martedì 24 gennaio 2012

Fanne prima una piccola schiacciata per me e portamela...

UNA LEZIONE
DÌ AMMINISTRAZIONE


La lezione della vedova il cui vaso della fa­rina e l'orciuolo dell'olio erano quasi vuoti, è divenuta realtà per me.
Una malattia in famiglia ed un prolungato sciopero sul posto di lavoro di mio marito ave­vano prosciugato i nostri risparmi. Quando mio marito riprese a lavorare, il primo stipen­dio se ne andò tutto per pagare i conti arre­trati ed acquistare una piccola quantità di ali­mentari di prima necessità.
Quando andammo al culto quella domeni­ca, non avevamo niente per l'offerta ad ecce­zione di poche monete nella mia borsetta - in tutto poco più di un dollaro. Mentre i fratelli si avvicinavano per raccogliere l'offerta, ero indecisa se dare quelle monete o no perché ne avevamo tanto bisogno.
Sentii un senso di colpa e mi ricordai le pa­role di Elia alla vedova: «Fanne prima una piccola schiacciata per me e portamela; poi ne farai per te e per il tuo figliuolo» (1 Re 17:13).
«Prima, PRIMA, prima». Questa parola mi rimbalzava nella mente.
Sperai che nessuno sentisse il suono delle monete mentre le mettevo sul vassoio dell'of­ferta: così poco da dare, ma ora troppo da te­nere per me.
Mangiammo scarsamente per tutta quella settimana. Un po' di verdura e degli avanzi furono sufficienti a fare un pasto appena de­cente quella domenica, anche se inferiore al nostro normale tenore.
Ero ancora imbarazzata per aver dato così poco nell'offerta. Cosa avrebbero pensato di noi gli altri?
Fui sorpresa di trovare una scatola di car­ne in uno scaffale il giorno dopo. Credevo di aver già consumato l'ultima scatola. Fu un pa­sto frugale ma sufficiente.
E così seguitò, un giorno dopo l'altro. Mi accorgevo di avere sempre qualcosa con cui preparare un pasto - un solo pasto. Non la­sciavamo mai la tavola con fame.
Verso la fine della settimana decisi di fare dei biscotti ma mi ricordai con disappunto che proprio quella mattina avevo vuotato il barat­tolo dello zucchero per la colazione. Avevo con cura dosato la porzione di ciascuno attor­no alla tavola e ce ne era stato giusto abba­stanza per ciascuno: il vaso era vuoto. Per­ciò, niente biscotti.
Prima di uscire dalla cucina detti un'ulti­ma occhiata agli scaffali e trovai una scatola
nuova di zucchero, della stessa marca e peso di quello che usavo sempre. Da dove venisse non lo sapevo.
Mentalmente pensai: «l'epoca dei miracoli è passata. Non accadono nel 20' secolo». E tuttavia la voce dello Spirito mi sussurrava «Fanne prima una piccola schiacciata per me... il vaso della farina non si esaurirà e l'or­ciuolo dell'olio non calerà...».
I pochi spiccioli dati nell'offerta erano la mia «manciata di farina»; come la vedova non ne aveva di più così anch'io. Come la vedova aveva dato tutto ciò che aveva, anch'io ave­vo dato tutto quello che mi restava. Ma c'era una notevole differenza: quello che io avevo dato era il modesto avanzo di una lauta bu­sta paga.
Sapevo di aver invertito l'ordine dei valo­ri. La decima del Signore doveva venire pri­ma e poi i nostri impegni personali.
Ma i nove decimi dello stipendio sarebbero stati sufficienti quando l'intera somma non era abbastanza? Questo l'avrei scoperto da sola.
Così feci dei biscotti di tutte le forme con gli appositi stampini.
Il giorno prima del successivo stipendio mi trovai davanti gli scaffali completamente vuo­ti. Guardai dietro ai vasi, negli armadietti ma non trovai nulla di commestibile: solo spezie, chiodi di garofano, lievito e simili.
Mi ricordai dell'improvvisa apparizione del­lo zucchero. Se lo avessi appena immaginato! Forse nella mia tensione mi era sfuggito in un primo tempo quello che avevo davanti agli occhi!
Mi sentii sprofondare pensando all'effetto che questo avrebbe avuto sui nostri figli, ai quali avevo dato testimonianza della appari­zione dello zucchero, e dì come il Signore sta­va provvedendo ai nostri bisogni giornalieri. Così lavai i pochi piatti e corsi fuori della cu­cina cercando qualcosa da fare per arrestare le lacrime che mi venivano. Volevo dimenti­care questa settimana come uno vuol dimen­ticare un brutto sogno.
Mi misi con energia a riordinare la casa: aprii un cassetto dell'armadio per togliere le pieghe ad alcuni foulard che avevo riposto un po' in fretta e ad un tratto un foglietto ver­de un po' accartocciato mi cadde in terra. In­curiosita lo raccolsi: oh!, no, non può essere. È una banconota da 5 dollari.
Nel mio cuore sorse un coro di Alleluia e sentii ancora le parole: «Fanne prima una schiacciata per me... il vaso della farina non si esaurirà e l'orciuolo dell'olio non calerà...».
Questa esperienza è divenuta una pietra mi­liare nel mio cammino cristiano. Feci una de­cisione definitiva: avremmo dato al Signore per primo la Sua parte. Avremmo pagato la decima ponendo fiducia nel Signore per prov­vedere ai nostri bisogni.
Dopo tutto Gli restituiamo soltanto una parte di ciò che è Suo sin dal principio (vedi
I Cron. 29:14).
Non abbiamo più avuto bisogno di un sol­do di quanto era dovuto al Signore. Spesso do qualcosa di più della decima ricordando­mi che la Scrittura parla di «decime e offerte».
Credevo non avesse importanza quanto io davo; bastava dare qualcosa. Davo quello che mi conveniva. Se eravamo un po' a corto, ri­mandavo a una prossima occasione.
Ora so che la Bibbia è esplicita sulla por­zione che dobbiamo dare al Signore. Alcuni dicono che non ce la fanno a pagare la decima. Io non ce la faccio a NON pagarla!
Saranno i nove decimi sufficienti a fare quello che farebbe l'intera somma? No, faran­no ben di più, l'ho scoperto io stessa. Dio ono­ra la Sua Parola: si prende cura dei Suoi fi­gliuoli obbedienti.
Jenny Cuttler trad. R.Rossi
Tratto da Risveglio Pentecostale 08-09 1984