domenica 1 aprile 2012

DARE AL SIGNORE


Diversi anni fa, due credenti di condizione agiata, l'uno avvocato e l'altro negoziante, si congiunsero ad una compagnia di persone amiche che stava per intraprendere un viaggio di piacere in paesi lontani. Prima di partire, gli anziani della Chiesa dove quei credenti erano in comunione, li pregarono di fare delle note del loro viaggio, onde avere così un ricordo di tutte quelle cose interessanti ch'essi avrebbero potuto vedere o sentire, specialmente nei paesi in cui avrebbero trovato dei missionari. Il che promisero di fare.
Un giorno, giunti in un paese della Corea, essi videro un ragazzo che tirava da sè un aratro molto rustico in un campo accanto alla strada, mentre un vecchio, di dietro, teneva l'aratro e lo guidava. L'avvocato ne fu interessato e ne prese una fotografia istantanea.
Questo è di certo un quadro curioso! Si può supporre che essi siano molto poveri, disse egli al missionario di quella località che faceva loro da guida e da interprete.
"Sì - replicò con serietà - quella è la famiglia di "Chi Noni". Quando venne edificata la sala delle adunanze, essi avevano un forte desiderio di dare qualche cosa per contribuire a questa spesa, ma la famiglia era senza mezzi, e che fecero dunque? Essi vendettero il loro solo bue e ne diedero il danaro per la sala. Perciò, da questa primavera essi tirano l'aratro da loro stessi".
L'avvocato ed il negoziante rimasero silenziosi per qualche momento. Poi, il nego­ziante disse: "Quello dev'essere stato un vero sacrificio!". "Essi non l'hanno chiamato così, disse il missionario, anzi pensarono che era una fortuna di possedere un bue che potevano vendere per quello scopo".
L'avvocato ed il negoziante non poterono dire gran cosa in risposta; ma quando furono di ritorno a casa, l'avvocato portò quella foto­grafia agli anziani e raccontò loro la storia.
"Io, diss'egli, voglio raddoppiare la mia offerta speciale per la sala! E, per piacere, mi diano qualche lavoro duro da fare. Io non ho veramente mai conosciuto che cosa sia il far sacrifici per l'opera di Dio. Un pagano con­vertito me l'ha insegnato. Ho vergogna di dire che non ho mai dato alcuna cosa all'Opera di Dio che fosse realmente un sacrificio per me".
Possiamo ora domandare: Quanto fa la maggioranza dei cristiani nella via del sacrificio per aiutare, per dare incremento all'avanza­mento dell'Evangelo nel mondo?
Quanti ve ne sono di quelli che si chiamano cristiani, che non hanno mai fatto, per l'Opera di Dio, qualche sforzo speciale che equivalga a quanto fece la famiglia convertita a Cristo dal Paganesimo, e di cui si parla nel fatto testè esposto!
(Trad. di A. B.)

Tratto da Cristiani Oggi Ottobre 1986

CHIEDERE E RICEVERE Giovanni 15:1-11

      

1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. 2 Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. 3 Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata. 4 Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli. 9 Come il Padre mi ha amato, così anch'io ho amato voi; dimorate nel mio amore. 10 Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. 11 Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa.

      Gesù rivolge queste parole consolanti ai discepoli in occasione dell’ultima cena, Egli nell’arco dei tre anni di ministero terreno aveva dato tanti insegnamenti e tutti uno più importanti dell’altro, ma ora ad un passo della croce, sapendo che il tempo era poco ed anche cruciale, decide di dire ai discepoli qualcosa che completa in pieno gli insegnamenti che fino ad ora erano stati loro impartiti. I capitoli 14-15 e 16 sono da considerare il testamento spirituale di Gesù  verso i discepoli e verso la chiesa. Sono tante le verità che potremmo tirare fuori da essi, ma quello su cui ci soffermeremo è il chiedere e il ricevere. Gesù per più di una volta esorta i discepoli a prendere atto che ora è giunto il momento di mettere in pratica i suoi insegnamenti, i tempi sono maturi, Egli sta per dare la sua vita ed essere innalzato in gloria, lo S. Santo è già in azione e sta per giungere. È giunto il momento di “chiedere e ricevere”. Il chiedere e ricevere è qualcosa di molto importante e che come chiesa non dobbiamo trascurare, tutto ciò che Gesù ci dice e ci ordina non è da trascurare, ma questo che Gesù ci dice nei versetti letti è di vitale importanza per la chiesa, in quanto un credente che chiede e riceve dimostra tangibilmente che le parole di Gesù sono veritiere. Tre versi in particolare ci evidenziano che il chiedere e ricevere  dimostrano al mondo qualcosa:

1)      CHE DIMORIAMO IN LUI
     Gesù afferma “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo”. Gesù è la vite e poi afferma che noi siamo i tralci, quei tralci che devono portare molto frutto. I tralci sono parte integrante della vite, in quanto traggono forza e linfa vitale proprio dalla pianta e la conseguenza di essere un tutt’uno con la pianta è data che al momento giusto porta molto frutto. Al v. 7 ci viene detto “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto”, quindi se Dio ci esaudisce questo dimostra che stiamo dimorando in Lui come il tralcio dimora nella vite. Dobbiamo imparare a chiedere al Signore ed aspettarci l’esaudimento perche stiamo dimorando in Lui. domandiamoci con vero interesse cosa non va quando chiediamo a Dio e non riceviamo, ma ancora di più preoccupiamoci quando non sentiamo più la necessità di chiedere al nostro Signore. Il nostro Signore vuole essere glorificato “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli”, quindi permettergli, tramite la nostra fede, di operare, vuol dire permettere a Dio di manifestare la sua Gloria e quindi di essere glorificato.


2)      CHE C’È VERO AMORE
      Sempre nel capitolo 15 di Giovanni, c’è ancora un punto che ci parla di chiedere e ricevere “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia” Giovanni 15:16.
In questo versetto parla ancora di portare frutto, frutto permanente affinché tutto quello che domandiamo Lui ce lo conceda. Il frutto in questo caso non è il chiedere e ricevere, ma l’adempiere il comandamento di Gesù  Giovanni 15:12 “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi”. Giovanni 15:17 “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”. L’effettivo adempimento del comando di Gesù, ci apre le porte per domandare e ricevere. È importante capire questo passaggio, in quanto Dio vuole esaudire le nostre richieste a patto che in noi si trovi il suo amore, ma altresì, l’adempimento delle nostre richieste può voler dire soltanto che ci stiamo amando dell’amore del Signore, ma ancor di più che ci stiamo nutrendo del suo amore.

3)      CHE GESU’ E’ IL VIVENTE
Ancora un versetto che parla di chiedere e ricevere si trova al cap. 16:23 “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà”. Il contesto del verso ci parla di Gesù che parla di se stesso in virtù dell’ora fatidica della sua morte e resurrezione, infatti tutto si adempiuto puntualmente. Gesù viene arrestato, processato, svergato ed in ultimo viene messo in croce dove vi muore, ma la prigionia della morte non lo ha potuto trattenere e quindi abbiamo la sua resurrezione. Quando dice “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda”, sta parlando del giorno della sua resurrezione, e come dice Gesù ogni domanda è superflua ma ogni richiesta però è ben accetta e sarà esaudita. Ricordiamoci, ogni qual volta chiediamo qualcosa a Gesù e poi ci viene esaudita, non stiamo facendo altro che rammemorare al mondo incredulo, che è vero che Gesù un lontano giorno è salito sulla croce, ma che è altrettanto vero che le sbarre della morte non l’hanno potuto trattenere, e che quindi Gesù è il vivente ed è alla destra del Padre.

CONCLUSIONE   
“In quel giorno chiederete nel mio nome; e non vi dico che io pregherò il Padre per voi; poiché il Padre stesso vi ama, perché mi avete amato e avete creduto che sono proceduto da Dio” Giovanni 16:26-27.
Assodato l’importanza del chiedere, ma ancor di più del ricevere, è importante comprendere la facilità del chiedere, perché il nostro Dio  non è un uomo che ha di bisogno una montagna di carta con tanti bolli sopra, Lui vuole solo un cuore puro, purificato col suo sangue, e dopodiché aspettiamoci la sua positiva risposta, solo allora la nostra gioia sarà completa e capiremo che veramente il Padre ci ama “poiché il Padre stesso vi ama, perché mi avete amato e avete creduto che sono proceduto da Dio” Giovanni 16:27.

A Dio sia la gloria

                                                             ACETO GIACOMO

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