martedì 1 novembre 2011

LA FELICITÀ: UN RISULTATO DELL'UBBIDIENZA A DIO


Molte persone immaginano che l'ubbidienza al Signore renda noiosa la vita di coloro che la praticano. Ragionare così significa dimostrare di non conoscere la gioia cristiana e di non
conoscere neppure Dio, al quale siamo invitati a sottometterci per amore.
Sbagliando completamente le nostre valuta­zioni, potremmo essere portati a dire: "Bisogna che segua un po' la religione per mettermi al riparo dalla condanna divina, ma voglio anche godere dei piaceri della vita il più possibile". In realtà, questi piaceri sono insignificanti se paragonati alla felicità che dà il mettersi al servizio di Dio.
Un credente saggio diceva: "La felicità fine a se stessa fuggirà sempre davanti a noi come un miraggio; non la raggiungeremo mai. Ma se il nostro obiettivo principale è ubbidire al Signo­re piuttosto che compiacere a noi stessi, la vera felicità sarà una conseguenza diretta e costan­te di questa ubbidienza".
Se i credenti vogliono compiacere a se stessi non sono felici come potrebbero essere. Ma non è mai troppo tardi per iniziare a vivere seguendo l'esempio di Gesù Cristo, il nostro esempio perfetto, che diceva: "Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato" (Giovan­ni 6:38).

 Chi vuole amare la vita e vedere giorni felici, trattenga la sua lingua dal male e le sue labbra dal dire il falso; fugga il male e faccia il bene. 1 Pietro 3:10-11
  
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