domenica 29 luglio 2012

ENTRARE NEL RIPOSO DÌ DIO



                  
 Ebrei 4:1-16 
1 Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso. 2 Poiché a noi come a loro è stata annunziata una buona notizia; a loro però la parola della predicazione non giovò a nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli che l'avevano ascoltata. 3 Noi che abbiamo creduto, infatti, entriamo in quel riposo, come Dio ha detto: «Così giurai nella mia ira:"Non entreranno nel mio riposo!"» E così disse, benché le sue opere fossero terminate fin dalla creazione del mondo. 4 Infatti, in qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»; 5 e di nuovo nel medesimo passo: «Non entreranno nel mio riposo6 Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunziata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza, 7 Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori
8 Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno. 9 Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio; 10 infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue. 11 Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza. 12 Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore.
13 E non v'è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto. 
<Gesù, nostro sommo sacerdote>
14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.

Scorrendo lungo il capitolo appena letto, due versetti hanno catturato la mia attenzione e precisamente il v. 10 e 11 che parlando di un riposo sabatico per il popolo di Dio, dice che “chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue”  e ancora incitandoci ad entrare in questo riposo dice: “Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza”. Pertanto è importante entrare in questo ristoro “il riposo di Dio” perché non solo attesta la nostra completa ubbidienza al Padre, ma ci da inoltre la possibilità di riposarci dalle nostre opere.

IL RIPOSO DELL’UOMO E IL RIPOSO DÌ DIO
Prima di entrare nell’argomento, è bene chiarire che riposo vuol dire dare uno stacco per un periodo di tempo dal lavoro e da tutte le sue conseguenze. Un detto mondano dice che il lavoro è una maledizione, e in realtà se proprio non vogliamo chiamarla maledizione, possiamo chiamarlo punizione di Dio. Infatti se andiamo un po’ indietro nel tempo, al momento del peccato dei nostri progenitori Adamo ed Eva, notiamo alcuni versetti che dicono: “Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai»” Genesi 3:17-19.  L’affanno del lavoro, le spine e i triboli del terreno, essere abbassato al rango di animali mangiando l’erba dei campi, il sudarsi il tozzo di pane per nutrirsi, sono tutto frutto del peccato. Il giorno che l’uomo ha peccato, si è allontanato da Dio, scacciato dal paradiso terrestre per entrare nell’affanno della quotidianità, ha sperimentato e tramandato alla propria discendenza cosa vuol dire ribellione a Dio e schiavitù del peccato.  Dio, al popolo di Israele da per la prima volta l’ordine di riposarsi il settimo giorno, il cosiddetto   “Shabbat”, ordine perentorio che troviamo tra i dieci comandamenti, il trasgressore veniva punito con la morte. Perché Dio ha voluto il riposo per l’uomo? Certamente per dare uno stacco dalla fatica, anche per far si che in quel giorno di riposo si potesse studiare la legge di Dio e riflettere bene sugli insegnamenti che Dio ha impartito, ma c’è un altro motivo ben più importante e lungimirante, perché se è vero che la legge è l’ombra dei futuri beni, il riposo a cui Dio mira è sicuramente bel più previdente, l’obbiettivo a cui Dio vuole arrivare è farci conoscere il riposo che Gesù ci offre, donandoci la salvezza per grazia Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” Matteo 11:28, come dire: venite a me tutti voi che siete stanchi e oppressi dalla situazione e dagli effetti del peccato, e io (Gesù, il redentore, il Figlio di Dio) te ne trarrò fuori dandoti un altro  Eden, non terrestre ma spirituale ed eterno, in cui potrai gustare il vero riposo o vero stacco dalle fatiche che il peccato ha introdotto.

L’IMPORTANZA DÌ ENTRARE NEL RIPOSO DÌ DIO
Al verso 11, lo scrittore dice: Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo..”, affermando cosi quanto è importante per l’uomo entrarvi, nel caso di caduta, incredulità o di continua ribellione a Dio, il risultato è un allontanamento totale e definitivo dal riposo eterno che è stato preparato nel regno di Dio.
Lo scrittore pone enfasi su ciò che è capace la parola di Dio, essa è paragonata ad una spada a doppio taglio, così affilata da poter penetrare tra la giunzione dell’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla, l’unica capace di giudicare i sentimenti e i pensieri del cuore. Nessun uomo che non faccia di tutto per entrare nel riposo di Dio, troverà scampo, e nessuno potrà accampare scuse per la propria pigrizia, il risultato sarà solo uno   “Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!” Matteo 25:41.  (Es. ANANIA E SAFFIRA)

FIDUCIA TOTALE IN GESU’
Come abbiamo accennato prima, solo Gesù può darci il vero riposo, infatti al verso 16 è scritto: Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno”. Chiaramente quando dice di accostarci con piena fiducia al trono della grazia, ci sta dicendo di accostarci a Gesù, il nostro sommo sacerdote, che ora è alla desta del Padre e che è assiso sul suo meraviglioso trono, simbolo di regalità e di potere, oggi anche di grazia. L’atto di accostarci al trono di grazia, mette in evidenza il sottomettersi umilmente e volontariamente alla perfetta volontà di Dio, chiedendo perdono e indulgenza per una vita di ribellione. Ciò che prima era impossibile oggi è una realtà certa, il vero riposo è ora a nostra disposizione e ciò ci produrrà misericordia, grazia e soccorso, onde per misericordia dobbiamo intendere quel sentimento di compassione per la miseria altrui, compassione che ha avuto Gesù per noi peccatori vedendoci aggravati e stanchi; la grazia e da intendere come quell’abbuono che si fa a un condannato a morte, infatti dice la scrittura “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”- Romani 3:23, agli occhi di Dio ogni uomo è reo di peccato (ribellione) e quindi degno di morte, ma Gesù ha messo in campo l’arma per eccellenza contro la morte La grazia. In ultimo otteniamo soccorso, e qui mi viene in mente la parabola del buon samaritano, l’unico che prestò soccorso al povero derelitto viandante assalito dai briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Gesù in questa parabola sta presentando se stesso che ha misericordia del povero viandante e gli presta necessari e vitale soccorso anche a costo di rimetterci di tasca sua Luca 10:25-37.

CONCLUSIONE

Arrivando alla fine e dovendo concludere, è bello rimarcare l’inizio dello scritto Stiamo dunque attenti”, infatti lo scrittore sapendo l’importanza del soggetto che tratterà, cerca di catturare l’attenzione di quanti leggeranno, affinché possano mettere attenzione e alla fine attuare e realizzare quanto viene enfatizzato. È bello capire della grazia di Dio, ma non basta comprenderla, dobbiamo farla nostra e  vegliare di non scadere da essa, ma restare fedele a Dio fino alla fine.
Dio ci benedica!

                                                                             ACETO GIACOMO

giovedì 26 luglio 2012

Il matrimonio... deve finire per forza?


"Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con la pro­pria moglie, e i due diventeranno una sola carne" Così non sono più due, ma una sala carne; quello dunque che Dio ha unito
insieme, l'uomo non lo separi".
(Matteo 19:5-6)


QUANDO NON C'È ALTERNATIVA
Viaggiarono ottomila chilometri su di un cammello attraversando il deserto del Sahara, dalla Mauritania fino al fiume Nilo, i coniugi Asher e raccontarono le tremende difficoltà del viaggio nel libro "Due contro il Sahara". Nessun occidentale aveva osato farlo prima; lo spaventoso deserto, col suo incredibile caldo, trasformò quello che sembrava essere un'avventura favolosa in un'odissea desolante. Ma realizzarono il viaggio e, alla fine della loro avventura poterono descrivere come era cambiato il loro rapporto, con queste parole: "Di due persone che eravamo in Mauritania, quando arrivammo al Nilo eravamo fusi in una sola."
Dì solito le difficoltà separano le coppie, ma nel caso di Michael e Maria fu diverso; le contrarietà indicibili e le angosce di quei mesi di incertezza rafforzarono la loro unione! Che cosa ha permesso ciò? Che c'è nel deserto che manca nelle situazioni quotidiane della nostra vita? Sicuramente dobbiamo ammettere che, nel deserto, per i coniugi non c'era alternativa diversa da quella di stare insieme. Erano da soli e nell'afflizione, dovevano trovare il coraggio nel reciproco affetto e sostegno. Invece, molti di noi siamo pronti a trovare subito un'alternativa facile. Se il matrimonio non funziona bene, divorziamo invece di cercare di risolvere i problemi.
Cristo nella nostra casa ci aiuterà a realizzare stabilità familiare e risolvere i conflitti.
Se facciamo di Lui il Signore della nostra vita, lo sarà anche del nostro matrimonio e ci assicurerà la sua durata e serenità nel tempo.

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lunedì 23 luglio 2012

NESSUNO È INDIPENDENTE



"In Cristo Gesù, nostro Signore, abbiamo la libertà e l'accesso a Dio" (Efesini 3:12)


Si dice che una regione ai confini dell'antica Roma, ogni volta che era attaccata dal nemico, chiedesse a Roma di venire in suo aiuto. Roma puntualmente le rispondeva di unirsi all'Impero Romano, in quel modo nessun nemico avrebbe osato più attaccarla. Ma la piccola regione, molto fiera di sé, rispondeva sempre: "Vogliamo essere autonomi. Non desideria­mo perdere la nostra identità".
C'era un giovane, innamorato di sé stesso. I suoi genitori erano benestanti e il ragazzo aveva tutto. L'unica restrizione era che, finché viveva sotto il tetto paterno, doveva adattarsi al regolamento della casa. Un giorno il ragazzo decise di abbandonare la casa. Raccolse qualche vestito e tutto il denaro pos­sibile e, a mezzanotte, sparì.
Mentre ebbe denaro, ebbe amici; ma quando il dena­ro finì, perse gli amici, e si ritrovò nella miseria più assoluta.
Un giorno, lavando i piatti in un ristorantino, si ricordò che a casa di suo padre aveva di tutto, e per un momento pensò di ritornarci. Che cosa fare? Adattarsi alle restrizioni o morire di fame con la sua indipendenza?
La lezione è chiara. Per orgoglio, la regione ai con­fini di Roma veniva sconfitta. Per lo stesso motivo, il giovane ricco moriva di fame. Quale legge vige qui? La legge della dipendenza. Lo vogliamo o no, dipendiamo dal favore del Creatore. Quando cer­chiamo di fare come vogliamo, noi perdiamo la libertà.
Dio non è un despota, Egli è un Padre che vuole il meglio per i figli. Ritorniamo a casa, non respingia­mo l'aiuto divino!

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sabato 21 luglio 2012

“Dio ha creato tutto quello che esiste?”



Durante una conferenza tenuta per gli studenti universitari, un professore ateo dell’Università di Berlino lancia una sfida ai suoi alunni con la seguente domanda:
“Dio ha creato tutto quello che esiste?”
Uno studente diligentemente rispose: “Sì certo!”.
“Allora Dio ha creato proprio tutto?” – Replicò il professore.
“Certo!”, affermò lo studente. Il professore rispose:
“Se Dio ha creato tutto, allora Dio ha creato il male, poiché il male esiste e, secondo il principio che afferma che noi siamo ciò che produciamo, allora Dio è il Male”.
Gli studenti ammutolirono a questa asserzione. Il professore, piuttosto compiaciuto con se stesso, si vantò con gli studenti che aveva provato per l´ennesima volta che la fede religiosa era un mito.
Un altro studente alzò la sua mano e disse: “Professore, il freddo esiste?”
“Che razza di domanda è questa? Naturalmente, esiste! Hai mai avuto freddo?”. Gli studenti sghignazzarono alla domanda dello studente.
Il giovane replicò: “Infatti signore, il freddo non esiste. Secondo le leggi della fisica, ciò che noi consideriamo freddo è in realtà assenza di calore. Lo zero assoluto (-273 °C) è la totale assenza di calore; Il freddo, quindi, non esiste.
Noi abbiamo creato questa parola per descrivere come ci sentiamo… se non abbiamo calore”.
Lo studente continuò: “Professore, l´oscurità esiste?”
Il professore rispose: “Naturalmente!”.
Lo studente replicò: “Ancora una volta signore, è in errore, anche l´oscurità non esiste.
L´oscurità è in realtà assenza di luce. Noi possiamo studiare la luce, ma non l´oscurità. Come possiamo sapere quanto buia è quella stanza?
L´oscurità è un termine usato dall´uomo per descrivere ciò che accade quando la luce… non è presente”.
Lo studente concluse “Il male non esiste, o almeno non esiste in quanto tale.
Il male è semplicemente l´assenza di Dio.
E´ proprio come l´oscurità o il freddo, è una parola che l´uomo ha creato per descrivere l´assenza di Dio.
Dio non ha creato il male.
Il male è il risultato di ciò che succede quando l´uomo non ha l´amore di Dio presente nel proprio cuore.
Il rettore dell’Università gli domandò: “Qual è il tuo nome?”.
“Mi chiamo, Albert Einstein” – Rispose il ragazzo

venerdì 20 luglio 2012

....la fonte d'ogni grazia!


"E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità....
Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia...
Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù
Cristo" (Giovanni 1:14-17)


IL TESTAMENTO D'UN VECCHIO PROFESSORE
Ho avuto un vecchio professore che mi ha parlato di Dio in modo cosi particolare. Era un vecchietto che riusciva a muoversi soltanto appoggiato ad un bastone, ma era coraggioso, e i suoi occhi brillavano di una luce intensa. Quando entrava in classe, mi dava l'impressione che venisse da qualche monte dove era stato a conversare con Dio.
Una volta ci disse, con gli occhi pieni di luce: "Vi parlo sempre di Dio, ma oggi oserò definirlo". Tutti rimasero attoniti, pendenti dalle sue labbra, attenti alla gran rivelazione che doveva farci. Incominciò cosi: "Dio è grazia, poi fece un lungo silenzio che nessuno osò rompere. Il suo viso brillava e le mani gli tremavano. Ci sembrava di vedere dentro di lui un gran fuoco che bruciava, un fuoco che bruciava senza consumarsi. Poi proseguì: "Dio è grazia, solamente grazia, nient'altro che grazia. Tutto quello che fa è grazia. Tutto quello che dice è grazia. Ognuno dei suoi gesti è solamente grazia. Quando guarda una creatura, lo fa con, grazia. Quando tocca qualcuno, lo tocca con grazia. Quando un uomo muore, gli chiude gli occhi con grazia. .E quando quella persona si trova con Lui, sperimenterà la gioia di vedere la fonte d'ogni grazia!". Non disse altro, e noi non sentimmo di fargli domande. Dopo qualche giorno, mori. Ma noi, suoi alunni, conserviamo in noi quella sua ultima lezione, come suo testamento spiritua­le, come un testamento della grazia di Dio.

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mercoledì 18 luglio 2012

Ricordi...

Ma pure, io resto sempre con te; tu m'hai preso per la mano destra; mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella gloria.
Chi ho io in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te.
La mia carne e il mio cuore possono
 venir meno, ma Dio è la ròcca del mio cuore e la mia parte di eredità, in eterno.Salmo 73:23-26


Un caro ricordo affiora alla mia mente dalla scatola polverosa dei miei ricordi, la mia mente va indietro nel tempo e un'immaggine riaffiora fra le tante perse nell'oblio, è la mia mano non ancora adulta che stinge sicuro e forte un dito dell'immensa mano di papà.
Quanta sicurezza in quel gesto...
Sono passati tanti anni, a mia volta ho dato un mio dito a piccole mani insicure per infondere anche a loro quello che io avevo ricevuto tanto tempo prima.

.....Oh mio Dio prendi la mia mano e stingila forte nella tua!




lunedì 16 luglio 2012

.....vorrei incontrarti!


Gesù disse: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli,l’avete fatto a me" (Matteo 25:40)

DUE LETTERE STRAORDINARIE


Rut guardò nella cassetta della posta e vi trovò una lettera. La lettera diceva: "Cara Rut, sabato pomeriggio sarò nel tuo quartiere e vorrei incontrarti. Con amore eterno, Gesù".
Mentre appoggiava la lettera sul tavolo, le mani le tremavano: "Ma, oggi è sabato; perché mai Dio desidera visitarmi, io sono una donna comune, non ho niente da offrirgli!" Si ricordò della dispensa vuota, e pensò: "Andrò a comprare qualcosa". Prese i pochi spiccioli che aveva, indossò il cappotto, e usci di corsa. Comprò varie cose, e le rimasero solo pochi centesimi che le sarebbero dovuti bastare fino al lunedì; tuttavia, si sentiva soddisfatta. Mentre era assorta a preparare la cena, senti qualcuno che dalla strada le diceva: "Signorina, per favore, ci aiuti!" Notò un uomo e una donna, entrambi vestiti dì stracci. "Signorina, non ho lavoro, e mia moglie e io stiamo vivendo per strada. Stiamo morendo dal freddo e dì fame, per favore, ci aiuti!" Rut li guardò, erano sporchi e puzzolenti, inoltre pensò che se davvero volevano lavorare, avrebbero già trovato qualcosa da fare. "Mi piacerebbe aiutarvi, ma anch'io sono povera. Ho solo qualcosa che ho comprato per un ospite speciale che aspetto per stasera". I due salutarono e andarono via. Rut però si sentiva molto afflitta, e corse a cercarli. "Aspettate, prendetelo voi questo cibo, servirò qualche altra cosa al mio invitato". Poi, si tolse il cappotto e glielo regalò. Ritornando a casa sorrideva contenta, malgrado non avesse più il cappotto né il cibo che aveva comprato. Giunta a casa, notò un'altra lettera nella cassetta della posta. L'apri e lesse: "Cara Rut, è stato molto bello incontrarti. Grazie per il cibo e per il bel cappotto. 
Con amore eterno, Gesù".

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sabato 14 luglio 2012

«Amico, sali più in sù ...»



“... Io te ne trarrò fuori e tu mi glorificherai” (Salmo 50:15)


Questa testimonianza ha inizio nella cit­tà sudafricana di Durban, città nella quale, nell'estate del 1963, il Signore volle che fa­cessi la mia prima vera esperienza spirituale.
Ero andato in una delle cinque chiese pentecostali delle quali ero riuscito ad ave­re l'indirizzo dai fratelli di Città del Capo ed il culto era stato meraviglioso.
Tornai sulla nave con il cuore colmo di gratitudine verso il mio Dio che mi permet­teva di essere tanto felice, mentre i miei col­leghi dovevano disperatamente, porto dopo porto, cercare nelle cose più misere che il mondo possa offrire, un motivo qualsiasi per dimenticare i familiari lasciati, gli amici lontani, le cose care al ricordo abbandonate da mesi, in qualche caso addirittura da anni.
Salutai un marinaio di guardia e gli altri Ufficiali, sbalorditi come sempre nel vedere che in ogni porto immediatamente trovavo amici che mi riaccompagnavano a bordo e venivano poi a riprendermi non appena ero libero. Entrato nella mia cabina, mentre ero ancora esultante per l'accoglienza riserbata­mi dai fratelli, accade nello spirito un terri­bile turbamento: improvvisamente mi sen­tii solo, solo come mai ero stato; la mente era sola, ogni mio pensiero sentivo che ap­parteneva esclusivamente a me e che nes­sun altro al mondo poteva darmi un qualsiasi aiuto per liberarmi da quella ridda di improvvisi, angosciosi dubbi, che avevano occupato ogni parte della mia mente e del cuore. Tentai di rifugiarmi nei ricordi di tanti momenti felici davanti al Signore; ma la mente rifiutava quello sfuggire di fronte all'affermazione che ogni mio precedente momento spirituale, ogni precedente espe­rienza cristiana, fossero dovute unicamente ad una forma mentale acquisita in venti anni di permanenza in una chiesa. Ero spaven­tato come mai mi era capitato. comprendevo che quello era il momento della decisione che già credevo di aver preso tanti anni pri­ma; eppure ancora tentavo di sfuggire per­ché avevo paura di non riuscire a vincere quel terribile pensiero che seguitava a ripe­tere: « Ti inganni, sai che nulla è vero e che sei solo, eppure vuoi seguitare ad ingannarti perché sei un vile e non hai il coraggio di lasciare tutti i ragionamenti riguardanti la religione e cercarti una tua nuova 'ragione di vita nel mondo.
Caddi in un pensiero puerile: volevo tele­fonare da laggiù al mio pastore, per chieder­gli aiuto; un attimo dopo avevo già pensato che sarebbe stato meglio telefonare a mio padre per dirgli quello che mi stava capi­tando. Conoscevo le risposte: avrei sentito versi della Bibbia e l'esortazione a pregare; ma la Bibbia in quell'istante era per me l'e­quivalente dei Rotoli della Legge nelle mani dei soldati di Tito, che erano nel Tempio per distruggerlo nel modo più totale.
Prima di partire per il Sud Africa, un caro fratello di Genova mi aveva regalato il suo Nuovo Testamento. Aveva compreso che il mio spirito era turbato e sulla prima pagina bianca aveva scritto: « Invocami nel giorno della distretta, Io te ne trarrò fuori e tu mi glorificherai ».
Chiusi a chiave la porta della cabina e mi inginocchiai dicendo al Signore: «Tu sai che in questo momento è come fossi dinanzi ad un muro, come se mi aspettassi che un quadro rispondesse ai miei gridi; ma affermi che mi trarrai fuori dalla distretta e sai che non potrebbe esistere mai più per me un giorno di distretta come questo, perché se Ti perdo ora Ti avrò perso per sempre. lo Ti invoco e Ti invoco solo perché ho pau­ra di dire sì a quello che la mente afferma ». Non avevo mai pianto davanti al Signore e sapevo che quella volta piangevo solo per paura: ero umiliato davanti ai ragionamenti che mi imponevano di alzarmi e di porre fine ad ogni pensiero sullo Spirito, mi sentivo un codardo che non aveva il coraggio di dire definitivamente basta ad un passato vissuto fra i banchi di una chiesa.
« Io te ne trarrò fuori...» il pianto im­provvisamente cambiò e la mente si sgom­brò quasi istintivamente: fu una sensazione che potrei definire fisica. Sentii proprio che nel cuore scendeva qualcosa di bello. Pian­gevo, piangevo sempre di più mentre il Co­mandante fuori della cabina voleva sapere cosa mi fosse successo ed io non riuscivo a rispondere. Comprendevo finalmente che i fratelli che dicevano di aver sentito che qualcosa di nuovo era entrato in loro, non erano esaltati, sentivo che le sorelle che par­lavano della mano del Signore, non esagera­vano nei termini, sentivo che Chi aveva detto Che gli Angeli in cielo fanno festa per un peccatore ravveduto, non aveva usato una forma metaforica per abbellire un'idea: gli Angeli cantavano veramente in quel momen­to e la mia preghiera stava salendo verso il trono di Grazia, veniva presa dall'Angelo del Signore e posta nel turibolo dove sono le preghiere dei santi e lasciata oscillare con quel turibolo davanti al Signore, in profumo di odore soave al trono dell'Agnello.
Mi ero umiliato totalmente davanti alla mente e avevo dimostrato a me stesso che non ero capace di prendere una decisione quando era troppo grande per la mia me­schinità, ed ora? in pochi momenti il Signore aveva risposto, l'unica volta che il cuore si era completamente spezzato davanti a Lui.
Qualche giorno dopo salpammo per il rien­tro in Italia. Dissi immediatamente al Co­mandante che giunti a Genova sarei sbarcato, Sapeva che ero evangelico ma quando gli dissi che sarei entrato in una Scuola Biblica tentò in ogni modo di sconsigliarmi affer­mando che avrei avuto una brillante carriera rimanendo ai suoi ordini. Davanti ai miei occhi erano però ormai i banchi della Chiesa Eterna del mio Signore e c'era una carriera meravigliosa da percorrere là: Amico, sali più in sù; ed un altro passo verso il Regno del Signore. «Amico, sali più in sù ...», ed un altro passo nel crescere di fede in fede.
Ringraziai quel cortese Comandante, che aveva voluto conoscere uno per uno i fra­telli che il giorno della partenza cantavano sotto la nave: « Se non ci vedremo più quag­giù, sull'altra riva, dall'altro lato del fiume che stai attraversando, ci rincontreremo per non lasciarci mai », e sbarcai per tornare nella mia chiesa.
Sei mesi di Scuola Biblica, tre altri mesi di benedizioni nelle piazze e nelle via di alcune città italiane, poi ancora il mare, que­sta volta su navi militari, dopo aver pregato per lunghissime ore il Signore che non si potesse più dire di me quello del quale ora ormai certo mi si potesse accusare prima: che avevo le forme della pietà ma ne avevo rifiutata la potenza.
L'inverno 1965-66 è stato terribile sul ma­re: decine di navi sono affondate e, nella maggioranza dei casi, gli uomini dell'equi­paggio sono scomparsi senza lasciare sui re­litti, qualche volta ritrovati, nessuna traccia di quella che era stata la loro vita.
Spettò alla mia nave, una prima volta, di uscire a ricercare un bastimento, un uomo del quale era stato trovato, ormai senza vita, legato sul fondo di una lancia di salvataggio, il mare era in tempesta quando uscimmo dal porto di Napoli: i nostri marinai trema­vano dal freddo per le onde ghiacciate che ci investivano e che rendevano inutile la di­fesa dei nostri pesanti giubbotti da naviga­zione.
Dopo circa dodici ore avvistammo qual­cosa che emergeva a tratti dai fluiti. Era la nave Capovento, di poco più grande della nostra, che si era capovolta e mostrava solo la parte inferiore. Il Comandate decise di tentare di mandare una imbarcazione per provare a battere con un martello sul relitto in modo da sentire una eventuale risposta da qualche uomo che fosse rimasto imprigionato nelle stive.
Chiese dei volontari: gli Ufficiali erano sicuramente coraggiosi, ma i più anziani ave­vano dei figli a casa ed i più giovani erano inesperti di manovre di imbarcazioni. Una testimonianza era stata data a bordo e con l'animo sereno di chi sa che «…sotto di noi sono le Sue braccia eterne » chiesi al Comandante di potere andare io, non occorre descrivere quello che successe in mare: una volta tornato sulla nave un Ufficiale mi dis­se che il Comandante in 2.a aveva scongiu­rato il Comandante di darmi ordine di rien­trare. Nello scafo della « Capovento » non c'era nessuna forma di vita.
Sulla mia nave i marinai furono per la prima volta convinti che quando parlavo del Signore e dicevo che Egli cambia la mente ed il cuore, dicevo qualcosa nella quale cre­devo profondamente.
Un'altra nave affondò un mese dopo ed ancora una volta il Signore fu la mia roc­cia sicura nel mare in tempesta e mi diede grazia di riuscire a portare, con la motobarca sfondata su un fianco e il timone sal­tato via, alcuni coraggiosi marinai in aiuto dell'equipaggio della nave in pericolo, equipaggio che poi salvammo completamente.
A Napoli ormai sapevano in molti, nell’ambiente della Marina, che sulla nave di­partimentale c'era un Ufficiale evangelico che scendeva sempre in mare ed era con­vinto che il Signore Io avrebbe aiutato in qualsiasi circostanza. Ebbi così modo di co­noscere un marinaio di genitori pentecostali ma freddo nella fede. Veniva nella mia ca­bina e mi parlava sempre di cose stranis­sime chiedendone poi il significato. Pregai tanto perché il Signore mi desse un frutto: mi sembrava impossibile però che quel ma­rinai cambiasse. Cantavo e gli insegnavo i nostri cantici: voleva sempre che seguitassi ma la sua intelligenza spirituale non cam­biava mai.
Nel frattempo anche un sottufficiale del­la nave aveva cominciato a farmi domande: un giovane che dipendeva direttamente da me e verso il quale, per questa ragione, ve­nivo a trovarmi a disagio.
Un giorno partimmo, diretti a Livorno, per andare a scortare alcune imbarcazioni da regata che dovevano traversare il Tirreno.
Da Livorno potemmo partire solo dopo una settimana perché il mare, tempestosis­simo, non permetteva assolutamente di ten­tare di uscire.
Sulle imbarcazioni della regata erano im­barcati i migliori equipaggi della Marina Mi­litare: quattro Ufficiali ed un marinaio per ogni imbarcazione. Su tutti faceva spicca l'equipaggio della Accademia Navale, con uo­mini che, in barca a vela avevano traversato gli Oceani ed avevano riempito di ammira­zione tutto il mondo velico.
Erano impazienti di uscire, ripetevano sempre che erano uomini di mare e che vole­vano andare anche con il mare in tempesta. Il Ministero dette il permesso di partire e le quattro candide imbarcazioni presero la loro corsa sulle onde. La nostra nave saltava sul mare in burrasca e le vedette tentavano di­speratamente di non perdere di vista le vele che, di notte e con quel mare, si perdevano nella spuma che accecava gli occhi.
All'improvviso, verso la mezzanotte, uno delle quattro vedette, avvisò che non vedeva più una imbarcazione.
Il Comandante manovrò immediatamente per portarsi sul punto dell'ultimo avvista­mento e fece chiamare tutti gli uomini ai posti di emergenza.
Uscii dalla cabina col cuore in gola: sulle imbarcazioni c'erano giovani con i quali ave­vo studiato e con i quali avevo mille cose belle in comune. Salii di corsa in plancia e controllai che i miei marinai fossero ai loro posti, poi mi sembrò di vedere due uomini fra le onde, alla luce di un proiettore; volsi un attimo il mio pensiero al Signore che poteva ordinare ai venti ed alle onde di acquetarsi, e mi tuffai in mare. E anche qui inutile descrivere quanto gelida fosse l'acqua e quanto difficile nuotare fra le onde con gli stivaletti, ed i pesantissimi indumenti di navigazione: il Signore che a Durban mi aveva salvato dal naufragio spirituale, non poteva permettere che annegassi in onde tanto meno pericolose per la mia anima. Uno dei due Ufficiali fu salvato; appena lo toc­cai svenne. Era stato in acqua solo dieci minuti ed era un campione di nuoto dell'Ac­cademia Navale. L'acqua gelida e le onde che impedivano di respirare avevano già avuto ragione dello splendido vigore giova­nile degli altri quattro occupanti l'imbarca­zione.
Quando trassero a bordo il naufrago, me ed un marinaio che era saltato in mare per aiutarmi, nessuno di noi era capace di te­nersi in piedi perché mezzi congelati, ma ricordo la mia meraviglia nel vedere Che le gambe mi tradivano: dentro, nella parte più bella del cuore, avevo lo stessa calore di Durban e quando, steso nella cabina, vidi i marinai del mio reparto tutti intorno al let­tino e la mia Bibbia ancora aperta, inca­strata in modo strano sul tavolino per non farla cadere, oh! torrenti di benedizioni scen­devano dentro di me; e quegli uomini, gio­vani, giovani ed anziani, che ora guardavano a quel Libro che a Durban stava per essere chiusa per sempre e sentivano che quando, nei pochi momenti liberi, parlavo di quello che il Signore dà, dicevo una cosa nella quale credevo; quegli uomini, ripeto, ave­vano gli occhi lucidi ed io mi sentivo istante per istante più misero e più indegno di quel meraviglioso canto del mio cuore che gioiva perché un uomo era stato strappato alla morte e perché un cristiano aveva avuto fe­de nel suo Signore.
Tornammo a Napoli due mesi dopo; il marinaio al quale parlavo della fede era stato congedato. Dovevo rivederlo solo sei mesi più tardi nella chiesa di Siracusa, sal­vato e battezzato di Spirito Santo. Anche il mio Sottufficiale radiotelegrafista era sbar­cato; qualche mese più tardi seppi che fre­quentava una delle nostre chiese vicine a Napoli.
C'è bisogno di una conclusione in questa testimonianza? Sono ancora molto giovane e sono sicuro che il Signore sarà sempre vicino: un anno forse, altri cinquanta po­trebbero essere. Mi disse di cercare prima il Regno dei Cieli ed io lasciai il mare per entrare nella Scuola Biblica; e che tutte le cose mi sarebbero state sopraggiunte. Infatti, non vedo umanamente cosa potrei deside­rare di più.
Lo Spirito vuole sempre di più ed è di questo che sono felice, perché vuol dire che anche l'ultima parte del versetto di Durban si sta adempiendo: « ... e tu mi glorificherai ».

PAOLO PAGANO


Tratto da "Risveglio Pentecostale" Luglio - 1967.

venerdì 13 luglio 2012

LE INDICAZIONI...



Seguendo le indicazioni divine, incontreremo certamente problemi imprevisti ma realizzeremo anche vittorie inaspettate.

martedì 10 luglio 2012

Il sentimento di Gesù




Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, Filippesi 2:5 

Dire di avere lo stesso sentimento che è stato in Cristo, può risultare che magari stiamo parlando in astratto o magari di qualcosa che va oltre le nostre possibilità. Sarebbe bello potere dire di avere lo stesso sentimento che è stato in Lui, ma sappiamo che l'opera di Gesù va oltre ogni nostra immaginazione. Se tutto ciò è vero, è anche vero però che potremmo sforzarci un pochino, magari provare a iniziare, cercare di capire questo grande sentimento per cui oggi possiamo dire di essere salvati. Invece il più delle volte preferiamo ignorare quanto ci è detto in questo verso.

sabato 7 luglio 2012

QUANDO PIOVE PER UNDICI ORE DÌ SEGUITO


Ma Dio gli disse: «Stolto, questa stessa notte l'anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?" Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio"
(Luca 12:20, 21)


Il cielo era coperto di nuvole cariche d'acqua. Dopo un paio di tuoni, cominciò a piovere; prima semplici gocce, poi si scatenò un acquazzone. Demetrio osservava í campi, lì c'era la sua speranza, il suo futuro, il suo arduo lavoro e tutto il suo capitale. Aveva seminato da poco il cotone e la pioggia gli avrebbe fatto bene. Purtroppo piovve molto, molto più di quanto la terra potesse sopportare. Piovve fortemente e per undici ore di seguito. Quella che in principio era una gradita pioggerellina, si trasformò in un vero diluvio che allagò i campi. Demetrio e altri diecimila agricoltori videro discendere la propria rovina da un cielo implacabile. Senza preavvi­so, senza tregua, l'inondazione distrusse tutto il raccolto. Che cosa possiamo fare quando una circostanza imprevista, quando una situazione inaspettata distrugge in poco tempo le nostre sicurezze? Lavoriamo con abnegazione e sacrificio, pianifichiamo, investiamo, speriamo. Sappiamo che il prodotto di quel lavoro deve dare frutto. Ma all'improvviso tutto svanisce. La verità è che in questa vita nessuno può essere sicuro di niente. Viviamo in un mondo insicuro, dove terremoti, cicloni, attentati, incidenti e malattie distruggono la fragile esistenza umana. Non siamo altro che foglie spazzate via dal vento, abbiamo bisogno costantemente di forza morale e spirituale per mantenerci fermi nelle disgrazie e per ricominciare quando tutto è andato perso. Gesù Cristo, il Signore vivente, dà questa forza morale. Se mettiamo la nostra fede e la nostra fiducia in luì, e non nella nostra forza, Egli ci darà la capacità di sopravvivere e di ottenere la vittoria.

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giovedì 5 luglio 2012

NON RIESCO A DECIDERMI!


“O Signore, … insegnami i tuoi sentieri” Salmi 25:4


Anche le decisioni semplici possono essere stressanti. Hai mai notato la difficoltà di un bambino nel decidere se scegliere il gelato alla fragola o quello al cioccolato? Le decisioni importanti come chi sposare, quale carriera intraprendere, che casa comprare, sottoporsi o no a un’operazione chirurgica rischiosa o altre,  possono essere estenuanti. È possibile ridurre lo stress seguendo i principi biblici: 1) Fai delle ricerche.
“Chi risponde prima di avere ascoltato, mostra la sua follia e rimane confuso” (Proverbi 18:13). Informati accuratamente ed evita di prendere decisioni di cui, in seguito, potresti pentirti. Mai come oggi la conoscenza è alla portata di tutti attraverso internet, libri e, soprattutto, la Parola di Dio: “I tuoi comandamenti … sono sempre con me” (Salmi 119:98). 2) Parla con Dio. “O Signore, fammi conoscere le tue vie, insegnami i tuoi sentieri”. Consultarsi con Dio ci aiuta a evitare decisioni premature, a stabilire le giuste priorità e a  predisporci ai Suoi consigli. Pensi che Dio s’interessi alle tue decisioni? Assolutamente sì! “I passi dell’onesto sono guidati dal SIGNORE; egli gradisce le sue vie” (Salmi 37:23). 3) Sii aperto a nuove idee. Non restare intrappolato dai modi arcaici di pensare. “Il cuore dell’uomo intelligente acquista la scienza, e l’orecchio dei saggi, la cerca” (Proverbi 18:15). Restare aggrappato a ciò che è familiare, può diventare paralizzante. Dio potrebbe guidarti su un sentiero sconosciuto per darti una nuova visione, perciò chiudi gli occhi, ricerca la Sua saggezza e apri il cuore per riceverla. 4) Chiedi consiglio ad amici fidati. Un antico proverbio celtico dice: “È dura la strada che è percorsa da solo”. Segui il consiglio di Salomone: “La via dello stolto è diritta ai suoi occhi, ma chi ascolta i consigli è saggio” (Proverbi 12:15).

domenica 1 luglio 2012

UNA PROVA INCONTESTABILE


"Figlioletti miei, vi scrivo que­ste cose affinché non pecchiate; e se pure qualcuno ha peccato,
abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto"
(I Giovanni 2:1)


Una giovane turista tedesca passeggiava per una famosa piazza d'Italia, mentre i suoi amici fotografa­vano e filmavano ì suoi movimenti. All'improvviso si accorse che era stata derubata del portafoglio. Rattristata e scoraggiata tornò nel suo albergo ma, riguardando i filmati,poté vedere colui che con dita lunghe e sottili, le aveva estratto il portafoglio dalla borsa. Portò il filmato alla polizia e il ladro fu arrestato. Quando mostrarono il filmato al criminale, non poté fare altro che riconoscere la sua colpa. Era una prova incontestabile, il furto era stato filmato. La nostra vita e tutte le nostre parole sono continua­mente riprese e registrate, un giorno Dio ce le mostrerà. Ciò che importa non è il sistema che Dio adopera per registrare le nostre parole, azioni o pen­sieri. La Bibbia afferma che nel giorno del giudizio renderemo conto a Dio di ogni parola malvagia; tutti dovremo rendere conto di ciò che abbiamo fatto nella vita.
Il giudizio finale rivelerà tutti i nostri atteggiamenti errati. Che vergogna sarà vederci a faccia a faccia con tutto quello che abbiamo fatto, tutti quelli che abbiamo offeso, ferito e maltrattato! Sarà tremendo riascoltare le nostre cattive parole, le bugie e le calunnie che abbiamo pronunciato! Sarà un'espe­rienza terribile vedere di nuovo, come in un film, tutta la nostra vita, specialmente i fatti che hanno violato e flagellato le leggi di Dio. Ma per far sì che la vergogna non ci tocchi, accettiamo Cristo come nostro Salvatore. Lui versò il Suo sangue per lavare e purificare la nostra vita. Se Lo accettiamo dì cuore oggi, non dovremo mai confrontarci con l'orrore della nostra vita passata. E con il giudizio!

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