sabato 6 luglio 2013

MANI SICURE


"Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti: e nessuno
può rapirle di mano al Padre" (Giovanni 10: 29)



Un giorno un giovane in procinto di sposarsi chiese a suo padre, "secondo te come andrà la mia vita
matrimoniale?" La risposta che ebbe fu "dipende!" poi girate le spalle il padre se ne andò, il figlio
rimase perplesso perché non aveva compreso quella risposta. La notte che precedeva le nozze, il
padre preparò una lettera al figlio nella quale scrisse: "Mio caro figlio, mi hai chiesto come sarebbe
andata la tua vita matrimoniale ed io ti ribadisco dipende, sì, dipende in quale mani tu la metterai
come per tutte le cose; infatti un bastone nelle mie mani non servirebbe che per appoggio nel
cammino, ma nelle mani di Mosè servì per dividere il mare. Una fionda nelle mie mani potrebbe
essere insignificante, ma nelle di Davide diventò una terribile arma che uccise il gigante. Pochi pani
e pochi pesci nelle mie mani basterebbero a sfamare una sola persona, ma messi nelle mani di
Gesù ne sfamarono cinquemila. Dei chiodi infissi nelle mie mani produrrebbero solo un orrendo
dolore, ma messi nelle mani di Gesù hanno prodotto la salvezza dell’intera umanità. Si figlio
ricordati, tutto dipende dalle mani in cui riponiamo le cose che più amiamo". Mio caro amico metti
anche tu, attraverso la fede, la tua vita e le cose più preziose che ti appartengono nelle mani di
Colui che è morto per noi sulla croce e scoprirai che sono state messe nel luogo più sicuro
dell’universo; sì, Dio avrà cura di te.

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LACRIME DÌ GIOIA




Ma il padre disse ai suoi servi: "Portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei sandali ai piedi" (Luca 15:22)


Al ritorno dal suo viaggio portava una valigia vuota e lacrime amare. Ricordava il viso triste della madre il giorno dell'addio, ma soprattutto il silenzio del padre. Non era andato via per realizzare i suoi sogni né per rincorrere un'avventura, semplicemente per contraddire il padre. I genitori lo riconobbero e uscirono ad accoglierlo, ma lui chiuse gli occhi, non per
la tristezza, ma affinché le sue lacrime non spegnessero la gioia dei genitori. Questo racconto ci porta alla memoria la parabola del Figlio Prodigo che si trova nel Vangelo di San Luca. Lì Gesù Cristo racconta ai discepoli una storia abbastanza simile che si conclude con le seguenti parole del figlio: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te. Non merito più di essere chiamato tuo figlio". E la gioia del padre è tale che non solo perdona suo figlio, ma lo tratta come invitato d'onore. Lo fa rivestire con gli abiti migliori, gli mette un anello al dito, dei sandali ai piedi, e dopo, come se non bastasse, ordina che si prepari un banchetto affinché tutti facciano festa e celebrino il felice ritorno del figlio. Questa parabola è una delle migliori illustrazioni della missione che spinse Cristo a venire al mondo. Nel raccontarla, il Figlio di Dio si identifica col Padre celeste, nell'amore che ha per l'umanità perduta. Con essa ci fa capire che non importa se siamo stati ribelli o se ci siamo allontanati da Dio. Anche se è così, purché ritorniamo pentiti, il Padre celeste ci aspetta a braccia aperte. Ha lasciato la luce accesa, perché è disposto a uscire a riceverci a qualunque ora arriviamo. Ma non è necessario che chiudiamo gli occhi per nasconderGli le nostre lacrime di rimorso, per­ché Egli cambierà le nostre lacrime in gioia.

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