venerdì 2 settembre 2011

DAL CONVENTO A CRISTO

                        
Nacqui nella Provincia di Salerno, nel 1938, da famiglia cattolica romana e, quindi, fui educato secondo detta religione. All'età di nove anni, sfortu­natamente, incontrai un padre france­scano, il quale pose speciale attenzione su di me e, per attirarmi, mi dava cioc­colatini e caramelle. Un giorno, mi re­cai a visitare il Convento, che, in segui­to, frequentai giornalmente. Quando il padre testè menzionato fu trasferito in altro Convento, a Cava (Salerno), an­ch'io volli seguirlo. A quel tempo, ave­vo solo dodici anni. Fu in quest'ultimo Convento che cominciai a servire e là anche dormivo. Dopo cinque anni di du­ro lavoro in questo Convento, i supe­riori decisero di mettermi il saio e cosi non vestii più in borghese. Dopo alcuni mesi che indossavo l'abito monacale,
il « Padre Guardiano » decise di man­darmi alla « cerca » di offerte. Dopo ancora due anni di questo lavoro, fui trasferito al Convento di Tramonti (Sa­lerno), per iniziare .l'anno canonico; cioè « il Noviziato », che durò un anno.
Durante questo periodo, siccome il Convento si trovava in bisogno, ci mandavano alla « cerca » e raccoglie­vamo vino, grano, patate, etc. Mentre facevo « il Noviziato » i miei genitori venivano a trovarmi, ed ogni volta di­cevo loro che non mi sentivo di fare quella vita, ma essi mi ripetevano che era un privilegio essere un Monaco e vivere nel Convento e, quindi, mi dice­vano d'aver pazienza, di resistere alle
tentazioni del mondo e che nel futuro, stando ancora in Convento, la mia fede sarebbe stata fortificata. Finito il pe­riodo di « Noviziato », fui trasferito al Convento di Nocera Superiore (Salerno). Durante tutti questi anni, passando da Convento a Convento, mai ho sentito la pace e la sicurezza della Sal­vezza; anzi mi sentivo uno schiavo in­felice, triste e disperato.
Un giorno, recandomi in città, venni investito in pieno da una macchina; perdetti i sensi e fui trasportato d'ur­genza in Ospedale. Quando ripresi co­scienza, mi domandai : « Se fossi morto, ove sarebbe andata la mia anima? Nelle condizioni in cui vivevo e mi tro­vavo, certamente la mia anima sarebbe stata dannata per sempre nelle fiam­me dell'inferno ».
In Convento, tre volte la settimana, facevamo gli « Esercizi della discipli­na ». Ad una certa ora della sera, si spegneva la luce ed ognuno, per 15 mi­nuti, si batteva col « cordiglio » bianco che cingeva i nostri fianchi. Alle volte, nel buio, v'erano alcuni, che comincia­vano a battere gli altri invece che se stessi. Questi esercizi, nell'800, lascia­vano addolorati e sanguinanti quelli che li praticavano.
Nel mese di Maggio, trovandomi a Nocera Superiore ( Salerno), fui man­dato alla « cerca » per raccogliere mo­neta per la festa di S. Antonio di Pa­dova. Dopo la raccolta delle offerte, giunto il giorno della festa, chiesi al Padre Guardiano : « Come mai faccia­mo tante grandi feste e diamo tanti onori e glorie a S. Antonio e a tutti i santi, mentre a Gesù, Colui che si sa­crificò per noi sulla croce, non dedi­chiamo proprio nulla? ». Egli rispose che tutto ciò che facevamo per S. An­tonio e per gli altri santi valeva per il Signore. Dopo un breve tempo di me­ditazione, egli, rivoltosi, mi guardò for­temente dicendomi che non voleva più sentire certe domande, perché non era­no buone.
Mentre gli anni passavano in Con­vento, la vita si faceva sempre più dif­ficile per me, mi sentivo così disperato che non potevo nè volevo più andare avanti. Alle volte mi veniva il pensiero di terminare questa vita, altre volte di­cevo : « Signore, sarebbe meglio la mor­te, che continuare a vivere così ». Un giorno, stando nella mia cella, mi do­mandai: « Se non ho trovato pace, gioia e salvezza in questi Conventi che il popolo chiama «Luoghi Santi», ove Dio può essere trovato meglio che altrove e, quindi, può essere trovata la tran­quillità, la liberazione dal peccato e tutto ciò che l'anima agogna; dove, poter cercare e trovare queste felicità tanto predicate »?.Conclusi che non esi­steva nulla, e che tutto ciò che si dice­va erano soltanto parole. Ma Dio, il Quale conosceva le latebre del mio cuo­re e le parti più recondite della mia ani­ma e vedeva la completa tristezza della mia vita era là, pronto a soccorrermi e liberarmi, ma io non Lo vedevo nè Lo conoscevo. Lui sapeva che il giorno della mia salvezza stava per giungere ed Egli stesso preparò ogni cosa pel mio bene.
All'età di 28 anni. per la prima volta, udii parlare della Salvezza dell'anima. Una mia sorella, col suo marito, stando a lavorare a Wuppertal, Germania, ri­cevettero la testimonianza della Salvez­za e si convertirono al Signore. Essi. venendo una volta l'anno in Italia, mi vennero a trovare al Convento e mi dis­sero che brancolavo nelle tenebre e nel­la menzogna religiosa e che avevo bi­sogno di conoscere la Verità ed essere salvato. Mi dicevano che, benché fossi monaco, e pur vivendo in un « santo luogo », così chiamato dal popolo, pure ero un'anima perduta.
Più mi parlavano e più mi sentivo infelice e disperato perché, in realtà, ciò che dicevano era verità. Cominciai a realizzare più che mai che tutto ciò che avevo fatto in quei 15 anni di vi­ta monastica non era valso proprio a nulla, anzi mi sentivo e mi trovavo più dannato che mai. Benché comprendessi che tutto ciò che mi dicevano era vera, pure non feci loro comprendere le condi­zioni disperate della mia anima. Essi, con la Bibbia alla mano, mi dissero che Gesù aveva ordinato : « Non chiamate alcuno sopra la terra vostro padre; per­ché uno solo è vostro Padre, cioè quel che è nei Cieli » ( Matt. 23:9). La Bib­bia dice di non confessare i propri pec­cati all'uomo, ma a Dio direttamente, il Quale solo può perdonare (Marco 2 :7 ). Anzi vi è una maledizione per co­loro che confessano i loro peccati al­l'uomo. Infatti, il profeta Geremia di­ce : « Maledetto l'uomo che si confida nell'uomo ». Il re Davide dice: « Io con­fesserò le mie trasgressioni al Signo­re e Tu, (Signore), hai rimesso l'iniquità del mio peccato » (Sal. 32:5). La Bibbia dice di non farsi scultura nè immagine alcuna, mentre noi avevamo le statue e ci inginocchiavamo ad esse. La Parola di Dio dice che il Vicario di Cristo non è il Papa con tutto il suo sfarzo, lusso, la sua servitù d'ogni ge­nere e le sue ricchezze enormi, ma lo Spirito Santo (Giov. 14:16. 17). La Bib­bia dice che non v'è che un solo Me­diatore, ed anche un solo Avvocato tra l'uomo e Dio, cioè: Gesù Cristo ( 1 Tim. 2:5, e 1 Giov. 2:1). Mentre noi ci era­vamo fatti milioni di santi per nostri avvocati e mediatori, compresa Maria, la corredentrice, senza la quale, addi­rittura non si può essere salvati. In­somma, mi fecero notare che tra gli in­segnamenti della Chiesa Romana e la Sacra Bibbia v'era una grande vora­gine! Dopo il nostro incontro, rientrai in Convento tutto turbato, sconvolto e rivoluzionato completamente nell'ani­ma e nello spirito. Vedevo chiaramente che la Bibbia aveva ragione e non i dogmi del Papa e della nostra Chiesa! Mia sorella e suo marito tornarono in Germania, ma non mancarono di man­darmi degli opuscoli nelle lettere per illuminarmi di più e convertirmi a Cri­sto. Tra i tanti trattati che ricevetti da loro, ne ricordo uno distintamente: La testimonianza del fratello G. Levanti­no, ex-Monaco francescano, convertito­si a Mettmann, Germania. Dopo la let­tura del suo trattato, fui molto illumi­nato ed incoraggiato a lasciare il Con­vento e la Chiesa di Roma per sempre e convertirmi a Cristo, mio Salvatore!
Ormai convinto anch'io, come lo fu G. Levantino, che abbisognavo di Sal­vezza più che di religione, cominciai a manifestare segni di voler abbandonare il Convento. Il Padre Guardiano, saputo della mia intenzione, fece di tutto per farmi rimanere. Cercarono di non far­mi più uscire dal Convento, perché ave­vano paura ch'io fuggissi. Vedendo che ero deciso a tutto, mi dissero che per lasciare il Convento avevo bisogno d'un permesso speciale dal « Padre Genera­le », che sta a Roma. Un bel giorno, mentre tutti pensavano ch'io fossi chiu­so nella mia cella, fuggii precipitosa­mente per non tornarvi più. Arrivai a casa, dopo essermi riposato un poco, mi svestii del saio monacale e, tempe­stivamente, presi il treno per Roma. Devo confessare che, mentre attendevo alla stazione di Roma il treno per ve­nire in Germania, avevo una grande paura di essere ripreso ed allora la mia fine sarebbe stata segnata per sempre. Ma il Buon Dio vegliava su me! Appe­na conobbi che mi trovavo sul territo­rio tedesco, l'anima mia sospirò di gioia, sapendo che mi trovavo in una nazione ove c'è libertà e, quindi, mi sentivo tranquillo. Arrivai ad incontra­re mia sorella e suo marito il 13 novem­bre, 1966. Nel medesimo giorno, a casa dei miei, vennero a trovarmi i fratelli più vecchi della comunità di Wupper­tal, con loro v'era il pastore, Fr. F. Cammarata. Tutti i fratelli mi accolsero con amore e fecero il possibile affinché io stessi tra loro felice. Essi mi aiutarono molto nelle mie necessità materiali, ma ciò che fecero di più fu di aiutarmi a conoscere Cristo, il Salvatore. Dopo poco più d'un mese che mi trovavo in Germania, con la comu­nità di Wuppertal, partecipammo al culto speciale che fu tenuto nella città di Bonn ( capitale della Germania), il gennaio 1967. Quando il Missionario, Fr. P. Vozza finì il sermone, fece l'ap­pello a tutti coloro che volevano accet­tare Gesù, come loro personale Salva­tore, e fu là che anch'io, incoraggiato, andai avanti con gli altri peccatori per ricevere Gesù e farlo mio per sempre.
La mia gioia fu grande quando visi­tai la chiesa di Mettmann, ove fui invi­tato a rendere pubblica la mia testi­monianza cristiana. Ho già espresso il desiderio di voler essere battezzato in acqua da adulto, onde dimostrare a tutti che sono veramente felice e libero3 di servire e seguire Gesù tutti i giorni della mia vita.
A tutti coloro che avranno occasione di leggere la mia testimonianza voglio dire di leggere la Bibbia e di pregare su di Essa; lo Spirito Santo guiderà anche loro nella Verità ed alla Sal­vezza.
Sto pregando pei miei ex-confratelli del convento molti dei quali innocenti, perché non hanno mai sentito il Messag­gio della Salvezza, affinché anch'essi, in qualche maniera, possano trovare la felicità, la libertà e la Salvezza che io ho trovato in Cristo, il Signore! A tut­ti i miei nuovi fratelli in fede, voglio dire: Pregate per me, affinché anch'io divenga un potente araldo del Vangelo di Cristo e portare molte anime smar­rite alla Verità!
Ometto il mio nome, per non atti­rare inutili persecuzioni sui miei geni­tori.
Vostro umile fratello, al servizio del Divin Maestro. -          SALVATORE
« ex monaco francescano »
Tratto da Risveglio pentecostale Marzo1967

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