stessa stregua di un pagano e di un peccatore. Ma Gesù và ben oltre l’esterno, Lui vede l’interno dell’uomo e sa cosa in realtà ogni uomo nasconde nel suo intimo. Al mormorio dei farisei e dei loro scribi dice il racconto che Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, bensì i malati.  Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento».”. Gesù ha visto in Levi il futuro apostolo Matteo. Quello che però ci interesserà in questa riflessione è prendere spunto dalla pronta risposta di Levi per capire come bisogna seguire Gesù.

         1)      SEGUIRE GESÙ VUOL DIRE LASCIARE OGNI IMPEDIMENTO
All’affermazione di Gesù “seguimi” vediamo che Levi lascia ogni cosa per seguirlo. Certamente Levi aveva sentito parlare di Gesù, le voci su di Lui correvano veloci, la pesca miracolosa, il lebbroso guarito miracolosamente, il paralitico portato dai sui quattro amici davanti a Lui guarito e così in forze che si carica il lettuccio e va via, sono tutti miracoli che non passavano inosservati, ma lui ha ben altro da fare, ha i suoi interessi da curare, ha dei padroni che non vuole dispiacere, ha una vita tutta sua da vivere, e non ha il tempo di fare come tanti altri che corrono dietro a questo nuovo personaggio anche se tanto interessante. Quella mattina si alza e come ogni mattina va al sedersi al banco delle imposte per fare il suo dovere,ma qualcosa di inaspettato quel giorno succede, Gesù passa proprio davanti al posto dove lui sedeva e stranamente gli dice: “seguimi” . Levi poteva anche rifiutare quell’invito, poteva continuare i suoi affari, ma attratto fortemente dal maestro dice che lasciata ogni cosa, si alzò e si mise a seguirlo”. Quello che è importante sottolineare è quel lasciata ogni cosa, infatti non poteva seguire Gesù e contemporaneamente mettere al primo posto i suoi affari, doveva fare una scelta e la preferenza è stata per Gesù.  Seguire Gesù vuol dire comprendere quali sono le priorità che devono influenzare le nostre scelte, in Giosuè 24:15 leggiamo: “E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE»”. Mettere al primo posto Gesù vuol dire considerarlo così importante che niente potrà indurci a essere altrove quando Egli è presente e vuole parlare al nostro cuore, quando Egli è presente e sta facendo opere strabilianti, quando Egli è presente e vuole mostrarci il suo amore.

        2)       SEGUIRE GESÙ VUOL DIRE DESIDERARE DÌ AVERLO VICINO PER OFFRIRGLI IL MEGLIO.
Subito dopo vediamo che Gesù è a casa di Levi, infatti la scrittura ci dice: “Levi gli preparò un grande banchetto in casa sua”. Certamente quella mattina aveva seguito Gesù, aveva sentito il suo parlare e l’aveva visto all’opera, ora poteva anche smettere di seguirlo per andare a curare i suoi affari, ma Levi non si sente sazio, vuole stare ancora col maestro, vuole ancora godere della sua presenza, sentire ancora la sua parola, voleva ancora essere influenzato positivamente dal suo carisma, voleva che Gesù restasse ancora con lui, ecco che dimenticando ogni impegno e rotto ogni indugio lo invita a casa sua e gli prepara “un grande banchetto”. È bello puntualizzare quel “grande”, come dire che non gli presentò a tavola qualche pietanza fatta al momento , ma aveva l’onore di mettere davanti a Gesù una tavola imbandita con tante pietanze succulente preparate apposta per quell’ospite tanto importante. A Gesù dobbiamo dare il meglio di noi e non il superfluo o a volte anche lo scarto. In  Malachia 1:7-8 leggiamo: “Voi offrite sul mio altare cibo contaminato, ma dite: "In che modo ti abbiamo contaminato?" L'avete fatto dicendo: "La tavola del SIGNORE è spregevole".  Quando offrite in sacrificio una bestia cieca, non è forse male? Quando ne offrite una zoppa o malata, non è forse male? Presentala dunque al tuo governatore! Te ne sarà egli grato? Ti accoglierà forse con favore?» dice il SIGNORE degli eserciti”. Mettere al primo posto Gesù, seguirlo, vuol dire considerarlo così importante da aprirGli la porta della nostra vita per offrirgli la primizia del nostro tempo e il posto d’onore nel nostro cuore.

        3)      SEGUIRE GESÙ VUOL DIRE AVERE DESIDERIO DÌ CONDIVIDERLO CON ALTRI
È importante sottolineare che Levi non si limita a fare solo un grande banchetto a Gesù, ma leggiamo che: “una gran folla di pubblicani e di altre persone erano a tavola con loro”. Levi sente un così grande onore e una  così immensa gioia nell’ospitare il grande Maestro che non può fare  a meno di condividerla con i sui amici e conoscenti; il testo afferma che era “una gran folla”, Levi aveva tanti amici e conoscenti, tutti peccatori come lui o forse anche più o meno di lui, ma questo non importava, se Gesù lo aveva accettato ma ancor di più lo aveva chiamato e sicuramente non si sarebbe fatto scrupolo a sedere a tavola con tanti altri peccatori come lui e non si sbagliava perché Gesù dice: “Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento»”. L’apostolo Paolo trovandosi davanti al re Agrippa, raccontando come aveva incontrato Gesù sulla via di Damasco, afferma come subito sentì il dovere di testimoniare la salvezza ricevuta affermando Atti 26:20 “ma, prima a quelli di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutto il paese della Giudea e fra le nazioni, ho predicato che si ravvedano e si convertano a Dio, facendo opere degne del ravvedimento”. Mettere al primo posto Gesù vuol dire gioire della sua grazia ma anche gioire nel farlo conoscere a quanti ancora non lo hanno conosciuto come noi. Nel giorno della pentecoste sappiamo che tutti furono ripieni dello S. Santo, e se prima erano paurosi ora avevano la gioia e l’ardire di scendere fra la folla e parlare di Gesù e della salvezza tramite la sua morte e resurrezione. Sempre l’apostolo Paolo afferma in 1Corinzi 9:16-17 “Perché se evangelizzo, non debbo vantarmi, poiché necessità me n'è imposta; e guai a me, se non evangelizzo! Se lo faccio volenterosamente, ne ho ricompensa; ma se non lo faccio volenterosamente è sempre un'amministrazione che mi è affidata”. Ricordiamoci che grande gioia nel condividere la salvezza, ma è anche un grande dovere che Dio ci ha affidato.


     CVONCLUSIONE
Come abbiamo letto Gesù dice:Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento»”. Levi era quel peccatore chiamato da Gesù, i suoi amici erano dei peccatori amati da Gesù, ogni uno di noi è quel peccatore a cui Gesù dice “seguimi” , come vogliamo reagire a una così grande chiamata, ci voltiamo dall’altro lato?, mostriamo indifferenza?, poniamo davanti alla chiamata di Gesù tanti ma e tanti se? Oppure ci alziamo di scatto pronti a rispondere eccomi Signore la mia casa e il mio cuore ti appartengono? 
Salmo 95:1-3
Venite, cantiamo con gioia al SIGNORE,
acclamiamo alla rocca della nostra salvezza!
Presentiamoci a lui con lodi,
celebriamolo con salmi!
Poiché il SIGNORE è un Dio grande,
un gran Re sopra tutti gli dèi.

A Dio sia la gloria.

        GIACOMO ACETO