martedì 20 giugno 2017

UN CORNELIO CINESE





Era la stagione delle piogge e viaggiavamo per la prima volta verso Lo Ping Hsien. Era un'epoca veramente brutta per viaggiare. I nostri vestiti erano bagnati fino a gocciolare e per giorni e notti non conoscemmo che cosa volesse dire sentirsi asciutti. Dopo tre anni di un viaggio simile i nostri cocchieri ci suggerirono di fermarci e di prenderci un giorno di riposo.

Generalmente parlando i giorni di riposo non vengono così presto, ma tutto questo doveva avvenire nella provvidenza di Dio. Ci fermammo alla locanda di un luogo chiamato Si Tsong. Al piano terreno erano sistemati i bufali acquatici, i buoi e tutti gli altri animali. Noi  stavamo al secondo piano, al di sopra della nostra testa c'erano i piccioni e intorno alla stanza vi erano delle casse da morto in attesa del giorno 'fortunato" per la sepoltura. Topi e pulci infestavano il pavimento e l'acqua goccio­lava dal tetto. Era un luogo tutt'altro che desiderabile per abitarvi.

Ci trattenemmo la notte, e la mattina suc­cessiva, appena terminate le nostre devozio­ni, sentimmo qualcuno che saliva in fretta le scale: era un cinese vestito poveramente, il che denotava trattarsi di un contadino. Si fermò un momento sulla porta, poi si inchinò cerimoniosamente, dicendo in cinese: "Vi auguro pace, Pastor Ho".

"Io pure vi auguro pace, signore," risposi "come mai conoscete il mio nome?" "Vi ho conosciuto precedentemente" mi disse. Io replicai: "Dove mi avete cono­sciuto? Siete stato a Kuming? Siete mai stato a Lu-Nan?" "No, non sono mai stato in quelle località." "Se non siete mai stato in nessuno di quei luoghi, come mi avete conosciuto prima d'ora?" "Vi dirò, signo­re, come vi ho conosciuto e dove", disse. "Alcuni anni fa mia madre venne in questo luogo a comprare ortaggi , generi alimentari,ecc. e, mentre era qui, trovò qualcuno che le vendé una Bibbia. Sui suoi piccoli piedi fasciati ricoperse le quattro miglia fino al nostro villaggio e quando arrivò a casa mi disse: Figliuolo, ho qui un libro che ci porterà a Dio e ci mostrerà la via del cielo." Risposi a mia madre che non sapevo leggere. Essa disse: "Questa è una cosa della massima importanza; devi imparare a leggere perché dobbiamo essere certi che andiamo in cielo".

Continuando la sua testimonianza disse: "Andai nella strada e trovai un uomo che mi insegnò a leggere. Mentre leggevo, fui con­vinto di peccato. Il carico divenne sempre più pesante finché non potei più portarlo. Non sapevo pregare perché non avevo mai sentito una preghiera. Non sapevo come da­re il cuore al Signore, perché non avevo avuto mai nessun ammaestramento. Non sa­pevo come adorare, perché non ero stato mai in nessun culto. Ma mi inginocchiai e chiesi a Dio di salvarmi, se quel libro era la verità. Improvvisamente, mentre pregavo il peso del peccato sparì e la mia gioia fu grande.

La persecuzione cominciò subito. Vennero i soldati della città e mi dissero che dovevo andare nuovamente al tempio del villaggio ad adorare i vecchi idoli ma io risposi loro che non lo avrei mai fatto, perché ora, quale credente del Signor Gesù, avrei adorato Lui e Lui solo. Mi portarono al luogo ove vengono inflitte le frustate. Mi frustarono, ma io avevo ancora Cristo nel cuore. Poi, mentre pregavo e vegliavo davanti al Signore, la Sua gioia si impos­sessò in me in un modo glorioso.

Un giorno, mentre pregavo, la mia stanza sembrò riempirsi di una potenza strana e meravigliosa. La luce era risplendente e all'improvviso mi accorsi che, nella mia gioiosa adorazione del Signore, parlavo in una lingua che non avevo mai studiato.

"Pastore," disse volgendosi verso di me, "va bene questo?"

Fui lieto di aver incontrato questo fedele prima di qualcun altro che gli avrebbe pot­uto dire che i "linguaggi", non sono per i nostri giorni. Gli dissi: "Certo che va bene. Continuate. Che cos'altro vi avvenne"

Egli prosegui: "Non sapevo quale fosse il giorno destinato all'adorazione. A casa mia abbiamo solo tre stanze: in una stanno gli animali e in un'altra dormiamo. Mi ri­mane una sola stanza, cioè quella di mezzo, e di quella ho formato la cappella. Alcuni hanno creduto e sono venuti al Signore.

Cominciai a pregare Iddio che avesse mandato qualcuno da noi per aiutarci, ammaestrarci e battezzarci. mentre pregavo, un giorno il Signore mi disse: "Chao, ho visto le tue lacrime, ho udito le tue pre­ghiere ed ho esaudito il grido del tuo cuore. Ti mando uno che ti aiuti. Quand'egli verrà non sarà un cinese, ma sarà uno straniero. Si chiamerà: Ho Yuin Kwang. E' così?"

"E' esatto", risposi, quello era infatti il mio nome cinese che significa "Luce di pace dalle nubi".

Continuò: "Poi vidi voi, signore, vestito come siete ora, con quella maglia marrone a righe gialle. Da quel giorno ho atteso ansiosamente la vostra venuta, e quando oggi intesi dire che qui c'era uno straniero, sono venuto in gran fretta per vedere se era il mio Pastore".

A questo punto mia moglie ed io pian­gevamo e piangeva pure Waung I Hsioh, perché avevamo trovato un figliuolo di Dio che non era mai stato in un culto, che non aveva mai udito una preghiera, che non aveva mai udito un cantico.

Gli dissi: • "Volete un té? Volete dell'acqua calda per lavarvi i piedi?" Con uno sguardo sprezzante e quasi con sarcasmo ri­spose: "Té? Acqua per lavarmi i piedi? Il té lo posso bere a casa e mi posso pure lavare i piedi a casa. Non mi è stato mai insegnato come adorare. Adesso adoriamo il Si­gnore."

A questo punto l'uomo si era seduto. Mia moglie ed io ci alzammo e cominciammo a cantare un cantico cinese: "Il cielo è la mia casa". Mentre cantavamo si radunò una folla. Cantammo nuovamente quell'inno e cercammo di insegnare a cantare al fratello Chao, ma fu inutile, perché per tanti anni aveva cantato solamente le nenie idolatre usate dai cinesi. Intanto la locanda si era riempita, non so quante centinaia di persone erano venute, il locale era stipato e così era il cortile e la strada, presi quindi la mia Bibbia cinese e predicai.

Poi ci alzammo per pregare. Mentre pregavamo, improvvisamente lo Spirito del Signore si posò sul fratello Chao ed egli tremò come una foglia al vento. Poi, come se la potente cascata del Niagara fosse scaturita all'improvviso, cominciò a parlare in una lingua che non comprendevo, non era cinese e nemmeno inglese. Doveva essere la lingua del cielo perché egli non parlava a me ma a Dio. Sotto l'unzione dello Spirito Santo, pregando "come lo Spirito gli dava", questo caro figlio di Dio che non aveva mai udito un altro pregare, ci trasportò fuori dalla Cina e fuori da noi stessi. Ci trovammo all'improvviso nella sala del Trono di Dio sull'ali della preghiera di un uomo al quale Iddio solo aveva insegnato a pregare.

Ora sapevamo perché Iddio ci aveva messo così a cuore quella parte della Cina, sapevamo perché andavamo in quella direzione nonostante che il visto del nostro passaporto non dicesse che potevamo andare fin la, sapevamo perché, nonostante i ladroni ed altri impedimenti, andavamo verso Lo Ping: li c'era un Cornelio che aveva pregato finché noi, come ai tempi antichi, fossimo stati guidati verso di lui. Iddio aveva risposto al suo grido e gli aveva mandato aiuto. Quell'aiuto era venuto attraverso il mezzo umano. Noi siamo le Sue mani noi siamo i Suoi piedi, noi siamo la Sua voce, Egli non ne ha altri all'infuori dei nostri. Da: "Pentecostal Evangel"