venerdì 20 dicembre 2013

LE VITTORIOSE CERTEZZE DÌ DAVIDE

  “e tutta questa moltitudine riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia per salvare; poiché l'esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed egli vi darà nelle nostre mani”1Samuele 17:47.



Quante battaglie il credente deve combattere, ma il nemico è sempre e solamente uno, il Diavolo. Davide nella sua avventurosa vita affronterà diversi nemici e una cosa ci trasmette dalla sua esperienza, il nemico si affronta con armi diverse, armi non convenzionali, con la fede nell’Iddio onnipotente che decide le sorti della battaglia dando vittorie impossibili da ottenere diversamente. Nel caso descritto contro Goliat, vediamo come tutto un popolo, Saul compreso, dice la scrittura:
“…. rimasero sgomenti ed ebbero gran paura” 1Samuele 17:11, ed in un certo senso avevano ragione di avere paura e vediamo perché:
        -        primo perché avevano di fronte un gigante
        -        secondo perché chi avrebbe affrontato il gigante si prendeva una responsabilità enorme
        -        terzo perché si erano dimenticati che potevano confidare in Dio
Davide aveva superato brillantemente tutte e tre le fasi e forte del coraggio che si ottiene dall’avere fede in Dio e va incontro al gigante Goliat e incontro a una grande vittoria.

         1)      VINCERE LA PAURA DEL GIGANTE
Il gigante Goliat viene descritto come un uomo alto circa tre metri, un campione, un guerriero con tanto di armatura, un elmo di bronzo, una corazza a squame del peso di cinquanta chili, delle gambiere di bronzo e un giavellotto (una lancia) composta da un manico robusto come un subbio di tessitore e una punta di ferro che pesava sei chili; in oltre aveva uno scudo portato da uno scudiero che lo precedeva, e la spada che Davide definisce: “Nessuna è pari a quella” 1Samuele 21:9. Detto ciò possiamo comprendere le paure che attanagliavano Saul e il suo esercito, ma cosa invece aveva dato coraggio a Davide? Davide, a differenza di Saul, sentiva forte la benedizione di Dio nella sua vita per via dell’unzione che Samuele aveva effettuato poco tempo prima, tanto che, suo malgrado, aveva dovuto fare pratica, lui stesso ci racconta come aveva vinto contro un leone e contro un orso quando questi cercavano di portare via una pecora dal gregge che egli pasceva. Davide si sentiva protetto e nello stesso tempo animato da una forza diversa, la forza che procede da Dio. Come novello Davide, anche il cristiano deve vincere le paure del gigante, precisando che il gigante è il nemico spirituale delle anime nostre, il serpente antico, il diavolo. Egli è potente, e dispone di armi efficaci, ma questo non deve portare sgomento, l’arma per eccellenza nelle mani del nemico è proprio la paura, cercare di intimorire l’avversario è il primo passo per la vittoria, infatti un avversario impaurito è un avversario già vinto. Davide non si fa intimorire perché, come abbiamo accennato prima,  ha sperimentato per fede che la potenza di Dio è infinitamente superiore alla potenza del suo nemico. Non lasciamoci prendere dalla paura del gigante che c’è di fronte a noi, vinciamola perché Dio è dalla nostra parte.
Che diremo dunque riguardo a queste cose?Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?” Romani 8:31

         2)      VINCERE LA PAURA DELLE RESPONSABILITÀ.
Molto probabilmente, un’altra componente che lasciava alcuni dei presenti sgomenti, oltre la stazza del guerriero che avevano d’avanti, era dovuta al fatto che chi avrebbe affrontato il gigante avrebbe anche preso su di lui la sorte di vittoria o sconfitta dell’intero popolo, infatti nella sfida che sopraggiunge viene detto: “Egli dunque si fermò e, rivolto alle schiere d'Israele, gridò: «Perché uscite a schierarvi in battaglia? Non sono io il Filisteo e voi dei servi di Saul? Scegliete uno dei vostri e scenda contro di me. Se egli potrà lottare con me e uccidermi, noi saremo vostri servi; ma se io sarò vincitore e l'ucciderò, voi sarete nostri sudditi e ci servirete». Il Filisteo aggiunse: «Io lancio oggi questa sfida a disonore delle schiere d'Israele: Datemi un uomo e ci batteremo!»” 1Samuele 17:8-10. Come cristiani siamo chiamati a prenderci delle responsabilità, sapendo che Dio si aspetta da noi piena fiducia in Lui. Saul, alla stessa stregua di Davide, aveva ricevuto la stessa unzione e ne aveva sperimentato già da subito l’efficacia e la forza che ne scaturiva dall’essere un unto di Dio, ottenendo una vittoria straordinaria quando deve combattere la sua prima battaglia contro gli ammoniti. Saul avrebbe dovuto ricordarsi che lui poteva essere l’uomo giusto che doveva prendersi quella responsabilità, ma la sua posizione di disubbidienza l’aveva allontanato da Dio con risultato che la paura lo aveva lasciato sgomento. Siamo sinceri con noi stessi, molte delle nostre sconfitte sia materiali che spirituali sono date dal fatto che siamo lontani dal Signore e siamo coscienti che in quella condizione non possiamo prenderci delle responsabilità. Facciamo i passi giusti, mettiamoci apposto davanti al Signore, allora si che per fede possiamo prenderci delle responsabilità che sono più grandi di noi, andando incontro alla battaglia con rinnovata fiducia nell’Iddio vivente.
“Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono”Apocalisse 3:21.


          3)      VINCERE LE PAURE DELL’IGNOTO.
Tante volte il popolo di Israele ha dovuto superare delle evidenti difficoltà che incontrava nel suo cammino e per tante volte Dio ha dovuto lamentarsi del popolo che non riponeva in Lui la sua fiducia. Nella storia poco recente a quella raccontata, nel libro di Giosuè, vediamo come tutto un popolo viene punito proprio perché la paura dei giganti li aveva portati a considerare di tornare in Egitto, dimenticando tutti i miracoli che Dio aveva fatto prima di allora. Avevano pure dimenticato come per il valore di un uomo, Caleb, erano stati sterminati tutta una generazione di giganti, gli Anachin, che abitavano il monte di Ebron. Comprendiamo dunque che non avere fiducia in Dio equivale ad avere paura dell’ignoto, quel popolo al servizio di Saul, era disorientato e pauroso perché aveva perso la fiducia nel suo Dio. A volte il gigante da sconfiggere, per il cristiano è la paura del domani, l’incertezza che proviene nel non vedere un futuro roseo. Ci rendiamo conto che questo non solo è una bugia del nemico, ma anche l’evidenza che la nostra fiducia non giace completamente nel Signore. Davide non ha dubbi e lo dimostrano le parole che proferisce con sicurezza davanti al nemico: “Allora Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli eserciti, del Dio delle schiere d'Israele che tu hai insultate. Oggi il SIGNORE ti darà nelle mie mani e io ti abbatterò; ti taglierò la testa, e darò oggi stesso i cadaveri dell'esercito dei Filistei in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra; così tutta la terra riconoscerà che c'è un Dio in Israele,  e tutta questa moltitudine riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia per salvare; poiché l'esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed egli vi darà nelle nostre mani»”1Samuele 17:45-47. Davide non aveva paura se il domani poteva ancora avere un futuro perché la sua fiducia in Dio era totale. Il cristiano deve imparare a confidare pienamente nel suo Dio, il domani non ci appartiene perché appartiene a Dio.  L’apostolo Paolo aveva imparato bene la lezione, infatti anche se morso da una vipera non dubitò minimamente che Dio lo avrebbe liberato: “Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne patì alcun male” Atti 28:5.

   CONCLUSIONE
La storia ci racconta di un Davide che andò incontro al nemico dopo avere scelto con cura l’arma con cui doveva combattere, delle pietre di fiume che servivano ad armare la sua fionda. È vero che si era scelto con cura delle pietre di fiume, ma lui stesso dice e descrive un’altra arma ben migliore della sua fionda: “Allora Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli eserciti, del Dio delle schiere d'Israele che tu hai insultate” 1Samuele 17:45, l’arma era Dio stesso che combatteva per lui. Dio quel giorno diede una grande vittoria a Davide, infatti prese una umile pietra e la trasformo in un micidiale proiettile che andò a conficcarsi nella fronte del gigante Goliat, segnando così la sua definitiva sconfitta e la grande vittoria di Dio tramite Davide. La storia ancora oggi non cambia, quando poniamo fede nell’Iddio Eterno, succede che l’impossibile diventa possibile, succede che le nostre paure e le nostra incertezze svaniscono lasciando posto alla vittoria di Dio, succede che il nemico fugge davanti alle preghiere che mettiamo con fiducia nelle mani di Dio, trasformandole in armi micidiali per il nemico che ci sta di fronte. Impariamo ad avere fede.
A Dio sia la gloria

              GIACOMO ACETO


IL MIO PASTORE

"Il SIGNORE è il mio pastore, nulla mi manca" Salmo 23:1



Il salmista gioiva nel dire: "Il Signore è il mio pastore" e così considerava sé stesso una pecora del Suo gregge. Si tratta di un legame d'amore unico; come il pastore distingue una pecora
dalle altre, così Dio ha un rapporto personale con ogni credente. L'affermazione implica un rapporto di dipendenza: la pecora non può vivere né sopravvivere senza pastore. Da sole le pecore non sanno cercare pascoli sicuri, hanno bisogno d'aiuto. Predatori, roveti, aridità e dirupi le distruggerebbero sicuramente. È il pastore che le protegge, che le conduce a "riposare in pascoli verdeggianti". Lui le guida in un luogo di completo ristoro, durante il giorno e anche di notte. Davide, lo scrittore, aveva trovato il pascolo e la piena salute dell'anima, dove l'in­soddisfazione scompare, dove la fede è cibata, nella certezza profonda che Dio, in ogni tempo, dona ai Suoi figli tutto ciò di cui hanno veramente necessità.
Amico, anche tu hai bisogno delle cure divine di Cristo che ti dice: "Il buon pastore dà la sua vita per le pecore ... Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me" (Giovanni 10:11, 14). Lascia che la tua vita sia piena della Sua presenza, affidala a Lui in ogni cosa e nulla ti mancherà!

ADI Media 

LA BENEDIZIONE DELL'UBBIDIENZA

"... così dice il SIGNORE, Dio d'Israele: La farina nel vaso non si esaurirà e l'olio nel vasetto non calerà, fino al giorno che il SIGNORE manderà la pioggia sulla terra" (I Re 17:14)



Il Signore aveva ordinato a una vedova dell’odierno Libano, di dar da mangiare al profeta Elia. Il profeta andò, secondo la Parola di Dio, e la trovò alla porta della città, mentre raccoglieva legna secca per cuocere tutto ciò che gli era rimasto, un pugno di farina ed un po' d'olio, quale ultimo pasto per lei e suo figlio, prima di morire insieme di fame. Perché Dio aveva ordinato ad una povera vedova di sfamare il profeta Elia e non ad un re o ad una famiglia benestante? Perché quando il Signore ci chiede qualcosa è sempre per benedirci e per cambiare la nostra prospettiva di vita. Egli non ci chiede mai qualcosa per privarci del nostro necessario ma, come nel caso di questa vedova, per farci porre interamente su Lui la nostra speranza, per provare la nostra ubbidienza e quindi supplire ad ogni nostro bisogno "... secondo le sue ricchezze in Cristo Gesù" (Filippesi 4:19).
Poniamo tutta la nostra fiducia nel Signore e diamo sempre, di ogni cosa, prima a Lui ciò che ci chiede, senza esitare. Così facendo scopriremo che nella nostra vita, per quanto dura sia la carestia intorno a noi, non mancherà mai il pane della Sua Parola e l'olio del Suo Spirito Santo.


ADI Media 

lunedì 2 dicembre 2013

LA PRESENZA DÌ DIO

   
            

     Atti 4:23-31 
31 Rimessi quindi in libertà, vennero ai loro, e riferirono tutte le cose che i capi dei sacerdoti e gli anziani avevano dette. 24 Udito ciò, essi alzarono concordi la voce a Dio, e dissero: «Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; 25 colui che mediante lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro padre:
"Perché questo tumulto fra le nazioni, e i popoli meditano cose vane? 26 I re della terra si sono sollevati,
i principi si sono riuniti insieme contro il Signore e contro il suo Cristo".
27 Proprio in questa città, contro il tuo santo servitore Gesù, che tu hai unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme con le nazioni e con tutto il popolo d'Israele, 28 per fare tutte le cose che la tua volontà e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. 29 Adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua Parola in tutta franchezza, 30 stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù».  31 Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con franchezza.

Leggendo questo passo, penso che a ogni cristiano viene la voglia di poter essere presente a quelle riunioni dei primi cristiani in cui la presenza di Dio era così tangibile che veramente si sentivano tremare i luoghi dove erano radunati. A pensarci bene, ancora oggi un vero cristiano dovrebbe desiderare che la presenza di Dio fosse così intensa e viva da far comprendere che il nostro Dio è presente. Un credente veramente impegnato si può raffigurare a un uomo veramente affamato che non si accontenta dell’odore del cibo, ma vuole sedersi a tavola e mangiare abbondantemente fino a saziarsi, una vita apatica e priva della presenza dello S. Santo non si addice a un vero credente. I cristiani del primo secolo avevano gustato la vera presenza dello S. Santo in loro e per loro era naturale vederlo all’opera, molto probabilmente si meravigliavano quando Egli non si manifestava che quando si manifestava tangibilmente come abbiamo letto nel passo di Atti. Tre aspetti del passo letto ci fanno comprendere cosa è importante realizzare come cristiani per gettare le basi per far si che lo S. Santo si manifesti come allora.

         1)      ESSERE CONCORDI
Al verso ventiquattro leggiamo “…, essi alzarono concordi la voce a Dio ..”, vorrei che ci soffermassimo su questo primo aspetto dello stare insieme, “erano concordi”. La parola concordi viene dal latino  concordare "essere concorde" e cioè armonizzarsi, coincidere, collimare, dimostrare accordo di idee, pertanto quando dice che alzarono concordi la voce a Dio, comprendiamo che la loro invocazione andava ben aldilà di una semplice preghiera corale, ma era la vera realizzazione di unità. Pertanto essere concordi vuol dire:

    a)      Pari consentimento, Gesù ha pregato a questo scopo per la chiesa, infatti leggiamo in Giovanni 17:11 “Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi”.
   b)      Unione di intenti che va aldilà di essere uniti sotto uno stesso tetto. In  Marco 3:24-25 leggiamo: “Se un regno è diviso in parti contrarie, quel regno non può durare. Se una casa è divisa in parti contrarie, quella casa non potrà reggere”.
   c)      Unione di scopi, che ci fa comprendere che abbiamo degli obbiettivi comuni da raggiungere e da combattere. Dobbiamo sempre ricordarci che il vero nemico nostro è unicamente il diavolo, infatti leggiamo in Luca 22:31 “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano …”

          2)      METTERE DIO AL PRIMO POSTO.
Sempre al verso ventiquattro, continuando lo scritto, leggiamo: “Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi …”, in queste semplici parole comprendiamo che quando pregavano, la prima cosa che facevano era mettere Dio la primo posto perché Egli era e continua ad essere il principio di ogni cosa. Dio li benediceva perché il metterLo al primo posto non era soltanto una formula di preghiera ma era una dimostrazione quotidiana di vera sottomissione e vero timore riverenziale a Lui, all’IDDIO Eterno. È importante comprendere e riconoscere che nella nostra vita Dio vuole sempre e unicamente il primo posto, nella nostra famiglia di continuo e soltanto il primo posto, nella nostra adunanza esclusivamente e perennemente il primo posto. Il secondo posto è già lontano dai suoi obbiettivi perché Lui si aspetta e vuole da noi vera riverenza e reale timore, in Ebrei 12:28 è scritto “Perciò, ricevendo un regno che non può essere scosso, siamo riconoscenti, e offriamo a Dio un culto gradito, con riverenza e timore!”.
Giobbe dovrebbe insegnarci che fino a quando non ci umiliamo davanti a Dio, tutto ciò che possiamo avere di spirituale è solo apparenza, infatti Dio permette la sua prova per far si che comprendesse e dicesse quelle belle parole che pronuncia al capitolo 42:1-6 “Allora Giobbe rispose al SIGNORE e disse: «Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno. Chi è colui che senza intelligenza offusca il tuo disegno? Sì, ne ho parlato; ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco. Ti prego, ascoltami, e io parlerò; ti farò delle domande e tu insegnami! Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l'occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere»”.

         3)      DESIDERARE FRANCHEZZA E POTENZA
Al verso 29 leggiamo: “Adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua Parola in tutta franchezza …”.  Dio ci vuole uniti (concordi) e vuole che mettiamo Lui al primo posto, ora vuole insegnarci l’importanza di parlare di Lui (annunziare la parola) con tutta franchezza, dove per franchezza dobbiamo intendere genuinità, lealtà, onestà, schiettezza, sincerità, e come se ciò non bastasse aggiunge al v. 30 stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù”, come dire “avvalora il nostro parlare con le opere potenti che solo Tu puoi fare nel nome di Gesù” . l’apostolo Paolo in 1Corinzi 2:3-5 afferma: “Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore; la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Il mondo è pieno di filosofi che hanno detto belle parole e esternato pensieri intriganti, ma Dio vuole che il vero credente parli quanto basta, con franchezza e poi faccia parlare Dio con la sua potenza. C’e un momento che è bene comprendere che le parole da sole non bastano, c’è bisogno di qualcosa di più, sempre l’apostolo Paolo in 1Corinzi 13:1dice: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo”. Senza l’amore ma anche la potenza di Dio, il nostro parlare risulta vuoto, privo di sostanza, appunto un risuonante cembalo.

      CONCLUSIONE
“Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con franchezza”.
Quanti ancora oggi desiderano che Dio si manifesti con potenza? Certamente Dio l’ha fatto e può farlo ancora oggi, ma Lui lo farà solo quando troverà le condizioni giuste per poterlo fare . noi siamo quelli che devono porre le basi per far si che Dio possa manifestare la sua gloria. Quando saremo veramente uniti, quando saremo veramente sottomessi a Lui, quando in noi si troverà veramente desiderio di franchezza e di potenza di S. Santo, allora aspettiamoci che ii luogo ancora oggi tremi per la presenza e la potenza di Dio.

A Dio sia la gloria
                              
                                                      GIACOMO ACETO