venerdì 30 marzo 2012

INDOTTI A PREGARE

“E pregate che la vostra fuga non avvenga d’inverno” (Matteo 24:20) 

Il Signore, guardando il complesso del tempio, prevede la crudeltà di quella guerra, ode le grida dei nemici e i gemiti dei vinti. Vede la città cadere, le fiamme elevarsi fino al cielo. Egli rivolge il pensiero a quegli attimi tragici, e vede un povero fuggiasco che scappa sotto la pioggia, con i vestiti bagnati e trafitti dal vento gelido. La compassione spinge Gesù a suggerire questa preghiera. Questo è il modo di agire di Dio, non il nostro. Noi ci soffermiamo volentieri sui risultati più spettacolari. Applaudiamo l’abile comandante e lodiamo il nobile coraggio. Parliamo di tutte queste cose importanti. Rimaniamo accecati dalla luce che celebra la vittoria. Il Signore guarda oltre. Egli scorge le case in rovina, gli orfani soli e affamati, le vedove dal cuore infranto. La distruzione di Gerusalemme avrebbe disperso gli ebrei in tutte le nazioni, per testimoniare di Dio e per aprire una strada all’Evangelo. Avrebbe portato con sé anche un cumulo di sofferenze che hanno mosso la Sua pietà. Questo principio è valido anche nelle piccole difficoltà della vita. Il dolore, la malattia, la morte sono finalizzati a un obiettivo ben preciso: adempiono sempre uno scopo di grazia per coloro che amano Dio. Nessun evento può nascondere al Signore un solo bisogno o privarci della Sua tenerezza. Qualunque cosa succeda, Egli ha sempre il tempo e il modo di prendersi cura di noi, con la Sua ineffabile compassione. Possa la certezza della cura amorevole del nostro Signore indurci a pregare con perfetta fiducia. Egli tiene in considerazione ogni debolezza e qualunque peso. Egli conosce tutte le difficoltà e gli ostacoli. Prega come Gesù ci ha insegnato, affinché le prove, che sono necessarie per la nostra crescita, non si accumulino per sopprimerti. Sicuramente Egli risponderà a questa supplica.


giovedì 29 marzo 2012

LA FORZA DI UN BACIO

Eva Booth


Era una mattina grigia e triste, e io mi tro­vavo davanti alla porta di un ufficio di poli­zia che serviva anche da carcere provvisorio. C'erano anche altre persone con me, alcune accorse là per curiosità, altre perché avevano dei parenti. Mentre aspettavamo che qualcu­no uscisse dalla porta, ho sentito un rumore di passi avvicinarsi, poi delle voci sempre du­re; tra queste una voce sembrava farsi sem­pre più penetrante: era la voce di una giova­ne donna. La porta si aprì e vidi uno spetta­colo che non sarà mai cancellato dalla mia mente: una ragazza veniva spinta crudelmen­te da due agenti di polizia e seguita da altri due; due robusti poliziotti la tenevano per le braccia. I capelli della ragazza erano spetti­nati, gli abiti in disordine e macchiati di san­gue; la tempia destra era livida a causa dei col­pi ricevuti; l'altra era ferita e perdeva sangue. Lei si dimenava per poter liberare le braccia dalla stretta degli agenti. Le maledizioni e le bestemmie della gente rendevano la ragazza ancor più agitata e nervosa: scuoteva selvag­giamente la testa e si ribellava in tutti i modi, tanto che gli agenti riuscivano a trattenerla a fatica.
In tutto questo trambusto non sapevo che fare, pregare? Non c'era tempo! Cantare? As­surdo! Darle dei soldi? Non li avrebbe potuti prendere! Citare un versetto... ? Ma ad un trat­to, anche se non riuscivo a capire quale azio­ne avrei dovuto compiere, non mi sono nean­che soffermata a pensarci, un impulso irrefre­nabile e immediato mi fece avanzare rapida­mente e... la baciai sulla guancia.
Gli agenti stupiti del mio comportamento allentarono la loro presa sulla ragazza, e l'ho vista liberarsi le mani con tutta la sua forza e unirle, alzando gli occhi verso il cielo, men­tre il vento muoveva i suoi capelli in disordi­ne sul viso e gridare: «Dio mio!». Poi si guar­dò attorno con aria smarrita e gridò ancora verso il cielo: «Dio mio, chi mi ha dato il ba­cio? Nessuno mi ha mai dato un bacio da quando mia madre è morta». Nascondendosi il viso fra le mani e senza opporre alcuna rea­zione, si lasciò trascinare fino al cellulare che la portava via; ripeteva: «Chi mi ha dato un bacio?».
Qualche giorno dopo andai in carcere per cercare di vederla. La sorvegliante davanti alla porta mi disse: «Oh! Sí, noi l'abbiamo avuta già molte altre volte, quella poveretta, ma non c'è proprio niente da fare per lei: non fa altro che andare avanti e indietro nella sua cella, e ogni volta che mi vede mi chiede se so chi le ha dato un bacio». Io la pregai di lasciarmi entrare, insistendo: «Sa, sono la sua unica amica, mi lasci entrare, debbo parlarle!». Quando entrai, mi accorsi che si era pulita il viso, e dal suo volto pulito risaltava la gran­dezza e la profondità dei suoi begli occhi. Lei subito mi chiese: «Lei sa chi mi ha dato un bacio quando gli agenti mi hanno portato qui, l'altra mattina; qualcuno è sbucato dalla fol­la e mi ha baciata sulla guancia; lei sa chi è stato?».
Poi mi raccontò la sua storia. «Mia madre, era una donna vedova, di cui ero l'unica fi­glia, morì quando io avevo sette anni. Era molto povera, benché dì buona famiglia, e morì in uno scantinato, un posto scuro e te­tro. Pochi istanti prima di morire mi chiamò a sè, mi strinse il viso tra le sue mani e lo ba­ciò e disse: «Dio, abbi pietà di questa mia po­vera figlia, e quando io non ci sarò più riguar­darla e abbi cura di lei; da quel giorno nessu­no, dico nessuno, ha mai dato un bacio al mio viso!». Poi lei riprese: «Chi mi ha dato quel bacio?». Allora le parlai di Colui il cui nome è infinitamente più grande e più tenero della persona che le aveva dato il bacio: Colui che aveva portato i nostri peccati sulla croce al fine di poter stampare sulla nostra fronte il baciodel perdono. Io rivedo, ancora adesso, quel piccolo lago formato dalle lacrime di tutte e due. Anche lei ha trovato la luce, la gioia, il conforto, la guarigione, la salute... l'amore.
In seguito, prima di lasciare la prigione, i sorveglianti resero testimonianza del magni­fico cambiamento che era stato operato in lei. A motivo della grazia di Dio, divenne il mez­zo di salute spirituale per molti altri che era­no stati legati con catene molto più pesanti delle sue.
Eva Booth
Trad. Elisabetta Parisi

Eva Booth, vissuta intorno agli inizi del secolo, era fi­glia di William Booth, il fondatore dell'Esercito della Salvezza.
Ella ereditò dalla madre, donna di forte potenza e pro­fondo intendimento spirituale, l'interesse verso tutte quelle persone che, prese dalle spire del peccato, si sono mac­chiate dalle colpe più aberranti. La sua azione si è svolta nello stesso campo di quello della madre: i bassifondi e le prigioni di Londra. Per questo impegno alla madre è stato dato l'appellativo di «Angelo dei bassifondi e delle prigioni». Eva Booth ne è stata la degna seguace.
Red.

Tratto da Risveglio Pentecostale Dicembre 1985

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Ricordando il Pastore Alfonzo Melluso ....



Da poco Il nostro Signore ha chiamato a se il Pastore Alfonzo Melluso, ricordiamo di lui l'esempio e l'abnegazione per l'opera di Dio.

PERCHÉ CREDERE IN DIO?

Così parla il SIGNORE— "lo ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati, come una nuvola; torna a me, perché io ti ho riscattato". Isaia 44:6, 22

La grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere. Giovanni 1:17, 18


Parecchie persone pensano che la scienza abbia dimostrato che Dio non esiste. Dimenticano, o non sanno, che è tanto impossibile dimostrare che Dio esiste quanto provare che non esiste. Questo perché si tratta di una questione al di fuori del campo limitato della scienza che non può rispondere a tutte le domande. Ad esempio, non spiega perché c'è un creato e non ci sarebbe qualcuno che l'ha fatto. Credere in Dio è del tutto ragionevole. Affermare che non esiste può essere solo un partito preso.
La fede in Dio dà un senso alla vita e all'uomo tutta la sua dignità. Spiega il mondo che ci cir­conda e ci permette di andare oltre alle cose visibili. Così le relazioni umane conoscono il loro vero livello.
È pur vero che la fede in Dio può esporci a rischi: quello di essere incompresi, respinti e persino, in certi paesi del mondo, imprigionati. Tuttavia quello che trattiene maggiormente dall'avanza­re verso Dio, dal credere in lui, è che si percepi­sce, più o meno consciamente, che tutta la nostra vita sarà portata alla luce, con le colpe e le brutture che nascondiamo con cura agli altri e talvolta a noi stessi. Se fosse questo il vostro caso, desideriamo dirvi: Non abbiate timore! Se Dio mette in luce le nostre colpe, è per liberar­cene. Venite per fede alla croce dove Gesù ha sofferto per voi e per me!
Solo la fede ci fa scoprire chi è il Dio di pace, di amore e di luce; e Gesù, che ce l'ha fatto cono­scere.
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martedì 27 marzo 2012

UN FILO A PIOMBO Amos 7:1-9

            UN FILO A PIOMBO       Amos 7:1-9

 1 Il Signore, DIO, mi fece vedere questo: Egli formava delle locuste al primo spuntare dell'erba tenera,
quella che spunta dopo la falciatura per il re. 2 Quando esse ebbero finito di divorare l'erba della terra,
io dissi: «Signore, DIO, perdona! Come potrà sopravvivere Giacobbe, piccolo com'è?» 3 Il SIGNORE si pentì di questo. «Ciò non accadrà», disse il SIGNORE. 4 Il Signore, DIO, mi fece vedere questo:
Il Signore, DIO, annunciava di voler difendere la sua causa mediante il fuoco: il fuoco divorò il grande abisso e divorò la campagna. 5 Allora io dissi: «Signore, DIO, férmati! Come potrà sopravvivere Giacobbe,
piccolo com'è?» 6 Il SIGNORE si pentì di questo. «Neppure ciò accadrà», disse il Signore, DIO. 7 Egli mi fece vedere questo: Il Signore stava sopra un muro e aveva in mano un filo a piombo. 8 Il SIGNORE mi disse: «Amos, che cosa vedi?» Io risposi: «Un filo a piombo». E il Signore disse: «Ecco, io metto il filo a piombo in mezzo al mio popolo, Israele; io non lo risparmierò più; 9 saranno devastati gli alti luoghi d'Isacco, i santuari d'Israele saranno distrutti,e io mi leverò con la spada contro la casa di Geroboamo».

Il profeta Amos, in realtà non apparteneva alla cerchia di quei profeti che si erano formati sotto una scuola, come era in uso a quel tempo, ma il suo essere profeta gli viene direttamente da  Dio, infatti lui stesso dice: “Allora Amos rispose: «Io non sono profeta, né figlio di profeta; sono un mandriano e coltivo i sicomori.
Il SIGNORE mi prese mentre ero dietro al gregge e mi disse: "Va', profetizza al mio popolo, a Israele" ”  Amos 7:14-15. Lui dice di se stesso che non era profeta né figlio di profeta, ma nel suo essere umile e reale, dimostra che egli era più profeta di tanti altri di quel tempo, perché Dio l’aveva fatto diventare tale. È importante riconoscere la nostra pochezza e la nostra incapacità, perché solo allora siamo strumenti validi nelle mani del Signore. Ma tornando al testo letto, una frase diventa oggetto della nostra meditazione: «Un filo a piombo».
Dio, dopo aver risparmiato Israele prima dalle locuste e poi dal fuoco grazie all’intercessione del profeta Amos, per mezzo di questo stesso profeta annuncia che ha intenzione di mettere un filo a piombo in mezzo al popolo d’Israele. La maggior parte sappiamo che cos’è un filo a piombo e a che serve, ma per quei pochi che non lo sanno , esso è uno strumento essenziale che usano i muratori per erigere dei muri che siano effettivamente dritti o come si dice nel gergo “ a piombo”. Molti sono i passi nel libro del profeta Amos dove si ammonisce il ricco e dove si condanna la religiosità esteriore. Le sue profezie di sventura per una mancata conversione troveranno compimento nell'abbattimento del regno del nord da parte degli Assiri e nella conseguente deportazione del popolo di Israele e dei suoi notabili nel 722 a.C.
Questo filo a piombo ci parla e ci fa comprendere che ciò che viene costruito, deve corrispondere a dei parametri, non possiamo costruire qualcosa in base a nostre personali sensazioni o a nostri individuali desideri, ma dobbiamo attenerci a quelle linee guida essenziali affinché la costruzione abbia alla fine quei requisiti basilari che un edificio deve possedere. Inoltre il filo a piombo ci dice anche che esso deve essere sempre presente all’atto della costruzione, perché se non viene usato costantemente, c’è la possibilità che quello che viene edificato,  poi debba essere distrutto perché non può essere più sistemato; una parete storta deve per forza essere abbattuta. Da questo ci rendiamo conto che dobbiamo usare questo strumento quotidianamente in ogni aspetto della nostra vita. Comprendiamo anche che il nostro filo a piombo è il nostro Signore Gesù, la sua vita, i sui insegnamenti, i suoi esempi, il suo amore e la sua abnegazione, devono essere per noi un esempio da cui non dobbiamo mai discostarci. Tre sono gli aspetti su cui ci soffermeremo in cui applicare quotidianamente il famoso filo a piombo”:

1)      «Un filo a piombo» nella nostra vita.
Filippesi 2:5 “Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù …”. Questo versetto insieme a quelli che lo seguono contiene una verità che non può essere scissa dalla vita di nessuno che porti il nome di cristiano, infatti ci insegna che dobbiamo avere in noi lo stesso sentimento che animò Gesù, il filo a piombo dell’umiltà e dell’ubbidienza di Gesù deve accompagnare la nostra crescita se vogliamo veramente assomigliare a Lui “il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce” Filippesi 2:6-8. Gesù è il nostro maestro, da lui dobbiamo trarre i giusti esempi per comportarci da veri cristiani, Gesù ci ha insegnato il vero perdono in svariati casi come nel passo di Gesù in casa di Simone  il fariseo in cui da il perdono dei peccati alla donna peccatrice che gli asciuga i piedi, bagnati dalle sue lacrime, con i suoi capelli ( Luca 8: 36-50), o come nel caso della donna adultera che gli partano per giudicarla e che invece di essere lapidata se ne torna a casa con il perdono (Giov. 8:1-11).  Anche in questi casi e tanti altri non citati, vediamo come il filo a piombo del perdono che  Gesù ci insegna, deve essere sempre presente nella nostra vitaState attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo. Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: "Mi pento", perdonalo»” Luca 17:3-4

2)      «Un filo a piombo» nella nostra casa.
L’apostolo Paolo, affronta diverse volte nelle sue epistole l’argomento famiglia, dando dei precisi consigli che sicuramente riconosciamo come provenienti dallo S. Santo. Infatti in  Efesini 5:22-33 come anche in Colossesi 3:18-25 affronta i vari comportamenti e attitudini che ogni membro della famiglia deve tenere nei riguardi dell’altro al fine di costruire una famiglia felice, e il tutto rapportandolo a Gesù il nostro maestro e il nostro filo a piombo, ma non solo lui, anche l’apostolo Pietro ci dice qualcosa a riguardo in 1Pietro 3:1-7, parlando anche lui a mogli mariti figli e servi e spiegando come rapportarsi gli uni e gli altri alla luce degli insegnamenti di Gesù. La famiglia è importante, ricordiamoci che essa è un’istituzione che trova origine nella mente di Dio, Egli l’ha voluta e gli ha dato dei parametri precisi, solo che il peccato ha distrutto tutto ciò di buono che Lui aveva in mente, trasformandola in un contenitore vuoto e nella maggior parte dei casi pieno di sozzure. Sia ringraziato Dio che quando Gli permettiamo di operare, Egli opera a trecentosessanta  gradi, facendo si che le nostre famiglie possano reggere l’attacco del maligno, ma per far si che tutto questo sia realizzabile, dobbiamo usare costantemente il filo a piombo della correttezza divina.

3)      «Un filo a piombo» nella chiesa.
Anche la chiesa, come la famiglia è un’istituzione che è scaturita dalla mente di Dio, Egli l’ha immaginata e voluta, e l’ha organizzata come una famiglia in grande scala. Infatti sempre in Efesini 5:22-33 quando parla della famiglia, prende l’esempio della grande famiglia di Cristo. Vediamo allora che il marito di questa famiglia è Gesù che ha tanto amato la chiesa al punto che ha dato la sua vita per essa “ … per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama sé stesso” Efesini 5:25-28. Gesù ha fatto tutto questo per noi, pertanto comprendiamo pure che come la moglie deve essere sottomessa al marito, anche la chiesa deve essere sottomessa a Gesù. Essere sottomesi a Gesù vuol dire dare a Lui in modo tangibile la conduzione di ogni cosa, permettendo allo  S. Santo di interagire nella vita comunitaria e in ogni scelta che si debba prendere. Gesù prima di andare via da questo mondo disse ai suoi discepoli Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi” Giovanni 14:15-17. Lo S. Santo rappresenta degnamente Gesù, e quindi è da lui che dobbiamo ricevere guida istruzione e ordini per il miglior andamento della vita della chiesa. Una chiesa che non opera e pensa come vuole lo S. Santo non può definirsi neanche chiesa.

CONCLUSIONE
Il signore disse ad Amos «Amos, che cosa vedi?»  ed Amos rispose «Un filo a piombo». Forse non ce ne siamo mai accorti, ma Dio ci fa la stessa domanda oggi, cosa vedi? La salvezza è stata manifestata da tanto tempo e noi grazie a Dio facciamo parte della famiglia dei salvati, ma Lui vuole che tutto ciò che ci riguarda sia in linea con il filo a piombo che Lui ha steso, chiediamoci è la nostra vita in linea con il suo filo a piombo? E ancora, è la nostra casa, la nostra famiglia in linea con il suo filo,a piombo? E ancora, è la nostra comunità in linea a cento per cento con la linea tracciata dal suo filo a piombo? Ogn’uno dia la sua risposta a Dio.

A Dio sia la gloria.

                                                                               ACETO GIACOMO

INQUINAMENTO

L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia.            Romani 1:18
Il Signore Gesù Cristo... ha dato se stesso per i nostri peccati, per sot­trarci al presente secolo malvagio.                    Galati 1:3, 4


Ancora più grave dell'inquinamento fisico, l'in­quinamento morale e spirituale invade il mondo di oggi: egoismo, amore del denaro, degrado dei costumi, violenza, ateismo, occultismo. Tutto
questo è già menzionato in una lettera scritta dall'apostolo Paolo ai Romani verso l'anno 58. Ispirato da Dio, Paolo rivela la causa di tale situa­zione e ne dà il rimedio.
- La causa? Gli uomini si sono ribellati contro Dio.
"Pur avendo conosciuto Dio non l'hanno glorifi­cato come Dio, né l'hanno ringraziato...; e il loro cuore... si è ottenebrato" (Romani 1:21, 22). Dio non ha fatto di noi dei robot; se non vogliamo fare la sua volontà, ci lascia fare la nostra. E così, l'uomo ribelle è in balia dell'impurità, delle pas­sioni infami, dell'immoralità (v. 24, 26, 28). È sgradevole tutto questo? Eppure è il ritratto del­l'umanità: i giornali, i settimanali, i film, la tele­visione, internet, ne dipingono il quadro ogni giorno.
- Il rimedio? Non ve n'è altro se non la fede nel Vangelo di Gesù Cristo, che è la potenza di Dio per salvare chi crede (v. 16).
Più che mai, giovani e meno giovani constatano che la droga, la libertà sessuale, i nuovi stili di vita e la violenza non hanno fatto altro che accre­scere le loro frustrazioni e la loro insoddisfazio­ne. Ma ancora oggi il Signore Gesù offre il perdo­no e la vita eterna. Vuole liberare dalla schiavitù del peccato quelli che l'ascoltano e dare final­mente un senso alla loro vita.

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venerdì 23 marzo 2012

IL FILO A PIOMBO


Ecco, io metto il filo a piombo in mezzo al mio popolo, Israele"
[Amos 7:8]

IL FILO A PIOMBO
Il filo a piombo è una cordicella alla cui estre­mità è legato un peso. I muratori lo usano per controllare che la parete costruita sia perfetta­mente perpendicolare al pavimento. Nella visione del profeta Amos, Dio stava tendendo un filo a piombo vicino a un muro che rappresen­tava il popolo d'Israele. Egli si era edificato una casa per manifestare la Sua gloria fra gli uo­mini, una nazione retta che, però, con il passare del tempo non corrispondeva più al Suo pro­getto. La stessa corda con cui Israele era stato elevato ora lo condannava.
C'è Qualcuno che Dio ha stabilito come filo a piombo dell'umanità: Cristo. Se confrontiamo la nostra vita con la Sua, comprendiamo quanto ci troviamo fuori linea rispetto ai canoni divini. Così, saremo spinti ad accettare il perdono che Lui ci offre nel sacrificio di Gesù, per metterci in riga con la perfetta giustizia del Signore. Tra­mite la lettura regolare della Parola di Dio, poi, lo Spirito Santo opererà in noi, ci "raddrizzerà" poco a poco, facendoci sempre più simili a Cristo. Stai permettendo al filo a piombo della Parola di Dio di esaminarti per allinearti a Gesù?

ADI Media



DALLA PAURA AL TIMORE DI DIO

(Adamo disse a Dio:) "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nasco­sto". Genesi 3:10

Ma presso di te è il perdono; perché tu sia temuto. Salmo 130:4


La Bibbia menziona spesso la paura, il terrore; riporta episodi di fuga, grida di angoscia. Essa è, come oggi si dice, realista. Ci insegna che la paura è fondamentalmente legata al fatto che l'uomo non ha rispettato il suo Creatore. La prima volta che la Bibbia parla di paura è riguardo ad Adamo, dopo che ha disobbedito a Dio. Prima di aver ascoltato il tentatore, Adamo non sì nascondeva davanti a Dio, ma da allora Dio è percepito come avente il diritto di con­trollare il comportamento della sua creatura, e come una minaccia per la sua libertà, Certe persone dicono con facilità di non aver paura di Dio. Asseriscono questo nel tentativo di scartare dai loro pensieri l'idea stessa di Dio. La loro coscienza è resa insensibile, non consi­derano di dover comparire davanti a Dio. Eppu­re, molte circostanze, come la morte di una per­sona cara o la vista di un incidente stradale, fanno risuonare di nuovo la voce della coscien­za e riaffiorare la paura della morte e dell'aldilà.
Il vero cristiano non ha paura di Dio, perché lo conosce come suo Salvatore. Non ha paura di lui, perché sa che Dio ha perdonato tutte le sue colpe grazie alla morte di Gesù. La paura lascia il posto alla pace e alla fiducia in questo Dio d'amore. Ma, cosciente di quello che Dio è e di quello che gli è dovuto, il credente teme di dispiacergli e di disonorarlo. Questo è il timore di Dio.
"Il timore del SIGNORE è fonte di vita" (Proverbi 14:27).

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lunedì 19 marzo 2012

"Morirò fra pochi minuti" ERNEST GAITHER




"Morirò fra pochi minuti"  ERNEST GAITHER
           
Il, 24 ottobrre 1947 un giovane negro americano condannato a morte, finì sulla sedia elettrica a Chicago. Egli ha lasciato una testimonianza che è stata pubblicata in tutti i giornali del mondo. La pubblichiamo anche noi, traducendola da «L'Appel du Maitre»
nella speranza che possa essere utile a qualche anima.

Quando voi leggerete questo scritto, io sarò morto. Non vi rattristate sentendo parlare di un uomo morto, perché nel momento in cui comincio la mia storia, sono ancora vivo. Oggi è il 9 settembre, un martedì, e stasera a mezzanotte sarà eseguita la mia condanna a morte come assassino.
Da quando sono stato rinchiuso in una cella di questo carcere (Cook Country fail), ho avuto tempo di pensare molto. Qualcuno dei miei pensieri — un avver­timento ai criminali è già stato pub­blicato su un giornale di Chicago col titolo «più duro degli induriti». Oggi ho riletto l'articolo accennato, ed ho vi­sto che è realmente una parte della mia
storia: il senso della verità che traspare da esso, lo sento, riposa sul fatto che io non tema di parlare della morte.
Ho solo 23 anni, ma sono già pronto ad andarmene; sapete perché? perché so­no pronto ad incontrarmi con Dio e ne sono felice. Una settimana fa ho ovulo un sogno che porterò con me sulla se­dia; mi sembrava di essere in viaggio per il cielo e di vedere Gesù che venivo verso di me; ma mentre io facevo quat­tro passi, Egli ne faceva solo due; mi domandò perché camminassi così svelto ed io gli risposi che avevo fretta d'arri­vare in cielo. Poi lassù fui circondato dagli angeli.
Qualcuno penserà che è strano un tal sogno per uno che è entrato in questo carcere; ma comprenderete meglio quan­do vi avrò raccontato come una mattina ho incontralo Dio.
x
Prima di tutto date uno sguardo al mio passato. Sette anni fa ero un tipo molto abile, ed ero a capo di una mia banda nominata dei «più duri degli in­duriti». Eravamo otto: ...ora siamo tutti in prigione, eccetto uno che è stato giu­stiziato.
...Ero ancora un ragazzetto quando incominciai a commettere le mie prime pro­dezze. La mia famiglia cercava di man­darmi alla scuola domenicale e alla chie­sa; più di una volta mi davano anche dei soldi perché vi accompagnassi la mia giovane sorella, ma non ci andai nem­meno una volta. Mi facevo promettere da mia sorella che non avrebbe detto niente, e durante quel tempo correvo al cinema. Ai miei genitori raccontavo che ero stato in chiesa, ed essi non dubita­rono mai di nulla. La delinquenza era in me e le pellicole che vedevo mi aiutavano a concretizzare le mie idee. Vi appresi così alcuni trucchi che mi istruirono sul come fare delle cattive azioni. Un giorno vidi un film intitolato
«Ho rubato un milione» io ero là, sma­nioso di essere quel giovane che posse­deva un milione. In seguito decisi d'ap­prendere la boxe pensando che all'occasione potesse servirmi di difesa; pensavo anche che così un giorno avrei picchia­to sodo.
...A 18 anni ero già in una casa di correzione dell’Illinois per furto a mano ar­mata. Nell'ottobre del 1941 scappai con al­tri compagni, ma il mese seguente mi ri­trovai nel carcere chiamato « Jolet» ero stato catturato per omicidio in un parco di Chicago, ma fui liberato sulla parola nel giugno del 1946.
Sei mesi più tardi ero a capo di una nuova banda, che ebbe vita fino alla se­ra del 9 febbraio scorso; quella sera attaccammo in tre un certo Mar Baren di 49 anni, che si trovava nel suo bar sito al lato ovest di Chicago. Baren tentò di far uso di una pistola; balzai su di lui per tentare di disarmarlo, ma mi accorsi che egli era deciso a colpire; compresi che quella era la fine sua o la nostra, e allora tirai su di lui a bruciapelo e l'uccisi. Rubammo il denaro che aveva, 300 dollari in tutto, che più tardi diedi agli altri ragazzi. Scappai a New York, poi ad Atlanta, dove fui arrestato dalla po­lizia. Qualche settimana più tardi com­parvi davanti al tribunale di Chicago.
«Riconosciuto colpevole... », così risuo­nò il verdetto.
«Siete condannato a morte », disse severamente il giudice. Così entrai in que­sto carcere che è detto «il sentiero della morte ».
Non era passato molto tempo ,dalla mia entrata in carcere, quando, il 23 marzo scarso, una donna della mia razza — Mrs. Flora Jones, della Chiesa Battista di Oli­vet m'invitò ad assistere ad un ser­vizio religioso per i carcerati. In quel mo­mento stavo per cominciare una partita a carte con altri detenuti e le risi in fac­cia; poi le dissi: « Per che fare? io non penso affatto che ci sia un Dio »; ma mentre io giuocavo, le donna insisteva. Mi sentivo tanto peccatore, che realmente non volevo saper nulla di Dio, nemmeno se Egli esistesse; e così non diedi ascolto alle parole della donna .
Poco dopo, però, alcune delle sue parole attirarono la mia attenzione: « Se voi non credete in Dio — ella gridava — provate solamente questa piccola esperienza; sta­sera, prima di addormentarvi, chiedeteGli di svegliarvi ad una certa ora; poi chiedeteGli di perdonarvi i vostri pecca­ti ». Aveva una tal fede quella donna, che io ne fui colpito.
Non assistetti ai culto quella sera ma decisi di fare l'esperienza. Steso sul mio pagliericcio, mormorai: « Mio Dio, se Tu esisti, svegliami stanotte alle ore 2,45 ».
Durante le prime ore della notte dor­mii profondamente; poi il mio sonno di­venne più leggero; finalmente mi svegliai e mi trovai tutto sudato, quantunque la cella fosse molto fredda. Tutto era cal­mo; si sentiva solo il rumore regolare del respiro di qualche detenuto e il rus­sare del mio vicino. Sentii un passo di fuori: era un guardiano che faceva il suo turno regolamentare. Quando passò davanti alle sbarre della cella, lo fermai e gli domandai l'ora; egli guardò il suo orologio e disse: «Sono le tre meno un quarto ».
« E' la stessa cosa che le ore. 2,45, ve­ro? ». Mentre facevo questa domanda, il mio cuore si mise a battere violentemen­te nel mio petto. Il guardiano brontolò qualche cosa e s'allontanò; egli non mi vide scivolare ai piedi del letto e cadere in ginocchio. Non ricordo quello che dissi a Dio in quel momento, ma so che Gli chiesi di aver pietà di me, un assassino e peccatore: Egli mi salvò quella notte, io lo so, e mi diede la fede nel Suo Figliuolo Gesù Cristo.
x
Il giorno precedente avevo promesso un sacco di legnate a un altro detenuto che, appena mi vide, la mattina seguente, cer­cò di allontanarsi da me e mi disse: « Non ho alcuna voglia di lottare con te perché ti ho conosciuto alla boxe».  Non vengo per lottare con te — gli dissi — ma solo per salutarti ». Molti si erano riuniti per vederci lottare, ma restarono delusi; Iddio mi aveva liberato dal mio peccato e non avevo più deside­rio di battermi. Più tardi corse voce che meditassi qualche tiro per sfuggire alla
sedia elettrico. Il mio caso fu preso in esame dalla Corte Suprema, che con­fermò la sentenza di morte. Ciò mi im­pressionò, ma non turbò la mia fede in Dio.
Ora sono sicuro che Egli mi è vicino; perciò, come vedete, non ho paura.
Prima di morire voglio lasciare un mes­saggio agli altri giovani: Cominciate a servire il Signore mentre siete giovani, avanzate su questa strada ed Egli vi gui­derà per il retto sentiero. Quando si co­mincia a cadere, si è vinti ed è difficile rialzarsi.
Sì, io sarò morto quando voi leggerete questo scritto; ma ascoltate il mio consi­glio: « …. il salario del peccato è la mor­te; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore » (Rom-,..6, 23).
Queste pagine furono scritte da Ernest Gaither il 9 settembre 1947, alla vigilia della sua esecuzione che doveva aver luo­go a mezzanotte dello stesso giorno, ma che invece venne rimandala alla mezza­notte del 23 al 24 ottobre dello stesso anno. Il giorno 22 ottobre egli confermò quanto aveva scritto ed aggiunse: « Sono sempre felice e non temo niente, Morirò domani a mezzanotte ».
Fu accompagnato alla sedia elettrica dal missionario del carcere Peter Tanis, che così ne racconta la fine: « Fui auto­rizzato ad entrare nella cella di Ernest un'ora prima di mezzanotte. L'atmosfera ero pesante, i guardiani stavano intorno parlando fra loro per distrarre il suo pen­siero dal viaggio di mezzanotte ». Ma la loro conversazione era forzata e ciò che dicevano non aveva alcun senso.
Quando entrai, Ernest mi sorrise e mi salutò; poi mi diede la Bibbia e mi pregò di leggergli qualche cosa. Scelsi il primo capitolo dell'epistola ai Filippesi; Ernest si piegò in avanti ed ascoltò attentamen­te, mentre io leggevo: « Poiché per me il vivere è Cristo, e il morire guadagno, io sono stretto dai due lati: ho il desi­derio di partire e d'esser con Cristo, per­ché è cosa di gran lunga migliore... ».
Questo era uno dei suoi passi favoriti con quello del Salmo 23. Dal versetto 4 di questo Salmo ricevette un grande con­forto; esso dice: « Quand'anche cammi­nassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno, perché tu sei meco... », citò questo versetto quando l'orologio suonò l'ultima ora della sua vita.
Alle 11,30 tenemmo una riunione nella quale contamino dei cantici. Ernest vol­le che se ne cantasse uno dal titolo: «Quando risuonerà l'appello di Dio, io sarò là », e qualche istante dopo le volte e le pareti dei corridoi risuonarono della voce di un tenore nero che copriva quelle un po' rauche dei guardiani.
Mentre si cantavano ancora le ultime note del cantico «Qualche parola con Gesù», i guardiani entrarono e comincia­rono a tagliare i capelli all'uomo dalla voce di tenore.
Poco prima di mezzanotte Ernest pre­gò a voce bassa così: « O Signore, quan­do sono entrato qui dentro, odiavo que­sti guardiani; ma ora lì amo, O Signore, O Dio, ora amo tutti gli uomini ». Poi pregò per quelli a cui aveva fatto del ma­le, per sua madre, chiedendo ai Signore di benedirla, e concluse dicendo: «Non voglio morire con la corrente elettrica, ma voglio solo sedermi sulla sedia ed addor­mentarmi ».
Qualche minuto più tardi gli fu posto sulla testa un panno nero ed egli comin­ciò a percorrere gli ultimi metri. Ai due lati della sedia stavano due guardiani che tremavano; Ernest li sentì e disse: «Perché tremate così? io non ho paura ».
A mezzanotte e tre minuti la prima scarica elettrica attraversò il corpo di Er­nest. A mezzanotte e un quarto, cinque dottori ne constatarono la morte,
Ma io sapevo che il vero Ernest Gaither era ancora vivo.
Lasciando la prigione, pensavo al ver­setto che egli amava tanto: «Poiché per me il vivere è Cristo e il morire è gua­dagno ».

Tratto da Risveglio Pentecostale del  Marzo1949.

LA CROCE, UNO SCANDALO

Gesù... sopportò la croce, disprezzando l'infamia. Ebrei 12:2

Quanto a me, non sia mai che io mi vanti di altro che della croce del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale il mondo, per me, è stato crocifisso e io sono stato
crocifisso per il mondo. Galati 6:14

Museo Kircher 
A Roma è stato trovato un graffito del secondo secolo sul muro di una casa. Gli specialisti pensa­no che questa casa fosse una scuola per i giovani della corte imperiale. Il graffito si trova nel museo Kircher di Roma. Il primo disegno che possediamo sulla crocifissione è una caricatura di Gesù in croce. Sotto sono scarabocchiate in modo irrego­lare queste parole: "Mexamenos adora il suo Dio". Testimonianza eloquente degli schemi e dell'incomprensione subiti dai primi cristiani. Eppure, costoro hanno difeso l'importanza centrale della croce.
È davvero ragionevole, per avere la vita eterna, affidarsi a un uomo morto su una croce? Ricono­scerlo come il Messia promesso da Dio? Perché occorre una morte così terribile per salvare gli uomini? Forse sono queste le nostre domande segrete. Ma che cosa dice la Bibbia, la Parola di Dio?
"In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati" (1 Giovanni 4:10). La morte di Gesù Cristo sulla croce supera tutti i pensieri umani e rimane per molti uno scandalo. Ma il credente accoglie con rispetto questo fatto inson­dabile: Cristo, il Figlio di Dio, è morto per i nostri peccati (1 Corinzi 15:3). Ha portato il giudizio al posto di tutti quelli che credono in Lui. "Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti" (1 Pietro 3:18). La croce di Gesù, scanda­lo per la ragione umana, è l'espressione suprema dell'amore di Dio per l'uomo.

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domenica 18 marzo 2012

SCHIAVO!


Ringraziando il Padre che... ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio. In luì abbiamo la redenzione (per mezzo del suo san­gue), il perdono dei peccati. Colossesi 1:12-14


L'uomo che non conosce Dio è schiavo. Dire­te che questa parola è dura. Come trattare da schiavo l'uomo, un essere intelligente, responsabile delle sue azioni? Lui che ha la facoltà di inventare, di capire, di conoscere il mondo circostante, di fare delle scelte? Schia­vo, semmai, è colui che è vittima della droga, succube della televisione, di internet, o che ha un difetto ben radicato, come la maldicen­za, ad esempio. Ognuno ha le sue pecche. Come pretendere che l'uomo, solo perché è senza Dio, sia schiavo, quando si è liberato da vecchie credenze e vecchi tabù?

La Bibbia dichiara: "Uno è schiavo di ciò che lo ha vinto" (2 Pietro 2:19). Dice che l'uomo senza relazione con Dio è schiavo del pecca­to. Peccare, è non fare la volontà di Dio, è vol­tare le spalle allo scopo che Dio prevedeva per il bene della sua creatura.
Ma Dio cerca una relazione con te e con me, vuole rialzare e liberare. Si è avvicinato a noi in Gesù Cristo, morto sulla croce per espiare le nostre colpe e liberarci dal peccato. Ora egli aspetta che ognuno sia cosciente del suo allontanamento da Dio, che gliela confessi e accetti il dono della salvezza, pagato da Gesù a caro prezzo. Chi sì appropria del valore del sacrificio dì Cristo non è più schiavo del pec­cato, ma affrancato, liberato, rilasciato. Ora si lascia guidare dallo Spirito di Dio che gli inse­gna a dire, come all'apostolo Paolo: "Corro verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù" (Filippesi 3:14).

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giovedì 15 marzo 2012

IL GRANDE TRONO BIANCO

Vidi un grande trono bianco e colui che vi sedeva sopra. La terra e il cielo fuggirono dalla sua presen­za... Vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono.
Apocalisse 20:11,
Se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco.
Apocalisse 20:15



Che cos'è questo grande trono bianco di cui parla l'Apocalisse? È il tribunale dí Dio per il giudizio finale. Vi compariranno tutti quelli che non hanno accettato la grazia di Dio. Non ne mancherà uno, grande o piccolo. Ci saran­no, ín posizione di accusati, quelli che avranno bestemmiato contro Dio e negato la sua esi­stenza. Grandi, che avranno fatto tremare il mondo e ricevuto gli omaggi della folla, e anche piccoli, se avranno rifiutato il Vangelo.
I grandi sono menzionati per primi. Quanto a loro, la giustizia umana è troppo spesso indul­gente e impotente. Ma la giustizia dì Dio giudi­cherà tutti senza parzialità e non accetterà nessuna scusa per il male compiuto. Saranno aperti dei libri, non libri umani, ma il registro divino di tutte le azioni degli uomini.
Noi immaginiamo facilmente che le nostre colpe scompaiano col tempo. Non illudiamoci: in quel giorno tutto tornerà a galla. Nessuno potrà contestare i fatti rimproverati.
L'accusa non avrà bisogno di essere appoggia­ta da un procuratore. Il giudizio sarà senza appello. Ognuno sarà posto davanti alla realtà di quello che ha fatto. Quelli che non hanno voluto saperne di Gesù, il Salvatore, si trove­ranno di fronte a Gesù, il Giudice. È oggi che bisogna credere e dire: "Signore Gesù, così quale sono, senza niente di mio, io vengo a te". Il Signore Gesù ha detto: "Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna" (Giovanni 5:24).
 (Nel cielo) nulla di impuro... vi entre­rà; ma soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello. Apocalisse 21:27
La Bibbia è molto chiara: davanti al tribunale dì Dio, ogni uomo sarà giudicato secondo quello che avrà fatto nella sua vita. Non c'è dunque nessun modo di sfuggire alla condanna? Sì, oggi ce n'è uno: è ricevere Gesù Cristo come Salvatore, e così avere il proprio nome scritto nel libro della vita. Però, al momento del giudizio finale, sarà troppo tardi. Il libro della vita sarà sì aperto, ma solo per fare questa constatazione: i nomi di quelli che sono giudicati non sono scritti in quel libro!
La giustizia di Dio è inconfutabile, perché la con­danna sarà pronunciata su due testimonianze incontestabili e concordanti:
- da una parte l'elenco delle opere malvagie: tutte le azioni degli uomini registrate nei libri;
- dall'altra parte, l'assenza del nome del colpevo­le nel libro della vita.
Per entrare un giorno in paradiso, bisogna essere iscritti nel libro della vita. Altrimenti... Che pen­siero terribile dover essere giudicati secondo le proprie azioni! Chi può essere orgoglioso di tutto quello che ha fatto? Anche le azioni migliori non sono senza macchia agli occhi di Dio che leggono nei nostri cuori. Spesso mescoliamo ad esse senti­menti poco nobili: il desiderio di apparire, l'obbli­go sociale o persino l'orgoglio.
Dunque, non esitiamo più a volgerci a Dio per avere il suo perdono. Egli ha dato Gesù, "il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna... Chi crede in lui non è giudicato" (Giovanni 3:16, 18).
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lunedì 12 marzo 2012

MANCANZA DÌ AMBIZIONE

Oggi, se udite la sua voce, non indu­rite i vostri cuori.          Ebrei 3:15
Cercate prima il regno di Dio, e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più.          Matteo 6:33
Eccolo ora il tempo favorevole; ecco­lo ora il giorno della salvezza.  2 Corinzi 6:2


Uno studente sì avvicinò a Spurgeon, il noto predicatore inglese, al termine di un suo sermone: "Ho capito bene che bisogna che un giorno io incontri personalmente il Cristo e che cambi vita". Spurgeon si stupisce: "Un giorno? E perché non oggi?" Il ragazzo rispose imbaraz­zato: "Prima vorrei vivere un po'". Allora Spur­geon replicò con veemenza: "Lei manca di ambizione, giovanotto. Io, al suo posto, vorrei vivere pienamente subito e non vivere un po' nell'attesa".
È questo molto spesso il grande errore. Noi immaginiamo che, dal momento in cui Gesù entra nella nostra esistenza, cessiamo di vivere. È il contrario. Conoscere Cristo e incontrarlo cambia la vita, è vero, ma le dà un vero "senso". L'unico rimpianto che si prova è di non aver sperimentato prima un tale cambiamento.
Gesù dice di essere venuto perché quelli che lo ascoltano abbiano la vita e che l'abbiano "in abbondanza" (Giovanni 10:10). Ecco quanto propone a ognuno di quelli che si volgono a Lui. Se prima della mia conversione "esistevo" solamente, ora, con la vita che Gesù dà, posso "vivere" una vita entusiasmante e conoscere una vera felicità. Sono passato dalla morte alla vita (Giovanni 5:24).
Ascolta la chiamata di Cristo oggi; non riman­dare a domani la tua risposta. Non lo rimpian­gerai mai!

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domenica 11 marzo 2012

IL PERCORSO DELL’AMORE 1Giovanni 4:7-21


7 Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. 8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. 9 In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo. 10 In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. 11 Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. 12 Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il suo amore diventa perfetto in noi. 13 Da questo conosciamo che rimaniamo in lui ed egli in noi: dal fatto che ci ha dato del suo Spirito. 14 E noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo. 15 Chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. 16 Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. 17 In questo l'amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo. 18 Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore. 19 Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. 20 Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto. 21 Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello.

L’apostolo Giovanni in questi versetti fa una citazione molto importante e di cui voglio farne un motto e un punto di partenza per questo pensiero “ perché Dio è amore”(v.8). Dire che Dio è amore , in sostanza vuol dire che la sua stessa essenza è composta d’amore, a differenza di noi uomini che invece abbiamo amore. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda la luce, infatti all’inizio di questa epistola Giovanni afferma “Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunziamo: Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre” 1Giovanni 1:5. Anche in questo caso Giovanni afferma che Dio è luce, quindi anche in questo caso possiamo affermare che la sua stessa essenza è composta di luce e che pertanto nessuna tenebra fa parte del suo Essere. Ritornando al nostro argomento, l’affermazione che Dio ha amore ci permette di dire anche che in Lui non possiamo trovare nessun sentimento di odio, di disprezzo, d’indifferenza, di disinteresse, di ostilità, di rancore, ecc., perché la sua essenza è amore. Come abbiamo accennato prima, se è vero che Dio è amore, è anche vero che l’uomo possiede amore, però è da chiarire un passaggio importante. Infatti, quando l’uomo è stato creato, dice la scrittura, è stato fatto a immagine di Dio; Dio ha impresso in noi la sua immagine, il suo carattere, ma non essendo noi Dei, tutto ciò è come qualcosa che è aggiunta al nostro essere. Dio quando ha formato l’uomo l’ha fornito della sua immagine, figura che come sappiamo è stata poi imbrattata, storpiata, abbruttita dal peccato. Detto questo, comprendiamo che la salvezza non ha solo il compito di lavarci dai peccati, ma ha fra le tante virtù quella di ristabilire ancora una volta l’immagine di Dio in noi. Dobbiamo imparare ad avere la luce di Dio in noi per essere luce in questo mondo, dobbiamo imparare ad avere l’amore di Dio in noi, per amare dell’amore di Dio. Ecco che si presenta un cammino d’avanti a noi, il percorso dell’amore.

1)      LA MANIFESTAZIONE DELL’AMORE DIVINO PER NOI.
“In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo”. Il nostro Padre celeste, quando a causa del peccato è entrata la morte nell’umanità, non è stato con le mani in mano, ma da subito ha cercato il mezzo per riportare l’uomo a ravvedimento. Ecco che sulla scena della storia appare il nostro Signor Gesù, il figlio di Dio, l’Agnello che toglie il peccato del mondo “Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” Giovanni 1:29. Lo stesso Giovanni poi aggiunge Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna Giovanni 3:16. Ecco che ora possiamo comprendere che la manifestazione dell’amore di Dio si è resa concreto nel pensare alla nostra salvezza, decidendo di mandare il suo unigenito figliolo, dandolo come sacrificio espiatorio per tutti i peccati dell’umanità. “Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre  iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti”  Isaia 53:4-5. Ringraziamo Dio che ci ha messo in condizione di vedere e di capire quanto amore ha avuto per l’umanità, e per ognuno dio noi, non dimenticando di ringraziare anche Gesù che ha tanto desiderato sacrificare la sua vita per me e per te.

2)      LA REALIZZAZIONE DELL’AMORE DIVINO IN NOI.
“In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati”. L’avere capito in qualche modo l’amore di Dio, è il primo passo verso il percorso dell’amore, il secondo passo è il realizzare tangibilmente quest’amore nella nostra vita per poterlo mettere a frutto. Non basta avere capito che Dio è amore e che ne ha tantissimo per noi, non basta farne oggetto di discussione nel nostro stare insieme, dobbiamo fare il secondo passo, permettere all’amore di Dio di fruttificare nella nostra vita. Come il contadino si aspetta dei buoni frutti, dopo avere sparso degli ottimi semi, così il nostro Dio si aspetta tanti buoni frutti da ognuno di noi poiché Lui continua a riempire la nostra vita del suo amore 11- Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri”. L’amore reciproco è uno dei segni evidenti che Dio dimora nei nostri cuori, ma ci sono altri segni da non trascurare, al verso 13 leggiamo “Da questo conosciamo che rimaniamo in lui ed egli in noi: dal fatto che ci ha dato del suo Spirito”, Dio ha messo a nostra disposizione il suo Santo Spirito. È per la sua azione che noi abbiamo potuto conoscere Dio intimamente, è per la sua azione che ci siamo accostati a Lui convinti di peccato, è per la sua azione che abbiamo afferrato la mano perdonatrice di Gesù 15“Chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio”. In ultimo, il segno che Dio rimane in noi è che noi restiamo nel suo amore 16 “… chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”. È meraviglioso sapere che Dio è e rimane con noi, è strabiliante sapere che la sua presenza sia la costante che accompagna giornalmente il nostro pellegrinare terreno, è interessante permetter Gli di guidare la nostra vita giornalmente, è portentoso permetterli di riversare in noi quell’amore che va aldilà di ogni comprensione umana. È magnifico realizzare l’amore di Dio nella nostra vita.

3)      LA PERFEZIONE DELL’AMORE DIVINO IN NOI.
“ In questo l'amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo”.
Come abbiamo detto prima, l’amore di Dio non è perfezionabile poiché è già perfetto, cosa che non possiamo dire di noi uomini. Infatti, è nello stare alla presenza di Dio, nel nutrirci del suo amore che noi perfezioniamo giornalmente il suo amore in noi. Da cosa ci accorgiamo che il suo amore diventa perfetto in noi? L’apostolo Giacomo dice al v. 17 “In questo l'amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo”. Realizzare la fiducia viva che per noi credenti c’è un futuro splendente, è il perfezionamento dell’amore Divino in noi. L’uomo lontano da Dio non ha nessuna prospettiva dopo la morte, la dipartita per lui significa la fine di ogni cosa, e anche se ufficialmente dice di non avere paura di quel momento, sappiamo che l’istante della morte ha fatto tremare il più incallito dei peccatori. Non così per il vero credente, egli con l’aiuto di Dio, ha sconfitto la paura della morte 18 “Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore”. Sia ringraziato Dio che ogni giorno che passa ci perfeziona nel suo amore e ci fa avere sempre più fiducia nelle sue promesse “… perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo”. È bello leggere delle grandi promesse che Dio ha fatto al suo popolo, è stupendo crederci, e ancor di più incantevole è vederle realizzate sotto i nostri occhi. Impariamo a fidarci e a confidare del nostro Dio, e quando viene lo sconforto, ricordiamoci che le sue promesse sono sì e amen! E se ancora questo non bastasse ricordiamoci delle parole di Dio rivolse a Sarah “Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il SIGNORE? Al tempo fissato, l'anno prossimo, tornerò e Sara avrà un figlio” Genesi 18:14.

CONCLUSIONE
Se è vero che Dio è la fonte dell’amore, è altresì vero che noi siamo quei contenitori che devono riempirsi dell’amore di Dio. Facciamo attenzione che il contenitore sia sempre pieno, perché se ciò non avviene due sono i motivi plausibili, o Dio non sta più riversando in noi il suo amore, e ciò può avvenire solo nel caso noi non siamo più disposti a ricevere più nulla da Lui, oppure il nostro contenitore ha una crepa che consente di perdere il prezioso contenuto in modo incontrollato e infruttifero. Ciò che Gesù vuole darci è qualcosa di prezioso e insostituibile per una sana crescita spirituale “Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna» ” Giovanni 4:13-14.
A Dio sia la lode. 
                                                                                                ACETO GIACOMO