martedì 18 ottobre 2011

Paradossi

Egli, che è il Pane della Vita, ha cominciato il suo ministerio avendo fame.
Egli, che è la sorgente dell'Acqua Viva, ha terminato il suo ministerio aven­do sete.
Egli ha avuto fame come un semplice mortale, ed ha nutrito gli affamati soltanto come Dio poteva.
Egli, che è il nostro riposo, è stato stanco.
Egli, che è il Re, ha pagato il tributo.
Egli, che ha scacciato i demoni, è stato chiamato demone.
Egli, che è Colui che ascolta le preghiere, ha pregato Lui stesso.
Egli, che è Colui che asciuga le lacrime, ha pianto.
Egli è stato venduto per trenta sicli d'argento, ed ha operato la redenzione del mondo.
Egli è stato menato come un agnello all'uccisione, ed è il Buon Pastore.
Egli è morto, ha dato la sua vita e, morendo, ha distrutto e vinto la morte.

da « Sorgente d'acqua viva »

La storia dietro l'inno:


“ OH V'È VITA IN UN GUARDO AL SIGNORE”

Molti anni or sono in un villaggio del Devonshire un evangelista piantò la sua tenda e fece un giro di visite ai « cottages », piccole case di campagna, dissemini là attorno. Nel villaggio vi­veva un Ufficiale dell'Esercito in ripo­so e la sua famiglia. La figlia di questi, Amelia Hull, una giovanetta di venti anni non appena vide la tenda rizzata cominciò a domandarsi che cosa avve­niva là dentro. Vi entrò un giorno ; si sedette sull'ultima panca, in fondo, ed udì cose che non aveva mai udito pri­ma: la storia del Vangelo di Gesù Cristo.
Tornò a casa e disse al padre dove era stata. Egli divenne furioso e le gri­dò che le persone della sua posizione sociale non frequentavano riunioni te­nute da « ciarlatani », ed egli le proibì di recarsi ancora nella tenda.
Ella si ritirò nella sua stanza pen­sierosa e con l'animo affamato, poiché aveva sentito abbastanza da desidera­re di ascoltare di più.
Il giorno successivo il desiderio di udire di più parlare di Gesù divenne tanto forte in lei che, a dispetto dell’ordine perentorio del padre, ella si re­cò nuovamente alla tenda ed udì il predicatore parlare su Giovanni 3 :14-15: « E come Mose innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figliol dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vi­ta eterna ». Prima di uscire dalla tenda quella sera ella aveva ricevuto la cer­tezza che Gesù era morto sulla croce affinché i suoi peccati fossero perdona­ti e che tutto ciò ch'ella doveva fare era di accettare il Suo sacrificio e of­frire a Lui sé stessa. Ritornò a casa che era una nuova creatura in Cristo Gesù.
Qui giunta, dovette affrontare l'ira furiosa del padre.

VIVERE BENE

(Gesù Cristo) morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro.  2 Corinzi 5:15

Noi crediamo che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesù. Atti 15:11

Per alcuni, vivere bene è poter fare ciò che piace; così non fanno altro che ricercare la pro­pria soddisfazione. Vivono per se stessi e il pro­prio essere è messo al centro dì ogni cosa. Ma
"che gioverà a un uomo se, dopo aver guada­gnato tutto il mondo, perde poi l'anima sua?" dice Gesù (Matteo 16:26). Vivere per se stessi è una prigionia.
Per altri, vivere bene, significa vivere una vita moralmente retta, cercando di rispettare le regole ed i doveri stabiliti dall'etica. Questo è ciò che spesso propongono le religioni; o meglio, questa è la percezione che danno.
Ma queste due vie non potranno far altro che deluderci, perché ci tengono concentrati su noi stessi: sia che diventiamo indifferenti in rappor­to al male, quindi soddisfatti di noi stessi, sia che ci affliggiamo quando prendiamo atto che tutti i nostri sforzi sono insufficienti per fare il bene. L'apostolo Paolo diceva: "In me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no" (Romani 7:18).
La Bibbia ci offre un'altra strada: Gesù Cristo. Vivere bene si può soltanto se, per mezzo della fede, riceviamo la nuova vita, offerta dall'amore e dalla misericordia di Dio che perdona chiun­que si avvicina a lui per mezzo della fede. Solo così potremo gustare, durante la nostra esisten­za terrena, la vera gioia di essere amati da Dio, di conoscerlo come il nostro Padre, di vivere in comunione con Lui e di essere dei testimoni per il Signore Gesù nell'attesa di essere con lui nella casa del Padre, nella gioia eterna.

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DONI CONCRETI



“Ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo adorarono; ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra” (Matteo 2:11)

Non basta adorare il Re, rendendoGli omaggio con le parole o con un atteggiamento riverente; i savi d’Oriente deposero anche doni e offerte ai Suoi piedi.Non è sufficiente elevare le nostre lodi a Cristo, chinarci davanti a Lui con rispetto ed esprimere la devozione del nostro cuore. Dovremmo anche portare al Signore i nostri doni e deporli ai Suoi piedi, come segno del nostro amore per LuiC’è una buona dose di sentimentalismo nella consacrazione di certi pseudocredenti che frequentano le nostre chiese. Si tratta di un misto di emozioni e di affetti superficiali, che non regge la sollecitazione di un appello a donare, a sacrificare qualcosa, o a compiere un servizio pratico; allora, tutte le suggestioni e i fervori svaniscono nel nulla. Sono numerosi i cristiani che intonano con grande zelo cantici missionari e di evangelizzazione; quando passa il cestino dell’offerta essi continuano a cantare, preoccupandosi di cederlo agli altri. Innalzano preghiere perché Dio mandi operai nella Sua vigna, ma non rispondono mai personalmente alla chiamata del Signore neppure agli incarichi più semplici.Le preghiere più accorate e i cantici più melodiosi rappresentano ben poco, se la nostra vita di fede non si spinge al di là di semplici espressioni verbali.I magi che venivano dall’Oriente non soltanto porsero doni, ma portarono regali ricchi e preziosi. Anche noi dovremmo offrire il meglio di ciò di cui disponiamo: i nostri beni, la nostra adorazione, il nostro tempo, le nostre forze, quel vaso di alabastro versato da un amore che tiene lontano ogni calcolo. Non siamo chiamati a sviluppare gli aspetti formali e creativi della nostra attività spirituale, ma a far dono del nostro impegno più consacrato e dei talenti migliori. Troppo spesso offriamo a Cristo soltanto ciò che rimane dopo aver messo da parte tutto quello che ritenevamo indispensabile a soddisfare i nostri piaceri e le nostre ambizioni. Invece, dovremmo sempre dare il meglio al Signore!