Ma il padre disse ai
suoi servi: "Portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un
anello al dito e dei sandali ai piedi" (Luca 15:22)
Al ritorno dal suo viaggio portava una valigia vuota e
lacrime amare. Ricordava il viso triste della madre il giorno dell'addio, ma
soprattutto il silenzio del padre. Non era andato via per realizzare i suoi
sogni né per rincorrere un'avventura, semplicemente per contraddire il padre. I
genitori lo riconobbero e uscirono ad accoglierlo, ma lui chiuse gli occhi, non
per
la tristezza, ma affinché le sue lacrime non spegnessero la
gioia dei genitori. Questo racconto ci porta alla memoria la parabola del Figlio
Prodigo che si trova nel Vangelo di San Luca. Lì Gesù Cristo racconta ai
discepoli una storia abbastanza simile che si conclude con le seguenti parole
del figlio: "Padre, ho peccato
contro il cielo e contro di te. Non merito più di essere chiamato tuo
figlio". E la gioia del padre è tale che non solo perdona suo figlio,
ma lo tratta come invitato d'onore. Lo fa rivestire con gli abiti migliori, gli
mette un anello al dito, dei sandali ai piedi, e dopo, come se non bastasse,
ordina che si prepari un banchetto affinché tutti facciano festa e celebrino il
felice ritorno del figlio. Questa parabola è una delle migliori illustrazioni
della missione che spinse Cristo a venire al mondo. Nel raccontarla, il Figlio
di Dio si identifica col Padre celeste, nell'amore che ha per l'umanità
perduta. Con essa ci fa capire che non importa se siamo stati ribelli o se ci
siamo allontanati da Dio. Anche se è così, purché ritorniamo pentiti, il Padre
celeste ci aspetta a braccia aperte. Ha lasciato la luce accesa, perché è
disposto a uscire a riceverci a qualunque ora arriviamo. Ma non è necessario
che chiudiamo gli occhi per nasconderGli le nostre lacrime di rimorso, perché
Egli cambierà le nostre lacrime in gioia.
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