“Chi non prende la sua croce … non può essere
mio discepolo” Luca 14:27
Brenda Goodine
racconta: “Un giorno una mia amica pensò che fosse arrivato il momento di
invitare suo figlio, un bambino vivace di quattro anni, ad accettare Gesù nel
suo cuore. “Benji”, gli chiese in tono pacato, “Vorresti ricevere Gesù nel tuo
cuoricino?” Benji alzò i suoi occhioni azzurri e rispose con fare serioso: “No!
Non credo di volermi assumere questa responsabilità”. Forse non gradirai né ti
soddisferà questa risposta, ma, per lo meno, puoi ammirarne l’onestà. Egli non
pensava solo ai benefici del discepolato, bensì alle responsabilità che questa
condizione avrebbe comportato. Qualcuno, profondamente colpito, ne parlò così: “Sforziamoci
di pensare che la nostra chiamata, in questa vita, sia quella di compiacere a
Dio”. Prima di ogni azione, parola o atteggiamento
prova a chiederti: “Ciò che sto per fare piacerà a Dio?” Facendolo, pensi che
la tua vita sarebbe diversa? Che influenza avrebbero le tue decisioni sulla
vita altrui? Gesù disse: “Chi non porta la sua croce e non viene dietro a me,
non può essere mio discepolo.” Le croci non si costruivano per viverci sopra ma
per morirci. Ogni mattina quando ti alzi, guardati allo specchio e ripeti a te
stesso: “Oggi sei chiamato a morire all’auto indulgenza, all’egoismo e al voler
metterti in mostra”. Tom Landry, l’allenatore dei Dallas Cowboys, una volta
disse: “Il compito di un allenatore di calcio è di far fare ai suoi uomini ciò
che non vogliono, per farli diventare ciò che hanno sempre sognato d’essere”.
Questa è l’essenza del discepolato. Gesù ha, inoltre, detto che se non sei
disposto al sacrificio, non “puoi” essere Suo discepolo.
Tratto da “Gocce
dal cielo”
amen
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