"Dell'argento e dell'oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!" Atti 3:6
Quando qualcuno mi racconta la sua sofferenza, ciò che ho di meglio da dargli, come credente, è che Gesù è morto ed è risuscitato per lui. Se voglio portare qualcosa a chi soffre, gli porto Gesù. Se sono vivo è grazie a Lui, e se oggi sono felice è perché Lui è la mia gioia. Cosa possiamo annunciare d'altro se non la vittoria di Gesù sul male, sulla sofferenza e sulla morte?
Facciamo attenzione che nel modulare la forma del messaggio dell'Evangelo non perdiamo di vista il suo contenuto. C'è o non c'è la "buona notizia"? Può darsi che non siamo più convinti che sia poi così buona. Per noi è ancora una novità la morte e la risurrezione del Signore Gesù? Oppure ne siamo assuefatti all'idea e ci siamo addormentati? Il messaggio che diamo può fare ancora oggi del bene, guarire le anime e dare la vita eterna? Oppure siamo caduti nel formalismo religioso, dove compiamo solo dei riti che non hanno più nulla a che vedere con la fede e non hanno alcuna potenza?
Forse non riusciremo a dire, come l'apostolo Pietro al paralitico: "Dell'argento e dell'oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!". Ma possiamo certamente dire: Vieni a scoprire che sei da Lui amato fino nel profondo della tua sofferenza.
Il mondo in cui viviamo muore di sete e cerca ristoro nell'acqua di cisterne crepate che non può dissetare e in più rischia di essere avvelenata. Se noi credenti non annunciamo più la speranza in Cristo, chi lo farà?
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